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Autore: kuutamo    16/12/2016    1 recensioni
Č questo ciņ che ormai vedo di me, quasi un involucro, una conchiglia vuota con niente al suo interno se non il rumore del mare che un tempo era la sua casa. Ciņ che un tempo ero io.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ville Valo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Ciao cara, che cosa ci fai qui? Non dovresti uscire di casa con questo tempo, soprattutto ora che.." 

"Anita - la fermai - ho bisogno di parlarti.. " 

"Entra, non restare qui fuori"

 

La donna avvolse la ragazza con un braccio e la tirò dentro, chiudendosi la porta alle spalle. Era dicembre e dentro casa c'era il camino acceso che irradiava una piacevole, quasi soffocante, sensazione di calore. Alma si liberò della giacca e si lasciò cadere sul divano. 

 

Non era passato molto tempo da quando, qualche settimana prima, Alma aveva fatto visita ad Anita. La situazione sembrava essere quasi la stessa, se non fosse per il fatto che la giovane a stento riuscì a trattenersi dall'esplodere in un pianto amaro prima d'aprir bocca. Se tempo prima era stato difficile parlare, ora era semplicemente impensabile. Sentiva un groppo nodoso in gola, come se da un momento all'altro quel nodo la dovesse inghiottire nella sua oscurità.

 

"Allora? - disse la donna impaziente - Alma, ti prego, mi stai facendo morire di paura.. Sei pallidissima. Dimmi cosa c'è che ti turba" 

La ragazza sbiascicò qualche suono indistinto, quasi parlasse tra sé e sé.

"Riguarda Ville? Tesoro, tornerà presto, e avrai modo di parlargli"

"Non si tratta di questo.. Cioè, sì."

Lo sguardo della donna saettò sul capo chinato di Alma non appena ne udì la voce.

Decise di aspettare che la ragazza si sentisse pronta, nonostante l'ansia la divorasse lentamente dall'interno.

La ragazza non riusciva a mettere quelle parole in fila, così la guardò con espressione affranta, quasi come se volesse che la donna di fronte a lei avesse la facoltà di leggerle nel pensiero. Ma non poteva. 

 

"Anita, mi dispiace… Io, io non so cos'è successo"

"Glie lo hai detto per telefono? Ti prego, non dirmi che lo hai fatto. Non credo sia un argomento da trattare in questo modo. Devi poterlo guardare negli occhi"

"Tu non capisci" ansimò. Tornò a guardare per terra. 

Anita sgranò gli occhi. Sesto senso? Si dice che le donne abbiano come delle piccole antenne per percepire i cambiamenti prima che questi si lascino intravedere agli occhi altrui, ma tra donne, era forse ancora più forte questa capacità di capirsi al volo? Oltre all'amore che provavano, in modo diverso, per la stessa persona, un profondo affetto legava le due donne. Anita era abbastanza grande da capire certe cose, il genere di cose che un'altra donna capisce.

"No.. No, Alma" cercò di negare invano. Gli occhi le si inumidirono, ma non pianse.

"Non lo sento più.. Anita, io credo che se ne sia andato"

"Sei stata in ospedale?"

"No.. È successo da poco. Ho avuto dolori fortissimi, mai provati in vita mia. Mi sono ritrovata con il ventre e le cosce coperte di sangue.. - si fermò, il groppo in gola non accennava a voler scender giù, nemmeno di un centimetro - Anita, non c'è più"

In quel momento Anita capì perfettamente che non c'era nulla da fare. Nonostante quell'amara consapevolezza se lo tenne per sé e si offrì di accompagnare la giovane in ospedale. Non voleva toglierle quel briciolo di speranza che forse ancora viveva in lei, non ancora. 

 

Fu un lungo pomeriggio di accertamenti ed analisi, ecografie. Quando poté stare con Alma, Anita le fece compagnia, ma passò gran parte del tempo a fissare il muro ceruleo del corridoio dell'ospedale, immobile a fissare un punto indistinto davanti a sé. 

Da quando Alma le aveva confessato d'essere incinta di suo figlio pochi giorni prima, in lei era come scoppiato un vortice di pura gioia che non la smetteva di agitarsi. Era ancora troppo presto per essere così esaltata, infatti non ne aveva fatto parola con nessuno, neanche con suo marito, ma dentro di sé si sentiva al settimo cielo. Stava già provando ad immaginare un possibile futuro come nonna, cosa che non si sarebbe mai aspettata che capitasse così presto, specialmente se il figlio in questione era il suo primogenito. 

