Anime & Manga > Mermaid Melody Pichi Pichi Pitch
Ricorda la storia  |      
Autore: Elsira    24/12/2016    4 recensioni
[Missing moments di "Mermaid Melody - Pearls of Destiny", ovvero la long in corso scritta dalla sottoscritta e da Crazy Chick Kelly_chan]
«Le stelle che vediamo brillare nel cielo sono le medesime del passato. Se qualcuno ci guarda da quelle stelle, sarà in grado di vedere il nostro passato e il nostro presente. Il cielo unisce tutto e tutti, indipendentemente dalla distanza e dal tempo: non esiste distanza che esso non possa coprire, così come non esiste tempo, perché il passato e il presente sono una cosa sola in esso.»
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovi personaggi, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
I personaggi di questa raccolta sono OC della fanfic Mermaid Melody - Pearls Of Destiny, scritta dalla sottoscritta e da Crazy Chick Kelly_chan.
Ogni personaggio appartiene solo ed esclusivamente al proprio proprietario.
 
Julia Hemme custode perla gialla, Minikitty, Robert, Villan principale → Crazy Chick Kelly_chan
Aisu Hansen custode perla indaco, Eiji Hansen, Tadashi Corr protettore delle custodi, Takeshi Corr → Elsira
Harmony Honopura custode perla rosa, Renée Hunterstein → Ziggyssia
Hazelle Swann custode perla viola, Robin Swann → New Red Eyes
Reana Onihara custode perla blu M a d A l i H a t t e r
Yumi Shell custode perla verde → Kioccolat
Resha Shell custode perla arancione → Scarlett Blue Sakura
Elementali → Mistero95
Hikari → Camy25
 

 
Rating: Verde;
Genere: Fluff; Malinconico; Romantico;
​Personaggi principali: Aisu Hansen; Tadashi Corr; Takeshi Corr; Seira Hikari;
Ship: Seira x Takeshi;
Avvertimenti: Missing Moments;
Tipo di storia: One shot;
Contesto: Notte dopo il concorso di talenti(CAP. 18);
Note Autrice:
Okay… Non ho idea di dove io abbia trovato il tempo, la voglia e soprattutto l’energia per scrivere quanto segue… Però non riuscivo a dormire se non lo completavo, e io ho un bisogno assurdo di dormire… Per l'accensione della lampadina che ha portato a quanto segue, urge un ringraziamento speciale a Shiori Lily Chiara, e ancora benvenuta nella nostra piccola ma dolciosa famiglia cara!
Ah... E ovviamente, un grazie speciale anche ai Farbers, che mi sono mancati tanto in queste settimane <3
Volevo proseguire la tradizione della long di mettere anche un disegno, ma... È già tanto se sono riuscita a scrivere, il disegno arriverà semmai poi ^^'
A ogni modo, ne approfitto per fare le mie scuse per la pausa della storia principale, visto che la stragrande maggioranza della colpa è mia e, anche se con il Natale questa OS non c'entra nulla, un augurio generale di buone feste a tutti!
 

 

Pioggia di stelle

 
 
«Una serata libera?»
Seira annuì alla Regina, che la guardava perplessa. La situazione in cui si trovavano non era delle migliori, i nemici che si erano ritrovate a fronteggiare si erano dimostrati più pericolosi del previsto e non erano sicure nemmeno a palazzo, figurarsi fuori.
«So che è una richiesta che può sembrare sfrontata e da bambina irresponsabile, però…» Seira chinò appena il capo, cercando di esprimere all’amica il proprio stato d’animo senza apparire presuntuosa e al tempo stesso riuscire a essere persuasiva. «A palazzo si respira un’aria tesissima da giorni… So che è pericoloso uscire, ma si tratterebbe solo di poche ore…» La sirena alzò il capo, puntando il proprio sguardo traboccante di bisogno d’aria negli occhi azzurri della bionda: «Mi sento in prigione! Ho bisogno di rilassarmi un po’, non riesco più a sopportare questa pressione, mi sto per spezzare!»
Un silenzio pesante cadde nella Sala del trono, mentre la Regina rifletteva, evidentemente nervosa. Quando Seira pensava di non poter più riuscire a sopportare tutta la tensione dovuta a quell’attesa snervante, Luchia finalmente parlò: «D’accordo, ma non posso permettere che tu vada da sola. Takeshi verrà con te e vi rivoglio a palazzo entro l’alba di domani.»
Gli occhi della giovane Consigliera dell’Oceano Indiano brillarono al colmo della gioia, mentre si avviava più veloce che poteva verso l’esterno della sala, per avvertire Takeshi e partire immediatamente, prima ancora di terminare i propri ringraziamenti: «Certo! È più che sufficiente! Grazie Luchia! Grazie mille!»
Kaito attese che Seira uscisse dalla stanza, prima di rivolgersi alla sua Regina con una punta di preoccupazione nella voce: «Sei sicura di questa decisione?»
Luchia tirò un profondo respiro, prima di rispondere: «No, affatto… Ma è vero che Seira sta perdendo il senno a stare rinchiusa così tanto a palazzo. Sapere che Takeshi è con lei mi fa stare molto più tranquilla…»
«Non riuscirai a dormire stanotte, non è vero?»
«Già… Si prospetta una nottata in bianco colma di apprensione, che si estenderà finché non li rivedrò entrambi qui davanti a me sani e salvi…» La Regina dei Mari fece un sospiro rassegnato, poi tornò composta e si rivolse a una delle guardie al suo fianco: «Andate a chiamare Madame Taki, voglio che li tenga costantemente d’occhio con la sua sfera. E avvertite l’intera milizia del palazzo di stare pronti a partire in ogni secondo, se dovesse esserci un minimo accenno di pericolo, interverremo immediatamente utilizzando i portali.»
La guardia fece un breve inchino, dopodiché si congedò dalla Sala del trono per eseguire i propri ordini.
 
