EPILOGO
I miei ricordi si fermano qui. Tutto il resto, poi, è venuto
da sé.
Non so cosa mi abbia spinto a ripercorrere questo mio
percorso di vita, iniziato un anno e mezzo fa, ma sono a conoscenza del fatto
che rievocare questi momenti mi sia stato di grande aiuto, in questo preciso
istante.
Tremo come una foglia, ho paura. E allora sospiro di nuovo,
socchiudo gli occhi e lascio che il mio pensiero torni di nuovo a sfiorare
l’integrità di quel grande quadro che i miei ricordi sono appena riusciti a
formare e a dipingere con colori sgargianti, come se avessi appena vissuto
quelle situazioni solo due ore prima, quando invece ormai è trascorsa
un’eternità relativa di tempo.
Ho paura, e la paura vuole offuscare ciò che è in me e
attorno a me, e la percezione che ho del mondo che mi circonda, ma non devo
lasciarmi influenzare da essa, mi è stato detto più e più volte.
Non sono più il ragazzo timido all’inverosimile, ed è vero
che un po’ sono maturato nell’ultimo anno, ma comunque ogni volta che devo
affrontare anche solo una piccola prova, ecco che torna a galla tutta la mia
stressante fragilità.
È brutto dover lottare sempre con sé stessi, e a volte sogno
di avere un carattere forte e motivato, uno di quelli dei soggetti che sono
sempre sicuri e pronti a compiere ogni genere di scelta in modo incredibilmente
calcolatore e consapevole, nonostante considerando anche che magari la
situazione è a loro avversa. Ma le persone che hanno un carattere del genere o
sono stupide o sono eroi, oppure stanno recitando in un film d’azione, ed io
non credo di appartenere ad una di queste categorie.
Ora, d’altronde, mi è stato solo richiesto di mettere
pubblicamente in mostra ciò che ho avuto modo di imparare e di perfezionare gli
ultimi quattordici mesi della mia vita, e siccome mi è stato pure detto che
sono ritenuto già abbastanza capace, tutti si aspettano molto da me. Forse
troppo.
Su questo palco, che tra poco s’illuminerà, sarò fissato da
mia madre, e da tutta la mia famiglia, ed io, concentrato e quasi abbagliato, non
farò più alcun caso alle loro presenze. Ma forse non sarà così. Chissà.
Il verme del dubbio tarla il mio cuore, e la paura stritola
implacabilmente la mia mente.
E allora, che posso fare?
Mancano solo due minuti prima dell’inizio di tutto, ed ho già
preso posizione. Mi han fatto provare sei o sette volte tutto quanto, in modo
da non farmi trovare in alcun modo spaesato quando sarebbe giunto questo
momento, eppure io lo sono ugualmente.
Credo che resterò rigido, pietrificato su questo scomodo
sgabello e di fronte a questo pianoforte. E quando le luci si accenderanno e il
sipario si alzerà, gli spettatori potranno vedere solo una statua immobile, un
essere umano irrigidito che ha il terrore di muoversi e che non sa che fare.
Che figuraccia immensa. Tradirei la fiducia di tutti.
Ora mi restano quindi all’incirca centottanta secondi per
salvarmi da me stesso e dalle mie paure. Per allungare un braccio metafisico
alla mia coscienza vacillante e risollevarla, per non lasciarla mortificare. E
quindi mi lascio nuovamente scivolare in quella marea di ricordi che ho appena
finito di riportare alla luce, trovando di nuovo la forza di rivivere quei
momenti che mi hanno fortificato e che mi hanno aiutato a capire tante cose e a
crescere. Prima fra tutte, ho compreso che la speranza non deve morire mai.
Ormai ci ho fatto un bagno, in quei ricordi; negli ultimi
minuti, ho ripercorso una parte del mio passato in modo attento e peculiare,
senza tralasciare nulla, neppure le parti più dolorose per me, ma tutto questo
l’ho fatto per farmi coraggio e fortificarmi. Nulla sarà più come prima. Voglio
voltare pagina.
In realtà, l’ho già voltata; sento il piacevole calore che
comincia a riscaldare il mio cuore, e anche la mia mente, poiché mi è venuto
istantaneamente da pensare alla mia nuova famiglia. Esattamente, la mia nuova
famiglia.
Se solo ricordo il giorno in cui mia madre mi ha riferito,
cinque mesi dopo la partenza di Livia da casa nostra e a seguito della
successiva separazione tra Roberto e l’aristocratica, che lei e il nostro caro
inquilino avevano cominciato ad avere una relazione, ancora mi emoziono.
