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Autore: mgrandier    23/12/2016    17 recensioni
"Se in quell’istante avessi avuto il coraggio di abbassare lo sguardo,
evitando quegli occhi trasparenti come cristallo e taglienti come il filo di una lama,
allora, forse, avrei avuto la libertà.
La libertà di obbedire."
Genere: Introspettivo, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Promessa
 
André richiuse i battenti accompagnandoli con i palmi, fino a ricongiungerli davanti ai propri occhi, in un tonfo appena udibile; nella leggera penombra della propria stanza, rimase con lo sguardo fisso sulle proprie mani, sulle lunghe dita nude che scorrevano lente sul delicato profilo di una rosa intarsiata nel profilo liscio della porta[i]. Nella grande camera, al proprio fianco, riusciva a riconoscere il sospiro delle fiamme tremolanti che ancora animavano il camino mentre alle proprie spalle il vuoto pareva aver inghiottito ogni cosa. Lasciò la soglia della stanza e muovendosi lento e si spostò fino a sedersi di fronte al fuoco, un ginocchio sollevato per appoggiarvi il mento e l’altro piegato, lasciato a terra; afferrato un attizzatoio, allungò un braccio, smuovendo i ciocchi nella fiamma, in un baluginio di scintille, mentre l’alito caldo investiva il viso e il petto, penetrando sotto pelle con vigore inatteso e avvolgendo i sensi in un torpore bollente. Rimase a scrutare le fiamme, lingue leggere e impalpabili, inconsistenti eppure potenti, tanto da vincere i ciocchi massicci, la corteccia annerita e in parte ormai bianca di cenere che mostrava, tra fessure irregolari, il cuore di fuoco, incandescente. Uno spettacolo affascinante, per lentezza e costanza … che diffondeva la sua energia nel calore, certo, ma soprattutto in uno movimento di grande fascino, dalla voce spezzata tra il crepitare della corteccia e lo schiocco dei frammenti. Si perse a quella vista, seguendo il destino inesorabile della fiamma, evitando di affrontare il proprio, come se attraverso di essa potesse ancora fuggire, così come aveva fatto per tutta la giornata.
Dall’arrivo di Monsieur Vasse, quando aveva lasciato la scuderia in gran fretta, non aveva fatto ritorno alla propria stanza, lasciandosi avvolgere dalla calda ospitalità del signore di Azay. Con lui, André aveva trascorso la tarda mattinata e l’intero pomeriggio dedicandosi alla visita della tenuta e alla supervisione delle varie attività che la animavano, mostrandosi sempre interessato e partecipe, felice di poterne condividere i piaceri della gestione. Mostratosi nobile, ma assai avvezzo alla vita all’aria aperta, André aveva forse involontariamente suggerito a Robert Vasse la propria compagnia e per questo non aveva nemmeno pensato di ritirarsi ma, anzi, aveva goduto della sua gioviale esuberanza e del suo travolgente buonumore che, a quanto gli aveva raccontato, era dovuto ad un ottimo affare concluso durante l’uscita di primo mattino. Per guadagnare tempo, ma anche mostrarsi operoso, André aveva confidato al proprio ospite di aver inviato l’attendente nel borgo per acquistare il necessario per il proseguimento del viaggio, in modo da rimpiazzare quanto andato perduto durante l’aggressione subita, ma aveva anche sottolineato come non potesse ancora definire il momento della partenza, che comunque non avrebbe tardato a lungo. Fortunatamente, Monsieur Vasse si era mostrato particolarmente accondiscendente, probabilmente felice di poter godere della sua compagnia, e non aveva mostrato il benché minimo desiderio che l’ospite ripartisse quanto prima, ritrovandosi di nuovo solo ad affrontare i propri impegni.
Così la giornata era sfumata velocemente ora dopo ora, fino alla piacevole serata trascorsa nel grande salotto, dove Monsieur Vasse si era premurato di far preparare una nuova e pregiata selezione di vini e liquori, degna della cantina di Palazzo Jarjayes, dettaglio che rendeva evidente l’impegno con cui l’ospite si era prodigato per rendere piacevole ogni momento trascorso dal Conte Fabian ad Azay e in particolare il dopocena.