«È davvero una serata meravigliosa…» Mormorò Robin, guardando l’Oceano attraverso il vetro dell’ampia finestra del salone dell’hotel. «Ancora non riesco a credere che andremo a visitare il castello della Regina dei Mari…»
«Io voglio assaggiare tutto quello che ci porteranno! Non vedo l’ora di mangiare come una vera sirena!» Esclamò Hazelle, con gli occhi che le brillavano vivaci, ricevendo subito il commento della gemella: «Sei sempre la solita…»
Julia si voltò preoccupata verso la custode della perla indaco, rimasta in silenzio e in disparte per tutta la sera: «Aisu, tutto apposto? Sei piuttosto spenta…»
La norvegese si scosse appena, fuoriuscendo dai propri pensieri e tentando goffamente di sorridere. «Eh? Ah… Sì, tutto okay…»
«Non è che stai pensando a lui, vero? Non credo ti faccia bene...» Chiese l’americana, andandosi a sedere accanto a lei sul divano. L’unica risposta di Aisu, fu quella di guardare dall’altra parte con occhi tristi.
«Lo faremo tornare in sé, hai la nostra parola.» Continuò Julia, tentando di tirarle su il morale.
Robin espresse la propria opinione: «Però… Credo che in questo momento quello messo peggio sia Tadashi…»
«Era davvero furioso oggi…» Mugolò la custode della perla indaco, ancor più preoccupata.
«Non gliene posso fare un torto…» Commento Hazelle: «A detta di Meru, stavolta ha davvero rischiato grosso. Se non fosse stato per Hikari…» Si interruppe, perché la gemella le aveva appena dato un calcio da sotto il tavolo, in quanto si era accorta della nuvola ancor più scura che aveva attraversato il volto della norvegese. La tedesca si rese conto che le sue parole potevano venir fraintese, perciò cercò goffamente di rimediare: «Oh… Io non volevo dire che è stata colpa tua! Assolutamente! Anch’io avrei agito allo stesso modo fossi stata nei tuoi panni! E…»
Julia cercò di salvare la situazione in extremis, prima che l’amica potesse scavarsi ulteriormente la fossa con le sue stesse mani: «Ehi… Ti va di andarci a fare una nuotata tutte assieme? Ci distraiamo un po’.»
Aisu si alzò e si diresse verso le scale, sussurrando malinconica: «Mi dispiace, ma se non ne avete a male preferirei andare a riposarmi. Sono piuttosto stanca…»
«Oh… Ma sì, certo… Vai pure, non preoccuparti… Goodnight Aisu…»
 
Seira uscì dall’acqua, trasformò la propria coda in gambe e si guardò attorno, alla ricerca di qualcosa da indossare per lei e il suo accompagnatore. Si trasformò in idol, in modo da potersi muovere tranquillamente tra la gente e si diresse verso la cittadina sulla costa, congedandosi con un semplice: «Aspettami qui.»
Takeshi provò a protestare, ma non ne ebbe il tempo.
Rimase seduto sullo scoglio per poco, quando la giovane tornò cambiata con un sorriso raggiante in volto e in mano degli abiti per lui: «Ecco, prendi! Questo è per te!»
Takeshi si fermò un attimo ad osservare la giovane: indossava un vestito color panna senza spalline che le arrivava alle ginocchia e delle scarpe basse. Non l’aveva mai vista in quegli abiti, ma dovette ammettere a se stesso che le piaceva molto.
«Takeshi… Dovresti diventare umano ora…» Disse in un sorriso bonario Seira, riportandolo al presente. Lui scosse la testa, sempre di spalle e le diede retta, sentendosi però tremendamente a disagio in quella forma. Provò a mettersi in piedi, ma perse subito l’equilibrio e cadde a terra, andando a finire sdraiato a pancia in su sugli scogli.
«T… Tak… Take…»
Il giovane si massaggiò la schiena dolorante, per poi vedere il proprio campo visivo divenire nero e sentire un disperato: «Copriti!» Si scostò gli abiti dal volto e vide la schiena di Seira. Non comprendendo la reazione della ragazza, cercò di indossare quelle strane stoffe cucite che gli aveva portato. Durante l’apprendistato come guardia reale, aveva letto in un libro come si vestivano gli umani: sarebbe stato un gioco da ragazzi.
Mentre Seira tentava di far tornare il proprio volto del suo colorito naturale, sentì degli strani rumori  provenire dalle sue spalle e, tenendosi le mani sugli occhi, si voltò e chiese con voce ancora tremante: «T… Tutto bene?»
«Ehm… Credo di sì… Anche se… Come si mettono queste cose?»
«Hai indossato i pantaloni?»
«Uh? Ah, sì.»
Seira tirò un sospiro di sollievo, scostandosi le mani e aprendo gli occhi per vedere dove fosse il problema, non riuscendo però più a distoglierli dal giovane, perché semplicemente incantata a quella vista. Percepì il rossore tornare a pretendere il proprio posto sulle sue guance, quando Takeshi la guardò confuso, chiedendo: «Posso chiedervi cosa sono questi e dove vanno?»
Seira si lasciò scappare un sorriso di tenerezza, avvicinandosi a lui di qualche passo e aiutandolo a finire di vestirsi: «Sono le scarpe e i calzini, mentre questa è una camicia. Vieni, ti aiuto.»
 