Mi emoziono perché avevo previsto tutto ciò. I due avevano
legato sempre di più, dopo il definitivo scatafascio di entrambe le loro
famiglie, e mamma Maria pareva sentirmi sempre più distante, anche perché passavo
meno tempo tra le mura domestiche. Ma non ha più cercato di impedirmi di vedere
i miei parenti, né ha più indagato a riguardo.
So solo che, come una benedizione del Cielo, qualche giorno
dopo questa rivelazione giunse a casa una lettera, scritta da un qualche
avvocato pagato da mio padre, che la invitava, se voleva, ad andare a firmare
gli atti per la separazione, e poi in seguito per il divorzio. Per lei era
stata la fine di un incubo, tutto ciò, e, a piccoli passi aveva cominciato a
prendere in mano le redini della sua vita e del suo nuovo amore, che io non
avevo mai osato tormentare. Maria e Roberto, dopo tutto quello che avevano
sopportato e il loro passato, meritavano di riuscire a ricostruire qualcosa di
umano, nonostante l’età ormai matura.
La proposta di mio padre parve a tutti quasi un regalo, e la
mamma la colse al volo. Nel minimo tempo necessario, tra lui e mia madre non
c’era più alcun vincolo.
Mamma Maria poi ha compiuto la sua scelta, ovvero quella di
stare a fianco del suo Roberto, anch’egli libero, ed allora la mia famiglia si è
ritrovata ad essere riformata.
Tutto è poi cambiato nella mia vita, nella mia e in quella di
Jasmine, dato che io mi sono trovato a seguire mia madre e il suo nuovo
compagno, e la mia amata invece, dopo aver concluso le superiori, ha scelto di
cominciare a frequentare l’università, ed ha lasciato anche lei il nostro
paesetto.
Io ora vivo in campagna, nella grande casa di proprietà di
Roberto, dove c’è tanto spazio per tutti e anche tantissimo lavoro da fare, tra
animali e terre da coltivare, mentre Jasmine vive a Bologna quasi in pianta
stabile.
Dopo il nostro trasferimento, alla fine del mio quinto anno
di liceo, tra l’altro conclusosi in modo brillante e con un’ottima valutazione
finale, ho deciso di seguire il mio cuore e mia madre, e non il mio orgoglio,
che magari mi spronava a cercare di voler continuare il mio percorso scolastico
e di completarlo al meglio.
Non so se ho sbagliato a non farlo, però so con chiarezza
che, da quando vivo in campagna, sto molto meglio, e, tramite i lavoretti che
ci sono da fare, ho trovato anche una maggior pace con me stesso e con il mondo
che mi circonda. Ho imparato a volermi più bene, e anche che per crescere e
diventare autonomi serve pure una buona dose di lavoro, e qualche piccola responsabilità.
Ho imparato ad apprezzare lo sforzo fisico, sempre
comprendendo che esso sa dare ottimi risultati, anche se magari sa costare
molto, in ambito di forza e di fatica.
Così, lavorando presso quella sorta di fattoria di Roberto,
tornata lustra e perfettamente funzionale come un tempo, sto mettendo da parte
un po’ di soldi e sto alimentando una parte di me che fino a qualche tempo
prima mi era totalmente sconosciuta, ma che ora mi fa stare meglio.
Sono sempre più rilassato, e più tranquillo, anche perché
pure mia madre e il padrone di casa lo sono, talmente tanto che all’età di
quarantadue anni mia madre è rimasta nuovamente incinta. Ma questo è tutto un
altro discorso.
Con la mia Jasmine continuiamo a vederci assiduamente, quando
possiamo; cerchiamo di organizzarci e di trovare tempo per tornare entrambi e
allo stesso momento in paese, e per passare così un paio d’ore assieme.
Lei, naturalmente, non ha mai messo in un angolo quel suo
sogno, di cui mi parlò in quel Natale magico e ormai distante, ma continua a
sostenere la sua passione per la scrittura tramite lo studio. Poi, tutto il
resto verrà da sé, mi dice sempre, ed io non posso far altro che essere
totalmente d’accordo con lei. E’ molto brava ed ha risultati brillanti in tutto
quello che fa, e sono certo che ha un futuro raggiante davanti a sé, se lo
vorrà e lo asseconderà.
La nostra relazione continua a restare ancora molto casta,
per ora, ma ha basi solidissime, e senza fare quattro chiacchiere ogni giorno
noi non viviamo in pace. Siamo sempre in contatto, costantemente, ed abbiamo
bisogno l’uno del supporto dell’altra, e viceversa, perché noi due ormai siamo
uniti da un filo invisibile, che ci tiene sempre vicini nonostante le notevoli
distanze geografiche.
