Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
Ricorda la storia  |      
Autore: AlsoSprachVelociraptor    24/12/2016    1 recensioni
"Josuke strinse la lattina di birra che aveva in mano e la allungò verso Koichi. –Ne vuoi? Ti servirà taaanto alcol stasera, te l’assicuro.-
-Che cosa intendi?- rispose Koichi, rifiutando la lattina con un gesto quasi scocciato. Josuke si lasciò scappare un sorrisetto e bevve un sorso di birra. –Che qualcuno ha deciso di chiamare tutta la combriccola, stasera. E per qualcuno intendo le donnine là infondo.-
Indicò Yukako e Okuyasu con un cenno della testa.
-Tutta la combriccola? In che senso?-
-Vedrai.-"
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Josuke Higashikata, Okuyasu Nijimura, Rohan Kishibe, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Non erano nemmeno cinque minuti che camminavano e Tamotsu stava già iniziando a fare storie. Mugolava sottovoce, stringeva la sua mano, tirava il giaccone e tirava su col naso rumorosamente.
-Koi, soffiagli il naso.- disse Yukako, stringendo la mano di Manami, la bimba biondo scuro avvolta nei cappotti. Koichi annuì, prendendo il bambino da sotto le ascelle e alzandolo di peso, stringendoselo al petto. Gli occhi blu del bambino, così simili a quelli di Koichi, tornarono a sorridere. Abbracciò suo padre e Koichi fece per tirarlo indietro. Adorava essere abbracciato da suo figlio minore, ma non quando indossava il cappotto nuovo e il naso di suo figlio gocciolava di muco.
Yukako gli passò un fazzoletto di carta e Koichi lo appoggiò sul viso del figlio, stringendogli delicatamente il naso. –Soffia Momo, da bravo- sussurrò. Tamotsu obbedì e Koichi gli soffiò il naso, pulendogli le guance arrossate dal freddo, e lo abbracciò, stringendolo a sé.
Yukako camminò davanti al marito ed entrò nel giardino della famiglia Higashikata. Come al solito, era sgargiante di fiori ed erba verde smeraldo, anche se era inverno e il clima era stato rigido e piovoso.
Si parò davanti alla porta e suonò il campanello, rimanendo ad aspettare impaziente che aprissero loro. Manami saltellava al suo fianco, tutta impaziente.
Okuyasu aprì la porta e li accolse con uno dei suoi grandi, calorosi sorrisi. Aveva i lunghi capelli argentati sciolti, e quelli sulla fronte tirati indietro con una treccina nera. Incurante del freddo, portava una polo rossa a maniche corte e i soliti, vecchi jeans strappati dal tempo. Afferrò Yukako e la abbracciò con forza, ridacchiando felice. Yukako si fece abbracciare dall’amico, rivolgendogli un mezzo sorrisetto imbarazzato. Manami si lanciò su Okuyasu appena si staccò da Yukako, e lui la prese tra le proprie braccia, abbracciandola e tenendola in braccio. –Ciao! Entrate, non rimanete lì a gelare!-
Yukako e Koichi seguirono Okuyasu dentro la villa degli Higashikata, guardandosi attorno. Non era di sicuro la classica villa giapponese: c’era un grosso albero di natale in sala, ricoperto di palline e lucine di tutti i colori, e diverse decorazioni erano appese lungo travi e corrimano delle scale. Il camino era acceso, spargendo nella grande sala un calore e una luce tipicamente natalizia.
Si tolsero le scarpe e si incamminarono nella grande sala centrale, sfilandosi i cappotti e ciabattando stancamente a osservare l’albero. Era grosso, verde e pieno di luci e colori. Koichi accompagnò i suoi due figli a osservare l’albero, mentre Yukako rimase sulla soglia della cucina a parlottare col suo migliore amico. Lì era presente anche la madre di Josuke, Tomoko, e tutti e tre si misero a parlottare tra loro, ridacchiando e sussurrando. I bambini raggiunsero l’albero con gli occhi pieni di meraviglia, correndogli attorno estasiati. In Giappone non si vedevano spesso decorazioni del genere, e i bambini le adoravano. Koichi li seguì un po’ contrariato, ma non poteva fare altro.
