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Autore: Kary91    19/12/2016    5 recensioni
[Long Fiction | Jace!centric | Jace & Alec (bromance) | What-if? di "Città delle Anime Perdute"]
Ci troviamo verso la fine di Città di Anime Perdute e qualcosa di sostanziale cambia, durante la battaglia fra Shadowhunters e Ottenebrati: Alec viene ucciso da Sebastian, sotto lo sguardo impassibile di un Jace schiavo della volontà di quest'ultimo.
Sei mesi dopo, Jace è finalmente libero dal condizionamento di Sebastian, ma non è più se stesso. Devastato dai sensi di colpa e dal dolore per la perdita del suo parabatai , è ossessionato dall’idea di riportare in vita Alec.
Troverà un modo: una strada che nessuno ha mai nemmeno pensato di intraprendere e che probabilmente gli costerà la vita. Un viaggio che rischia di scardinare l’equilibrio dei Regni Celesti – dove vivono gli angeli e le anime di chi non c'è più.
Ma quando Jace Herondale vuole qualcosa nemmeno Raziel in persona può impedirgli di ottenerla. Soprattutto se quel qualcosa è la vita di suo fratello.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Jace Lightwood, James Carstairs, Kieran, Magnus Bane
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A thousand times over;'
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Premessa. Questa storia è una what-if e si sviluppa a partire di Città delle Anime Perdute. Incomincia durante il combattimento fra Shadowhunters e Ottenebrati, durante la quale Clary vuole usare la spada di Michele per dividere Sebastian e Jace. Le parti in corsivo sono tratte direttamente da quella scena del libro. Ringrazio collega per la meravigliosa copertina!

 

 

 

«Perché son caduti gli eroi

in mezzo alla battaglia?

Giònata, per la tua morte sento dolore,

l'angoscia mi stringe per te,

fratello mio Giònata!

Tu mi eri molto caro;

la tua amicizia era per me preziosa

più che amore di donna.

Perché son caduti gli eroi,

son periti quei fulmini di guerra?»

 

Davide - Antico Testamento.  2 Samuele 1, 25-27

 

City of Traded Souls


ddddd

 

 

Prologue;

«Aveva le mani coperte di sangue misto a pioggia, la stessa pioggia che lavava il sangue dal petto, rivelando la runa mentre cominciava a scolorirsi da nera ad argentea, trasformando tutto ciò che aveva senso nella sua vita in nonsenso. Jem era Morto.»

 

Will Herondale Le Origini, La Principessa. Cassandra Clare

 

 

Irlanda, The Burren – Il Settimo Sito Sacro

La battaglia infuriava, macchiando di sangue il terreno brullo del Burren.

Figure nere e rosse cozzavano le une contro le altre, brandendo spadoni, colpendo per uccidere.

Guerrieri feriti continuavano a cadere a terra. Clary provò una fitta di dolore, facendo scorrere lo sguardo sui tanti Shadowhunter in nero riversi sul terreno.

Continuò a correre, la Gloriosa che le ardeva in mano. Un fischio tagliò l’aria, accompagnando una freccia dritta al cuore di un oscuro di fianco a lei.  Clary promise a se stessa che, se mai fossero usciti vivi da quello scontro, si sarebbe complimentata con Alec per la precisione e l’efficienza dei suoi tiri.

Con lo sguardo scrutò disperatamente la folla in cerca di Sebastian. Non lo vedeva, ma sapeva che era dietro l’assembramento compatto di Shadowhunters oscuri attraverso cui si era dovuta fare largo a pugni. Stringendo la spada, si avvicinò al gruppo, ma trovò la strada sbarrata.

Da Jace.

Clary.”

La ragazza slittò all’indietro, rabbia e urgenza a contendersi il suo volto.

La spada divampava, scivolosa nella sua presa.

Jace. Togliti di mezzo.”

Il ragazzo si mosse verso di lei, con la stessa cautela di chi si trova davanti un animale recalcitrante.  I suoi occhi d’oro erano inespressivi, impenetrabili. Il suo viso era livido e sporco di sangue.

“Dammi quella spada, Clary.”

“No.”

Clary arretrò ancora,  rinsaldando la presa sull’arma. La Gloriosa illuminò lo spazio che stavano occupando, l’erba calpestata e sporca di sangue attorno a Clary, Jace che si muoveva verso di lei.

Jace. Posso separarti da Sebastian. Posso ucciderlo senza fare del male a te…

“Ucciderlo?”

Il viso di Jace si contrasse.

“Sei impazzita?”

Qualcuno si mosse dietro di loro. Clary ne percepì la presenza ancor prima di vederlo. Aveva i capelli castani arruffati dal sudore e un’espressione nuova, decisa e concentrata: Simon fissava Jace con i canini scoperti, pronto ad attaccare alla prima mossa falsa del ragazzo.