È vero che ormai ho anche la patente e la mia auto, una
piccola utilitaria di seconda mano ma ben funzionante, ma non mi arrischierei
mai di mettermi nel traffico di Bologna con un macinino del genere, quindi
tutt’ora preferisco il treno, anche se poi da lei ci sono andato raramente, a
trovarla nell’appartamento che ha preso in affitto assieme ad un’altra
studentessa.
Per fortuna esistono telefoni e incontri a metà strada.
Il mio amore per lei non è mai diminuito nell’ultimo anno, e
penso che anche per lei stessa sia così.
La nostra casa in paese abbiamo preferito affittarla
regolarmente e nel rispetto di tutte le leggi a Stefania, che ora, nonostante
tutto, ha saputo rimettere egregiamente in piedi la sua vita, e anche se c’è
l’accordo che io posso andare ad utilizzare la mia stanza quando sono lì di
passaggio, l’unica di cui l’inquilina non può varcare neppure la soglia, grazie
ai nostri accordi, questo non la turba e non turba neppure me.
La ragazza ha partorito una bellissima bambina, chiamata
Veronica, che ha ormai un anno e mezzo e che è piena di vita. È sempre un
piacere per me vedere la mia sorellina, che tra l’altro la trovo molto
somigliante a mio padre, nell’aspetto fisico.
Stefania alla fine è riuscita a trovare un lavoro, anche se a
suo dire è parecchio sfiancante, presso un call center, dove per otto ore al
giorno è impiegata per compiere telefonate a scopo pubblicitario per una nota
azienda della zona. Lei se ne lamenta, e un po’ la capisco, però lo stipendio è
buono e dignitoso, quindi basterebbe che al momento si accontentasse di tutto
ciò, vista anche la crisi e i problemi economici di tutti.
Nel tempo, è pure riuscita a riallacciare per bene i rapporti
con i suoi genitori.
È riuscita anche, con parecchia fortuna, a trovare un ragazzo
che vuole molto bene sia a lei che a sua figlia; costui si chiama Daniele ed è
un vero fior di giovane, di quei galantuomini che al giorno d’oggi non si
trovano più, dotati di quella pacatezza e di quella gentilezza sempre più rare.
Ho come la vaga impressione che ben presto ufficializzeranno e
regolarizzeranno, tramite matrimonio, la loro relazione, e questo mi fa piacere
pensarlo.
Entrambi versano un piccolo affitto a mia madre, che si
accontenta di poco, e la nostra casa in paese ora è praticamente e quasi
totalmente a loro completa disposizione, tranne la mia stanza, come già
ricordato, che utilizzo comunque davvero pochissimo e senza disturbare la
quiete e l’intimità della novella coppia.
So per certo che mio padre è tornato a farsi vivo da
Stefania, così come ha cercato di farlo pure con me, ma ha trovato tutte le
porte sbarrate.
Mio padre sembra volerci dire costantemente che è cambiato,
che nell’ultimo periodo ha capito ciò che vuole davvero dalla vita, e l’ha
capito poco dopo la sua ultima fuga da casa nostra, durante quella nevosa notte
di pieno inverno. Il suo segnale d’apertura sarebbe stato la sua volontà di
voler sciogliere il legame che l’univa alla moglie, in modo da lasciarla libera,
e il desiderio di vedere la piccola Veronica e me.
Stefania si appellerà ai migliori avvocati, assieme al suo
compagno, per impedire che ciò avvenga fintanto che la bambina è troppo piccola,
in quanto certa di poter dimostrare che l’uomo è da sempre stato scorretto e
violento con lei, e senza rispetto per la sua gestazione, mentre io… beh, per
quanto mi riguarda, con lui ho chiuso. Non è tanto il fatto che sia il suo
volto a farmi paura o altro, ma ho il panico che possa aprire la sua bocca per
ferirmi, per deridermi, così com’è accaduto tante altre volte.
Ecco, un brivido freddo mi percorre dalla testa ai piedi
anche al solo pensiero che ciò possa di nuovo accadere, e quindi non lo voglio
tra i piedi.
Gliel’ho detto chiaramente, rispondendo ad uno dei tanti
messaggi che nell’ultimo periodo mi ha inviato sul cellulare, e chissà come ha
poi fatto ad avere il mio numero. Dev’esserselo copiato da solo dalla rubrica
telefonica di mia madre, quand’era ancora in casa nostra. So solo che deve
starmi lontano, di lui non mi fido più.
So che è brutto da pensare, e di certo una parte recondita
del mio animo si sta agitando, in preda al rimorso per la mia cattiveria, ma
non riesco più a vedere Sergio come un genitore o come una persona che si preoccupa
per chi gli sta al fianco. Sa solo ferire.