Sorrise alla fiamma, ripensando a quanto vino avesse trangugiato Robert Vasse, particolarmente euforico e loquace, tanto da tornare più e più volte a ringraziarlo per la sua presenza e a offrire la propria ospitalità fino a che sua eccellenza avesse desiderato … André tuttavia, a differenza del padrone di casa, non aveva ceduto alle lusinghe dell’alcool, preferendo rimanere lucido, pur senza riuscire ad ammetterne apertamente la motivazione.
Era ancora perso nella fiamma calda e vivace, quando percepì un leggero movimento ad un passo da sé; consapevole di non essere solo nella stanza, rimase per un attimo in ascolto di quelle carezze leggere sul legno del parquet e del fruscio di seta che si adagiò al suo fianco.
- Sei preoccupato, André? – chiese Oscar, lo sguardo rivolto alla fiamma e il riflesso dorato a scaldare le gote.
- Tu non lo sei, forse? – le rispose allora, domandando a sua volta, mentre lei restava immobile, rivolta al fuoco – Beh, io non riesco a trovare pace. Ho trascorso tutto il giorno con Monsieur Vasse … come se sperassi di trovare una soluzione da un momento all’altro; eppure ancora non riesco a pensare a nulla … -
Lei sorrise alle fiamme, udendo le sue parole, mentre una pioggia di scintille si librava nel camino, ricadendo attorno ai ciocchi – Io ho pensato, invece … molto e a tante cose. – ammise – Ma … non posso rispondere da sola a tutte le mie domande. –
André aggrottò la fronte, nel tentativo di comprendere le parole di Oscar; la osservò per qualche istante, prima che lei si volgesse a lui, sollevando appena lo sguardo e cercando il suo. Era evidente quanto fosse tesa, nonostante cercasse di dominarsi; seduta come era, con le ginocchia unite e piegate, strette tra le braccia, continuava a torturare l’orlo della camicia da notte, tirandolo tra le dita, giusto all’altezza delle caviglie, muovendo senza pace la punta dei piedi.
- Posso farti una domanda, André? – gli chiese infine, mordendosi poi il labbro.
Pur non comprendendo il suo atteggiamento, le si fece incontro, spostandosi appena per avvicinarsi a lei – Certo, Oscar: cosa vuoi sapere? –
Lo sguardo blu corse ancora un istante alle fiamme, prima di tornare a lui; le labbra strette tra gli incisivi si mossero lente liberando il dubbio – Tu … hai mai pensato di sposarti? –
Dischiuse le labbra, colto di sorpresa; cercò di riordinare i pensieri, socchiudendo lo sguardo, non proprio imbarazzato, ma piuttosto incerto su come potesse affrontare un argomento simile con lei.
- Perdonami … - riprese allora lei rapidamente, quasi incespicando tra le parole e scuotendo appena il capo  - … non avrei mai dovuto permettermi di chiederti una cosa simile … -
- Aspetta. – André mosse il braccio d’istinto, allungando una mano fino a posarla sul suo avambraccio, per rassicurarla – Non … non c’è ragione per cui io non debba rispondere. –
Al suo gesto, Oscar rimase immobile, il respiro trattenuto, nell’attesa di udire le sue parole e lo sguardo nascosto a terra, perso nell’ombra lontana, ma stretto nella tensione dell’attesa.