-Sembri un manichino al centro commerciale. Un po’ infreddolito?-
Josuke si alzò dal divano vicino all’albero e gli camminò incontro, senza fretta come al solito. Amava farsi aspettare.
-Sembri quasi elegante, che ti è successo?- ridacchiò Koichi osservandolo. Josuke divenne rosso in viso e aggrottò le sopracciglia, le flebili lentiggini sulle sue guance ancora più visibili man mano che arrossiva, forse per rabbia o forse per vergogna.
Coi capelli completamente tirati indietro e fissati piatti col gel e la barba tagliata cortissima, sembrava un’altra persona, e non il solito, aggressivo Josuke. Solo un paio di riccioli si ribellavano al gel, ricascandogli sulla fronte.
Si lisciò la camicia a maniche corte e a fantasia discutibile e sospirò, sviando lo sguardo.
-Oku e mia madre hanno insistito… quanto li odio.- borbottò a bassa voce, digrignando i denti.
Koichi si sedette sul divano, il suo amico al suo fianco, che continuava a bere rumorosamente la sua lattina di birra. Era addirittura più adirato del solito.
Il campanello suonò, e Josuke imprecò sottovoce, fissando la televisione con sguardo torvo.
Una bassa donna di mezza età dai capelli castani raccolti, un ragazzo con una alta e liscia coda di cavallo castana e una ragazzina bionda entrarono, accolti da Okuyasu con un abbraccio. -Jos!- gridò Okuyasu verso il marito. –Chiama Shizu! Sachi è arrivata!-
Josuke si alzò in piedi e barcollò fino alle scale, ma non fece in tempo ad urlare che la piccola Shizuka si palesò sulla scalinata. Si appoggiò al corrimano e scivolò giù, arrivando ai piedi del padre, adorabile come sempre. Si lisciò la gonnellina e sorrise a Josuke, che in risposta le aggiustò gli occhiali dalle pallide lenti colorate sul naso, con un sorrisetto sulle labbra. I capelli corvini erano chiusi in una treccia, la camicetta a maniche corte e la gonnellina svolazzante la faceva sembrare anche più giovane di quanto non fosse in realtà. Salutò Koichi con un sorrisone e corse incontro all’amica all’ingresso, che ancora si stava togliendo la giacca. Iniziarono a chiacchierare a voce alta, abbracciandosi e saltellando un po’ assieme, quasi correndo verso le scale.
-Ehi, voi due!- gridò il ragazzo, seguendole. –Non salutate nemmeno?-
La ragazzina bionda si fermò davanti a Koichi e Josuke, con un sorrisino timido. Aveva gli occhi blu scuro e i capelli biondi e mossi, lunghi fino alle spalle e raccolti in un’alta coda di cavallo, similmente al fratello maggiore. Come lui aveva delle lunghe ciocche che gli ricadevano ai lati del viso, incorniciando quei tratti fin troppo familiari. Un brivido percorse la schiena di Koichi, con quegli occhi felini a scrutarlo.
-Ciao Sachiyo!- disse Koichi, deglutendo e cercando di dimenticare quelle brutte idee che gli erano passate per la testa. La ragazzina sorrise, abbracciandolo.
Hayato gli si affiancò, le mani nelle tasche, mentre Josuke gli dava un leggero buffetto sulla schiena con la grossa e pesante mano, salutandolo amichevolmente ma facendolo tossire dal dolore.
-Tua sorella cresce sempre di più- osservò Josuke, dando qualche patta sulla testa bionda della ragazza, che si ritrasse un po’. Shizuka rise, fin troppo abituata ai modi pesanti del padre.