«Taaa-daaa-shiiiii!»
Il giovane tirò un sospiro scocciato, dovuto all’aver riconosciuto immediatamente il tono con cui Hazelle aveva pronunciato il suo nome: non prometteva nulla di buono per lui, l’ultima volta che lo aveva chiamato a quella maniera, a lui e Robert era toccato fare da camerieri all’albergo per una cena. Non voleva nemmeno ricordare tutte le riprese isteriche ricevute da Meru e dalle altre ragazze per il “pessimo lavoro” che avevano fatto… In fondo, per i loro standard, non erano andati poi così male. Certo, Robert aveva versato la zuppa bollente addosso a qualche cliente e rotto qualche stoviglia, mentre lui aveva più volte rischiato di mandare a fuoco la sala per via delle crêpes suzette, facendo, prima di venir regredito a lavapiatti, intervenire i vigili del fuoco per spegnere le fiamme; ma in fondo era stata la loro prima volta a servire ai tavoli. E anche l’ultima, viste le sfuriate di Meru, protattesi anche nei giorni che erano seguiti.
«Zelle… Che c’è?» Chiese con un sospiro frustrato, affacciandosi alla finestra della propria camera e guardando l’amica, la quale si stava sbracciando entusiasta dalla strada.
«Vieni a fare una nuotata con noi?»
Lui diede un’occhiata veloce all’orologio che aveva sul comodino segnare le 11:57pm, alzò un sopracciglio perplesso e tornò a rivolgersi all’amica: «A quest’ora?»
«Sì, ci facciamo una nuotatina di mezzanotte di gruppo.» Esclamò raggiante la tedesca. «Allora? Dai scendiii!»
Tadashi la osservò scettico qualche secondo, per capire se fosse seria o meno. Quando comprese che era terribilmente seria, disse semplicemente: «Passo.»
«Cosa?»
«Non mi interessa andare a fare un giro con delle marmocchie.»
A quel commento, Robin fece un passo avanti: «Ma marmocchio sarai tu! Vieni subito giù e te lo faccio vedere io chi è il marmocchio!»
«Calmati Robin…» Cercò di placarla Julia, nel tentativo più di calmare se stessa che l’amica.
Tadashi diede loro le spalle, tornando a dirigersi verso il letto e congedandosi con un annoiato: «Buon divertimento… E attente a non finire nei guai. Io me ne torno a letto.»
«Vecchietto!» Gridò la custode della perla viola verso di lui, le braccia tese lungo i fianchi. Le tre amiche si diressero verso l’Oceano, ma fecero in tempo a fare appena tre passi che dalla camera del giovane si sentì un canzonatorio: «Marmocchia!»
“Prima o poi gliela faccio scontare con gli interessi…” Meditò maliziosa e vendicativa Zelle, tuffandosi in acqua. Seguì la gemella e l’amica nella nuotata notturna, architettando il proprio piano non troppo malefico, che avrebbe messo in atto appena rientrate dalla gita dal Palazzo delle Regina.
 
«È la prima volta che ti trasformi in umano?» Chiese Seira, mentre allacciava le scarpe alla guardia. Lui annuì, sfiorandosi con le mani le gambe come se non fossero proprie: «Sì… È... Una strana sensazione…»
Seira terminò il fiocco, dopodiché lo guardò sorridendo allegra: «Sì, all’inizio fa uno strano effetto, ma vedrai che nel giro di pochi minuti ti sentirai a tuo agio.» Si rialzò in piedi e gli porse la mano, aggiungendo dolce: «Vieni, ti insegno a camminare.»
Lui la strinse, aiutandosi con una breve spinta della mano libera per tirarsi in piedi. Fu costretto ad appoggiarsi a Seira e fare completo affidamento su di lei in un primo momento, ma dopo una decina di passi riuscì a muoversi da solo e dopo appena un paio di minuti di prova era perfettamente in grado di muoversi sulla terraferma senza risultare goffo.
Seira batté le mani allegra, complimentandosi con lui. Takeshi sorrise timidamente, dopodiché i suoi occhi vennero attirati da alcune luci appena accesesi poco distanti da loro, così le indicò e chiese di cosa si trattasse.
«Mmmh… Non so, probabilmente è una festa.» Rispose Seira con l’indice sul mento, riflessiva.
«Andiamo a vedere?» Domandò il giovane, con un sorriso curioso sulle labbra. Seira rifletté qualche secondo, quantificando la distanza che c’era tra loro e il pontile sul quale si stava svolgendo la festa. «Ci vorranno una decina di minuti per arrivare, te la senti di camminare?»
«Certo!» Rispose convinto e pieno di spirito positivo Takeshi, facendo sorridere raggiante la giovane: «Allora andiamo!»
 
