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Autore: Shadow writer    20/12/2016    2 recensioni
Dopo l'ultimo caso, che ha messo in discussione la sua carriera e la sua vita, il detective Harrison Graham credeva di aver finalmente trovato la pace insieme alla figlia, Emilia, e alla donna che ama, Tess. Ma un nuovo ed imprevisto caso lo trascina in un'indagine apparentemente inverosimile, in cui nulla è ciò che appare e nessuno appare per ciò che è. La ricerca lo costringe a collaborare con il suo acerrimo nemico, Gibson, ma soprattutto porta alla luce il fantasma del passato di una persona a lui molto, molto vicina, e a realizzare che forse, il detective non l'ha mai conosciuta veramente...
[AVVISO: "Smoke and Mirrors" è il seguito di "Blink of an eye", che potete trovare sul mio profilo]
Genere: Mistero, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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5_ Larry Beaver



 
Harrison si passò una mano sul volto assonnato, ascoltando il ronzio della macchinetta del caffè al lavoro. Quando il rumore si fermò, raccolse il bicchiere e si allontanò sorseggiando il terzo caffè della mattina.
Ed erano solo le 9.30.
Entrò nel proprio ufficio, dove trovò Gibson in condizione di certo non migliori delle sue. La sera precedente, dopo aver lasciato il ricevimento intorno all'una di notte, i due detective si erano dovuti recare nella casa di Mark Campbell. L'uomo, un dipendente statale, era stato ucciso nel salotto di casa sua, mentre la moglie dormiva in camera da letto.
Sempre lo stesso schema: gola tagliata, nessuna traccia e in contemporanea con il furto. Harrison e Gibson avevano analizzato la scena del crimine, interrogato la moglie e, come al solito, non avevano ricavato nulla. Harrison era rientrato in casa sua intorno alle quattro e aveva trovato Tess addormentata. Si era steso nel letto al suo fianco e, guardando il suo volto disteso, aveva sentito le palpebre calare. 
Gli sembrò di essersi appena addormentato, quando la sveglia prese a suonare furiosamente. Tess si era mossa tra le lenzuola, continuando a dormire, ma lui si era dovuto trascinare fuori dal letto, poi verso il piano inferiore.
Così, dopo poco più di tre ore di sonno, si era recato alla centrale per rimettersi al lavoro. 
«Nulla» la voce di Gibson riscosse l'uomo, che finì di bere il caffè bollente con un unico sorso e gettò il bicchiere nel cestino.
«Come?» domandò, cercando di mettere a fuoco il volto del collega.
«Ho controllato il fascicolo di Mark Campbell e non ho trovato nulla degno di nota» gli tese i documenti e Harrison li sfogliò rapidamente, confermando ciò che già sapeva.
«Così siamo a tre omicidi» commentò lasciandosi cadere sulla poltrona dietro alla scrivania «di tre innocenti»
«Potremmo ipotizzare che i tre nascondessero qualcosa e ciò li renderebbe colpevoli»
«Ma non si conoscevano neanche» concluse Harrison con un sospiro.
Il suo sguardo si perse sui fogli, pensieroso. Aveva ricontrollato tutto ciò che sapevano sulle vittime, ma nulla sembrava collegarli. Vivevamo in zone diverse della città, si occupavano di ambiti diversi, conoscevano persone diverse. Benjamin Collins lavorava per una compagnia di assicurazioni, ma nessuna delle altre due vittime ne era mai stata cliente, allo stesso modo Daniel Grisham era un critico d'arte, ma gli altri non era interessati di arte, infine Mark Campbell era un dipendente statale, ma si occupava di certificati che le altre vittime non necessitavano.
«Hai parlato con Sadie?» domandò Harrison guardando il collega.
Gibson annuì: «Sì, ma non ha ancora trovato nulla di significativo. Sarà meglio andare a parlarle»
L'altro fece un cenno d'assenso e lo precedette all'esterno dell'ufficio.