Quel giorno le si spezzò il cuore, non lo negò a se stessa. Da donna forte quale era, sapeva che non lo avrebbe mai dato a vedere, specialmente ad Alma, che mai come ora aveva bisogno di lei, l'unica che sapeva cosa stava succedendo. Nel momento in cui capì la situazione però, dentro di lei qualcosa si ruppe irrimediabilmente e la speranza morì come la fiamma di una candela senza ossigeno ad alimentarla.

La cosa peggiore era che avrebbe dovuto portare questo duplice segreto da sola sulle spalle: non avrebbe fatto parola né di ciò che era successo, né che lei ne fosse  a conoscenza. Non sapeva cosa avesse deciso Alma, se avesse o meno voluto dirlo a Ville. Lei però stava già pensando a come far dimenticare ad entrambe quella faccenda; come si dice, lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Avrebbe parlato con Alma, convincendola che non far sapere a nessuno cos'era successo era la scelta migliore: se Ville lo avesse saputo si sarebbe rimproverato un sacco di cose, e forse doveva, ma sicuramente ne sarebbe uscito distrutto. Era sicura che su questo punto Alma la pensava esattamente come lei. Quella ragazza era la cosa migliore che fosse mai capitata a suo figlio, lo proteggeva dal mondo più di chiunque altro, o almeno così sembrava ai suoi occhi di madre attenta. 

 

Quando Kari tornò a casa Anita non c'era: l'uomo si stranì, di solito la donna era un'abitudinaria e non amava particolarmente lasciare il focolare di casa con un tempaccio come quello che infuriava quel giorno. Anita pensò ad una scusa credibile, Kari le credette. Infondo, gli aveva detto che era stata con Alma, il che era una mezza verità.

 

Le due donne parlarono a lungo a bordo dell'auto di Anita, fuori l'ospedale, ed entrambe concordarono che fosse meglio tacere. Per il bene di tutti, e soprattutto di Ville. Sarebbero state tristi solo loro due, non era necessario spezzare altri cuori. Anita strinse al petto Alma, provando a consolarla con quel particolare calore materno di cui mai come in quel momento aveva bisogno. Le disse che col tempo il dolore sarebbe diminuito e che un giorno forse avrebbe dimenticato completamente quella disgrazia. Alma ci sperava davvero, era molto giovane e non poteva sapere quanto ci fosse di vero nelle parole della donna. Ad ogni modo imparò da sola che quello della donna era solo un disperato tentativo di farla sentire meno disperata, quando, a distanza di molti anni, ancora sentiva quel vuoto in un angolo del petto che non l'aveva mai lasciata da quel violento pomeriggio di dicembre. 

 

 

 

Dicembre era ormai agli sgoccioli e Ville sarebbe presto stato di ritorno ad Helsinki per suonare al club Tavastia l'ultimo dell'anno. 

Erano ormai diversi mesi che Alma non lo vedeva, una settimana esatta che non sentiva la sua voce. Purtroppo la tournée con tutti i suoi assurdi ritmi lasciava a Ville e ai ragazzi pochissimo tempo per loro stessi. Di solito riusciva a telefonarle da luoghi improbabili e ad orari improponibili, molte volte quindi capitava che la ragazza non fosse in casa o che non si accorgesse dello squillare del telefono, assorta completamente in un sonno profondo. 

Quella vita era abbastanza dura, era già qualche anno che lei si adeguava a quel modo di vivere perché amava il suo ragazzo e accettava di sacrificare parte del loro tempo insieme per permettergli di seguire la sua strada, quella che era da sempre stata la sua estensione extracorporea. 

Nonostante tutto l'amore e i numerosi sacrifici, da parte di entrambi, c'era qualcosa che non andava. Alma lo sapeva da un bel pezzo, ma voleva chiudere gli occhi e credere che fossero soltanto voci quelle che sentiva nell'ambiente. Era venuta a sapere, ed aveva visto anche delle foto abbastanza ambigue a riguardo, che il suo ragazzo quand'era in tour non sembrava accorgersi della sua mancanza. Un'amica, che aveva seguito la band a San Pietroburgo alcuni mesi prima, le aveva riferito con un certo imbarazzo che aveva visto di sfuggita Ville e Burton che, dopo alcuni autografi e chiacchere di circostanza dopo il concerto, portavano delle ragazze in camerino. Ovviamente Leena, l'amica di Alma, non era riuscita a vedere oltre il corridoio del backstage, e quindi non aveva nessuna prova tangibile di ciò che affermava di aver visto. Ma quel poco bastò ad insinuare la pulce nell'orecchio della ragazza.