La porta della terrazza si aprì, facendo voltare la custode della perla indaco verso di essa. Dalla soglia apparve Tadashi, con le cuffie nelle orecchie che canticchiava a mezza voce una canzone che la ragazza non conosceva. Non lo aveva mai sentito cantare e dovette ammettere che non aveva una voce così orribile come affermava lui. “Forse dice di non saper cantare in modo che non gli venga chiesto… Che scemo…”
Il giovane fece qualche passo, prima di accorgersi di non essere solo. Si tolse le cuffie e guardò Aisu sorpreso, sussurrando: «Oh, ci sei tu…»
La ragazza smise di ciondolare le gambe, storcendo la bocca mentre con gli occhi seguiva il giovane avvicinarsi alla ringhiera e appoggiarsi a quest’ultima con i gomiti, chinandosi appena in avanti: «Se vuoi me ne vado e ti lascio solo.»
«Nah, puoi rimanere, non mi dai fastidio.» Disse con noncuranza lui, non degnandola di uno sguardo. Lasciò piuttosto vagare i propri occhi verso l’Oceano, per poi aggiungere serio, con una punta di nostalgia: «Sono solo venuto a osservare un po’ il mare notturno… Ha un effetto rilassante su di me…»
 
«Takeshi… Rilassati… Qua fuori il pericolo più grande cui andiamo incontro è quello di bruciarci la lingua con il curry…» Disse Seira, con un sorriso che voleva essere rassicurante, mentre riprendeva fiato dopo la corsa. Lui la guardò, i nervi ancora a fior di pelle per l’ira dovuta a quell’umano che aveva osato toccarla. Non sapeva ancora bene come fosse accaduto, stavano facendo un giro all’interno di quella festa terrestre e stavano passando una bella serata. Seira era raggiante e ogni volta che lui le chiedeva informazioni, gli rispondeva sempre esaustivamente e con un dolce sorriso sulle labbra, contenta della curiosità che la guardia dimostrava.
La giovane non voleva ammetterlo, ma era felice che a Takeshi piacesse il mondo umano: si era già ripromessa che una volta sconfitta la minaccia attuale avrebbe rivelato i propri sentimenti alla guardia e, nel meraviglioso caso in cui la contraccambiasse, era pronta a tutto pur di stare con lui. Alle fiamme le classi sociali e i loro obblighi, se il mondo sottomarino non era pronto ad accogliere il loro amore, era pronta ad abbandonarlo e vivere la vita insieme a colui che amava sulla terraferma, senza rimpianti.
Si trovavano in fila per prendere da mangiare e stava spiegando a Takeshi cosa fosse un hamburger, quando l’uomo dietro di loro aveva iniziato a spingere perché stufo di attendere, colpendola malauguratamente il gomito e facendole cadere le patatine fritte a terra. A quel punto, gli occhi solitamente calmi di Takeshi si erano infiammati e il giovane aveva assestato un potente pugno di avvertimento allo sconosciuto, provocandogli un labbro rotto e un occhio nero, intimandolo di stare lontano da lei e non osare mai più sfiorare un’altezza reale. Prima che la situazione si facesse ulteriormente complicata, Seira aveva preso sottobraccio la propria guardia e l’aveva trascinato via a corsa.
In quel momento si trovavano nuovamente sulla spiaggia, sotto il pontile ove si stava svolgendo la festa dalla quale erano letteralmente scappati e Seira stava cercando di far capire a Takeshi che la sua reazione era stata esagerata.
«Non posso rilassarmi, io devo proteggervi, Consigliera Seira.»
La giovane distolse lo sguardo, abbassandolo sui propri piedi nudi immersi nella sabbia fredda. «Mmmh… Senti, Takeshi… Potresti… Darmi del “tu” e chiamarmi semplicemente per nome?»
«Mi avete già fatto questa richiesta tempo fa e vi ho già risposto. Non posso, il protocollo impone che una guardia si rivolga sempre con rispetto alle cariche maggiori e voi siete una Principessa e la Consigliera dell’Oceano Indiano.»