Sadie lavorava alla propria scrivania, spostando lo sguardo dallo schermo del computer ai fogli che aveva davanti a sé. L'ultima volta che Harrison le aveva parlato, la donna si occupava anche di rispondere alle telefonate, ma in quel momento il telefono era scomparso dalla scrivania e Sadie era completamente assorta dal lavoro.
«Novità?» domandò il detective affiancandola.
«Sì» rispose lei «se per novità intendi scoprire quali sono le occasioni adatte per regalare un carillon. Se intendi qualcosa utile al caso...»
«Fantastico» concluse con sarcasmo l'uomo.
«E se guardassimo questi omicidi da un altro punto di vista?» commentò Gibson.
Harrison si voltò verso di lui, con uno sguardo interrogativo.
«Prendiamo ancora in considerazione la mente dei criminali» spiegò l'altro «Il furto è avvenuto senza blackout e ciò significa che ormai sono certi di aver attirato l'attenzione. La vera domanda è: con chi stanno comunicando? E cosa vogliono dire?»
Harrison sbuffò: «Non sono certo domande facili»
«Già, ma se riusciamo a rispondere a queste, saremo un passo più vicini alla soluzione»
 
 
Tess rientrò in casa nel tardo pomeriggio, di ritorno da un lungo pranzo domenicale da Cassidy e Ron. 
Dato che Harrison era stato trattenuto al lavoro per tutta la giornata, la donna si era recata da sola dai genitori, dove l'attendeva anche Emilia.
Quando Tess mise piede nel salotto, trovò Harrison appisolato sul divano.
Emi entrò nella sala chiacchierando ad alta voce, così l'uomo si riscosse e sollevò di scatto il capo, stropicciandosi gli occhi.
«Oh, ciao papi» salutò la bimba e corse verso di lui per potersi accoccolare sulle sue gambe e gettargli le braccia intorno al collo.
Harrison la strinse a sé, accarezzandole i capelli.
«Ciao piccola» le disse sorridendo «Com'è andata dai nonni?» 
Mentre Emilia si lanciava nell'accurata descrizione di ciò che aveva fatto in quel weekend, Tess si spostò in cucina.
Poco dopo la raggiunse anche Harrison, da solo.
«Ehi» la salutò guardandola «Mi dispiace averti lasciata sola oggi. Il lavoro è stato molto...travolgente»
Tess fece un cenno di assenso: «Certo, capisco. Il tuo lavoro è molto serio al momento»
Harrison incrociò le braccia al petto, scoccandole un'occhiata accigliata.
«Cosa intendi dire?»
Lei scrollò le spalle: «Esattamente quello che ho detto. Ieri sera hai preso tutto molto seriamente»
«Tess...» replicò lui, continuando a fissarla. Sapeva con certezza che la donna stava tacendo qualcosa. 
Era parte del suo lavoro capire se qualcuno mentiva e Tess era più trasparente di Emilia.
Lei alzò gli occhi al cielo, poi tornò a fissarlo.
«Era proprio necessario comportarsi in quel modo con Calvin?» disse infine.
Harrison sollevò le sopracciglia: «Sul serio? Vuoi parlare di quello?»
«Be', la tua reazione mi è sembrata un poco eccessiva» commentò lei sarcastica.
«Non ho mai sentito parlare di lui e all'improvviso lo troviamo sulla scena di un crimine»
«Cosa?» esclamò lei «Stai parlando da detective o da fidanzato geloso?»
«Tess, per favore, non cambiare le carte in tavola»
«Sei tu che lo stai facendo!» protestò la donna.
«Tu sei la persona più riservata che io conosca, le uniche occasioni in cui lasci trasparire le tue emozioni sono quando sei travolta da queste. Ieri sera hai abbracciato quell'uomo come raramente hai fatto con me, non credi che sia normale che io mi ponga qualche domanda?»
Tess sospirò. Avere una discussione con Harrison era come averla con una donna che sa sfruttare tutti i punti a proprio vantaggio per distruggere l'avversario.
«È un vecchio amico, non ci vediamo da anni e quando l'ho visto ho pensato che fosse incredibile averlo ritrovato!»
