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Autore: killian44peeta    24/12/2016    1 recensioni
L'Acqua pulì le anime, il Fuoco le purificò, la Terra distrusse i rimasugli del dolore dai loro occhi, l'Aria permise la libertà, la Luce diede speranza per un futuro migliore... mentre il Buio...
Esso si nascose, vergognandosi di non poter aiutare in alcun modo, ma piano piano, questo sentimento si trasformò in odio e l'aiutare non fu più una sua intenzione, ciascuno aveva fatto la sua parte tranne esso.
Dopo molto tempo passato in attesa, avvenne quello che doveva accadere per fare quello che voleva, nacquero sei bambini allo stesso momento e subito dopo ne seguì un altro.
Il Buio risvegliò gli Spettri.
Poi però si rese conto di quello che aveva commesso contro la vera propria volontà.
Qualcuno gli aveva fatto qualcosa.
Ed ecco che sentì una canzone, una specie di litania che lo avvolse in un laccio.
Riuscì a comprendere facilmente cosa doveva fare, si precipitò dai bambini, uno alla volta li raggiunse tutti, non c'era distanza di nascita tra loro, solo il settimo era uscito dopo, ma i sette erano stati benedetti tutti allo stesso momento dalle proprie madri.
Non ce n'era uno simile all'altro.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Gli Elementi- saga'
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Capitolo 1- I demoni

 
Pov. Diana

 
Era una noiosa giornata di nebbia, i vetri della finestra erano appannati e segnati da goccioline di umidità, era già monotona anche se solo mattina.
Decisi di lasciar perdere il mal tempo per fiondarmi in cucina a fare colazione.
Dopo averla raggiunta, tirai fuori una ciotola da uno dei tanti scaffali color terracotta che si trovavano in quasi tutta casa mia, con allegria, ci versai una quantità di cereali e in conseguenza afferrai una tazza e la riempii di latte fino all’orlo.
Ne bevvi un sorso e diedi uno sguardo al salotto, poi mi sedetti su una sedia e mangiai tutto con gusto, quasi avidamente.
Prima che mi alzassi per sistemare la roba, aspettai qualche secondo, ripiombando improvvisamente nella realtà.
Era sabato.
Ed erano le otto meno un quarto, in neanche trenta, quaranta minuti dovevo prepararmi ad uscire per raggiungere lei.
Anche se non mi aveva dato una vera e propria risposta.
Quasi di corsa iniziai a infilarmi maglia, pantaloni, calze e scarpe.
Stavo praticamente saltellando da una parte all’altra, come un ubriaca, rischiando di cadere o inciampare in ciabatte e mobili vari.
Finito di rivestirmi, tornai in cucina ed entrai in salotto.
-Giorno Raggio di Sole- mi salutò mio padre appena varcai la soglia.
Stava leggendo il giornale ma staccò gli occhi da esso per posarli su di me.
-Buon giorno-gli baciai la guancia
-Devi andare fuori con Lilhian anche oggi?-mi domandò dolcemente
-S…ì-risposi con una certa incertezza nella voce-Mamma dorme ancora? Ieri sera non stava bene no? Ha vomitato-
Lui annuì di rimando.
Aveva i capelli ormai grigi, anche se un tempo erano stati di un marrone cioccolato scurissimo, tendenti al bronzo, con qualche sfumatura carmina.
Lui non era veramente mio padre, quello se n’era andato da tempo e di sicuro non sarebbe tornato, come mia zia, ovviamente, visto che si era scoperto che il mio adorato papino tradiva mia madre per lei.
E perlopiù ebbero la faccia tosta di incolpare mamma per quello che compievano.
Probabilmente per sensi di colpa.
Quando nacqui io, mia madre scoprì tutto e, sorella e marito se ne scapparono insieme.
Fortunatamente mamma incontrò lui quando io avevo l’età di due, tre anni.
Mi faceva da baby-sitter quando mamma era a lavoro e mi trattava come se fosse mio padre.
Quando, a quattro anni, mi annunciarono di volersi sposare, ero pienamente d’accordo.
Adesso, potevo semplicemente dire che lui era la persona che era arrivata più vicina a farmi da padre e quindi poteva tranquillamente essere denominata in questo modo.
“Raggio di Sole” era il soprannome che, fin da bambina, era abituato a darmi.