Allora André trasse un profondo respiro, lasciando che la propria mano scivolasse lentamente dal suo braccio, fino a ritrarsi - Un tempo, quando ero poco più che un bambino, avevo chiara l’immagine di mia madre, di come la sera accogliesse mio padre al rientro, dopo la giornata trascorsa nel laboratorio, tra il legno, la polvere e gli attrezzi, e conoscevo l’effetto che il suo sorriso dolce sortiva sul volto di lui, alleggerendo la sua spossatezza fino ad accendere lo stesso sorriso sul suo volto. Allora ero sicuro che un giorno avrei avuto lo stesso sorriso ad accogliermi, dopo la mia giornata, e lo stesso abbraccio, prima che ci si coricasse, a riscaldare il mio animo, anche quando il fuoco del camino era mai ridotto ad un cumulo di cenere bianca, incapace di produrre calore. – chiuse gli occhi, dando vita ai ricordi, e un’immagine sbiadita prese forma, in un istante, mentre lui sollevava le mani, unendo i palmi davanti al viso – Sì: volevo sposarmi, perché sapevo quale fosse la promessa che, in un sussurro, rinnovavano ogni sera, mentre mio padre le stringeva le mani tra le proprie … ed ero certo che quello fosse ciò che volevo anche per me. –
Tornò al presente, scorgendo Oscar che, ancora rivolta al buio, chinava lenta il capo; sospirò appena, prima di proseguire, volgendo lo sguardo alle fiamme.
– Poi … crescendo … ho compreso che, per me, quella promessa non avrebbe mai potuto esistere perché … perché il mio cuore l’aveva cercata oltre il confine del proprio mondo. – strinse le labbra, sollevando le spalle, per poi lasciarle ricadere, scuotendo un poco il capo – Tuttavia, non potevo farci nulla: benché facesse male e fosse come una spina conficcata nel petto, quella promessa imperfetta restava lì, pronunciata da una sola voce, ma impossibile da rimuovere. -
Un sospiro nascosto e un fruscio leggero, risposero al suo silenzio; André levò appena lo sguardo su Oscar, intravedendone i lineamenti tesi, prima di rifugiarsi ancora nelle danze delle fiamme – Quella spina, non si è mai mossa, eppure con il trascorrere del tempo … per me è diventata preziosa più di una gemma, permettendomi di osservare tutto, attorno a me, con uno sguardo nuovo. – trattenne un sorriso amaro, prima di proseguire – La promessa che avevo desiderato per me, non era un trasloco, uno scambio … o una catasta di bauli che cambiavano dimora. No … se quella era la realtà di molti matrimoni, allora forse io avrei dovuto accontentarmi della mia spina, di quella scheggia di promessa che viveva di molto più di ciò che lega i corpi, senza fondere le anime; perché ogni promessa può portare in sé la verità e la parte nobile del vincolo del matrimonio, pur senza avere la possibilità di perfezionarsi nel suo gesto sacro. –
Chiuse gli occhi, godendo ancora del calore delle fiamme, traendone il coraggio per un ultimo sussurro -  Ecco … in fondo io ho trovato il sorriso che cercavo … e anche se non potrò mai pronunciare quella promessa, né udire le stesse parole pronunciate da … - un leggero imbarazzo spezzò le parole, prima che potessero ricongiunsi in un nuovo pensiero – Beh … non mi importa più così tanto. Ecco tutto. -
Non si accorse del movimento al proprio fianco, se non quando avvertì il tocco caldo delle mani di Oscar sulla propria destra.
- Quindi non desideri più sposarti? – la domanda lo colse impreparato, non solo per il suo significato, ma anche per quella vena di preoccupazione che aveva riconosciuto nella sua voce, quasi una striatura o una incrinatura, nel cristallo delle sue parole, la stessa che scuriva il suo sguardo ora stretto e puntato sul suo volto.
- No … - rispose con slancio, sentendosi quasi ferito dal suo sguardo lucido, come potesse venirle in soccorso, con le proprie parole - … No, Oscar. Io vorrei ancora sposarmi, promettere il mio amore e la mia dedizione ogni giorno, impegnare ogni mio respiro in una vita che non sia solo mia … Solo … - strinse le labbra, mordendole prima di trovare il coraggio di proseguire, infrangendo il velo dei propri sentimenti - … so che non potrei mai farlo con la donna che amo, per la quale il mio cuore continua a trovare la forza di battere, nonostante l’abisso che divide i nostri mondi. –.
