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Autore: Athelye    24/12/2016    2 recensioni
I saw him the next day, he said, ‘Do you know, those people on that corner of Booker Avenue, they’re mad!’ He said, ‘What time was it when I left you last night?’
I said, ‘I don’t know, about 11.30 or something’.
He said, ‘Yeah, well I went passed their house and they were out, still playing cards in front of their house’.
I said, ‘I can’t believe it’.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Lennon, Paul McCartney
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Si lasciò scivolare la chitarra sulle gambe, abbandonandosi sul letto dietro di sé.
“E anche per stasera abbiamo finito.” Sospirò.
Guardò l’ora della piccola sveglia sul comodino. 11.32
“Credo di dover andare a casa, ora.”
L’altro posò la chitarra accanto al letto e si stese accanto a lui, avvolgendolo in un abbraccio un po’ impacciato a causa dello strumento del compagno.
“Mh.. Non puoi restare a dormire qui, John?” Mugolò contro il suo maglione.
“In questi giorni non posso, principessa. Devo tenermi buona Mimi.” Rispose quello, sentendosi scaldare leggermente il petto, lì dove l’altro stava sbuffando con il suo respiro caldo.
“Ma è quasi Natale..! Chissà per quanto starò senza vederti..” Protestò il minore.
“È per questo che la voglio tenere buona. Forse riesco a convincerla a lasciarmi almeno un paio d’ore di libertà.”
Paul mormorò qualche protesta, attutita dalla lana blu del maglione, facendo ridacchiare l’altro.
Si sollevò un po’, tenendo una mano ferma sulla chitarra per bloccarla, impedendo a John di alzarsi.
“Paul.. Che stai facendo?” Chiese a bassa voce con un mezzo sorriso.
“Niente.” Mosse appena la testa, con un’espressione falsamente innocente e un sorrisetto furbo.
Lo guardava intensamente, con una ciocca ribelle che era sfuggita alla brillantina dopo tutta una giornata, e ora gli cadeva arricciolata sugli occhi.
John alzò una mano, scostando con due dita il ricciolo, sorridendo dolcemente e sfiorandogli la guancia quando la ciocca scivolò, ricadendo in avanti.
Il minore si chinò un po’ per baciarlo sulle labbra, chiudendo gli occhi.
Resta..” Sussurrò sulla sua bocca.
“Non posso..”
Paul riaprì gli occhi e alzò di poco la testa, guardò davanti a sé e fece schioccare la lingua, passandola poi sui denti e spostando lo sguardo sulla stanza intorno a loro, mentre sotto di lui l’altro ridacchiava. Tornò con gli occhi su di lui.
“Ridi, ridi. Voglio proprio vedere che fai poi, quando mi chiederai di farti un ‘favore’, e io ti dirò no.” Sollevò un sopracciglio, osservando la sua reazione.
“Permaloso.” Gli sorrise.
“Dovrai farti perdonare, sai?” Aggiunse, alzandosi per ‘liberarlo’.
“Lo farò, te lo prometto.” Gli assicurò, mentre si alzava e raccoglieva le sue cose.
Paul lo accompagnò in punta di piedi fino alla porta, rimanendo sull’uscio a stringersi nel suo maglioncino rosso anche dopo averlo baciato per salutarlo.
“Non è che hai dimenticato gli occhiali su?” Tentò di trattenerlo un’ultima volta.
“Nah, sono arrivato senza. Ti va male.” Gli fece una linguaccia.
Paul arricciò le labbra, contrariato. “Ok.. Però ci si vede anche domani, vero?” Chiese, lisciando la giacca dell’altro.
John annuì, baciandolo un’ultima volta prima di augurargli la buona notte.
Si voltò dopo qualche metro, e lo trovò ancora lì sulla porta, a tremare come una foglia per il freddo e a osservarlo andare via. Avevano discusso un sacco per questa cosa, per il fatto che Paul aspettasse di vederlo sparire in fondo alla strada, quasi ogni sera che John se ne andava da casa McCartney.
Il maggiore insisteva perché l’altro rientrasse al caldo, ma quello era testardo come un mulo, e si rifiutava, standosene piantato lì anche con la neve, come in quelle notti di pieno inverno, a battere i denti dal freddo. Ma non si muoveva di un millimetro, pur di continuare a guardarlo fino all’ultimo, con quello sguardo da cucciolo abbandonato che molte volte aveva fatto correre indietro John a baciarlo ancora e a tenerlo stretto fra le braccia un altro po’.
 