Non ne capivo bene il motivo, ma mi sentivo a mio agio quando mi chiamava così.
-Beh, io sono pronta, esco, se arrivo da lei anche prima è meglio…ehm, se torno prima di mezzogiorno sai il perché-dissi piano
-D’accordo-rispose
Feci per uscire dalla stanza quando sentii la sua voce chiamarmi, quasi cantilenante, perciò mi girai e lo guardai negli occhi.
-C’è qualcosa che non va?-domandò, alzandosi dalla sedia.
Sbattei più volte le ciglia, possibile che l’avesse già capito?
-No- mentii vaga, esitai un attimo e infine sospirai –Sì-
-Cosa ti turba?- chiese ancora
Aspettai un secondo prima di decidermi a parlare, tanto cosa mi cambiava se glielo dicevo?
-È Lilhian… sta iniziando a comportarsi con freddezza con me e io… non so cosa fare, è la mia migliore amica e non avrei mai immaginato che iniziasse ad ignorarmi, non mi da più risposte concrete… ho paura che sia arrabbiata con me perché il ragazzo che le piaceva aveva una cotta per me…però all’inizio aveva detto che non le importava, papà che devo fare?!-
-Secondo me dovresti dirle tutto, insistendo che ti ascolti, devi farlo o non riuscirai mai a chiarirti con lei-
Annuii ed abbassai lo sguardo, aveva ragione
-Grazie Liam-mormorai
Fece un cenno col capo –Vai-
Gli sorrisi ed uscii di casa.
Mi accorsi che papà aveva proprio centrato nel segno, anche se era un maschio, anche se non capiva bene le ragazze, aveva capito subito il mio disagio e il mio rancore e gli ero grata per questo.
Iniziai a camminare lentamente verso Nord, superai lo stendardo d’argento della piazza centrale della città e percorrendo la strada arrivai al Decumano Nord.
La nostra città era molto piccola ed era divisa in quattro leghe, principalmente si chiamava Decumano ma era divisa come nei punti cardinali, c’era il Decumano Nord, il Decumano Sud, Est e Ovest.
Le case erano in perfetto ordine, su ciascuna di esse era inciso il cognome del padrone a cui apparteneva e una lettera greca.
Mi fermai davanti a quella su cui era scritto “Meyer-Reinear” e la lettera greca “Delta” δ
Avanzai verso la porta senza insicurezze e suonai al campanello.
Ci volle un po’ perché si decidesse ad uscire, teneva i capelli rossi, solitamente lasciati lisci, in una coda alta e aveva gli occhi viola che parevano quasi spenti, i suoi lineamenti erano duri e spigolosi in certi punti.
-Cosa c’è?-domandò.
Nella sua voce c’era una punta di nervosismo e di fretta.
Aveva il sopracciglio alzato e mi fissava in modo piatto.
-Non dovevamo uscire?-
-Ti avevo detto che te l’avrei detto io-
-Sì ma…-
-Va beh, aspetta qui che mi vesto-
Rientrò ed uscì nel giro di parecchi minuti.
Si era messa una maglietta semplice, violetta, dei pantaloni jeans e delle scarpe da trekking.
Iniziammo a camminare in silenzio, poi, innervosita, cercai un argomento di conversazione, per giungere lentamente al discorso che avrei dovuto farle.
Sapevo che sarebbe stato parecchio difficile, non ero brava con le parole ne ottimista di riuscire al primo colpo senza rischiare di tranciare l’ultimo collegamento che, forse, c’era tra me e Lilhian.
-Senti….-
-Lo sai che hanno messo a basso prezzo quella tisana che si ricava con delle erbe vicino a Brooks e ti abbassa la febbre? In neanche una giornata e mezzo sono quasi finite! Mia madre aveva preso l’ultima per mia sorella e ha funzionato davvero dopo due e tre dosate!!!! E io che credevo che ci avessero ricamato sopra, invece no! Per prenderla mamma ha speso un  sacco di soldi ma sono serviti per guarirla.-
-È… interessante-
-Adesso molte persone credono che siamo ricche, che possiamo meritarci tutte le cose più costose, soprattutto i maschi. Ci ronzano attorno come se fossimo la “luce”. Un po’ è vero, hanno ragione a dire che non siamo proprio poveri, poveri, ma non siamo neanche poi così ricchi. Prendiamo le cose di cui abbiamo bisogno. Penso comunque che anche io proverò la tisana, forse potrebbe farmi male ma… chissenefrega! L’importante è provare ed essere sempre al meglio-
Non le dissi che quello che aveva detto era una vera e propria assurdità e che non aveva senso, avrei solo peggiorato la situazione e a quel punto non mi avrebbe più ascoltata.