Hayato annuì sommessamente, con un sorriso amaro sulle labbra. –Gli assomiglia sempre di più.-
Le ragazze si scambiarono qualche altro commento sui rispettivi vestiari e corsero su per le scale, iperattive come sempre. –Pa’, noi andiamo in mansarda a giocare con la play!- gridò Shizuka, accompagnando l’amica. Josuke annuì e si rituffò sul divano, schiacciato contro al bracciolo, così che i tre uomini potessero sedersi, anche se lui da solo occupava metà del posto disponibile. Hayato e Koichi si schiacciarono dall’altra parte del divano, decisamente più minuti e bassi di statura del gigante che era Josuke. Tutti e tre si misero a guardare la televisione muta, in un silenzio quasi religioso. Nessuno osava davvero fiatare, aggiungere parole a quelle già dette, tanto dolorose da riaprire ferite vecchie quindici anni. Josuke si portò una mano alla coscia sinistra, premendo le dita sulla grossa cicatrice che gli passava la gamba da parte a parte, tutto ad un tratto dolorante.
Il campanello suonò ancora, e Josuke grugnì ad alta voce, infastidito.
Un forte accento straniero invase la sala, e Koichi sorrise agli amici. –Oh, è arrivato Tonio!-
L’uomo era alto e dai tratti nettamente occidentale, pelle olivastra e capelli castano chiaro che stavano lentamente virando verso il grigio, grandi occhi verde acqua vispi che scrutarono l’interno della villa Higashikata. Salutò con un ampio gesto della mano e spinse dentro la casa la carrozzina. La donna dai lunghi capelli castano scuri seduta su essa salutò a sua volta, più timidamente.
-Oku, sei cresciuto così tanto!- squittì, tutta sorridente, aprendo le braccia. Okuyasu si piegò su di lei e l’abbraccio, rivolgendole un sorrisone. –Beh, Virginia, sono passati quindici anni…- disse Tonio a voce bassa, con calma.
-Eri un ragazzino alto così.- mimò lei.
–E ora sono un uomo alto così-
Okuyasu si portò una mano alla fronte e rise, facendo ridere tutti nella sala. Tonio si voltò verso il trio seduto sul divano e salutò con entrambe le mani, tenendo la grossa busta della spesa nell’incavo del gomito.
-Tonio! Cos’hai portato di buono?- ridacchiò Koichi. Tonio si portò un dito sulle labbra. –Segreto. Dopo lo scoprirete, ve lo prometto! Sarà una grande sorpresa!-
Spingendo la carrozzina della moglie, si incamminò nelle cucine, lasciandoli di nuovo soli.
Nemmeno un sospiro e il campanello suonò ancora. Josuke grugnì ancora, e Koichi si voltò nella sua direzione. –Devi fare così tutte le volte?-
-Sì- borbottò lui, contrariato. Hayato scoppiò a ridere. Nessuno andò ad aprire, e il campanello suonò ancora, impaziente. Pesantemente, Josuke si alzò, seguito dai due amici. –Jos, vai ad aprire!- gridò Okuyasu dalla cucina.
Aprì la porta e venne investito dall’aria gelida del freddo dicembre di Morioh. E di gelido, non c’era solo il vento invernale.
-Ti sposti e mi lasci entrare? Sembri un gorilla imbellettato. Grosso, ridicolo e peloso.-
Josuke fece un passo indietro, le braccia strette al petto e un’espressione di puro odio sul viso rosso di rabbia. Rohan Kishibe fece il suo ingresso nella villa, stretto nella lunga, troppo lunga pelliccia di pelo lucido e bianco che strisciava sul parquet della casa. La pelliccia era talmente lunga da farlo inciampare di tanto in tanto: era evidentemente fatta per una persona più alta del suo scarso metro e settanta. Ma Rohan non era tipo da ammettere di non arrivare nemmeno alla spalla di Josuke.