Jace lo ignorò. 

“Dammi la spada” ripeté, rivolto a Clary.

 Aveva la mano tesa, il mento sollevato, e parlava con fare imperioso.

“Dammela, Clary.”[1]

Clary alzò la Gloriosa, sostenendone il peso con una mano sola, e si preparò a colpire.

 

Qualcuno la travolse, scontrandosi contro le sue braccia.

Qualcuno di rapido e inaspettato, ma forte, come un colpo di freccia.

Il controllo sfuggì dalle dita di Clary e la Gloriosa scivolò dalla sua presa, per finire tra le mani ferme e affusolate di un ragazzo.

Si voltò e Jace fece lo stesso, lo sguardo rapace di un predatore che insegue la preda.

Lo individuarono subito, nonostante ormai si stesse già facendo largo oltre la calca di Ottenebrati, lo sguardo intriso di una decisione marcata:  la persona che le aveva sfilato la Gloriosa dalle mani di Clary era Alec.

Jace scattò in avanti per seguirlo.

Jace, no!”

La ragazza gli corse dietro, aguzzando lo sguardo per non perdere Alec di vista. Lo vedeva a stento, accerchiato da un gruppo di cacciatori che gli facevano da scudo contro gli Ottenebrati. Cercava di raggiungere un punto preciso, al di là della calca. Correva verso una macchia bianca e rossa, un puntino niveo simile a un fiocco di neve caduto in una pozza di sangue: Sebastian.

Alec era appena riuscito a liberarsi dalla presa di un Ottenebrato, quando Jace gli saltò alle spalle, buttandolo a terra.

La Gloriosa gli scivolò di mano.

Alec fece del suo meglio per riprendersela, scrollandosi l’amico di dosso.

Jace gli sferrò un pugno nel petto, mentre con la mano libera tentava di appropriarsi della spada.

Alec, i denti digrignati per lo sforzo, ne approfittò per scattare in avanti, colpendolo con una testata.

La sorpresa destabilizzò Jace per un istante e il ragazzo lo lasciò andare.

Alec rotolò di lato e allungò il braccio fino a impugnare l’elsa della Gloriosa, la sofferenza del suo sguardo riflessa nel baluginio della lama.

Jace!” gridò, echeggiando la voce di Clary, che lo stava chiamando a sua volta.

Jace aveva sguainato la sua spada e adesso avanzava in direzione di Alec. Affondò contro il suo braccio, ma Alec riuscì a parare il colpo: la Gloriosa si accese come fuoco, nel momento in cui le due lame cozzarono.

Jace, sono io!”

Alec si abbassò per sfuggire a un secondo affondo, questa volta indirizzato alla gola. Anche a quella distanza Clary riusciva a distinguere  l’orrore e la sofferenza  nello sguardo di Alec ogni volta che Jace spingeva la spada su di lui: senza esitazione, senza rimorso. Mirando ad uccidere.

La ragazza scattò in avanti, decisa a mettersi in mezzo.  Se Jace avesse fatto del male ad Alec avrebbe vissuto nel tormento, straziato dal senso di colpa, e non poteva permetterlo.

“Alec, dammela, dammi la spada!”

Cercò di separarli, ma Jace la spinse da parte.

Avanzò di nuovo per colpire Alec e questa volta il parabatai non riuscì ad evitare l’affondo: la lama gli penetrò nel fianco e, quando Jace la tirò fuori con uno strattone, il ragazzo sussultò, cadendo in ginocchio di fronte a lui.

Clary gridò.

Alec si premette una mano contro la ferita, per bloccare la fuoriuscita del sangue. Aveva l’aria stanca, incredula, stordita. Come se il suo stesso braccio gli si fosse rivoltato contro per ferirlo.

Lo sguardo di Jace, al contrario, era impenetrabile. Aveva il capo inclinato di lato, come se lo stesse studiando. Come se si stesse sforzando di ricordare qualcosa: quel legame che li univa e che non sentiva più.

Clary approfittò di quel momento per separarli, mettendosi fra loro.

 “Jace, ti prego!” lo implorò.

Alec, dietro di lei, stava cercando di rimettersi in piedi.

“Non ti perdoneresti mai se gli facessi del male.”

Jace sembrò studiare le sue parole;  dal suo sguardo continuava a non trapelare alcuna emozione.

“Gli ho già fatto del male” rispose atono, la lama sporca di sangue a proiettare ombre rossastre sulla sua pelle. “E pensa un po’? Mi sono perdonato. E comunque non lo ucciderò, se mi darà la spada.”

Cercò di scansare Clary, ma la ragazza si aggrappò a lui, piantandogli le unghie nella carne.