«Non sono più una Principessa, adesso quello è il titolo di Resha…» Disse con un sorriso scoraggiato Seira, per poi continuare serena: «E poi, è proprio questo il punto: ora sono un’umana. Sono solo Seira.» Takeshi la guardò interrogativo, così che la giovane si spiegasse meglio. «È per questo che mi piace tanto essere un’umana: in questa forma sono una persona qualsiasi, non sono né una principessa, né una consigliera, né una sirena… Sono solo… Seira. Posso essere me stessa senza che le mie azioni si ripercuotano sul mio regno. È una bella libertà!»
Il giovane distolse lo sguardo, ancora evidentemente pensieroso. Lei si fece coraggio e gli chiese: «Tu quant’è che non ti senti libero?»
Nessuna risposta.
«Ti sei mai sentito… Libero? Senza pensieri, senza responsabilità, senza preoccupazioni. Ti sei mai sentito solo “Takeshi”?»
«Non posso permettermelo.» Disse dopo qualche secondo di riflessione.
«Perché no?»
Takeshi si passò una mano sui lunghi capelli, in modo da portare indietro una ciocca che gli era caduta sugli occhi, spiegando il proprio punto di vista: «Perché ho sempre avuto qualcosa o qualcuno da proteggere. Prima di essere una guardia reale, quel qualcuno era mio fratello e… Beh, con lui ho fallito… Completamente… Tadashi ha rinnegato la sua parte marina, la sua natura, e la colpa è tutta mia. Sono stato negligente con lui, l’ho abbandonato quando aveva più bisogno di me e non me lo perdonerò mai. Non posso permettermi di fare lo stesso errore, non posso permettere che vi accada nulla, non mi posso permettere di essere ancora negligente e cadere preda del mio egoismo: io devo proteggervi, questa è la mia unica ragione di vita da quando ho messo pinna nel palazzo dell'Oceano Indiano.» Si voltò e la guardò negli occhi: «Non posso abbassare la guardia ed essere solo “Takeshi”.»
Seira sostenne lo sguardo per qualche secondo, poi inclinò leggermente la testa e, con occhi sinceri, chiese: «Tu… Ci tieni a me, vero? Vuoi vedermi felice?»
«Più di ogni altra cosa.»
«Allora… Ti prego… Solo per stanotte… Solo finché non rientriamo in acqua e finché siamo entrambi umani…» Gli si avvicinò di qualche passo, non distogliendo mai lo sguardo e implorandolo con voce calma: «Sii solo “Takeshi”...»
Lui restò un attimo di sasso alla richiesta, non sapendo cosa dire. Seira gli si avvicinò di un ulteriore passo e, ormai incapace di fermarsi, gli avvolse le braccia intorno alla vita e poggiò la fronte al suo petto, sfiorandolo come nessuno dei due aveva mai osato fare sott’acqua. «Voglio conoscere Takeshi. Questo è il mio desiderio più grande.»
«Io non… Posso promettervi una cosa del genere… Se vi succedesse qualcosa, non me lo perdonerei mai…»
«Non mi succederà nulla, hai la mia parola. Però, ti prego, prenditi una pausa dal tuo ruolo e rilassati. Solo qualche ora, solo fino a che non sorge il sole.» Lo implorò ancora, alzando il volto con gli occhi lucidi. “Solo finché non saremo costretti a non poterci più nemmeno sfiorare.”
Takeshi attese qualche secondo che si concesse per riflettere bene alla proposta, dopodiché annuì appena, ancora non completamente convinto. Il sorriso di Seira si fece largo sul suo volto, rimasto sempre fanciullesco nonostante le enormi responsabilità di cui si era dovuta far carico nel corso della sua vita. Si staccò da lui e si diresse nuovamente verso la festa, esclamando: «Andiamo a divertirci ora!»
«D’accordo, Princ…» Si fermò, correggendosi subito, voltandosi dall’altra parte perché troppo intimidito per dire ciò che seguiva guardando la giovane negli occhi: «Ehm… D’accordo, Seira…»
La ragazza sorrise raggiante: non l’aveva mai chiamata solo per nome e le parve che il proprio nome non fosse mai suonato così bello come quando usciva dalle labbra di Takeshi. Lo prese entusiasta per mano, provocando l’arrossamento istantaneo del volto di lui. Dopo pochi passi, Takeshi strinse la presa e la seguì, dirigendosi con lei verso le luci della festa.
 