Si sfilò la pelliccia e la porse a Josuke, lisciandosi i capelli scuri. –Mettila a posto. In un luogo sicuro, che non si stropicci, e forse ti darò la mancia. La vuoi la mancia, garzone?-
-Mancia!?- ringhiò Josuke, imbestialito. –Sono caporeparto di traumatologia! Ho una Lamborghini! Vivo in una villa!-
-Ben per te.-
Gli voltò le spalle e si girò ad osservare Koichi, con uno strano sorriso. –Ah, Koichi-kun. Che bello vederti qui, in questo covo di pazzi. Cosa ti ha spinto in questa trappola?-
Koichi deglutì e tentò di sorridergli. Rohan non era cambiato, benchè fossero quasi passati vent’anni dalle avventure del 1999. A Koichi sembrava fosse passato un millennio intero. Addirittura ancora la stessa pettinatura, la stessa pelle pallida e liscia di quando aveva vent’anni. Koichi un po’ lo invidiò. Sembrò che il tempo, per lui, si fosse fermato a quei giorni.
-Noi e gli Higashikata ceniamo sempre assieme, a Natale- rispose Koichi, a voce fin troppo bassa.
Rohan perse interesse in lui e annuì, lisciandosi il maglione pieno di buchi sul petto. –Se ti piace così tanto.-
Si fermò anche a salutare Hayato, stringendo la sua mano nella propria.
-Allora, Hayato, come va?-
Il ragazzo annuì, decisamente a disagio assieme a Rohan. –Bene… credo… ora faccio il giornalista per la rivista locale di Morioh.-
-Sempre a cercare notizie tu, eh?-
Hayato annuì. Era diventato pallido, non riusciva a parlargli quasi. Koichi corse in suo soccorso, invitando Josuke a fare lo stesso. Però lui rimase immobile sulla soglia, negando con la testa. Non mi avvicino a quell’essere, fu la sua muta risposta. E Koichi non seppe dargli torto.
Josuke stava per chiudere di nuovo la porta d’ingresso quando sentì qualcosa sbattere contro il legno. Aprì di nuovo la porta e si ritrovò un uomo che si massaggiava il naso, accompagnato da tre donne.
-Yu!- esultò Josuke, sfoderando un sorrisetto. Yuuya entrò seguito dalle sue tre fan, abbracciando Josuke. –Amico! Quanto tempo!-
Salutò calorosamente Koichi e lui ricambiò. –I bambini hanno adorato la torta che hai preso loro, Yu.- disse Koichi. Yuuya annuì felice, quando venne investito dalle due pesti di Koichi e Yukako. L’uomo li prese in braccio entrambi, facendoli saltellare tra le proprie braccia. –I miei demonietti preferiti!- ridacchiò. Akemi, la donna coi capelli rossi, prese in braccio il piccolo Tamotsu, e gli offrì una caramella che nascondeva nell’ampia gonna.
Koichi si fidava a lasciare i suoi figli con quelle quattro strane persone. Yuuya aveva trovato lavoro al salone di bellezza “Fairy Godmother Aya”, fondato da sua moglie Yukako. Da allora, erano passati ormai nove anni, gli Hirose si erano ormai abituati alla spavalderie di Yuuya e delle sue tre donne, che insistevano a seguirlo ovunque.
Yuuya si spolverò della neve dalla spallina della giacca e Manami gli tirò la giacca, gridandogli contro, fin troppo esaltata. –Nevicaaa?- gridò con vocina acuta.
-Sì principessa, ha iniziato a nevicare proprio mentre stavo venendo qui in moto! Che casino!-
-Voglio vedere la neve!- gridò il piccolo Tamotsu, agitandosi tra le braccia di Akemi.
