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Autore: Dragonfly_95    16/12/2016    12 recensioni
Emma è rimasta sola, dopo una serata in discoteca: la sua amica Greta l'ha lasciata sola. Qualcosa di terribile sta per accadere quella notte, tra i vicoli di un quartiere buio e malfamato. Ma poi arriva Tom...e tutto cambia. Sembra un angelo venuto a salvarla...ma se invece non fosse così? Emma non puo' averne la certezza. Ma non puo' far altro che fidarsi di lui.
-Non aver paura, tesoro…andiamocene forza. Vieni qui.
Tom l’afferrò delicatamente per un braccio, l’attirò a sé e la fece appoggiare sulla sua spalla. Emma non era nemmeno in grado di camminare, né di reggersi in piedi.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Emma non avrebbe mai voluto essere lì.
Era disorientata, la musica non le piaceva e,come se non bastasse, era rimasta sola. La sua migliore amica Greta era scomparsa, probabilmente con qualche ragazzo sconosciuto, come era suo solito fare. La discoteca in cui Greta l’aveva portata era una specie di capannone industriale; sembrava cadere a pezzi.

-E’ una gran figata  Emy, ne parlano tutti! Eddai, vieni che ci divertiamo!-

Greta aveva descritto quella topaia ‘una gran figata’. E lei, come sempre, le aveva creduto. Avrebbe voluto strozzarla, ma era sparita nel nulla. ‘Giuro che appena la trovo la uccido’ pensò Emma. Comunque, era stanca di tutte quelle luci colorate e di quella musica Hip-hop che le rimbombava nelle orecchie. Come se non bastasse, un paio di tizi poco affidabili e viscidi le si erano avvicinati più volte, strusciandosi su di lei in modo troppo spinto. Emma ne aveva abbastanza. Prese il cellulare, ed uscì fuori da quel postaccio. Finalmente un po’ di pace per le sue orecchie.
Digitò il numero di Greta.
Il telefono fece uno squillo, poi due, poi tre…niente. Probabilmente Greta non lo sentiva, o forse era troppo impegnata a usare la lingua con qualche tipo.
‘Greta Martinez, sei morta, lo giuro’.
I tacchi iniziavano a farle male (Emma non era abituata a portarli. Erano stati, indovina un po’, un idea di Greta), aveva freddo  e, soprattutto,  era stanca. E Greta continuava a non rispondere.  Emma decise di allontanarsi un po’, magari avrebbe trovato un taxi o avrebbe incontrato qualcuno che conosceva (sarebbe stato un miracolo). Arrivò in una specie di piazzola, dove l’unica forma di vita erano due ragazzi sdraiati su una panchina che si stavano letteralmente mangiando la faccia. Emma si sedette  in un’altra panchina, lontano da loro (non voleva certo assistere a una scena di sesso, ne tantomeno disturbarli) e cercò di rilassarsi. Prima o poi Greta doveva uscire di lì, no?

-Ehi dolcezza, sei sola?

Tre ragazzi. Stavano andando verso di lei, sorridendo. Non sembravano amichevoli. Il tipo che aveva parlato aveva una sigaretta in bocca (o una canna?), cappello di lana nero e una felpa larga.
Il resto, Emma non riusciva a vederlo…era troppo buio.

-Ehm, no. Sono con una mia amica.

-E dove sarebbe questa tua amica? -. Rispose il ragazzo, ridendo. Anche gli altri due risero.

-E’ dentro il locale, sta per uscire. - .  Emma  iniziò ad avere paura.

-Bhè, mentre la aspetti, che ne dici di fare un giretto con noi?- Disse sempre lo stesso tizio, sempre ridendo.

-Grazie, no. Aspetto qui.-

I ragazzi ridacchiarono tra di loro. Poi il ragazzo con il cappello di lana nero iniziò ad avvicinarsi a lei. Emma si alzò in piedi e si guardò intorno. Nessuno. La piazzola era deserta, non c’erano nemmeno più i due ragazzi della panchina.

-Bel vestitino.- disse il ragazzo.

Lo sapeva, quel vestito era troppo corto. Emma non avrebbe mai dovuto metterlo. D’ istinto, cercò di tirarlo giù, per coprirsi le cosce.
-Tranquilla dolcezza, stai benissimo…non coprirti.
E i tre risero di nuovo. Emma tremava, e non di freddo.

-Andatevene.-  disse lei.

La voce le tremava. Emma fece un passo indietro, ma il ragazzo con il cappello di lana l’afferrò per un braccio.

-Attenta, tesoro, rischi di cadere all’indietro…vieni qui.

-Lasciami.

Ma il ragazzo non l’ascoltava; rideva e basta, insieme agli altri due. E si scambiavano occhiate tra di loro. Emma voleva gridare, ma era come se non avesse abbastanza fiato nei polmoni. Sapeva cosa sarebbe successo di lì a poco: era stata una stupida ad allontanarsi dalla discoteca da sola. Ma dov’era Greta?...avrebbe dovuto aspettarla dentro.  Gli occhi di Emma si riempirono di lacrime.
Il ragazzo la tirò con violenza a sé, tendendola con una mano, mentre l’altra mano scivolava sulla sua coscia, tirandole su il vestito.

