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Autore: belle_delamb    20/12/2016    3 recensioni
Elizabeth vive in una casa nel bosco insieme a Karl, suo tutore, da quando i mostri hanno invaso la terra. Sfortunatamente la sua vita tranquilla sta per essere sconvolta per sempre da un evento imprevisto.
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Genere: Dark, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Martedì
Caro diario,
non sai con quanta gioia di scrivo. Mi chiamo Elizabeth e ti ho appena ricevuto in regalo da Karl. Un diario, uno dei pochi superstiti della Catastrofe! Non sai che felicità! Già da molto tempo ne desideravo uno, come quello che hanno le protagoniste dei romanzi che ho letto, un posto in cui scrivere tutto ciò che sento nel cuore e che non posso dire ad anima viva. Non che ci sia molto da raccontare in realtà. Dopo che i mostri hanno popolato la Terra uccidendo tutti gli umani che incontravano la vita dei pochi sopravvissuti è molto triste. Io sono costretta a vivere chiusa in questa casa insieme all’amico dei miei genitori, Karl. È lui che pensa a procurarci il cibo e a difenderci dalle creature che di notte escono in cerca di vittime. Da dove siano arrivate, beh, questo non lo sa nessuno. Karl mi ha esposto alcune teorie in proposito. Alcuni all’epoca sostennero che in realtà si trattasse di alieni, giunti su questo pianeta grazie a un meteorite che effettivamente si era abbattuto nel deserto del Sahara poco prima dell’invasione. Altri erano certi che in realtà quelle creature fossero sempre state presenti nel profondo della terra e che semplicemente erano uscite dai loro nascondigli, pronti ad attaccare. A favore dell’ultima teoria c’erano gli esami del DNA di una di queste creature, molto simile a quello del lupo. Infine c’era chi sussurrava che non sono esseri né alieni né appartenenti a questa terra, ma vampiri, creature dell’oscurità. Questo spiegherebbe la loro idiosincrasia per la luce del sole e perché non si avvicinano all’acqua santa. Tante idee ma nulla ha evitato che quei mostri conquistassero la terra, uccidendo gran parte degli esseri umani.
La casa in cui abitiamo si trova in mezzo al bosco e ha grandi finestre con vetri oscurati, in modo tale che si possa scrutare l’esterno senza essere visti. Di notte l’acqua santa scende lungo il vetro, un’estrema difesa dice Karl. Io molto spesso ho paura. C’è anche un balcone. Quello lo si usa solo durante il giorno, quando l’aria diventa troppo opprimente e si vuole assaporare il vento fresco che normalmente muove le fronde degli alberi. Discorso diverso invece è quello del terrazzino, più protetto, che da sul tetto della parte bassa della casa. Lì c’è uno sdraio su cui spesso Karl si accomoda per osservare il tramonto. A volte gli faccio anch’io compagnia.
-Fin quando ci sarò io, tu sarai al sicuro, Eli – mi ha sussurrato giusto ieri, facendomi posto al suo fianco e cingendomi la vita con un braccio. Ho appoggiato la testa sulla sua spalla e ho osservato il cielo colorarsi di rosso. Io so bene che con Karl sono al sicuro.
Sono uscita da questo rifugio poche volte, sempre accompagnata da Karl e sempre di giorno, però non mi sono mai avventurata oltre il muretto. Le regole qui sono poche ma indispensabili per la sopravvivenza. L’abitazione è grande e i mobili sono quasi tutti bianchi. C’è anche una stanza adibita a palestra. Normalmente quando sono sola sto sempre in salotto, questa è la camera più in alto della casa e da lì posso controllare il bosco e intravedere Karl quando si avvicina. Inoltre c’è una pistola nascosta sotto uno dei cuscini del divano. Solo in caso di emergenza e io non ho intenzione di usarla se non ne sono pienamente costretta, anche perché non so nemmeno esattamente come si usi.
Sul tetto del piano basso c’è anche quella che chiamiamo la Gabbia. Non è molto grande ed è composta solo da vetri offuscati, è usata principalmente per osservare il bosco di notte, quando un rumore sospetto mette in guardia Karl. Lì si trova l’interruttore centrale della luce. Quello è un altro luogo in cui posso andare solo in caso d’emergenza.
Ora devo andare a cena e mi aspetta il mio piatto preferito: pasta con le melanzane.
A presto, tua Elizabeth