-Koichi, va bene se usciamo a far giocare i bambini con la neve prima di cena?- chiese educatamente Reiko, la donna alta dai lunghi capelli neri e la pelle scura. -Per l'ora di cena ce ne andremo però. Nel frattempo possiamo tenere i bambini. Yukako ci parla così tanto di loro, a lavoro!- Prese Manami per mano e lei sorrise, saltellando felice.
-Va bene- sospirò Koichi, lasciando che le tre portassero sul cortile sul retro della villa i suoi due figli. –Ma fate i bravi e copritevi!-
Manami, la più grande, sbuffò e tirò Reiko per il braccio. Akemi la seguì con Tamotsu in braccio, e Yoshie si chiuse la porta che dava sul cortile alle spalle.
Yuuya si sbattè le mani sulle braccia intorpidite, ridacchiando.
-Mi piacerebbe mettermi vicino al fuoco! Venire in moto fin qui è stato tremendamente gelido!-
Tornarono tutti in sala, tranne Josuke. Okuyasu si era precipitato all’ingresso, sbattendo il mestolo sul petto del marito. –Rimani qui e apri agli ospiti! Ne mancano pochi ormai, e io non posso aprire la porta, sto cucinando!-
Josuke annuì un po’ annoiato e gli passò un braccio dietro alla vita, schioccandogli un bacetto sulla fronte. Okuyasu gli sorrise, gli diede un lieve bacio sulla guancia e tornò in cucina, lasciandosi dietro di sé un Josuke decisamente meno nervoso.
Quando si voltò verso la porta ancora semiaperta, notò una figura pallida ad aspettarlo nel buio. Aprì appena la porta e si trovò davanti Mikitaka, a fissarlo. Josuke fece un balzo indietro e deglutì spaventato. –Miki! Mi hai spaventato, che cazzo fai!?- gridò lui, e l’alieno entrò in casa con fin troppa lentezza. Alzò un braccio e questo mutò forma, trasformandosi in un mestolo. Lo appoggiò sul petto di Josuke e alzò lo sguardo su di lui, tornando a sorridere. –Così si festeggia il Namale?-
-Natale- sbuffò Josuke, scostando il mestolo con un gesto stizzito. –E no. Era solo Oku che- lascia perdere…-
Fece per chiudere la porta ma sentì un forte toc, seguito da un gracchiare. Hazamada spalancò la porta, scagliandosi contro Josuke. –Maledetto titano, cos’è, sei troppo grosso per vedermi?- urlò lui, scostandosi i capelli dal viso e mostrando la fronte arrossata. –Guarda cosa mi hai fatto!-
Josuke alzò le spalle e si mise le mani in tasca, disinteressato.
Mikitaka gli si avvicinò ancora, tentando ancora di imitare i movimenti di Okuyasu prima, ma Josuke riuscì a intercettarlo prima che potesse fare qualsiasi azione. Lo prese per il polso e lo spinse contro Hazamada, con la sua solita, caratteristica poca delicatezza. –Tieni, portatelo in sala. Ci sono tutti gli altri. E non fargli baciare nessuno in onore del namale, per l’amor del cielo.-
Mikitaka saltellò dietro Hazamada, imbestialito come al solito.
-Buona serata, amici umani!- squittì lui, piazzandosi proprio davanti al grosso televisore degli Higashikata. –Cosa si festeggia in questa così gioiosa serata?-
Il silenzio calò tutto ad un tratto nella sala. Unanime si voltarono verso la porta, rimanendo ad osservare Josuke, che si accorse di essere osservato. Si voltò di scatto e tornò rosso peperone in viso, quasi ringhiando loro incontro. –Cosa!?-
-Tu lo sai cosa si festeggia oggi, no? Sei il più… occidentale, no?-
Digrignò i denti e sbuffò con forza, senza però andarsene.
-Solo perché sono mezzo occidentale non vuol dire che debba per forza saperlo.-
-Ma lo sai, no?- insistette Rohan. Josuke si morse il labbro inferiore e abbassò lo sguardo, come un leone frustato in un circo. –La nascita di Cristo, tipo… non lo so, sono agnostico, va bene?!-
Il silenzio rimase, i giapponesi presenti non capirono una parola di quello che Josuke disse.