Questo invece non lo sa fare Melissa, sua nipote e mia
cugina, che invece mi è sempre stata a fianco. E’ venuta più volte a casa
nostra, in seguito, e incredibile a dirsi ma eppur vero, è andata parecchio
d’accordo con mia madre, che pare apprezzarla molto. E questo mi fa piacere,
anche perché sento spesso pure le altre cuginette, e anche con loro pare essere
tutto a posto.
Il nonno ha mantenuto la sua promessa, ed io la mia, alla
fine; ora, anche se purtroppo non sta molto bene ultimamente, continua a far sì
che un ottimo maestro di piano non smetta di darmi lezioni e di perfezionarmi,
ed io ho accettato ben volentieri questa situazione.
Mi piace continuare ad apprendere e migliorarmi. Forse, come
mi dice sempre quell’uomo stipendiato da mio nonno, un giorno potrò davvero
diventare qualcuno, e ogni passo avanti per me sarà fondamentale… ma queste non
sono cose a cui devo pensare adesso. Ora posso permettermi solo di stare
concentrato sul presente, e non devo pensare ad altro.
Manca un minuto all’inizio di tutto. O alla fine di tutto. È
relativo.
È incredibile comprendere quante cose si possano pensare in
un minuto, all’interno della nostra mente; in sessanta secondi si può trovare
il coraggio dentro di sé, che fifone, contrariamente a quel che si dice, si è
andato a nascondere nell’angolo più remoto del nostro essere. E sta a noi
ritrovarlo, per poi metterlo con le spalle al muro e scuoterlo, gridandogli che
non deve lasciarci soli, per poi rimetterlo al suo posto.
Lui non può e non deve lasciarmi solo, sempre se un po’ di
coraggio ne ho mai avuto. Tuttavia, sono sopravvissuto a diverse situazioni,
anche grazie all’aiuto provvidenziale di qualche amico importante, quindi credo
che potrò comunque cercare di superare questa prova tanto importante per me, in
un modo o in un altro.
Grazie a Giacomo, quel ragazzo che per tanti anni avevo
ritenuto diverso e distante da me, avevo scoperto il valore dell’amicizia più
profonda, e mi aveva salvato quella volta in cui stavo per soccombere, quando
quella banda di prepotenti mi stava legnando per strada.
Senza il mio caro Giacomo, non sarei di certo giunto qui
illeso. Anzi, qui non ci sarei mai arrivato, perché Federico e la sua banda mi
avrebbero portato via tutto, strappandomi anche l’ultima briciola di dignità
che mi portavo addosso. Non sapevo fin dove si sarebbero spinti, e chissà,
magari mi avrebbero reso solo un ammasso di poltiglia, sotto i colpi di quella
sbarra di ferro che possedevano… ma ecco, ora sto tornando ad esagerare. E devo
tenere i piedi ben saldi al suolo.
L’irrazionalità dettata dalla paura è un nemico perfido, che
ti fa vagheggiare e che poi ti lascia di stucco. Io devo assolutamente
controllarmi, e quindi mi concedo gli ultimi quaranta secondi di tempo per
ripensare ai miei amici, e in modo del tutto particolare ed esclusivo al mio
Giacomo, che ancora frequento, contrariamente a tutti gli altri miei compagni
di liceo, ormai tutti partiti per Bologna e occupati in altre situazioni, in
genere universitarie.
Lui all’università non c’è andato, proprio come me, ed ora è
un apprendista meccanico presso le officine di suo padre. Si è fidanzato anche
lui, e con… Alice.
Alice, la mia lottatrice, che pian piano ha saputo mettere in
difficoltà un male più grande di lei, grazie alla sua motivazione e alla sua
riscoperta voglia di vivere.
La ragazza, dopo essersi risvegliata, lentamente aveva saputo
riprendere le forze. Jasmine le è stata molto a fianco, io pure, e in questo
modo è venuta anche in contatto con Giacomo. E tra i due c’è stato feeling fin
da subito. E’ solo un mese che si sono messi ufficialmente insieme, e anche se
tutto è davvero complicato e la ragazza deve ancora seguire delle cure
intensive e un lento percorso di ritorno alla normalità, sembra che la loro
storia, in fin dei conti, funzioni.
Mi viene quasi da sorridere, bonariamente s’intende, se
ripenso a quando, qualche giorno fa, ho rinvenuto casualmente l’accendino della
ragazza, all’interno dell’unico cassetto del mio comodino, che apro raramente.