E poi non glielo dissi perché fu impossibile perché non si zittì nemmeno per dieci secondi.
Era una cosa esasperante, era peggio di una radiolina.
-…Credo che mia sorella abbia sparso la voce nella sua classe, se no altrimenti come avrebbe fatto a saperlo pure il giardiniere? Mia mamma esce di casa solo per fare acquisti ma non parla mai delle sue cose private-
-Sì, lo so com’è fatta tua mamma-la interruppi, sperando che si zittisse.
Cosa che purtroppo non accadde.
-Adesso è impossibile che qualcuno non mi voglia, sia come amicizia sia in senso di fidanzamento o cose simili-
-Fidanzamento?-
-Sì- mi ammonì –Presta più attenzione Diana a quello che ti dico, non avere sempre la testa altrove…-
Feci uno sbuffo “Sì, certo” pensai tra me e me.
-…Non avrei potuto essere più felice di così, veramente,  quel giorno ero talmente onorata che stavo per mettermi a fare l’inchino a tutti anche se era solo una “recensione di gruppo”…-
Continuò a parlare per non seppi quanto, sapevo solo che già non ne potevo più di stare a sentire quello che diceva, certo, le notizie erano interessanti ma lei che si pavoneggiava e che faceva la civetta non era il massimo.
Anzi, era a dir poco insopportabile.
-Noi fortunatamente abbiamo finito la scuola da un anno perché i politici devono ancora venire da noi a distribuirci i nostri incarichi. Arriveranno dopo le prossime quattro stagioni, io vorrei che mi dessero il compito di Shiyan Storm! Sarebbe bellissimo essere una di loro, veramente! Si allenano ogni giorno per fare escursioni aldilà delle Isole Perdute e quelle di Pompei, loro sì che sono forti. I politici hanno anche detto che se la prossima sarà un annata favorevole e propizia ci testeranno per vedere quali sono i più adatti a diventare i futuri servizi segreti, di solito ne vengono scelti uno o due, scegliendoli con il libro del censimento-
-Lilhian, senti, ti devo dire una cosa…-
-Non vedo l’ora che sia Ottobre, il sei, mancano solo pochi mesi al mio compleanno e mia madre mi comprerà le Divin Wings, famosissime a Thorton, te invece compi gli anni ad Aprile e sei più fortunata, devi aspettare meno. Già, fortunata te, ma non credo che i tuoi si decideranno a prendertele, erano parecchio contrari o sbaglio? Va beh, non importa…-
-Ora basta! Stammi a sentire-le gridai
Si zittì e rimase a guardarmi fisso.
-Mi spieghi che hai? Non volevo dirti nulla perché pensavo ti sarebbe passata, ma invece non è così. Ultimamente ti comporti in un modo insopportabile, continui a cambiare discorso quando voglio dirti qualcosa, fai finta che io non esista, come se non fossi più tua amica ma un estranea, mi fai degli scherzi che  mi spaventano invece di divertirmi, mi giri al largo, quando ho provato ad avvertirti che il tuo comportamento non mi piace, parli di tutt’altro, sei tu che hai sempre la mente chissà dove quando ti parlo, non io con te, insomma spiegami, che cavolo ti succede? Mi odi adesso?!-
Continuò a tacere, con lo sguardo perso nel vuoto.
-Allora?-
Sembrava quasi indecisa e a me venne vogli di tornare ad urlarle contro.
-Quindi? Voglio una risposta-
Si morse il labbro nervosamente.
-Entro domani si intende, voglio una risposta entro il calar del sole, non ho molto tempo da perdere-
Aggrottò la fronte, sempre in silenzio.
Mi feci uscire un altro sbuffo, mi misi le mani sui fianchi e alzai il sopracciglio.