“Tu lo ami” replicò, lottando per trattenerlo. “Lo ami come ami Izzy… Come amavi Max! Possibile che questo non significhi più niente, per te?”

“Dammi la spada, Alec.”

Jace era insolitamente pallido, come se lo scontro con lei e Alec gli avesse prosciugato ogni energia.

Era bello come sempre, pensò Clary. Eppure, in quel momento più che mai, le risultò lampante la differenza fra il vero Jace e quello che aveva di fronte: un Jace completamente soggiogato alla volontà di Sebastian, proprio come gli Ottenebrati che li circondavano.

“Oppure muori. A te la scelta.”

Alexander si era rialzato in piedi, la Gloriosa nuovamente in pugno.

Il suo volto pallido, inumidito dal sudore e da qualcos’altro scivolato giù dagli occhi, era una maschera di dolore e fragilità.

Respirava a fatica, una mano rossa di sangue a premere sulla ferita e l’altra ben avvolta intorno all’elsa della Gloriosa. Non l’avrebbe lasciata: Clary lo capì nel momento in cui, guardandolo negli occhi, vi vide dentro il fuoco: le stesse fiamme di determinazione che avevano danzato così tante volte nello sguardo fiero di Jace.

Le stesse fiamme all’interno delle quali era stato plasmato il suo cognome.

Alec non avrebbe mai accettato di perdere l’unica arma in grado di restituire Jace alla sua vita.

Non per lui e Clary o per Izzy e i suoi genitori: ma per lo stesso Jace.

Non insistere con me perché ti abbandoni e torni indietro senza di te” mormorò all’improvviso, le fiamme della decisione a inombrare il dolore dei suoi occhi chiari.  “Perché dove andrai tu andrò anch'io. Dove morirai tu, morirò anch'io e vi sarò sepolto. L’Angelo mi faccia questo e anche di peggio, se altra cosa che la morte mi separerà da te.[2]

Jace scosse la testa, la spada ancora tesa e puntata al petto di Alec. Il suo volto aveva smesso di essere la maschera impassibile di poco prima. Clary lesse nei suoi occhi qualcosa di diverso, qualcosa che tuttavia non la rincuorò come aveva sperato.

C’era rabbia, in quello sguardo: solo rabbia. Tizzoni ardenti di rancore a scurirgli le iridi.

“Allora ti sei deciso…” osservò ancora Jace, facendo un passo verso di lui. “… Hai scelto la morte.”

Alec scosse la testa, il respiro sempre più irregolare, le mani tremanti sotto il peso della spada per via della ferita e del sangue perso.

Non voglio vivere se non combattiamo dalla stessa parte[3] replicò, lo sguardo illuminato da un lieve bagliore di speranza. “Guardami, Jace” lo pregò un’ultima volta, gli occhi azzurri che spiccavano in quel volto spaventosamente pallido.  “Sono tuo fratello: il tuo parabatai.”

“Errore.”

Una voce fredda, innaturale, eppure fin troppo familiare, coprì la risposta di Jace.

Sebastian era sgusciato alle loro spalle, confondendosi con il rosso degli altri Ottenebrati; repentino e silenzioso come un Fratello Silente. Come il serpente che si muove sulla sabbia, la stessa creatura che macchiò Abramo ed Eva del peccato, e letale come il suo veleno.

“Sono io suo fratello.”

Un sorriso aguzzo, trionfante, modellò le labbra di Sebastian.

Accadde tutto così in fretta che Clary riuscì a scorgere solo  il guizzo luminoso di una lama e gli occhi di Alec che si sgranavano, limpidi e sorpresi, come quelli di un bambino.

Sebastian calò la spada su Alec con un  movimento fluido del braccio, una maschera di odio ad annerirgli completamente gli occhi.

La lama squarciò il petto del ragazzo e lo trafisse da parte a parte, all’altezza del cuore.

Un grido acuto penetrò la notte e Clary trasalì quando si accorse che a urlare era stata lei.

Si portò le mani alla bocca, il tremore violento a percuotere le gambe, rovesciandola a terra. Il suo grido aveva attirato l’attenzione dei combattenti e, nel giro di pochi istanti, si fuse ad altre urla, altrettanto strazianti, altrettanto pregne di dolore.

Nel frattempo Sebastian rideva –  un riso sguaiato e crudele, malcelato dagli strilli laceranti di Isabelle, di Maryse…. Di Magnus.

Il rosso delle tenute degli Ottenebrati le danzava attorno, quasi a schernire le fiammelle che davano il nome ai Lightwood.

E poi la vista di Clary si offuscò.  L’ultima cosa che sentì, prima di perdere conoscenza, fu l’ennesimo grido.