Mercoledì
Caro diario,
aspetto il ritorno di Karl. Ho finito tutti i compiti che lui mi ha dato, quindi sono libera di scriverti. Quali sono questi compiti mi chiederai. Beh, lui ci tiene molto alla mia educazione. Mi ha insegnato a leggere e scrivere in greco e latino, inoltre a volte parliamo francese. A Karl piace quando arrotondo la erre, dice che è sensuale. In realtà non so neppure cosa voglia dire questa parola, ma mi piace.
Uffa, Karl dovrebbe tornare a breve. È andato al Mercato, il luogo in cui i sopravvissuti si trovano per scambiarsi le provviste. Noi abbiamo un piccolo orto dal quale ricaviamo alcuni cibi e Karl normalmente porta i prodotti di quello per ottenere in cambio altri alimenti od oggetti. Molto spesso mi porta dei regali. Sono curiosa di sapere cosa mi porterà oggi … eccolo che arriva!
A presto
E.

Giovedì
Caro diario,
ieri Karl mi ha portato un vestito nuovo. È bellissimo, un modello di quelli stretti in vita, che lascia scoperte le spalle. Gli piace osservare mentre li indosso.
-Sei bellissima, Eli- mi ha sussurrato all’orecchio, aiutandomi a chiudere la cerniera. I suoi complimenti mi fanno sempre sorridere.
Mi ha truccata lui stesso, io ci ho provato un paio di volte, ma lui non era mai soddisfatto. Abbiamo cenato al lume di candela. Una serata magica. Sono sempre contenta quando organizza queste sere. Ha voluto che mettessi le scarpe con i tacchi alti per l’occasione.
- Com’era la vita prima della Catastrofe?- gli ho chiesto mentre mangiavamo.
-Si lavorava e si viaggiava, per il resto era tutto identico- ha detto lui, sorseggiando il vino rosso e corposo dal bicchiere.
-Doveva essere bello viaggiare-
-Tu puoi viaggiare, ci sono un sacco di foto dei posti più belli del mondo nella Sala Mappamondo-
-Non è la stessa cosa-
-Credimi è identico e … - a quel punto qualcuno ha lanciato un urlo.
Il clima è diventato subito teso. Karl ha estratto la pistola e mi ha intimato di fare silenzio e di stare lì tranquilla. Il cuore mi batteva all’impazzata. Si è alzato ed è andato nella Gabbia. Fuori c’era una strana luce. Ho avuto paura. Qualsiasi cosa ci fosse là fuori continuava a urlare. Poi ho sentito i colpi. Mi sono rannicchiata su me stessa e ho chiuso gli occhi. È stata la voce di Karl a rassicurarmi.
-Va tutto bene, Eli- mi ha detto, prendendomi tra le braccia. Mi ha baciato tutto il viso, poi mi ha preso in braccio e mi ha portata in camera con lui.
Ho sempre paura che uno dei mostri riesca a entrare in casa, vivo nel terrore che possa succedere qualcosa. A volte un incubo mi sveglia in piena notte. È sempre lo stesso. Mi trovo in salotto e sto studiando, sto ripetendo una poesia per impararla a memoria, oppure traduco un testo, non ha importanza. Poi sento un rumore. Alzo la testa e vedo che c’è qualcosa oltre il vetro, una cosa che si muove a terra, e vedo una creatura che tiene qualcosa tra le zanne. Mi alzo e mi avvicinò per vedere meglio. È Karl, il suo povero corpo insanguinato e straziato. Mi sveglio sempre a questo punto, con il cuore in gola. Quando succede corro sempre da Karl, voglio assicurarmi che lui stia bene.
-Non succederà mai nulla di male- mi dice sempre –devi fare quello che ti dico io, solo così andrà tutto bene-
Certo, finora non è mai successo niente di grave. Ricordo con orrore il giorno in cui Karl mi ha fatto vedere il video in cui viene annunciata l’invasione delle creature. Ricordo bene la giornalista pallida e i mostri che si muovono sulle loro zampe, i versi che uscivano dalle loro fauci, il sangue delle povere vittime che colava a terra. So che i miei genitori hanno fatto quella fine e che l’avrei fatta anch’io se Karl non fosse venuto a prendermi. Non ricordo quasi nulla della mia vita precedente la Catastrofe, non si è salvata nemmeno una foto di quei momenti felici.
-Ora sono io la tua famiglia- mi ha detto Karl un giorno in cui ero particolarmente triste. Già, non ho mai dubitato di lui, ma non posso fare a meno di ripensare a quel periodo di cui non ho memoria, di chiedermi come fosse crescere in una famiglia vera. Deve essere bello. Oh, ma non voglio annoiarti, ho ripromesso a me stessa di non essere mai triste. Dopotutto qui ho tutto ciò che posso desiderare.
Tua Elizabeth