Scrutò nello sguardo scuro e profondo, cupo di attesa e ancora in sospeso, dopo quella risposta; attinse a piene mani dal proprio coraggio, trattenne il fiato pronto a svelare se stesso, di nuovo, osando ancora un passo oltre il limite di quanto già ammesso – Non ti amerò meno, Oscar, per il fatto di non poterti chiamare moglie di fronte al mondo, perché saprò di non averti negato nessuna libertà, obbligandoti a seguire la mia condizione di … -
- André … - lo chiamò allora Oscar, la voce tremante e gli occhi lucidi, accesi di una nuova luce - Davvero credi che io sia libera, sapendo di non potermi dire tua moglie? Dalla mia nascita, non ho fatto altro che fingere di essere libera, stretta nel feticcio di ciò che avrei dovuto essere, sospesa tra la delusione e l’orgoglio di mio padre, senza poter fare altro che passi obbligati! No … io non sono mai stata libera … ma tutto sommato, ora ho compreso che questo, in realtà, non ha nulla a che fare con mio padre. – le labbra si tesero in un sorriso, la tristezza sfumata in quella nuova consapevolezza, prima il pensiero potesse prendere forma - La mia vita, semplicemente, non mi appartiene solo perché una parte di essa è fusa nella tua … - la voce si incrinò per un istante, rivelando maggiore tensione - … e solo unendo la mia vita alla tua, potrò dire di vivere davvero. –
Tremò a quelle parole e l’emozione parve bruciare su per la gola, attraversando il respiro, fino a pungere in un luogo indistinto dove le lacrime cercavano una via; deglutì, sollevandosi e facendosi vicino a lei, fino a sfiorare la sua fronte con la propria, tentando di trattenere l’emozione, incapace di dare forma al proprio tumulto interiore – Oscar … tu ti rendi conto cosa potrebbe mai significare per te, tutto questo? -
Lei annuì pronta, lo sguardo acceso, pur nell’ombra - Fersen ha detto che potrebbe aiutarci ad essere liberi di scegliere chi vogliamo essere e io non vorrei altro che essere libera di amarti davanti al mondo, libera di sceglierti e di portare il tuo nome a testa alta … -
Non riuscì a risponderle, non subito, investito e scosso dalla potenza delle sue parole, improvvisamente incapace di reagire, mentre prendeva nuova coscienza di ciò che aveva udito, facendone tesoro nel proprio cuore; si accorse di un bagliore, lucido e tremulo, che scendeva a segnare la sua gota accesa dal calore della fiamma ancora vivace, e si mosse seguendo l’istinto, per chiuderla nel proprio abbraccio e raccogliere con le labbra la scia salata della sua sofferenza.
In quell’istante, fu fuoco, che avvolge e purifica, ma anche acqua di fonte che lenisce e porta sollievo, e aria profumata che allontana l’alito greve e stantio che soffoca l’anima; ebbe forza, coraggio e tenerezza, in un solo sospiro, chiudendo le mani sulla sua schiena e accogliendola sul proprio petto, mentre lei affondava il viso alla base del suo collo come avesse trovato rifugio dopo un cammino infinito lungo le pieghe del proprio sentire.
Lasciò che il tempo perdesse il proprio peso, mentre il fuoco consumava la propria forza e le fiamme scemavano, riducendosi ad un timido avvolgersi d’oro attorno all’animo dell’ultimo ciocco; riconobbe il tepore e il profumo, il ritmo lento del respiro che trova finalmente la pace, svuotato di ogni pensiero che non fosse rivolto a lei.
Solo allora ebbe coscienza di quella preziosa pace in cui si erano finalmente ritrovati, donandosi calore e presenza, senza chiedere nulla che non fosse il condividere frammenti di una stessa esistenza. Colmato dalla pace di quell’essere insieme, sciolse lentamente la sua stretta, accompagnando Oscar nel sollevarsi dal suo cuore, fino ad averla ad un soffio da sé, lo sguardo legato in un unico intreccio; rimase ad osservarne i tratti,  cogliendone una bellezza nuova, preziosa e segreta, mentre le mani cercavano quiete quelle di lei, avvolgendole in un unico bocciolo caldo. Carezza su carezza, riscrisse polso e dita, cercandone i tratti pulsanti, morbidi al tatto, docili al suo tocco, in un muto riconoscersi di pelle e forme, finché non unì palmo a palmo, insinuando le dita tra le sue e trovandole calde e cedevoli. L’intreccio si strinse facendosi presa salda, scambio muto di fremiti e sospiri, fino a che la mano magra e sottile non si mosse, scivolando quasi dalla sua.