-Per l’amor del cielo Lilhian! Mi rispondi o devo cavarti le parole fuori dalla bocca a forza?-
-D’accordo, d’accordo- fece una pausa, abbassando lo sguardo –Quando Rick Broome aveva detto che gli piacevi e ti ha … ti ha baciata, mi si è rotto qualcosa, nel petto-
-Ti ho detto che mi dispiace non so quante volte! Io non…-
-Zitta! Lasciami finire tu adesso. Mi si è rotto qualcosa nel petto e ho capito che quel dolore era più forte di me, ma per un altro motivo, non per quello che mi dicevo. Quando ti ha baciata, non ero gelosa per Rick, ero…ero gelosa perché…. Perché… Perché stava baciando te, te! Ora capisci?!-
-Veramente no, volevi essere baciata tu?-
-No, non proprio. Non volevo essere baciato da lui. Volevo essere baciata da… te-
Ci rimasi talmente di sasso che per poco non mi soffocai perché mi si bloccò l’aria in gola e fu come se mi avessero dato una martellata in testa.
“Da me?” mi dissi, ancora incredula dalle parole che le avevo sentito uscire dalla bocca così in fretta e al rallentatore allo stesso momento e che mi ronzavano nella testa mille volte senza fermarsi mai.
Lei mi amava? Le piacevo io?
Mi sarei aspettata di tutto e di più ma questo proprio no.
Non mi aveva neanche sfiorata quest’idea.
Rimasi immobile, come se il mio cervello fosse in stand-by e non funzionasse più.
Riuscii solo a balbettare un –O-ok- che a malapena mi uscì dalla bocca.
Avevo la voce completamente strozzata in gola.
“Ma com’è possibile?” Insomma, non sembrava mai stata attratta dalle donne! Aveva avuto un fidanzato sin da piccola!... Aveva anche dato il primo bacio!...
Fin da piccole eravamo state amiche, fin da piccole e non aveva mostrato segni di certi apprezzamenti.
Tutto questo pareva non avere senso.
Non ne aveva assolutamente.
Sbattei più volte le ciglia e stavolta fui io ad abbassare lo sguardo.
-Penso che non dovremmo essere più amiche-disse lei cercando di formulare la frase in modo meno tagliente di come avrebbe potuto essere
Mi venne, al posto di una risposta, una serie di gorgoglii profondi.
-Non posso essere solo amica di qualcuno che mi piace, non sono così masochista e forte da poterlo fare. So quando è una battaglia persa e so quando una non è come me, non so come tu la pensi ma … stavolta non mi importa, questo…questo è un addio-
Mi squadrò per due o tre secondi, poi girò i tacchi e se ne andò, sparì nella nebbia.
Con la fronte aggrottata e la bocca semi-spalancata fissai l’asfalto per qualche minuto.
Com’era possibile che parte delle amicizie e dei legami, per quanto forti, finivano male?
Andavano storto e basta, solo con i miei genitori non era così, i miei amici avevano sempre qualcosa contro, mi invidiavano chissà per quale motivo, mi pensavano una sciocca vanitosa, e… addirittura… mi amavano quando io non corrispondevo.
Volevo loro bene, questo sì, ma amare…
Non sapevo ancora come fosse l’amore! Cosa potevo farci?
Sentii la pioggia iniziare a bagnarmi i capelli, purtroppo non avevo portato l’ombrello.
Anche se volevo andarmene non riuscivo a muovermi, ero paralizzata, come se mi avessero lanciato una scarica elettrica.
Come se la mia mente non eseguisse più i miei comandi.
Scossi la testa soltanto e starnutii.
I miei vestiti furono già zuppi nel giro di qualche minuto e i miei capelli fradici.
La pioggia cadeva a dirotto, le nuvole nere si estendevano nel cielo , sostituendosi alla nebbia, anche se essa rimase parzialmente.
Dopo altrettanti minuti riuscii finalmente a riprendermi e iniziai a correre a rotta di collo verso casa mia.
Tornai allo Stendardo d’Argento, andando in direzione del Decumano Sud.
Davanti ad esso c’erano quattro figure incappucciate, più una che era seduta su un pezzo di marmo e mi squadrava con fare sospetto.
Incrociai quello sguardo per un attimo, un solo attimo e vi trovai qualcosa che non seppi interpretare.
Freddezza, rabbia e sorpresa vi erano sicuramente.
Ma c’era anche qualcos’altro.
Decisi di non farci particolarmente caso, avevo talmente tante cose sparse per la testa che si mise quasi di lato da sola.