Se mi vengono in mente le circostanze in cui mi era finito
tra le mani, però, mi rabbuio. So solo che mi ero totalmente scordato della sua
esistenza, dopo che tutto il patatrac che accadeva in casa mia e attorno a me
pareva avermi letteralmente assorbito in un turbinio caotico, e ritrovarmelo di
fronte e per caso mi aveva lasciato allibito.
Mi aveva ricordato quei giorni in cui avevo preferito
allontanarmi da lei, preferendo la mia autostima ad un tentato approfondimento
o aiuto, quand’anche io non fossi nessuno, e come in quel lontano periodo
stessi perdendo tutta la mia dignità per via delle prepotenze schiaccianti di
quel mostro di Federico… non voglio ricordare. Non voglio ora, e non ho voluto
un paio di giorni fa. Per me quello è un capitolo chiuso, che ho voluto
sfogliare nella mia mente qualche istante prima, ma che non voglio tornare a
renderlo mio.
Comunque, alla fine quell’accendino l’ho cestinato.
Volevo dimenticare, nella mia umana voglia di non voler avere
più rimorsi a riguardo di nulla.
Riguardo a quel pazzo prepotente, non ho saputo più nulla
direttamente; sono solo venuto a conoscenza da Roberto che sia lui che sua
madre hanno avuto grandi problemi con la Legge.
Alla fine, Federico è finito in carcere, e a quanto parrebbe
per ora sarebbe stato destinato ad un anno e mezzo di detenzione. Nulla, in
confronto a tutto il male che ha fatto, ma è pur sempre qualcosa.
Livia, da quel che sappiamo, è ricoverata presso una clinica
psichiatrica di Bologna ed ha perso la ragione, poiché quell’uomo che aveva
sempre amato e che era stato per un certo periodo di tempo il suo amante, e che
l’aveva spinta come un caterpillar a rompere con Roberto, l’aveva lasciata. Di
nuovo.
Il lupo perde il pelo, ma non il vizio, dovresti saperlo
ormai, cara aristocratica.
Così, la donna, rimasta senza figlio e senza amore, impotente
e sola, è mentalmente crollata in modo definitivo.
Dei loro amichetti Davide, Giulio e Luca, beh, non so quasi
nulla neppure su di quelli. Sono solo venuto a sapere tramite Giacomo che
Giulio e Luca si sono trasferiti in un altro paese con i loro genitori, alla
fine delle superiori, e Davide invece è rimasto, e dopo aver avuto anche lui
numerosi problemi con la Legge, alla fine è riuscito ad essere assunto dallo
zio calzolaio, dove cerca di imparare, con scarsi risultati, quel mestiere
ormai sul ciglio di sparire per sempre. Quella d’altronde è l’unica chance
dignitosa che il destino gli ha offerto.
Tutta questa gente non l’ho vista più, per fortuna, ed oggi…
oggi, beh, io sono libero. Ma non potevo non ricordare.
E la mia mente mi tormenta! A tratti non riesce proprio a non
sottolinearmi di nuovo che è pressoché impossibile credere che in pochissimi
secondi si possono pensare un’infinità di cose. In questo caso, rievocare.
Tic tac, so che ormai ho consumato tutto il mio tempo
disponibile, quello che mi ha permesso di stare chiuso in me per ore, prima di
questo momento, in modo da non cercare di stressarmi troppo a livello psicologico
e di ripercorrere, tentando di restare rilassato, il cammino che, in un modo o
in un altro, mi ha portato fin qui.
In fondo, tutto quello che è accaduto mi ha fortificato, e mi
ha aiutato tantissimo a comprendere che ogni giorno il bene si mescola con il
male, ed abilmente, e sta a noi stessi cercare di sezionarlo e di riconoscerlo,
stando attenti.
Le botte e gli insulti di Federico, uniti alle sue
oppressioni fisiche e mentali, sono ormai acqua passata, ma se un giorno mi
riaccadrà di trovarmi in una situazione del genere, sono certo che agirò fin da
subito, in un qualche modo possibile. Non subirò più così, non starò più con le
mani in grembo e in assoluto silenzio a soffrire. Una soluzione rapida c’è
sempre, per tutto, anche se potrà avere un suo costo; basta sapere far bene i
propri conti.
Io ho avuto modo di cominciare a farli in modo traumatico, e
sono riuscito ad ottenere qualche risultato grazie all’aiuto di un caro amico,
ma questo in fondo è solo l’inizio. Sono giovane, e la vita mi attende come una
madre paziente, aspettandosi da me il meglio. Devo solo vivere come meglio posso,
mettendo sempre il cuore in tutto quello che faccio. Il resto, si spera, verrà
da sé.