Harrison corrugò la fronte: «E come è possibile che non vi vediate da otto anni se eravate grandi amici?»
Lei alzò gli occhi al cielo: «Calvin ha detto la verità. Suo padre lo ha costretto ad iscriversi ad una sorta di accademia militare e quando ne è uscito io mi ero trasferita lontano dai miei genitori. Non siamo più riusciti a metterci in contatto»
L'uomo continuò a scrutarla, ma sapeva che Tess era assolutamente sincera.
Forse aveva ragione, la sua era semplice gelosia, dopotutto. E forse era da tanto tempo che non si sentiva geloso di qualcuno. Emilia lo amava di un amore incondizionato, perché era come una parte di sé. 
Ma Tess era altro e in quanto tale aveva avuto una propria vita autonoma prima di incontrarlo.
Harrison le si avvicinò e la strinse a sé.
Lei gli circondò il collo con le braccia, guardandolo negli occhi.
«Io ti amo» gli disse sorridendo dolcemente «Non dimenticarlo»
Lui socchiuse gli occhi, lasciandosi travolgere dagli altri sensi.
Il calore del corpo della donna appoggiato contro il suo, il profumo floreale della sua pelle, il respiro leggero che usciva dalle sue labbra e faceva alzare e abbassare il suo petto.
«Ti amo anche io» rispose lui e si chinò per appoggiare le proprie labbra su quelle morbide della donna.
Lei si lasciò baciare con dolcezza, mentre infilava la dita tra i capelli dell'uomo.
Le mani di Harrison scesero fino a stringerle i fianchi e l'attirò ancora di più verso di sé.
Il trasporto del loro bacio fu bruscamente interrotto dalla voce di Emi che chiamava dal salotto.
«Mi dispiace» sussurrò lui sulle labbra di Tess «Ma il dovere chiama»
La donna sorrise e a malincuore lo lasciò allontanarsi da sé.
Lo seguì però verso il salotto dove la bimba stava in piedi sul divano per cercare di prendere i libri nell'ultimo scaffale della libreria.
Harrison la raggiunse in fretta e la sollevò in modo che potesse raggiungere il proprio obiettivo.
Emi sfilò soddisfatta il libro dalla scaffale e lo tese al padre: «Me lo leggi?»
Lui rise: «Va bene, ma solo una storia, perché poi devo preparare la cena»
I due si accomodarono sul divano, Harrison con le gambe incrociate ed Emi seduta in grembo.
Tess li osservava dalla porta, sorridendo.
«Dopo cena leggiamo le altre storie insieme?» domandò la bambina spostando lo sguardo dal padre alla donna.
Lui stava annuendo, ma Tess lo bloccò: «Nell mi ha chiesto di incontrarci dopo cena, per bere qualcosa e chiacchierare. È da un po' che non ci vediamo»
«Allora saremo solo io e te, piccola» disse Harrison guardando la figlia.
«Se è un problema posso dirle di rimandare» aggiunse Tess velocemente.
L'uomo alzò gli occhi verso di lei e sorrise: «No, va benissimo. Oggi hai sopportato i miei genitori da sola, te lo meriti»
Lei rise, scuotendo il capo e si avvicinò al divano per unirsi a loro nella lettura.
 
 
Un paio d'ore più tardi, Tess entrò nel locale con aria guardinga.
Si trattava di un bar scarsamente illuminato, colmo di avventori dall'aria poco raccomandabile, che per la maggior parte avevano già bevuto troppi bicchieri per potersi definire lucidi o che comunque stavano per raggiungere quel livello.
Senza guardarsi intorno, la donna puntò direttamente verso il tavolo già occupato dal suo appuntamento per quella sera.
Camminò velocemente sul pavimento unticcio e raggiunse il divanetto sgualcito, che perlomeno appariva pulito.
Si sedette, senza togliersi il cappotto e guardò negli occhi la persona che le stava di fronte.
«Un detective, eh?» commentò Calvin con un sorriso di scherno, a mo' di saluto.