Venerdì
Caro diario,
stamattina Karl mi ha portata a fare un giro intorno alla casa. Abbiamo camminato fianco a fianco sulla stradina. Il recinto bianco di cemento è di circa due metri e sembra molto robusto, ma questo non diminuisce i miei timori. Sono piuttosto nervosa in questi ultimi giorni e dormo male.
-Ho intenzione di organizzare un picnic- ha annunciato Karl.
-Dove?- ho chiesto sorpresa.
-Sul terrazzo, un picnic tutto per te-
Lo adoro quando fa così. Ora sta sistemando la coperta e mettendo i piatti, lo posso vedere chiaramente dalla mia posizione. A volte facciamo dei giochi, lui lo chiama il suo piccolo teatro, fingiamo di essere qualcun altro e che il mondo non stia procedendo verso la sua fine. Dietro casa c’è anche una piscina, non più usata, ricordo dei momenti felici. Questa casa è stata comprata da Karl molto tempo prima che avvenisse la Catastrofe, ci voleva venire a vivere con la sua famiglia prima che i mostri la uccidessero. Non so nulla di loro, lui non ne vuole parlare e posso ben capire quanto soffra.
Karl mi chiama, devo andare.
Tua Elizabeth

Sabato
Caro diario,
il picnic ieri è stato stupendo. Abbiamo osservato il tramonto abbracciati, sorseggiando, dai calici di cristallo che Karl tiene sempre chiusi nel mobiletto, un liquido frizzante e dolce. Non so perché ma mi sentivo euforica. Poi siamo rientrati e abbiamo ballato. Io sono impacciata nel ballo, Karl mi rimprovera sempre dicendo che dovrei essere più morbida, ma io non riesco a perdere una certa rigidezza. Mi infastidisce sempre molto deluderlo, so bene che lui fa tutto il possibile per rendermi felice, anche se non sempre è facile. Non sono una brava ragazza e mi dispiace molto. Se fossi più buona tutto andrebbe meglio.
Ora vado a studiare
Tua Elizabeth

Sabato ore 14:30
Caro diario,
sono preoccupata, Karl non è ancora tornato. Non è mai stato via così a lungo. Se non torna entro un’ora vado nella Gabbia, da lì potrò vedere se è già nel bosco oppure no.

Ore 16
Non c’è. Ho guardato dalla Gabbia e non l’ho visto, non ha raggiunto il bosco … cosa gli sarà successo? Devo avere pazienza, forse è solo un po’ in ritardo, non deve essergli per forza successo qualcosa, lui stesso mi ha detto che è possibile che a volte sia in ritardo. Proverò a leggere qualcosa per distrarmi.

Ore 18
Il cielo sta diventando scuro. Lui probabilmente non arriverà. Non sono mai stata sola con il buio. Ho pianto prima, so che non tornerà e non so minimamente cosa fare. Tra poco i mostri arriveranno, dovrò andare nella Gabbia e far scendere l’acqua santa. Non so come, non l’ho mai fatto, ci ha sempre pensato Karl.

Ore 21
Ho mangiato qualcosa. Non ho fame, ma mi sono sforzata di mangiare un po’. Guardo l’acqua correre sui vetri, le gocce che s’inseguono come folli. Sono sola e so che lui non tornerà, se anche è vivo non sa che strada prendere. Ho lasciato una torcia accesa nella gabbia, nella speranza che lui possa vederla e trovare la via. Non succederà. Sono rannicchiata nel suo letto, ora, sento il suo profumo sul cuscino. Qui abbiamo passato dei momenti felici. Ho sentito degli ululati prima. Ho paura. Ho voglia di piangere. Lui non tornerà.