Il cammino umano è sempre lastricato in modo a volte
disconnesso, con buche ed avvallamenti, a sorpresa purtroppo, e una persona può
pure cadere a volte. L’importante è sapersi rialzare, sempre e comunque, anche
se sporchi ed impolverati.
I panni si lavano, la coscienza no. Basta ricordarlo…
Con un profondo sospiro, comincio ad odiare l’ultima manciata
di secondi che mi separano dall’inizio di tutto.
Voglio che tutto inizi e voglio giocarmela, questa occasione
unica. Il mio maestro privato mi ha preparato per un anno per questo evento,
ovvero un piccolo concerto musicale del paese, nulla di che, ma sempre
qualcosa, dove tutti i giovani musicisti della provincia si radunano ogni anno
per fronteggiarsi ed aggiudicarsi il primo premio.
Quest’anno, si è fatto incetta di pianisti, ma alla fine si
sono presentati davvero in pochissimi… e questo mi dispiace.
Ma la gara è comunque entusiasmante.
Io sono l’ultimo ad esibirmi. L’ultimo per cui il sipario del
teatro del paese si alzerà, l’ultimo che riceverà qualche applauso.
È notte fonda e la mia testa naviga verso i miei ricordi,
verso il mio passato, ma l’ora di rimembrare è conclusa e comincia il momento
di mettersi alla prova. Questa, ne sono certo, sarà solo e soltanto la prima,
minuscola sfida che voglio affrontare, nel mio percorso musicale.
Se andrà bene, il prossimo anno mi iscriverò ad un
conservatorio a Bologna e lì potrò ancor più affinarmi. Anzi, mi iscriverò
ugualmente, vada come vada, ormai ho deciso.
Ho preso una decisione così, su due piedi, confrontandomi con
una proposta del mio insegnante e senza pensare o riflettere. Son messo bene!
Ma la mezzanotte incalza, così come il sacrosanto momento che sto aspettando.
Ed ecco che… alla fine il sipario si alza, ed io accantono
subito i miei pensieri!
Per carità, essi mi assillano. È come se non volessero
proprio concedermi una tregua, mai. Ma ora lo so che finiranno accantonati.
Ormai alzato, in un lampo, il siparietto che mi divideva dal
pubblico, mentre attentamente cerco di concentrarmi e di rilassarmi, mi appare
di fronte e per un attimo tutta la platea. Nonostante l’ora ormai tarda, il
teatro storico del paese è ancora pieno, ricolmo di gente.
A me non importa vedere chi c’è, ma con una rapida occhiata,
prima che l’oscurità risucchi i miei osservatori per tutto il mio momento di
attività, riesco a scorgere, seduti nelle prime file, tutti coloro a cui voglio
bene. C’è mia madre assieme con Roberto, proprio al di sotto del palco, e
Giacomo e Alice, seduti a fianco di una Jasmine tesa quanto me.
Mio nonno ha fatto uno straforo per me, ed è in seconda fila
assieme a Melissa, che l’ha accompagnato fin lì, e apprezzo il fatto che sia
voluto venire lo stesso a vedere quella mia sorta di minuscolo debutto,
nonostante non stia tanto bene.
So che Stefania non c’è, nonostante l’avessi invitata; la
bambina durante la sera ha bisogno di molte attenzioni, e non poteva lasciare a
casa la piccola e neppure portarsela dietro.
Sono tesissimo, mentre la luce forte e quasi abbagliante si
accende sopra di me, quasi schiacciandomi sotto di essa. Ma, una frazione di
secondo prima che ciò accada, riesco a vedere una figura strana, che
spintonandosi con altre persone e facendosi largo tra le varie file di
poltroncine, avanza per guadagnarsi un posto per vedermi meglio all’opera, in
modo molto maleducato.
Non stento a riconoscere mio padre.
Mi mancano improvvisamente un paio di battiti cardiaci; ho
paura di sentirmi male. No, quell’uomo non lo volevo lì.
Mi giudicherà, e di certo si è presentato solo per farmi del
male o per deridermi.
Questi sono i miei primi pensieri, che poi lasciano posto a
quelli poco più positivi, e già vedo il mio genitore orgoglioso di me. No, non
è così, sto mentendo a me stesso e sono certo che lui non è qui per qualcosa di
buono; per un istante, nella mia mente tornano a scorrere le scene in cui lui
mi derideva, e quella volta in cui ha schiaffeggiato Stefania e ha quasi
picchiato pure me e mia madre. Lui è un mostro, e i mostri non cambiano mai.