Koichi tornò a voltarsi verso Mikitaka, sorridendogli. –Si festeggia l’unione tra le persone- tagliò corto. Josuke tentò di controbattere ancora, ma venne prontamente zittito da sguardi ben poco felici.
Mikitaka si sedette vicino a Yuuya, sul grosso divano su cui ora stavano ben in quattro, e c’era molto altro spazio. Rohan si sedette sulla grossa poltrona vicino al camino, sprofondando in essa, i braccioli tanto alti che gli arrivavano sopra le spalle. –Perché prendere una poltrona così gigantesca?-
-Perché un gigante ci si possa sedere su, suppongo- borbottò Hayato, accavallando le gambe e sbadigliando. –E se è davvero la sua, mi sa che è meglio se ti alzi da lì…-
Rohan guardò di striscio Josuke, appoggiato alla porta di legno d’ingresso, sguardo torvo e larghe spalle contratte, e non ebbe voglia di ricevere altri pugni da quelle mani che, in quindici anni, si erano fatte forse fin troppo grosse per lui. Deglutì e si alzò in fretta dalla poltrona, andandosi a sedere sul bracciolo del divano addobbato a festa a sua volta.
-Manca ancora qualcuno?- fece Josuke, tornando nella sala. Sorrise debolmente quando trovò la propria poltrona vuota, e ci si buttò sopra senza troppe parole, prendendo nel frattempo un’altra lattina di birra dal tavolino di vetro tra la poltrona e il divano. Josuke allungò una lattina di birra, e Yuuya la prese, ringraziandolo.
-Tamami Kobayashi, ma lui non… può venire.- disse Koichi alla svelta, allargandosi il colletto della camicia. Josuke e Yuuya ridacchiarono sottovoce.
-Cosa gli è successo?- chiese Hazamada, seduto sull’altro divano vicino al primo. Koichi non rispose subito. Abbassò lo sguardo e cercò le parole, masticando l’interno della propria guancia. –Ha chiesto cose sbagliate alle persone sbagliate.-
-Ancora quelle avance a tua madre?-
Koichi annuì. –Mi spiace, è finito tutto ad un tratto a terra… come spinto da una gravità invisibile…-
-…e poi all’ospedale gli hai sputato nella flebo!-
Tutti scoppiarono a ridere, e per poco Yuuya non spillò birra dal naso per quanto si stava sbellicando.
Un profumino avvolse la sala, e Okuyasu si presentò sulla soglia, con un grembiulino rosso a coprirgli le gambe. –È pronto il cenone! Sbrigatevi, o si raffredda tutto!-
 
Shizuka affondò i rostri della forchetta nella strana cibaria, alzandola e tenendola sollevata davanti al naso, annusandolo. Era un fagotto di pasta gialla, vagamente arancione, dall’odore dolciastro, sporco di sugo. –E questo che sarebbe?- chiese. Okuyasu, seduto al suo fianco, negò e ne mangiò uno, masticandolo lentamente. –È dolce…-
Tonio si sporse sul tavolo, indicando la forchetta della ragazzina. –È un tortello di zucca! Una specialità italiana, e la ricetta è quella originale di La Bassa!-
Shizuka ne morse un pezzo, e sgranò gli occhi. –È davvero buonissimo!-
Tonio sorrise tutto compiaciuto e riprese a mangiare, guardandosi intorno e stringendo la mano della sua Virginia. –È bello ritrovarsi qui tutti assieme- disse.
-Sono passati esattamente quindici anni da quando ci siamo conosciuti. Così abbiamo deciso di festeggiare tutti assieme… e l’unica casa abbastanza grande per ospitarci tutti era quella di Josuke e Okuyasu!- Disse Koichi. Alzò il bicchiere di vino. –Abbiamo perso tanto, ma abbiamo acquistato anche di più, una vita nuova, migliore, amici, amore, famiglia…. All’estate del 1999!-
-Cin cin!- gioì Tonio, brindando con il calice colmo di vino rosso.