Mancavano un paio di giorni alla vigilia, ed era tutto abbastanza illuminato, permettendo quindi a John di trovare la strada anche senza occhiali. Il freddo gli graffiava il viso e gli asciugava le labbra, mentre fumava una sigaretta dietro l’altra, sbuffando tante nuvolette di vapore.
Una casetta attirò la sua attenzione. Una casetta abbastanza piccola, apparentemente con una piccola veranda. Ma la cosa che lo stupì profondamente furono le persone che se ne stavano sedute lì, impassibili, chine su.. forse era un tavolo?
John pensò che stessero giocando a carte, perché sembravano molto concentrati, qualsiasi cosa stessero facendo.
“Roba da matti!” Esclamò fra sé e sé, mentre proseguiva verso casa sua.
Mimi l’avrebbe sicuramente fatto a strisce per essere uscito di nuovo senza occhiali, ma non poteva farci niente, John continuava a pensare di essere terribile con gli occhiali, sebbene Paul avesse tentato più volte di convincerlo che non era così.
Ma intendiamoci, quel ragazzino ci avrebbe solo guadagnato, lui e la sua gelosia cronica, se le ragazze avessero smesso di guardarlo per via degli occhiali. Quindi John continuava a non indossarli, se non per estrema necessità. Ne andava della sua dignità, diamine!
 
La sera seguente, come al solito, si era ritrovato a casa di Paul a.. Beh, la lo loro occupazione ufficiale era “suonare”. Di fatto, era più un caso se finivano a suonare.
Preferivano piuttosto passare la sera a stare abbracciati e scambiarsi effusioni. In tutto quel clima natalizio, nessuno dei due l’avrebbe mai ammesso, ma non c’era passatempo migliore di farsi un po’ di coccole al calduccio sotto una coperta o davanti al camino. La seconda, ovviamente, era possibile solo quando il padre di Paul non era in casa, e soprattutto quando quel rompiscatole impiccione del suo irritante fratellino non era fra i piedi.
Una volta c’era mancato davvero poco che il piccolo Mike non li beccasse a baciarsi appassionatamente sul tappeto, davanti al focolare scoppiettante dell’ormai familiare salotto di casa McCartney.
Diciamo che la situazione poteva essere anche molto più fraintendibile, con il minore praticamente seduto a cavalcioni su di lui, dopo una di quelle piccole lotte affettuose, scoppiata per uno dei soliti motivi stupidi.
Paul era avvampato immediatamente, e si era lanciato in una serie di insulti al fratello, alzando il suo tono di voce almeno di un’ottava. A John era quasi venuto più da ridere per la stranezza della scena, e si era beccato pure lui una lavata di capo dal ragazzo moro. Ma tutto sommato la serata si era conclusa bene fra le lenzuola del suo letto, quindi non poteva certo lamentarsi.
E insomma, ora se ne stavano lì, abbracciati stretti, canticchiando un motivetto, dopo aver appena smesso di far inseguire le loro bocche. A John venne in mente la stranezza della sera precedente, e pensò di raccontarla anche al compagno.
“Ehi, Paul?”
“Mh?”
Il ragazzo era rannicchiato sotto il suo braccio, e sembrava sulla buona strada per addormentarsi.
“Ieri, quando me ne sono andato, ho visto una cosa davvero bizzarra sulla strada per Mendips.”
“Tipo?” Mormorò, alzando lo sguardo verso il maggiore.
“Hai presente quelli che stanno all’angolo di Booker Avenue? Devono esser matti!” Esclamò, mentre l’altro si sollevava un po’ per guardarlo meglio, sciogliendo l’abbraccio.
“Mh.. Perché?” Chiese confuso, pensando a chi potesse stare nel punto indicato.
“A che ora sono andato via ieri?”
“Non lo so.. Verso le undici e mezza, credo. Perché?”
“Beh, quando sono passato davanti a casa loro, questi erano ancora fuori a giocare a carte!”
Paul inclinò la testa da una parte. “Non ci credo.” Disse semplicemente, poi scosse la testa, ridacchiando.
John fece spallucce, e si limitò ad aggiungere che c’era gente strana in giro.
Più tardi, la stessa sera, verso la stessa ora del giorno prima, per John arrivò l’ora di andarsene.
Dopo essersi infilato il cappotto, si girò verso il minore per salutarlo, trovandolo già incappottato e intento a rimboccarsi la sciarpa.
“Che fai?” Chiese, guardandolo curioso. Che avesse messo la testa a posto e avesse deciso di coprirsi per stare sulla porta? Ma figuriamoci.
“Vengo con te.” Rispose, come se fosse un’ovvietà.
John inarcò le sopracciglia. “Cosa?”
Paul lo guardò con un’espressione un po’ scocciata. “Hai capito bene.”
“E perché?”
“Perché sono curioso di vedere questa gente ‘matta’. Quindi ti accompagno, almeno fino a lì.”
 