Incredibilmente turbato da quei ricordi e da quella scoperta,
mi ritrovo di fronte al mio pianoforte, solo, mentre tutti già si aspettano che
io inizi a darmi da fare. Ma ne sono capace? Ci riuscirò? Non lo so proprio.
Sta di fatto che la presenza di mio padre è molto demotivante
per me, mi terrorizza. Per un altro attimo provo astio. Poi capisco.
Sia che lui ci sia o meno, devo impegnarmi per fare bene.
Sono giunto fin qui dalla mia nuova residenza in aperta campagna solo per
mostrare a tutti ciò di cui sono capace e per cui mi sono preparato, e non ho
intenzione di deludere nessuno. La presenza del mio perfido genitore dev’essere
per me un incentivo in più per fare ancora meglio ed impegnarmi oltre misura.
Devo ricordare che vengo da anni terribili, da un doloroso
trasloco, perché lasciare la casa dei miei ricordi per trasferirmi è stato un
grande dolore, e che mia madre è lì che mi osserva, al sesto mese di
gravidanza. Lei, a quarantadue anni ormai, con quel pancione… è venuta nonostante
sappia che è tutto rischioso per la sua condizione delicata.
Essere rimasta incinta alla sua età è stata una scelta quasi
scellerata, ma fortemente voluta. Roberto quel bambino se lo merita, nonostante
si faccia un sacco di problemi sulla sua età.
Questo mi fa sorridere, perché forse non ha inteso che il suo
fratellone, il suo fratellastro maggiore, non lo lascerà mai solo, qualunque
cosa accada. Nonostante il fatto che ormai la mia sia una famiglia allargata,
in pieno rispetto con l’evoluzione della famiglia del periodo, io voglio bene a
tutti e mi riprometto sempre che, per i miei consanguinei, anche solo da parte
di un genitore, ci sarò sempre. Sempre.
Con questi pensieri, mi sento ulteriormente orgoglioso di me.
E’ normale per ogni essere umano, alla fine di ogni vicenda,
pensare a chi ha vinto e a chi ha perso. Ma devono esserci per forza ed ogni
volta dei vinti e dei vincitori? No, nella mia esperienza personale non posso
dire ciò.
Chi ha vinto? Chi ha perso? Beh, di certo Federico, Livia e
mio padre hanno sicuramente perso qualcosa, mentre Alice sta cercando di
vincere una battaglia sovrumana.
Posso solo aggiungere che, almeno secondo me, vince sempre
chi ama. Gratuitamente.
Quanto è bello l’amore? Amare Jasmine mi ha aperto un mondo. Alice
dice lo stesso di Giacomo e Giacomo dice lo stesso di Alice.
Amare è la cosa che più dà forza all’essere umano e che più
lo spinge a voler bene anche a sé stesso. Quando si ama, nessun ostacolo pare
impossibile da superare. L’amore è forza interiore.
In conclusione alla mia frettolosissima riflessione, forse
anche banale e scontata sotto certi aspetti, posso solo aggiungere che io,
personalmente, del profondo odio non ne sto rivolgendo a nessuno e mai lo farò.
Anche alla fine di quei cinque mesi orribili io non odiavo nessuno, e non ho
intenzione di provare continuamente rancore né per mio padre né per altri.
L’odio sa essere come una droga, può far sentire potenti, ma
mai quanto l’amore. Chi odia lo fa perché non ha mai assaggiato il più
profondo, vero e puro amore.
Ebbene, la tastiera ora è di fronte a me e mi reclama
davvero; non ho più scuse.
Non posso più fermarmi a riflettere, pensare o altro. Devo
solo suonare.
Muovo le mie dita ma non suono, e già sento su di me gli
sguardi pressanti di tutti, come se già molti di essi pregustassero un qualcosa
di vergognoso per me, ovvero che io non riuscissi a combinare nulla.
La mia timidezza riesplode, in un attimo la sento per tutto
il corpo, m’impaccio da solo… eppure, ecco, un po’ di forza l’ho trovata,
mentre un piccolo applauso d’incoraggiamento lascia spazio al silenzio più
assoluto degli spettatori.
Sono riuscito a scovare un pizzico di coraggio, proprio
dentro di me, e utilizzandolo come alleato mi getto finalmente sui tasti, con
decisione, così come facevo tempo addietro quando, dopo essere tornato a casa
dal liceo, mi mettevo a suonare per rilassarmi.
Ora so, con certezza, che devo giocare la mia chance.