Okuyasu prese una bottiglia di soda e la versò nei bicchieri di sua figlia, Sachiyo Kawajiri e i due giovani Hirose, ancora minorenni, per finire col proprio calice. Brindò con la figlia e sorseggiò tranquillamente la sprite.
-Non bevi nemmeno quest’anno?- chiese Josuke, appoggiandosi con la spalla alla sua e spingendolo scherzosamente. Okuyasu negò, bevendo ancora e sorridendogli. –Lo sai che sono astemio. Al contrario di te, che sei già al terzo brindisi di fila…-
Josuke ridacchiò e alzò ancora la bottiglia di vino, versandosi altro vino. –A Okuyasu che non si sbronza mai! E a me, che me lo sono anche sposato!-
Bevve tutto d’un sorso e si piegò di nuovo su Okuyasu, schioccandogli un bacetto umido sulla guancia. –Ora sono quattro, di brindisi di fila.-
-Ma ci pensate?- gridò Yuuya contento. –Sono quindici natali che ci conosciamo! È incredibile!-
-I namali sono unità di misura?- chiese Mikitaka, sorridendo inconsapevole.
Tomoko e Shinobu fecero il loro ingresso nella sala del grosso tavolo, portando pentole fumanti e vassoi pieni di prelibatezze.
-Il sushi a Natale?- bofonchiò Hazamada, venendo crudelmente pungolato con una gomitata alle costole da Yuuya. –È tempura, imbecille!-
Tutti attorno alla lunga tavolata, riaffiorarono i ricordi di quindici anni prima.
 -Vi ricordate la prima volta che siamo entrati nella casa di Oku?- ridacchiò Yukako, bevendo un altro bicchiere di vino. –Credevamo ci fossero gli spiriti!-
-Forse ci sono davvero- borbottò Okuyasu, lo sguardo basso e fisso sul nulla. –Di notte si sentono scricchiolii e voci…-
Tutti rimasero immobili, con gli occhi sgranati dalla paura. Alzò la testa e scoppiò a ridere, guardando le espressioni attonite dei presenti. –Sto scherzando! Forse.-
Josuke gli tirò una forte gomitata, e Okuyasu si sputò addosso dell’alga.
-Smettila, lo sai che ho paura di queste robe!-
Tutti risero di nuovo.
Hayato rimase in disparte e silente per la maggior parte del tempo, guardandosi intorno sorridente. –Ehi, tutto bene?- gli chiese Koichi, seduto di fronte a lui. Hayato rimase ad osservare la madre e Tomoko ridacchiare di gusto, tra un bicchiere di vino e l’altro, e si lasciò scappare un sorrisetto amaro. –Quella tremenda estate ci ha uniti così tanto…-
Koichi annuì, guardandosi intorno. –Quell’estate, mio padre morì. Sono già passati quindici anni. Eppure… siamo tutti qui, a ridere e scherzare…-
-Josuke ha perso il nonno- sussurrò Koichi, rimanendo a fissare le reazioni sconcertate di Hayato. -…proprio quella primavera. Qualche settimana dopo, morì il fratello maggiore di Okuyasu. Shizuka venne abbandonata, i genitori di Yukako divorziarono… sono successe tante cose brutte, quell’estate. Ma guardali. Guardaci. Non fu tutto negativo, però.-
Koichi gli sorrise, e Hayato si lasciò scappare un sorriso. –Ho anche una sorellina, ora. E mia madre è finalmente… serena.-
Rimasero entrambi a osservare tutta la gentaglia che era seduta assieme a quel tavolo. Rohan a capotavola, il tovagliolo nel bavero dello strano maglione colorato mentre puntava le bacchette verso i vari commensali, alla ricerca come al solito di litigi. Shizuka seduta sulle gambe di Josuke, la sua grossa mano attorno alla sua minuscola mentre la aiutava a tenere in mano le bacchette, tanto difficile per una ragazza sempre vissuta negli Stati Uniti. Tonio e Okuyasu chiacchieravano di nuovi piatti da servire, ricette da scambiarsi, idee per rinnovare gli spazi della Trattoria. Yukako, Virgilia e Yuuya parlavano di nuove pettinature, mentre Yukako mostrava fiera la rasatura a forma di lampi sulle tempie di Yuuya e Virgilia rideva divertita.