Una volta usciti, fecero un bel pezzo di strada abbracciati, stando mano nella mano nelle tasche. A quell’ora non c’era davvero neanche un’anima che potesse vederli, neanche dalle finestre, dato che i vetri erano appannati o proprio ghiacciati.
Quando si avvicinarono alla casa che aveva descritto John, sciolsero l’abbraccio per sicurezza.
Ed effettivamente delle figure fuori dalla piccola struttura in legno c’erano. Peccato che fossero Maria e Giuseppe davanti alla capanna, appena incurvati sulla culla vuota dove di lì a poco sarebbe stato messo il bambin Gesù.
Paul scoppiò a ridere, mentre John lo guardava confuso, non capendo il perché di quel comportamento davanti a delle persone, nella sua mente, completamente fuori di testa, per giocare a quell’ora della notte, e con quel freddo per giunta!
“Amico, mettiti gli occhiali.” Affermò, mentre le risate cominciavano a scemare.
John inforcò gli occhiali, che si era portato dietro stavolta, e girandosi verso la casetta capì la reazione del minore, e provò un profondo imbarazzo. Davvero molto profondo.
Sbuffò, cercando di giustificarsi, mentre l’altro continuava a canzonarlo, mantenendo comunque una nota affettuosa nella voce. Era pur sempre la sua talpetta, senza occhiali.
Dopo qualche scambio di battute, John si ritrovò sconfitto. Notevolmente ferito nell’orgoglio da quella situazione, incrociò le braccia al petto e girò il viso da un’altra parte.
Paul si ritrovò a pensare che fosse comunque molto tenero, e piuttosto buffo, nel suo atteggiamento un po’ stizzito.
Si avvicinò a lui e, senza farsi notare, raccolse un pochino di neve nella mano, poi lo chiamò e gliela tirò in faccia.
John fece una smorfia al ragazzo di fronte a lui e, accertatosi del sostanzioso strato di neve dietro di loro, lo agguantò con un abbraccio e si lasciò cadere all’indietro, portando con sé anche il minore, che lanciò un grido di sorpresa.
JOHN! Ma sei cretino?!” Esclamò afferrando d’istinto il cappotto dell’altro, che intanto se la rideva, sentendo appena il freddo della neve sotto di lui.
Non era stato proprio un atterraggio morbido, ma la faccia del ragazzo moro era semplicemente impagabile.
“Che c’è? In guerra e in amore tutto è lecito, figliolo!” Rispose, ancora ridacchiando.
Quello sbuffò, creando una nuvoletta.
Aveva le guance lievemente arrossate per il freddo, e le labbra un po’ screpolate e incredibilmente rosse, rispetto a quella pelle che sembrava fatta di porcellana. Una nota di colore in tutto quel ghiaccio.
“E quale delle due sarei io?” Gli chiese, inarcando un sopracciglio.
John non gli rispose. Si era sporto verso il suo viso, portando una mano poco sopra il collo dell’altro per guidarlo in un bacio, sentendo i suoi capelli neri e morbidi con le dita fredde, che avevano stuzzicato la sua pelle calda scatenandogli dei brividi lungo la schiena.
Fecero rincorrere le loro lingue, incuranti della fredda neve azzurra intorno a loro, assolutamente certi entrambi, inconsciamente, che avrebbero potuto farla evaporare per la sensazione del momento.
Quando si fermarono, John lasciò scorrere le dita affusolate sotto l’orecchio del ragazzo in una carezza elettrica, lungo la mandibola, terminando la loro corsa sfiorando leggermente la sua bocca ancora schiusa per il bacio.
Stettero così per un tempo indefinito, dandosi dei delicati baci a fior di labbra.
Un brivido più forte degli altri scosse il minore, e questo fece capire a John che erano lì già da troppo.
Non fu per niente semplice convincere Paul ad alzarsi, dato che insisteva a dire di non avere freddo quando ormai tremava come un pulcino. Un pulcino terribilmente carino e zuppetto a causa della neve, ma anche dannatamente testardo.
In ogni caso, una volta in piedi, si tennero stretti ancora un po’ prima di lasciarsi e affrontare il freddo della strada di casa da soli.
Dopo un altro bacio, fecero strusciare dolcemente i loro nasi, ormai gelati, ridendo un po’. Fecero toccare le loro fronti, socchiudendo gli occhi, parlando a voce bassa, prima di separarsi definitivamente e a malincuore.
“A domani, principessa.”
“A domani, John.”









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Note dell'Autrice

Deck the halls with boughs of holly,
Fa la la la la, la la la la!
Buone feste! Buon Natale! Buona digestione!
Siamo solo alla Vigilia e io sto già scoppiando, meh.
Riguardo alla cosa qui sopra, niente, forse alcuni hanno riconosciuto da dove mi è venuta l'idea, per tutti gli altri un bel click qui.
Altri forse(???) hanno anche riconosciuto il maglione blu citato. (Click)
In ogni caso, volevo pubblicare qualcosa di vagamente natalizio, e niente. Quindi vi beccate una ciofeca pure a Natale.
Più la leggo e meno mi convince, quindi sono giunta alla conclusione che dovrei smettere di rileggere le cose che scrivo. Anyway, vi lascio ai vari preparativi, ultimi regali da incartare e ai pasti infiniti.
Grazie mille alla mia beta, che correggendo questa mi ha lanciato dietro tante di quelle maledizioni.. Vabbè, ci si vuol bene comunque u.u
E uno stritolamento natalizio con tanti addobbi a Lucry, voglio tanto bene anche a te *abbraccia*
Via, un bacissimo a tutti, e mi raccomando disseminate la casa con il vischio, che non si sa mai!
Buone feste!!

Athelyè ~♥
   
 
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