Un urlo maschile, carico di orrore: l’urlo di Sebastian.

 

*

Jace crollò a terra quasi nello stesso momento in cui lo fece Alec.

Un dolore acuto, lancinante, gli trafisse il petto. Fu come essere stato colpito da una freccia. Una Una morsa opprimente, simile a una corda allacciata intorno al suo petto, lo stringeva a punto tale da soffocargli il cuore. Non riusciva a pensare ad altro che all’aria, a far entrare l’aria nei polmoni per respirare.

La corda si spezzò.

Qualcosa di secco, come uno schiocco di frusta, lo colpì allo sterno, rubandogli il fiato.

Una volta, Alec gli aveva parlato di una sensazione del genere: gli aveva detto di aver percepito il momento in cui era morto, di essersi sentito come se stesse cadendo nel vuoto, senza più appigli a cui aggrapparsi.

Per un istante, la vista di Jace venne offuscata da un lampo. Si piegò sulle ginocchia, lo stomaco contratto dal bisogno di vomitare.

 

Qualcosa di umido gli percorse le clavicole: sangue.

Con le mani bagnate afferrò i lembi della camicia e la aprì strappandola. Nella luce fioca, vide che la runa parabatai stava sanguinando.[4]

La corda si recise del tutto. Jace si sbilanciò all’indietro.

Il suo sguardo si posò sul viso pallido di Alec, sul suo corpo immobile. Gli occhi azzurri ancora aperti, eppure spenti. Non più limpidi, non più vivi.

Non più.

Ma cosa te ne importa?

La runa di Lilith pulsava frenetica, in contrasto a quella parabatai, che stava incominciando a sbiadire. Le sue due nature stavano combattendo al suo interno per dominarlo, per zittirsi a vicenda.

Rumori affilati gli penetrarono la testa – la risata di Sebastian, le grida di Clary, di Izzy.

Jace non riusciva a condividere nessuna di quelle emozioni. Si sentiva vuoto, stordito, intrappolato sul ciglio di un burrone.

Si teneva aggrappato a un filo tenue, l’ultimo brandello sfilacciato di corda rimasto a sostenerlo.

E poi, con uno schiocco secco, anche l’ultimo filo si strappò. Il suo corpo vibrò con violenza, poi tutto finì.

Alec era morto.

Jace incominciò a cadere nel vuoto.

 

Note Finali.

È con tanta, tanta emozione che condivido finalmente il prologo di questa storia. Ho incominciato City of Traded Souls un po’ esitante, perché non mi era praticamente mai capitato di portare a termine una long con più di cinque o sei capitoli. Questa volta, però, ce l’ho (quasi!) fatta. Ormai mi mancano due capitoli per concludere questa storia e undici sono già pronti, così mi sono fatta coraggio e ho deciso di incominciare a pubblicare.

City of Traded Souls (o CoTS, come piace chiamarla a me) è una storia un po’ atipica. È incentrata su Jace e sul viaggio che intraprenderà per riavere indietro il suo parabatai. Come molte storie è una storia nata per motivi particolarmente egoistici, lo ammetto: ci tenevo ad approfondire il rapporto fra Jace e Alec, che nei libri mi è sempre sembrato un po’ marginalizzato.  

Il capitolo uno sarà ambientato circa sei mesi dopo la morte di Alec (mi fa un po’ male scrivere queste parole) e la storia riprenderà da lì. Nel corso della long faranno breve comparsa diversi personaggi delle varie saghe (TMI, TID e TDA): vedremo Magnus, Clary e perfino Jem.

In questo prologo, come ho segnalato nelle note iniziali, c’erano diverse citazioni tratte dai libri. Di solito non amo inserire passaggi estrapolati troppo lunghi, ma in questa storia, e in particolare nel prologo, mi è sembrata una scelta necessaria: pur essendo questa storia una what-if? volevo riallacciarmi il più possibile alla storia madre e quindi ci saranno un paio di parallelismi che rimanderanno ad alcune scene dei libri.  

Credo di aver detto tutto! Il prossimo capitolo sarà raccontato dal punto di vista di Clary e mostrerà il cambiamento di Jace in relazione alla morte di Alec e  il suo modo di affrontarla.

Grazie a chiunque sia passato a leggere! Spero tanto che questo prologo possa avervi incuriosito!

Un abbraccio

Laura

 



[1] Da “Città delle Anime Perdute”, capitolo 21.

[2] Le parole recitate da Alec sono tratte dal giuramento Parabatai.

[3] Riferimento alla frase pronunciata da Jace ad Alec nell’episodio 1x09 della serie TV: “I don’t want to be alive if we’re on different sides, Alec.”

[4] Le frasi in corsivo sono tratte da “Shadowunters – Le origini, La Principessa”.

   
 
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