«Scendi da lì, potresti cadere…» Sussurrò Tadashi, osservando la ragazza con il naso all’insù ciondolare tranquillamente le gambe, seduta sulla sottile ringhiera che delimitava il terrazzo sul tetto dell’albergo.
«So badare a me stessa.» Rispose semplicemente lei, continuando a osservare le stelle e posando le mani sulle proprie cosce.
Lui sbuffò, sarcastico: «Ah, già… Certo…»
Aisu notò la punta di presuntuosità della guardia, così rispose, senza potersi trattenere: «Cosa sarebbe quell’aria saccente? Mi sembra di ricordare che mio fratello ti abbia fatto il culo…»
«Aspetta, cosa? Ma che scherziamo?» Tadashi scattò, orgoglioso come sempre. «È riuscito a farmi due graffi solo perché tu hai smesso di proteggermi e ti sei schierata dalla sua parte!»
«Ah ah!» Lo puntò con l’indice Aisu. «Allora lo ammetti che sei tu ad aver bisogno della mia protezione e non il contrario!»
Qualche secondo di silenzio e immobilità, che venne spezzato da Tadashi non appena si rese conto di essere entrato in uno scontro che, visto da quella prospettiva, non poteva vincere. Alzò frustrato le braccia al cielo, voltandosi dalla parte opposta e sbuffando: «Aaaah, lasciamo perdere!»
“Ma come lasciamo perdere?” Pensò l’altra, infastidita dal fatto che ogni volta che era lì lì per vincere un incontro verbale con lui, alla fine finiva sempre che facevano pari perché lui abbandonava, impedendole quindi di sfogarsi del tutto.
Ci furono lunghi minuti di silenzio, nei quali nessuno dei due si mosse dalla propria posizione: uno guardava l’Oceano, l’altra fissava il cielo stellato.
A un certo punto, Aisu sospirò profondamente per farsi coraggio e chiese: «Come ti senti?»
«Meglio… Quel gatto con il guscio mi ha guarito e la brodaglia di Moni pare aver funzionato. Devo… Devo solo riposare stanotte, domani sarò nuovamente al cento per cento…» Fece per guardarla, ma ci ripensò e tornò a fissare il mare: «Pronto a proteggervi con tutto ciò che possiedo…»
Tra loro tornò il silenzio, ma questa volta si trattava di un silenzio pesante e colmo di tensione. Entrambi volevano fare le proprie scuse all’altro per quanto accaduto quel giorno, ma entrambi non avevano idea di dove cominciare.
“Perché con lui è sempre così dannatamente difficile chiedere scusa? Uffa…” Si chiese Aisu. “Okay, ce la puoi fare… Forza!” Fece un respiro profondo, chiuse gli occhi e stava per fargli le proprie scuse, ma la voce di Tadashi la precedette: «Mi dispiace.» La custode della perla indaco si voltò stupita verso di lui, incapace di intuire di cosa potesse mai aver bisogno di scusarsi il giovane.
Tadashi non la stava ancora guardando, aveva gli occhi ancora fermi a osservare l’Oceano. «Mi dispiace di averti detto quelle cose oggi, mi sono lasciato andare alla rabbia. Non le penso davvero… Stai facendo un ottimo lavoro come custode della perla indaco, nonostante la situazione particolarmente incasinata in cui ti sei ritrovata…» La voce calma, lo sguardo appena preoccupato; si voltò verso di lei e la guardò un breve istante, per non riuscire a reggere lo sguardo ed essere costretto a riportarlo verso la strada, sotto di loro. «Non… Non cedere il titolo… Il gruppo perderebbe un valido componente…»
Aisu rimase in silenzio qualche secondo, cercando di metabolizzare tutto ciò che le aveva detto. Abbassò lo sguardo verso le proprie gambe, ormai immobili, mentre i suoi occhi si facevano tristi. «Mi dispiace… Per tutto quello che ti sto facendo passare… Lo so che questo non è un gioco, che ci sono delle vite in ballo e che dovrei smettere di comportarmi come una bambina egoista, ma…» Le lacrime iniziarono a pizzicarle gli occhi, come ogni volta che pensava al fratello ormai, ma si costrinse a non lasciarle vincere. «Quando vedo Eiji, mi si spegne completamente il cervello e l’unica cosa a cui riesco a pensare è lui… Voglio portarlo indietro, voglio riuscire a salvarlo… Però, non voglio perdere nessuno per riuscirci, dico davvero… Non ho intenzione di sacrificare voi per lui…» Attese qualche secondo che il blocco alla propria gola si sciogliesse, per poi riprendere con un triste sorriso tirato: «Scusami. Hai sfiorato la morte ben due volte per colpa mia. Forse quello che hai detto oggi non era sbagliato… Sono davvero una ragazzina che si fa prendere dall’emozione sul campo di battaglia, però…» Strinse la presa delle proprie mani sulla ringhiera, serrando al contempo gli occhi per cacciare indietro il liquido salato dai propri occhi. Tadashi la osservò, iniziando a temere seriamente ciò che avrebbe potuto dire. «Non posso farci nulla… Perché amo mio fratello più di qualsiasi altra cosa al mondo e vederlo come un burattino nelle loro mani è peggio che vederlo mort…» Venne interrotta da una mano che le si era posata veloce sulle labbra. Sgranò gli occhi lucidi, voltandosi di lato e trovandosi due smeraldi guardarla intensamente a poca distanza dai propri occhi. «Non lo dire.» Sussurrò cupo Tadashi. Le liberò le labbra, lo sguardo fisso a terra, poi continuò, serrando i pugni: «Non dire mai più una cosa del genere… Non c’è nulla di peggio di perdere definitivamente una persona a cui tieni. Che sia la morte a portarla via o… Qualcos’altro…»
Aisu rimase a osservarlo in silenzio, ancora stupita da quanto appena accaduto e da quel lato di lui ancora sconosciuto a lei. Il giovane tornò a stringere il metallo della balaustra con le mani, nell’invano tentativo di scaricare la tensione che sentiva dentro di sé, gli occhi fissi sul bracciale che portava al polso destro. «Essere consapevoli che non potrai mai più parlargli, sentirlo, vederlo, toccarlo… Prendere coscienza che, non importa ciò che farai, quanto potrai impegnarti, non riuscirai mai a raggiungerlo… A essere al suo livello e renderlo orgoglioso di te…»