Insomma, la band era finalmente diventata famosa in Finlandia e iniziava a farsi conoscere in Europa, era piuttosto normale che il numero di fan, soprattutto donne, cresceva di giorno in giorno. Ville era un bel ragazzo, dagli occhi di ghiaccio e giada, esotico per le bionde ragazze tedesche che si accalcavano dalle prime luci del mattino fuori allo store per il firma copie. Era ovvio che la sua bellezza lo precedesse. Alma lo sapeva. Lo temeva, ma sperava che la gente fosse attirata molto di più dalla musica della band che dall'apparenza estetica, ovviamente però, salvo pochi casi, non era mai così nel mondo della musica. Alma sapeva anche di essere molto insicura di se stessa, ed aveva il timore che la sua insicurezza la allontanasse dal suo ragazzo. Avrebbe iniziato a dubitare di lui, cosa che praticamente già succedeva. Quando vedeva lo sguardo di Ville posarsi su di lei, era come se tutti i dubbi provati scomparissero in una leggera, trasparente nube sopra la sua testa, ma appena quel calore la abbandonava nuovamente, tutto il male tornava rumorosamente a bussare alla porta. Viveva in una costante atmosfera di paura, quel tipo di paura che una persona innamorata prova quando sente che sta lentamente per perdere la persona che più ama al mondo. 

 

La perdita del feto, perché non c'erano stati neanche i tempi tecnici per poter iniziare a chiamarlo bambino, aveva profondamente scosso la giovane donna. L'aveva cambiata, segnata come un marchio incandescente che sfrigola affondando nella carne fresca. Era sola, completamente sola. È vero, Anita le era stata accanto, ma non era come avere accanto il suo uomo. Avrebbe voluto sentire le sue braccia avvolgerle il corpo, la sua voce mandare via quello strano senso di vuoto mai provato nel petto.. I suoi occhi ridarle ciò che aveva perso.

Avrebbe voluto non sapere delle sue scappatelle, così da avere il coraggio di dirgli che aspettava un bambino.. Invece non lo fece. Lo lasciò salire a bordo del tour bus agitando con falsa convinzione la mano avanti e indietro, in segno di saluto. Era stato quello il giorno in cui aveva salutato Ville per l'ultima volta, quasi due mesi prima. 

 

Ora Alma se ne stava avvolta nella sua larga sciarpa ruvida, che le lacrime non riuscivano a penetrare, seduta al gate due mentre aspettava un volo notturno, l'unico volo ancora con pochi posti disponibili che era riuscita a trovare sotto le feste. Tremava, di quel tremore che smuove l'animo umano dall'interno quando si ha solo nebbia attorno a sé e una profonda paura se si volta lo sguardo al domani.

Aveva preparato le valige in fretta, non che possedesse molte cose, ma si era sbrigata velocemente. Non voleva ripensarci troppo, e si sa che quando si è occupati in qualche faccenda manuale, di solito quello diventa sempre un buon momento per riflettere e rimuginare. Nonostante avesse ancora molto spazio in una delle due valige, lasciò molte cose nell'appartamento di Meilahti, quasi a non voler portare con sé quella che ormai considerava essere la sua vita passata, vissuta. Aveva preso solo lo stretto indispensabile.  

Nelle cuffiette del suo walkman risuonava una canzone che sino a poco tempo prima aveva un significato dolce e vellutato, ma che ora ne assumeva uno totalmente diverso e appariva talmente struggente da risultare quasi una rivelazione, come se la ragazza stesse ascoltando quella canzone per la prima volta in vita sua. Di solito Alma teneva sempre il ritmo con un piede, ma durante quell'ascolto non eseguì nessun accompagnamento. È strano come l'essere umano possa restare sempre incantato dalla musica e come non riesca mai a conoscerla del tutto. La musica è una forza libera, ribelle, che si modella sui drammi e le gioie di cui ognuno fa esperienza.

 

 

However far away

I will always love you

However long I stay

I will always love you

 

 

 

Note:

La canzone è Lovesong dei The Cure.

Ovviamente questo capitolo è un flash-back, quindi ambientato anni prima al tempo in cui si svolge la storia.

Spero che la scelta delle narrazioni (terza persona e prima - sia di Ville che di Alma) non disorienti il lettore: il mio scopo è di dare uno spettro d'osservazione più ampio, e quindi più punti di vista.

Credo che prima di Natale aggiornerò la storia con un nuovo capitolo. 

Spero che questo vi abbia incuriosito/appassionato.

I commenti sono sempre ben accetti.

Grazie a chi lascerà una recensione e a chi leggerà.

 

-kuutamo

 

 

  
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