Ore 23
Non riesco a prendere sonno. Non avevamo mai parlato dell’eventualità che lui non tornasse. Non so cosa farò quando le provviste finiranno. Prima ho indossato l’abito a palloncino, quello che gli piaceva tanto. Quando lo mettevo mi sussurrava che ero bellissima. La più bella. Era così splendido sentirselo dire. Non lo sentirò più. Mai più. Io … non so cosa fare, non ho la più pallida idea di cosa fare. Ora cercherò di dormire, la notte mi porterà consiglio, domattina proverò a uscire, farò un giro entro la recinzione e proverò a vedere se riesco a scoprire qualcosa. Sì, domani si risolverà tutto.

Domenica
Ore 7:30
Ho dormito male questa notte. Ho avuto diversi incubi. Sono stanca ma non ho sonno. Sono già stata nella Gabbia e da lì ho osservato l’alba che colorava il cielo. Non posso negare che ho pianto ancora. Una volta io e Karl abbiamo guardato l’alba insieme.
-Questo è il principio di tutto, Eli – mi ha detto.
-Siamo solo io e te?-
-Io e te per sempre-
Non ci sarà più un momento simile. Sono uscita per vedere se in cortile c’era qualcosa. Ho avuto qualche difficoltà ad aprire la porta, anche a causa delle unghie lunghe che a Karl piacciono molto. Oh, forse dovevo scrivere piacevano. No, non ci voglio pensare. Forse ha avuto un contrattempo, forse. Tornerà, sì, e smalterà le mie unghie di rosso, come gli piace tanto fare. In cortile non ho trovato nulla. Proverò ad aspettare.

Ore 10
Non verrà più. Ormai ne ho la certezza. Oggi non ho aperto libro. Non ho voglia di studiare e non ne vedo più la necessità. Ho la nausea. Sono sola. Ho dato un’occhiata alle provviste in cucina. Non mi ero mai occupata di queste cose prima, c’era sempre Karl che lo faceva. Non sapevo nemmeno che c’è una seconda dispensa. In realtà non ci sono molte scorte. Sono scesa nell’orto, ma non so come trattare quelle piante. Ho provato a dargli l’acqua, starò a vedere. Ho guardato il bosco e sono rimasta alcuni minuti ferma a fissarlo, chiedendomi cosa si possa nascondere là dentro. C’è un sentiero, quello che prende Karl per andare al Mercato, per raggiungerlo basta aprire il cancelletto. Prima o poi dovrò addentrarmi lungo quella via se voglio continuare a vivere. Ho la pistola, la porterò con me quando succederà.

Ore 16:22
Ho sentito dei colpi. Non so da dove vengano. Ho la pistola al mio fianco e vorrei ardentemente saperla usare. Se sarà necessario ci proverò. I colpi continuano. Non vedo nulla fuori, solo alberi, solo il bosco. Ho paura di guardare, temo quasi di poter vedere uno dei mostri. Mi continuo a ripetere che nessuno è mai riuscito a entrare qua dentro, per cui devo stare tranquilla, è un nascondiglio sicuro. La verità è che mi manca Karl. Oggi mi sono ricordata di quella volta che sono stata male e che lui mi ha curata, standomi affianco senza perdere mai la pazienza. Grazie alla sua premura mi sono ripresa in breve tempo. E poi quella volta che è andato a prendere l’abete e lo abbiamo piantato in giardino per Natale. Mi ricordo che la neve scendeva copiosa quell’anno, non ne ho mai vista tanta.
-Faremo finta che sia un Natale come quello dei vecchi tempi, Eli – mi aveva detto lui.
E io ero stata felice, davvero felice, forse per la prima volta nella mia vita. Abbiamo anche fatto un pupazzo di neve quell’anno e ….
Ancora quei rumori. Cercherò di leggere qualcosa per distrarmi, anche se non so se riuscirò a concentrarmi.