-Non toccarmi!- Gridò Emma.

O forse non aveva gridato. Era stato solo un sussurrò. Perché il ragazzo continuò a salire con la mano sotto il vestito  e a tenerla ferma con forza.
Emma cercò di divincolarsi da quelle mani,  ma fu inutile. Iniziò a piangere silenziosamente, sperando che nessuno di quei tre la vedesse. Non voleva dar loro questa soddisfazione. No, questa no.
Ormai aveva tutte le cosce scoperte e una spallina del vestito era caduta. Emma chiuse gli occhi. Non voleva vedere, non voleva sentire. Era tutto un sogno, non stava succedendo.

-Che cazzo state facendo?

Una voce.
Emma continuava a tenere gli occhi chiusi. Le lacrime le rigavano le guance. Se l’era immaginata, quella voce?
Aprì di colpo gli occhi.
Due ragazzi erano lì, vicino a loro, in piedi..e guardavano la scena. Forse erano due amici, pronti per partecipare a quell’orrore…Emma singhiozzò.

-E voi chi cazzo siete?-  Rispose il tizio con il cappello, ancora con la mano tra le sue gambe.
Non erano due amici. Non si conoscevano. Emma vide un faro di speranza.

-Aiutatemi…- disse con un filo di voce.

Non sapeva se i due ragazzi l’avessero sentita. Ma di certo, l’uomo che le stava sopra l’aveva sentita eccome. All’improvviso, le diede uno schiaffo fortissimo. Fu come un fulmine a ciel sereno.
-Sta zitta!-

Emma non si sentiva più la guancia. Non sentiva più niente…e questo era un bene. La sua unica speranza era che tutto finisse il più in fretta possibile.
Ma non appena il ragazzo l’ebbe colpita, i due ragazzi si avventarono su di lui. Lo tirarono via da Emma ed iniziarono a spingerlo. Anche i due amici del ragazzo con il cappello nero intervennero per difendere l’amico. Sarebbe scoppiata una rissa a breve. Due contro tre. I due salvatori contro i tre mostri. Emma non riusciva a muoversi.
Era immobile, tesa come una corda di violino, sotto shock.
La testa le girava e non aveva le forze nemmeno per sistemarsi il vestito. Niente. Che diavolo era appena successo? Doveva essere tutto un sogno, non poteva essere reale.

-Max, Tom!!

Altre voci.  Emma girò leggermente la testa. Arrivavano altri ragazzi…ma erano amici dei due salvatori. ‘Grazie a Dio’, pensò Emma.

Uno dei due ‘salvatori’ parlò.

-Siamo qui! Venite!

Poi aggiunse:

-Tom, porta via la ragazza da qui.

Si stava riferendo a lei? Pensò Emma.
Certo, per forza. Era l’unica ragazza lì in mezzo. E non si era ancora mossa di un centimetro. Il ragazzo di nome Tom si avvicinò a lei. D’istinto, Emma singhiozzò e fece qualche passo indietro.

-Non aver paura, tesoro…andiamocene forza. Vieni qui.

Tom l’afferrò delicatamente per un braccio, l’attirò a sé e la fece appoggiare sulla sua spalla. Emma non era nemmeno in grado di camminare, né di reggersi in piedi. Era un vegetale. Era terrorizzata da tutto e da tutti. Voleva solo andarsene via da lì.

-Tranquilla, va tutto bene.-

Le sussurrò Tom. Si tolse la felpa e la appoggiò sulle spalle di Emma.
Emma si lasciò semplicemente guidare da lui…non poteva fare altrimenti. Non era in grado di fare altrimenti. Continuava a piangere.
La felpa di Tom aveva un buon profumo (di menta, forse?) ed era calda. Emma cercò di concentrarsi su quello. Non sa per quanto camminarono.
Arrivarono su una strada illuminata dai lampioni. Emma ebbe finalmente il coraggio di voltarsi verso il suo salvatore…e vide bene Tom per la prima volta.
Non doveva avere più di 25 anni. Era alto, capelli castano chiaro (o biondi?), un filo di barba…e due occhi chiari, come il ghiaccio. Non era bellissimo, Emma aveva visto ragazzi più belli. Ma non era sicuramente brutto. Ed era a maniche corte, perché la sua felpa ce l’aveva lei.

Emma fece per togliersela, ma Tom la bloccò.

-Tranquilla, tienila…non ho freddo. Poi siamo quasi arrivati alla mia macchina.-

Alla macchina? Emma sbarrò gli occhi ed emise un verso strano, di preoccupazione.
Tom la sentì e aggiunse con un sorriso:

-Dovrò riportarti a casa in qualche modo, no?

Emma pregò che quella serata terribile finisse presto.
   
 
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