«Be', al cuore non si comanda» replicò lei a tono.
L'uomo rise: «Touché»
Tess gli rivolse un'occhiata penetrante: «Dubito tu mi abbia chiesto di incontrarci per parlare dei miei gusti in fatto di compagni, perché in tal caso, la conversazione potrebbe prolungarsi parecchio, visti i parerei contrastanti»
Lui continuò a sorridere, anche mentre scuoteva il capo, poi il suo volto assunse un'espressione seria.
«No, mia piccola Tessa» le disse e la donna sentì un brivido attraversarle la schiena.
Era da tempo che non si sentiva chiamare in quel modo, non dall'ultima volta che aveva visto Calvin, otto anni prima.
Lui parve rendersi conto della reazione che aveva suscitato in lei, e sorrise, come se ne fosse divertito.
«Mi chiamo Tess» replicò lei e il sorriso dell'uomo si allargò.
Questo gioco era nato tra loro da quando si erano conosciuti.
Calvin insisteva per chiamarla Tessa, dicendo che Tess poteva essere solo un soprannome di Theresa, e non il suo vero nome, con ogni volta lei ribadiva come si chiamasse.
«Che ne dici di parlare di cose serie ora?» domandò la donna stringendo le labbra.
«La solita puntigliosa Tessa» commentò lui, poi diventò improvvisamente serio.
«Ciò di cui ti voglio parlare riguarda il caso a cui sta lavorando il tuo fidanzato in uniforme»
Tess non cambiò espressione.
«Cosa sai?» gli chiese scrutandolo attentamente. 
Non era ormai una sorpresa per lei che Calvin riuscisse a recuperare tutte le informazioni di cui avesse bisogno, ma non si aspettava che fosse a conoscenza di un'indagine riservata della polizia. Non riusciva ad immaginare quali fossero i motivi che l'avessero spinto ad informarsi.
«Lascia che ti spieghi dall'inizio, così sarà tutto più chiaro» fece lui, poi si piegò a frugò nella ventiquattrore che teneva al suo fianco ed estrasse un figlio.
Lo mise sul tavolo e lo tese alla donna.
Conteneva la fotografia in bianco e nero di un uomo intorno ai cinquant'anni, con il volto solcato dalle rughe e un'espressione malinconica.
«Quello è Larry Beaver» cominciò Calvin con uno sguardo pesante «Morto circa dieci anni fa»
Tess annuì e abbassò il foglio, come se lo sguardo dell'uomo nella fotografia la facesse sentire a disagio.
«Era un antiquario, ma alla sua morte il suo negozio e tutto ciò che conteneva furono sequestrati alla famiglia a causa di debiti e rivenduti poi in varie aste»
Calvin estrasse un altro foglio dalla ventiquattrore e lo tese alla donna. 
Un'altra fotografia di un altro uomo.
«Quello è Benjamin Collins, morto  poco più di una settimana fa»
«Lo so, Harrison mi ha accennato della sua morte»
«Giusto, dimenticavo il fidanzato in uniforme. A quanto pare, lui non ha segreti con te»
La donna lo fulminò con lo sguardo, ma quando parlò, cercò di mantenere un tono neutro: «Cosa c'entra la morte di quest'uomo con quella di Beaver?»
«Ci stavo arrivando» replicò Calvin «La polizia sa sicuramente che Collins lavorava per una compagnia di assicurazioni, ma questo non è di grande aiuto. Se i detective avessero controllato con più attenzione, però, si sarebbero accorti che Collins ha lavorato anche come dipendente in una banca»
«Quindi cosa cambia?» domandò la donna, fremendo sul divanetto.
«Cambia per il fatto che quando era dipendente della banca, Collins ha avuto il "piacere" di occuparsi di Larry Beaver, a cui ha rifiutato un prestito. Per sei volte»
Calvin le tese un altro foglio, in cui erano annottati in modo molto formale alcuni dati, come se si trattasse di un registro attività. Di una banca.