Allora distese le dita, seguendo la carezza sulla propria destra e avvertendo il tocco seguire il pulsare della vita, morbido sotto la pelle e poi proseguire la propria via. In quell’istante, scorse il suo sguardo farsi fessura, profondo e attento, mentre il proprio polso ruotava, e la mano sottile lo portava sopra di sé, accentuando un poco la presa.
Attese, affondando lo sguardo nel suo, scrutandone ogni riflesso, riconoscendo il sorriso fiorito sulle sue labbra, mentre il blu si accendeva di una luce nuova; pochi respiri, prima di vederla sollevare il braccio sinistro, fino a sporgersi, per raggiungergli la nuca, frugando la seta e tirandone un lembo, per poi sciogliergli i capelli sulle spalle. Ogni attimo, parve eterno, mentre la mano di lei portava il nastro sulle mani unite, adagiandolo e poi sollevandone un lembo, per fargli compiere un giro attorno i polsi … prima che lui ne seguisse i movimenti, afferrando a sua volta l’estremità sciolta e compiendo un gesto gemello.
Esitò un istante, la gola improvvisamente asciutta e la mente occupata da un'unica consapevolezza – Un anno e un giorno[ii]? – chiese allora in un sussurro, rievocando i racconti di un’anziana donna venuta dal nord, incontrata in una mescita buia della Normandia; quel pomeriggio lontano, ragazzino imberbe al fianco di una Oscar esile, la narrazione della donna lo aveva fatto sorridere, con le sue sfumature cupe, quasi magiche, e quell’intreccio di impedimenti e segreti, che si fondevano ai fumi dell’alcool donando torpore al corpo e alla mente, … mentre ora assumeva un tono completamente nuovo, potente e concreto.
- Un anno e un giorno … - rispose allora Oscar, le labbra tese in un sorriso, mentre con la mano sinistra raccoglieva i lembi di seta per unirli in una sorta di nodo - … e poi ancora un anno e un altro ancora … fino a che non riusciremo a trovare chi possa apporre alla nostra promessa il sigillo che merita. –
 
[i] No, questa in realtà non la troverete ad Azay … ma questa rosa è un personale omaggio all’evento Natalizio di quest’anno!
[ii] Qualche lettrice accanita lo avrà riconosciuto … il gesto è un omaggio all’usanza dell’handfasting, che io ho scoperto leggendo la saga di Outlander, in cui è descritto come un rito di tradizione celtica, per unire in matrimonio anche in mancanza di un sacerdote, solitamente per una durata di un anno e un giorno, trascorsi e quali gli sposi possono prendere una decisione definitiva, o sciogliere il legame. La tradizione legata a questo tipo di riti è ben più ampia e complessa, ma a me affascinava come possibilità e ho voluto proporla nel racconto sotto questa particolare accezione.

Angolo dell'autrice: sono già tornata! Anticipo l'aggiornamento per rendere omaggio all'iniziativa natalizia White rose for Christmas e anche per cogliere l'occasione di fare a tutte i miei auguri di buone feste e buon anno.
A questo punto, credo che siamo tutte parecchio stracotte... per lo meno io lo sono, e mi prendo una bella pausa, insieme al racconto. Non so ancora dirvi quando tornerà... sono davvero molto impegnata sia dal punto di vista lavorativo che personale, e scrivere diventa sempre più difficile, anche se ho intenzione di fare del mio meglio.
Per ora, vi abbraccio tutte, ad una ad una, confidando nella vostra comprensione... Il racconto NON è finito... e io non posso tralasciare di ringraziare di cuore chi legge, chi segue, ricorda, preferisce e, lasciatemi dire, soprattutto chi mi lascia il suo pensiero... che mi è sempre di grande sostegno per proseguire, anche quando sembra impossibile riuscirci.
Arrivederci a tutte... un bacio grande!
  
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