Li evitai e i cinque non opposero resistenza alcuna.
Arrivai velocemente a casa mia ed entrai, chiudendo la porta con una catena.
Papà era ancora seduto a tavola, pronto per pranzare ma si alzò talmente di scatto che sembrò per un secondo che fosse seduto su una molla.
La sedia cadde all’indietro e il tavolo si spostò leggermente, facendo muovere la bottiglia d’acqua che per poco non si fracassò per terra.
-Oh mia Luce! Raggio di Sole! Vai ad asciugarti, oppure ti prenderai un malanno!-
Tossii, annuendo.
Lui si avvicinò a me e mi spinse ad andare in bagno.
-Avresti dovuto tornare appena iniziava a piovere, mi stavo preoccupando quando non ti vedevo arrivare, soprattutto perché il tuo ombrello era in camera tua-
-Diciamo che …non ho sentito quasi la pioggia-dissi in una mezza risata finta che non parve convincerlo affatto.
Facevo schifo come bugiarda, ecco perché.
-Forza, io ti porto qualcosa con cui cambiarti-
Io entrai in bagno e lui sparì per un attimo.
Mi tolsi le scarpe sporche di fango e terriccio e i pantaloni jeans inzuppati, poi procedetti con la maglia di cotone.
Rimasi pochissimo tempo in canottiera e intimo, poi Liam entrò e mi porse i vestiti di ricambio.
Aspettai che lui uscisse, poi mi tolsi il resto e mi cambiai velocemente, dopodiché afferrai un asciugamano e me lo misi sulla testa, iniziando a sfregare con forza per togliervi l’acqua.
-Diana?- mi chiamò da dietro la porta papà.
Rimasi in silenzio per un attimo.
-Ti devo dire una cosa importante, si tratta di tua madre- la sua voce fremette per un attimo
-Cosa?-chiesi, poi cercai di formulare meglio la frase –Che tipo di cosa?-
-Beh, lei è incinta-disse, senza giri di parole –Tra otto mesi avrai un fratello o una sorellina-
Sollevai il sopracciglio per la sorpresa
-Saremo una vera famiglia ora- disse-…Cosa ne pensi?-
Feci per parlare ma non iniziai neanche perché ci fu un enorme botto che attirò la mia attenzione, soprattutto perché proveniva dalla porta principale.
Uscii alla svelta dal bagno e io e papà ci dirigemmo in salotto.
La porta era stata calciata con forza.
Davanti a noi c’erano tre creature orrende, una aveva la pelle violacea, con una mazza in mano e un lungo mantello nero che per poco non sfiorava il terreno di cui il cappuccio era gettato all’indietro e mostrava la testa rasata con dei segni strani, ad esempio Œ e ¶.
La seconda era fortunatamente incappucciata, ma senza una mano e con un piccone legato alla schiena.
Aveva una delle due gambe di un metallo luccicante che pareva  essere stata sostituita alla normale.
Il terzo non aveva il cappuccio ma una tunica grigiastra si mostrava da sotto il mantello, la sua pelle era screpolata, tendente al marrone e i lineamenti del viso erano derivati dalle ossa sporgenti, teneva un’ascia su un fianco.
Tutti e tre avevano gli occhi rossi e puzzavano di fogna.
Indietreggiai per un attimo, tornando verso il bagno e toccandone la maniglia con nervosismo.
Loro invece avanzarono di un passo, poi due, poi tre…
-Diana Cathy Swanlight?-
“Sanno il mio nome?” mi chiesi, stringendo sempre di più la maniglia.
-Che cosa volete?- disse Liam con freddezza
I tre demoni si avvicinarono sempre di più e dalla porta si udirono altri passi.
Ne entrò un altro, aveva due corna ai lati della testa e un corpo massiccio, la pelle rossa e gli occhi uno giallo ed uno viola.
In mano teneva una sciabola e la stava agitando nervosamente.
-Siamo venuti per la ragazza- fece una pausa –Fatti da parte o…-
-Cosa volete da lei- lo interruppe
Ci fu un brontolio sommesso che parve una risata –La sua vita- rispose quello con la pelle rossa con un sorriso malefico mentre, un gorgoglio profondo si diffuse nella sua gola
-Perché- domandò di rimando
Il demone rise e papà mi si piazzò davanti con fare protettivo
-Perché?!- ripeté guardandolo negli occhi
Il demone parlò ma non si sentì nulla perché un altro fece cadere quasi apposta la bottiglia d’acqua che si ruppe rumorosamente.