Ore 21:32
Ho appena finito di mangiare. Un po’ di pasta e tonno. Non ho fame. I rumori proseguono ancora adesso e inoltre vedo una luce. Non so cosa sia. Ho azionato l’acqua santa e ora sono in salotto. Ho buttato a terra le carte dopo aver provato a costruire con esse un castello. Era un gioco che facevo sempre con Karl. Una parte di me non riesce proprio a credere che lui non tornerà. La luce si sta facendo più forte. Che sia Karl? Che abbia trovato la strada per tornare da me? Oppure è solo il suo spirito? Ho paura, una tremenda paura. Non so cosa fare. Presto le provviste finiranno e ho un terribile sospetto: se Karl fosse ancora vivo? Magari tenuto prigioniero? Oppure ferito da qualche parte? Se non riuscisse a tornare da me? Devo trovare una soluzione. Devo pensare, ma la luce là fuori mi rende difficile concentrarmi. Cercherò di rilassarmi giocando al solitario con le carte … oh, ovviamente anche questo mi fa pensare a Karl, è lui che me l’ha insegnato per passare le ore di solitudine. Farò finta che lui sia nell’altra stanza, sì, farò così.

Ore 23:12 Ho preso una decisione. Follia o no devo tentare: uscirò di qua.

Lunedì
Ore 5:21
Ho la pistola in mano. Il piano è semplice, aspetterò che sia giorno e poi uscirò di qua, e sia quel che deve essere.

Ore 10:45
Sono ancora in casa. La verità è che mi manca il coraggio di uscire da qua, anche con la pistola stretta in pugno. Non so cosa devo aspettarmi, non so cosa c’è là fuori, non sono mai uscita. Però è inevitabile, anche perché sento degli strani rumori e questa volta vengono da dentro la casa. C’è qualcosa qua dentro.

Ore 12:08
Ho mangiato qualcosa. Mi converrebbe partire con la luce. Sono chiusa in soggiorno, sempre con la pistola accanto. Da qui posso vedere la strada che dovrò prendere. I rumori sono cessati da alcuni minuti. Qualsiasi cosa sia entrata ora sta riposando. È tempo di andare. Ho messo delle provviste nello zaino. Porterò anche te, mio unico amico.

Ore 15:36
Sono fuori. Ho percorso il sentiero principale. Cerco di ricordare la strada, così da poter tornare indietro qualora sia necessario. Per ora sta procedendo tutto bene e ho intenzione di tornare alla casa quando il buio inizierà a scendere, voglio capire quanto dista il villaggio. Mi sto riposando un po’.

Ore 19:21
Sono nuovamente a casa e mi sento un po’ più tranquilla. Oggi ho fatto un passo avanti e, cosa più importante, ho trovato delle orme. Stivali come quelli che portava Karl quella sventurata mattina. Sembravano fresche. Le creature non indossano stivali. Potrebbe essere vivo. Ho visto parecchi alberi da frutto là fuori. Potrebbe essere vivo e questo per oggi mi basta.

Ore 22
Ho scoperto da dove proveniva il rumore. Un uccellino era rimasto ferito ed è caduto sul terrazzo. L’ho preso e gli ho dato da mangiare. Adesso è sul tavolo di fronte a me. Ho bendato l’ala e spero che guarisca. È così piccolo e indifeso. È il mio migliore amico adesso, e anche l’unico, fino a quando non ritroverò Karl, allora vivremo tutti e tre felici e contenti. Anche perché penso di dover dare una bella notizia a Karl quando lo rivedrò.

Martedì
Ore 9:40
Da giorni non dormivo così bene. Il mio piccolo amico mi ha fatto compagnia, accanto a me, sul comodino. Mi ha svegliata il sole che filtrava attraverso le vetrate. Sto bene, a parte un leggero senso di nausea. Ho mangiato qualche biscotto e ne ho sbriciolato uno per l’uccellino che sembra aver ripreso le forze. Mi piace prendermi cura di lui, della sua piccola vita. Devo trovargli un nome. Ci penserò oggi. Ho tanto tempo da far passare in questi giorni. Oggi tornerò là fuori. Lo voglio ritrovare, costi quel che costi. Una nuova forza m’invade. Ho un obiettivo e lo porterò a termine.