«Quali sono state le conseguenze?» domandò Tess. Sapeva che l'uomo era solito raccogliere dati ed organizzarli in modo logico e coerente, così che nulla di ciò che le stava dicendo era superfluo o marginale.
Calvin la guardò negli occhi: «Alla famiglia di Beaver fu tagliato il riscaldamento per due mesi, d'inverno, e uno dei figli fu ricoverato in ospedale a causa di geloni»
«Scommetto che hai anche il certificato medico di più di quindici anni fa» commentò Tess e l'uomo sorrise.
«Ovviamente, ma per praticità eviterò di mostrarti anche quel documento. La storia non è neanche a metà»
La donna si sporse in avanti: «Sono pronta a sentire il resto»
Lui parve compiaciuto dalla risposta e, sorridendo, riprese a parlare: «Nella stessa sera in cui è stato ucciso Collins, un quadro è stato rubato. Indovina chi è stato uno dei precedenti proprietari»
«Direi Beaver» commentò Tess, seguendo la logica del compagno.
«Brava ragazza» 
L'uomo le tese un altro foglio, raffigurante la fotografia di un terzo uomo.
«Fammi indovinare» disse lei «Daniel Grisham»
Calvin sgranò leggermente gli occhi, impressionato dalla donna.
«Non fare quella faccia» commentò lei «Sappiamo entrambi chi è sempre stata la più intelligente tra noi due»
Lui alzò gli occhi al cielo, ma riprese subito a parlare: «Come avrai capito, anche Grisham era collegato a Beaver. Il nostro antiquario aveva una passione per la pittura e aveva tentato di vendere alcune sue tele, ma un critico d'arte aveva stroncato la sua carriera ancora prima che iniziasse con dure parole. Il suo nome era Daniel Grisham. Da quel fallimento Beaver rinunciò alla carriera dell'artista e rimase un semplice antiquario di scarso successo»
«Quindi anche il secondo quadro apparteneva alla collezione di Beaver?» domandò Tess.
Calvin annuì: «Esattamente e fu venduto come gli altri insieme alla sua morte»
La donna abbassò lo sguardo sul legno lucido del tavolo.
«La polizia credeva che i furti e gli omicidi fossero compiuti da dei pazzi che volevano giocare una sorta di caccia al tesoro, lasciando come indizi gli oggetti rubati, ma non è così. Ciò che accumuna i due quadri e il carillon non è il significato, ma l'appartenenza alla collezione di Beaver»
L'uomo fece un cenno di assenso: «Questo i detective non lo sanno ancora. E lo stesso schema si ripete per il terzo crimine. L'ultima vittima aveva sfrattato Beaver e famiglia dal suo appartamento, così si erano dovuti trasferire tutti nel negozio» 
Calvin concluse il proprio discorso e tra i due calò un istante di silenzio.
Tess rifletteva, pensierosa, e lui la guardava corrugare la fronte e spostare gli occhi grigi lungo le venature due legno del tavolo.
Ad un tratto, la donna alzò lo sguardo e incrociò quello dell'uomo.
«Questo significa che qualcuno si sta vendicando di chiunque abbia fatto un torto a Beaver e sta cercando di ristabilire autonomamente la giustizia secondo il proprio concetto» 
Calvin annuì.
«Hai idea di chi possa essere?» domandò ancora la donna.
Lui scrollò le spalle: «Al momento non ho abbastanza dati per confermare o smentire nulla, ma c'è una cosa ben più grande che mi preoccupa»
Il battito cardiaco di Tess era accelerato improvvisamente e ne sentiva il rombo nelle orecchie, così assordante da isolare qualsiasi altro rumore del locale.
Strinse i pugni, sentendo le unghie conficcarsi nei palmi, mentre ricambiava lo sguardo grave di Calvin.
Aveva già previsto le parole dell'uomo, ma quando uscirono dalle sue labbra, la trafissero ugualmente e con la stessa potenza di uno schiaffo.
«Questo significa» disse l'uomo, stringendo le labbra tanto da farle impallidire «che noi saremo prossimi»
   
 
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