-Cosa?-dissi
-Noi non ripetiamo, ora andiamo al dunque-
-Vi sarete sbagliati-disse papà
-Nessuno sbaglio-ribatté il demone con uno sguardo fiero e fermo
-Andatevene- gridò lui
Il mostro prese Liam per la maglia e lo scaraventò sulle scale.
Ci sbattè e svenne, stordito.
I quattro demoni si avvicinavano e tentando di fuggire, mi rifugiai nel bagno e mi ci rinchiusi, bloccando la serratura con le mani che tremavano dalla paura.
Come risposta, essi buttarono giù la porta e per poco non mi finì in testa, riuscendo per un pelo a evitarla.
I mostri la calpestarono rumorosamente e urlai quando un dito gelido e allo stesso tempo bollente mi sfiorò la pelle e la forò, attraversandola.
Pareva quasi metallo.
Sudavo, sentivo come se mi stessero entrando dentro per rubarmi l’anima e per svuotarmi con un enorme cucchiaio.
Gridai, mi sentivo vibrare e alla fine un enorme luce esplose nel bagno, i demoni caddero praticamente tutti a terra.
Il quarto era ancora lì, pronto ad avanzare anche se un po’ rallentato.
Stringeva la sciabola nella mano sinistra mentre l’altra era concentrata a coprirsi gli occhi.
Poi la luce svanì e il demone continuò ad avanzare, imperterrito.
Mi toccò ancora e mi sentii invadere da un ondata di nausea e  stanchezza che mi fece rizzare i capelli.
Iniziai a vederci appannato, sempre più appannato, come un vetro nella nebbia.
Però tutte queste sensazioni svanirono in un lampo quando dalla porta entrò un uomo che fece smettere di toccarmi al demone.
Aveva i capelli verdi e gli occhi arancioni, un viso adulto, dei muscoli ben in vista e… delle ali bianchissime e candide dietro la schiena.
Tirò fuori dal fodero una spada dai riflessi oro e dall’impugnatura tendente al marrone chiaro e la sbattè sulle carcasse dei demoni che ero riuscita a far cadere ed essi si polverizzarono.
Il demone dalla pelle rossa emise un verso che tralasciava rabbia e odio.
-Vattene o farai la stessa fine dei tuoi compagni- disse con voce sicura e trasparente l’uomo
Non riuscivo a decifrare bene cosa stesse succedendo, il mondo sembrava essersi capovolto tutto in una volta.
-Me la pagherai …- ribatté il demone con voce sibilante –Puoi starne certo-
L’essere rotò su se stesso e scomparve nel nulla.
L’uomo mi fissò un’attimo-Stai bene?-mi chiese
Con il corpo ancora tremante mi ressi in piedi, dirigendomi verso il salotto e sedendomi sul divano.
Una volta seduta, annuii e rimanemmo in silenzio.
Avevo moltissime domande che mi vorticavano nella testa come un vortice, forse perché il mio mondo era stato tutto sconvolto in un solo giorno.
-Chi sei?-chiesi, ricordandomi ad un tratto di respirare-Cosa vuoi da me? Chi era …quello? Cosa voleva ottenere?-
-Una domanda alla volta per piacere- disse con un sorriso
Mi scusai ed abbassai lo sguardo.
-Il mio nome è Morgan, sono il custode a cui è stata affidata l’incolumità dei sei elementi, quello che ti ha aggredita era un demone di nome Idrasi, uno dei principali demoni mandati nel Triangolo Oscuro all’epoca della guerra-
Mi ricordai del mito che mia madre mi aveva raccontato, si diceva che Idrasi fosse un capo demone dai poteri superiori rispetto a quelli degli altri e che era stato mandato nel Triangolo perché, spietato assassino, aveva scelto la parte del male e della distruzione della terra… ma questo cosa centrava? Era un mito… no ?
-E cosa centro io?- chiesi- Perché volevano uccidermi?-
-Volevano ucciderti perché… tu sei l’elemento della Luce, sono al tuo servizio- egli si inchinò, togliendosi il mantello.
  
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