Ore 12:32
Sono fuori. Mi sono portata del mangiare dietro anche se non ho fame. Mi sforzerò di mangiare qualcosa. Sono un po’ triste, non riesco a trovare altre tracce di Karl, iniziò a pensare di essermi illusa, che lui in realtà non si trovi più qui. No, anche solo pensarlo mi spezza il cuore. Devo rimanere lucida.

Ore 18:12
Il piccolo Julien sta meglio. Ho deciso di chiamarlo così in onore del protagonista del libro preferito di Karl[1]. La mia piccola compagnia. Ora che le tenebre stanno calando mi fa piacere non essere più da sola. Io e Julien siamo in salotto, ormai non abbandono più la parte alta della casa quando inizia la notte, qui mi sento al sicuro. Lo sdraio su cui si sedeva Karl, quello sul terrazzo, oggi è stato ribaltato da un colpo di vento. Non sono andata a risollevarlo, non ne ho voglia.

Mercoledì
Ore 2:32
Qualcosa mi ha svegliata. Non so cosa sia. Là fuori è ancora tutto buio. Anche Julien sembra aver percepito il pericolo, anche lui è sveglio, i piccoli occhi neri che scrutano la notte. È il nostro istinto animale che parla, c’è qualcosa che non va. Ho raccolto le mie cose. Adesso attendo.

Ore 5:06
La nausea sta diventando insopportabile. Ora vorrei più che mai che ci fosse Karl qui. Ho sentito dei colpi là fuori. Qualcuno vuole entrare. Ho la pistola, io ho la pistola, questa è la mia assicurazione per la salvezza.

Ore 10:34
Sono fuggita. È stato inevitabile sfortunatamente. Alcuni vetri della casa sono esplosi, non so cosa sia stato ma era impossibile rimanerci. Ho preso le mie cose e le ho buttate nella sacca, quindi ho raccolto in una mano anche Julien e sono corsa fuori. È da circa un’ora che giro nella foresta e ho paura. Non ho più un posto dove tornare. Possibile che le creature ora si spostino anche di giorno? Non mi sento sicura … vorrei che Karl fosse qui con me.

Ore 18: 43
Il sole sta tramontando, ben presto le tenebre avvolgeranno tutto. Ho camminato tutto il giorno, alla disperata ricerca di un rifugio. Non so dove mi trovo. Adesso sta scendendo anche il freddo. Ho provato ad accendere il fuoco ma non ci sono riuscita. Julien mi sta sempre affianco. Sento che la fine è vicina ormai. L’unica cosa che mi consola è che ben presto raggiungerò Karl e non mi sentirò più sola. Mi dispiace solo per la creatura che mi cresce in grembo, ma forse è meglio così, non voglio che cresca in un mondo di mostri. In fondo non c’è più nulla qui per me. Poserò Julien sul ramo di un albero, non voglio che venga divorato, spero solo che riesca a volare, che possa fuggire e salvarsi, almeno lui. Io mi rannicchierò qua e attenderò.

Ritrovata ragazza scomparsa
Questa mattina un cacciatore ha trovato nel bosco una ragazza quasi assiderata. Si tratta di Mary Anne Smith, scomparsa quindici anni fa quando aveva solo quattro anni durante un picnic con i suoi genitori. Nulla si era più saputo sulla bambina e da anni si erano estinte tutte le piste. Oggi si è scoperto che era stata rapita da Karl Hopkins, soldato congedato per disturbi comportamentali. L’uomo teneva rinchiusa la ragazza in una casa all’interno del bosco, avendola persuasa che il mondo fosse popolato da creature feroci, e la costringeva a vestirsi e a truccarsi come la sua ex moglie, Elizabeth White. Chissà per quanto sarebbe andata avanti questa storia se un’auto qualche giorno fa non avesse investito Hopkins, uccidendolo sul colpo. Adesso Mary Anne si trova in ospedale, ma le sue condizioni fisiche non destano preoccupazione nei medici, diverso è la sua condizione mentale, gli esperti parlano di Sindrome di Stoccolma. Terremo aggiornati i nostri lettori su tutte le novità di questo caso.

Note
[1] Qui si fa riferimento a “Il rosso e il nero” di Stendhal
   
 
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