Come mi sussurrerebbe Roberto all’orecchio, questa è la mia
occasione per mostrare a tutti che io, nel gioco della vita, voglio partecipare
con attenzione e voglio giocarmela, in ogni caso. Anche se in realtà si tratta
di una piccola cosa. Ma è spesso dalle piccole cose che tutto ha inizio…
E allora tutto nella mia mente viene dimenticato, mi lascio
trascinare dalla mia voglia di suonare, ritrovata in un angolo sperduto del mio
animo, in compagnia del codardo coraggio, sempre intento a nascondersi quando
serve, e non mi fermo più.
Non mi fermo, mi rilasso e suono, dando un’occhiata allo
spartito che ho di fronte, e vada come deve andare. È giusto così, e l’indomani
per me sarà sempre e comunque un nuovo giorno, che mi ritroverà più forte ed
esperto del precedente.
È ora di dire momentaneamente addio ad ogni mio pensiero o
ricordo, alla mia intera coscienza, e di lasciare spazio solo e soltanto alla
musica.
NOTA DELL’AUTORE
Carissimi, eccoci alla fine di questo lungo viaggio, durato
la bellezza di… nove mesi. Nove mesi! Se ci penso, stento a crederci.
Il racconto doveva essere solo una OS; ricordo di aver
scritto il primo capitolo della vicenda a metà d’ottobre dello scorso anno. Non
avevo alcun progetto particolare per lui.
Ed invece, a sorpresa, ne è venuto fuori un racconto
articolato, e spero anche decente.
Questo racconto ha passato tanto a me, come ho già detto ha
saputo essere un fedele compagno di viaggio, in un anno che, sicuramente, non è
stato molto positivo e ricco di buone notizie. Nonostante tutto, lui mi ha dato
forza, sostenendomi. Scrivere mi rilassa da sempre, e per me è sempre una gran
gioia farlo.
Questo racconto doveva offrirmi il tempo per prepararmi ad
uno più impegnativo, ed invece si è rivelato davvero come una rivelazione
inaspettata.
Non chiedetemi perché è ambientato in Emilia; sinceramente, è
l’unica cosa che non so. Bologna e i suoi paesini circostanti non sono il luogo
in cui vivo, ma sicuramente mi hanno colpito a suo tempo e mi hanno saputo
ispirare.
Riguardo alla trama, beh, essa mi ha permesso di sfogare la
mia creatività, cercando sempre di restare nella verosimiglianza, almeno spero.
Inoltre, il racconto ha saputo offrire anche a me stesso un po’ di positività,
un po’ di forza per guardare il futuro in modo più positivo.
Bene, questa allora è la fine di questo lungo viaggio;
lasceremo Antonio alle prese col suo presente e col suo futuro, com’è giusto
che sia. E, a questo punto, non posso far altro che ringraziare chiunque ha
creduto in questo racconto, e mi ha seguito fin qui!
Sono rimasto piacevolmente e parecchio stupito dal seguito
che ha avuto la vicenda. Voglio ringraziarti, caro lettore e cara lettrice, per
tutto il supporto che mi hai offerto. Io e tutti i vari personaggi del racconto
ti ringraziamo tantissimo e all’infinito per tutto!
Grazie anche per aver letto questo racconto. So di non essere
un autore facile da seguire, e di certo comporta un bel sacrificio leggere i
miei capitoli forse un po’ troppo articolati. Comunque, tutte le parole
positive e i complimenti che ho ricevuto mi hanno fatto sentire fiero del
lavoro svolto, e poi… mi sono reso conto che tanti di voi mi hanno passato
qualcosa, e che questo è stato un viaggio condiviso. C’è stato qualcuno che mi
ha parlato del mio racconto vedendolo già come una serie tv, chi mi ha narrato
esperienze personali… insomma, seriamente, è stato un viaggio condiviso che mi
ha passato tantissimo e che mi ha interiormente arricchito.
Bene, io continuo a ringraziarvi tutti quanti e per tutto, e
vi chiedo scusa per queste note lunghissime, ma mi sembrava giusto spendere due
parole in più sull’intero racconto, sperando di non avere annoiato.
Vorrei soltanto aggiungere che questa non è stata l’ultima
avventura che sarà pubblicata da me qui sul sito. Dal prossimo lunedì, cercherò
di cominciare a pubblicare un altro racconto, di tutt’altro genere però. Il destino e la speranza, questo il suo
titolo, è una storia che sto scrivendo da più di un anno e mezzo e che, purtroppo,
non ho ancora concluso, ma che mi ha portato a studiare e a prepararmi a
dovere. Spero che possa rivelarsi un viaggio interessante per un qualche
lettore, e se qualcuno di voi vorrà continuare a seguirmi, sarò felicissimo di
ringraziarlo.
Grazie di cuore a tutti, e a presto, carissimi lettori! J