«Non… Io non so di chi tu stia parlando o cosa sia successo. Ma se ne hai la possibilità, se questa persona è ancora in vita, allora credo dovresti cercarla e tornare da lei.»
Tadashi si abbassò, nascondendo le labbra tra le braccia incrociate sulla ringhiera. «Non posso… Semplicemente, non posso…»
«Perché no?»
Lo sguardo triste, voltato verso il mare a poca distanza da loro, sulle onde che accarezzavano delicate la battigia, prima di tornare a far parte dell’immensità dell’Oceano; sussurrò la risposta dopo secondi abbondanti: «Non facciamo più parte dello stesso mondo…»
Rimasero in silenzio per un lungo tempo, finché Aisu decise di rompere quell’assenza di suoni assordante: «Una volta, quand’ero piccola… Mi ritrovai a litigare con mia madre sul perché non raccontasse mai nulla a me e a mio fratello di nostro padre… Grazie a Eiji, non ho mai davvero sentito la mancanza di una figura paterna, ma il giorno della festa del papà mi sentivo sempre un po’ un pesce fuor d’acqua… Gli altri bambini passavano i giorni antecedenti a creare pensierini da regalare al proprio genitore, mentre io non avevo mai nulla da fare… E non sapevo nemmeno nulla di mio padre, tutto ciò di cui ero a conoscenza è che era un umano e che lui e mia madre si sono innamorati una notte, prima che una malattia lo portasse via da questo mondo.» Tadashi si voltò a guardare la ragazza che aveva al suo fianco, rimanendo stupito dalla tranquillità e serenità che aveva la sua voce mentre parlava di argomenti che per la maggior parte delle persone avrebbero creato almeno un tremore vocale. Tutto il nervosismo che aveva lei invece, venne manifestato solo da un piccolo sospiro, effettuato poco prima di alzare gli occhi al cielo e tirare un sorriso nostalgico. «Quella notte, non riuscii a dormire e andai sul tetto per vedere le stelle, nella speranza che l’Aurora si mostrasse per farmi un po’ di compagnia. L’Aurora non apparve, ma al suo posto arrivò mio fratello. Si sedette accanto a me, rimanendo in silenzio a guardarmi per qualche minuto, in modo da scrutarmi con quei suoi magnifici occhi e capire esattamente cosa doveva dire e fare per farmi stare meglio.»
«Detto così sembra una cosa abbastanza inquietante…» Commentò il giovane, arricciando il naso. Aisu lo guardò per un breve istante, per poi tornare a osservare il cielo sopra di loro, assolutamente tranquilla: «Dici? Per me invece è una cosa meravigliosa. Nessuno è mai stato in grado di comprendermi come Eiji. Lui fa sempre così: prima di parlare di qualcosa di serio si concede qualche breve momento per osservare la situazione, comprenderla e riflettere su cos’è meglio dire e fare per farti sentire meglio.»
«Se parli così, la gente potrebbe fraintendere… Sembra che tu sia innamorata persa di tuo fratello…» Sorrise lui, scherzando.
«Io amo mio fratello con tutta me stessa.» Rispose serenamente lei, non cogliendo l’aria scherzosa dell’altro e facendolo saltare all’indietro, esclamando un spaventato: «Cosa?»
Aisu lo guardò tranquilla, non comprendendo cosa lo avesse fatto reagire a quel modo: «È così. Non vedo cosa ci sia di strano. Eiji è tutto per me. In questo periodo di distanza, è come se fossi privata di metà del mio stesso cuore. Siamo gemelli, lui è la mia altra metà e senza di lui sono persa, priva di una guida.»
«Ah… In quel senso, lo ami…» Tirò un sospiro di sollievo, Tadashi, portandosi una mano al petto, ancora non liberatosi del tutto dallo spavento appena preso. “Grazie al cielo… Credevo di trovarmi nel bel mezzo di un caso di incesto… Accidenti che spavento assurdo…”
La custode della pietra indaco alzò un sopracciglio, confusa. «Non riesco davvero a capirti quando fai così.»
Lui fece cenno con la mano di lasciar perdere, tornando poi ad appoggiarsi alla ringhiera. «Non… Non importa, non è nulla… Piuttosto… Cosa ti ha detto poi alla fine tuo fratello quella notte?»
Aisu tornò a guardare il cielo, facendosi seria: «Che le stelle che vediamo brillare nel cielo sono le medesime del passato. Se qualcuno ci guarda da quelle stelle, sarà in grado di vedere il nostro passato e il nostro presente. Il cielo unisce tutto e tutti, indipendentemente dalla distanza e dal tempo: non esiste distanza che esso non possa coprire, così come non esiste tempo, perché il passato e il presente sono una cosa sola nel cielo.» La tristezza tornò ad appropriarsi del volto della ragazza, che chinò il capo verso il basso. Tadashi la osservò qualche secondo, prima di alzare lui stesso lo sguardo verso le stelle e dire, in un tentativo di consolazione: «Se ti può essere d’aiuto, inizio a credere che ci sia un minimo di possibilità che tuo fratello possa tornare in sé, dobbiamo solo essere pazienti e perseverare.» Aisu sgranò sorpresa gli occhi, puntandoli sul giovane al suo fianco, che si era voltato verso di lei e in quel momento le stava puntando l’indice contro: «Ma non ti azzardare mai più a proteggere lui al posto mio!»
Una breve risata di scuse scosse il corpo della custode della perla indaco: «Non posso promettertelo, ma ti assicuro che ci proverò e… Oh…» Si interruppe, perché i suoi occhi vennero catturati da una pioggia di stelle cadenti.
«Non ho mai visto niente del genere…»
«È uno spettacolo magnifico…»
 
«Le prendo tutte.» Disse con un sorriso Takeshi, prendendo in mano l’intero mazzo di rose del venditore ambulante e porgendolo a Seira, dopo che era stato informato che quello era un atto molto apprezzato dalle femmine.
«Ah, fantastico, fantastico. Lei è molto fortunata signorina ad avere un fidanzato cos…» Esclamò felice l’uomo, aprendo la mano in modo da poter essere pagato. Rimase però assai confuso quando il giovane, anziché soldi, gli mise nel palmo delle perfette sfere, lucenti come non ne aveva mai viste, ma sempre sfere. «Ehi ma, cosa sarebbero queste?»
«Uh? Sono madreperle.» Rispose Takeshi, sinceramente confuso da quella domanda. Erano tutto ciò che aveva con sé al momento, il suo stipendio di mesi ed era certo che sarebbero bastate per qualche fiore: sott’acqua, quelle madreperle gli sarebbero bastate per sfamarsi abbondantemente per un anno intero.
«E che me ne faccio?» Chiese sconcertato l’uomo, indicando al colmo della frustrazione le madreperle che si trovava in mano. «Ma come… Cosa…» Takeshi era assai disorientato da quella reazione, mentre Seira si godeva la scena ridendo di gusto.
«Voglio i soldi! Non me ne faccio nulla di qualche biglia da due bicci!»
«Ma… Io non ho altro con me…»
L’uomo divenne rosso in volto e strappò i fiori dalle mani di un sempre più confuso Takeshi, restituendogli le perle e andondosene arrabbiato, borbottando: «E allora niente fiori! Ma tu guarda questo!»
«Ma cosa…»
«Takeshi, sei uno spasso!»
«Mmmh…» Il giovane si passò la mano libera nei capelli, abbassando lo sguardo sul proprio palmo colmo di gioielli, non potendo fare a meno di chiedersi: «Come caspita ha fatto Tadashi a sopravvivere in un posto del genere…»
«Una volta Hai mi disse che lui non ha mai avuto troppi problemi. A detta sua, Tadashi sembra essere un ragazzo che si adatta facilmente. Anche per questo è stato scelto da Luchia come guardia delle ragazze.» Gli rispose con un sorriso Seira, mentre si dirigevano assieme verso il limitare del pontile illuminato.
«Mio fratello… È davvero in gamba… Sono molto orgoglioso di lui.» Si confidò Takeshi, con un sorriso fiero ad adornargli le labbra, come sempre quando parlava del fratello minore.
Seira sorrise, felice di vederlo sereno. Gli occhi verde smeraldo si fecero sicuri di loro, mentre il giovane proclamava, portandosi il pugno destro sul cuore e osservando il cielo stellato: «La prossima volta che verrò sulla terraferma, voglio andare a salutarlo!»
Seira rimase talmente colpita da quell’affermazione, che si arrestò. Lui si fermò dopo qualche passo, continuando entusiasto: «Voglio vedere come vive! Voglio conoscere l’uomo che è diventato! Ho molto da congratularmi con lui e…» Abbassò il capo e per un breve istante sul suo volto passò un velo di tristezza e rimorso: «Anche da chiedergli perdono… Purtroppo oggi non abbiamo il tempo materiale di arrivare fino in Giappone, ma appena tutta questa storia si sarà conclusa, voglio ritrovare mio fratello.»
«Sono certa che ti accoglierà a braccia aperte.» Disse la ragazza, facendolo voltare verso di lei e dire, con gli occhi che brillavano nuovamente come gli smeraldi più puri: «Seira… Vieni con me. Lui è tutto ciò che rimane della mia famiglia, voglio presentartelo… Voglio che tu e Tadashi vi conosciate!»
Qualche secondo di silenzio, dovuto allo stupore di sentirlo parlare così per la prima volta, poi un sorriso attraversò il volto di lei, facendole dire con voce rotta dall’emozione: «Ne sarei felice e onorata!»
Una ventata gelida li colpì, facendo percorrere l’esile corpo della giovane da un brivido di freddo. Si portò le mani a strusciarsi le braccia scoperte strizzando gli occhi, quando percepì un nuovo indumento coprirle le spalle e procurarle calore. Guardò al suo fianco e vide Takeshi, il quale si era tolto la camicia e gliela aveva poggiata sulle spalle per proteggerla dal vento. Lei non fece in tempo a dirgli che non occorreva, che il giovane la guardò e le sorrise come solo lui riusciva a fare: «Seira… Ti ringrazio… Per questa notte… Per avermi mostrato questo mondo… Ti devo davvero molto, non so se sarò mai in grado di ringraziarti abbastanza per tutto ciò che fai e hai sempre fatto per me.»
«Questa è davvero una situazione assurda…» Disse lei, scostando per un attimo lo sguardo con una breve risata. Lo riportò poi negli occhi di lui, lasciandosi imprigionare in quella dolcissima prigione: «Sono io quella che deve ringraziarti. In molti momenti della mia vita, se non ci fossi stato tu al mio fianco, non sarei mai riuscita a fare nulla. Sei sempre stato la mia ancora di salvezza e continui a esserlo… Basta un tuo sorriso o un tuo sguardo per farmi tranquillizzare… Non importa quanto possa essere stressata o in pericolo, se ho te vicino, posso affrontare qualsiasi cosa.»
Lui distolse per un attimo gli occhi, dopodiché raccolse tutto il proprio coraggio e disse: «Seira… Noi… Stanotte siamo solo umani, non è vero? Tutto ciò che faremo, tutto ciò che accadrà, non potrà ripercuotersi negativamente sul mondo sottomarino e la tua reputazione, non è vero?»
Lo sguardo di Seira si fece interrogativo, mentre Takeshi la tornava a guardare negli occhi, la voce appena tremante che ne tradiva il nervosismo: «Non siamo la Consigliera dell’Oceano Indiano e la sua Guardia, non è vero? Siamo solo Seira e Takeshi… In questo momento, non c’è nessuna differenza di classe sociale tra noi… Non è vero?»
«Sì…»
«Allora… C’è una cosa che vorrei fare… Come Takeshi umano…» Con il cuore che gli batteva come non mai nel petto, Takeshi alzò la mano, andando ad accarezzare dolcemente la guancia arrossata di lei, mentre si chinava leggermente per permettere alle proprie labbra di congiungersi a quelle di Seira.
Una voce infantile, proveniente dalla festa alle loro spalle, fece dirigere gli sguardi di tutti coloro che la udirono verso il cielo: «Le stelle! Ci sono le stelle cadenti!»
 
   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Mermaid Melody Pichi Pichi Pitch / Vai alla pagina dell'autore: Elsira