Sachiyo e Hazamada facevano boccacce e smorfie ai piccoli Tamotsu e Manami, che ridevano a squarciagola. Mikitaka a un certo punto divenne un palloncino, suscitando grasse risate dai bambini e gridolini di spavento da quelli che non sapevano chi o cosa fosse Mikitaka.
Era vero, la vita era migliorata.
-Credo tu abbia ragione, Koichi. Grazie.-
 
-Pa’, Sachi può rimanere a dormire da noi?-
Okuyasu le sorrise, accarezzandole i capelli. –Ma certo. Se non hai paura dei fantasmi, Sachi!-
L’uomo ridacchiò, salutando Hayato e Shinobu che tornavano alla loro auto, in mezzo alla neve fresca appena caduta.
Shizuka e Sachiyo si incamminarono lentamente su per le scale, finendo nella camera della ragazza. Shizuka si infilò sotto le coperte del proprio letto, Sachiyo si coricò sul divanetto lì vicino. Spensero le luci e seguì un lungo momento di silenzio, spezzato solo dalla vocina incerta della ragazzina bionda.
-I fantasmi esistono davvero?- chiese. Shizuka annuì nel buio. –Pa’ Oku dice che esistono. E in questa casa ci sono.-
Sachiyo iniziò a mugolare di paura, ma Shizuka si sbrigò a continuare il suo discorso. –Ma non sono cattivi! Delle volte, è come se sentissi qualcosa cantarmi una ninna nanna. Ma non c’è nessuna voce… forse è solo una mia fantasia, ma è divertente pensare che non sono sola.-
-Anche io sento.. anche io credo di sentirla, la ninna nanna.- sussurrò Sachiyo.
-Non dirlo alla mia mamma.-
-Non lo dirò a nessuno. I segreti dei fantasmi rimangono coi fantasmi.-
Le due amiche si addormentarono, e nel sonno vennero cullate. Una figura si sedette sul bracciolo del divano su cui Sachiyo era addormentata. Respirava piano, senza far rumore, gli occhi chiusi e rannicchiata su un fianco. L’uomo etereo, vestito di una bombetta nera, rimase ad osservare coi suoi occhi neri e spenti la ragazzina.
-Sei qui per lei?-
Una voce lo fece voltare. Gli umani non lo vedevano, non poteva averlo visto nessuno. Un ragazzo era seduto sul letto della ragazza mora, mentre le accarezzava lentamente i capelli. Il fantasma con la bimbetta annuì, aggiustandosi la giacca elegante. Annuì.
Il ragazzo dalla lunga treccia bionda gli sorrise, stringendo la mano di Shizuka. Lei, nel sonno, ricambiò la sua stretta, come se fosse l’azione più comune del mondo. –Anche io. Sono sempre stato qui, per lei.-
Rimase a fissarlo, scavandogli l’anima coi suoi luminosi occhi verdi. –Non sai chi sei?-
L’uomo con la bombetta negò. Il ragazzo biondo sorrise, scostandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Come se sapesse già tutto, come se avesse udito l’antifona fin troppe volte ormai, e forse era così.
Abbassò lo sguardo verso la porta d’ingresso, da cui proveniva la fioca luce del corridoio. –Quindici anni, di già. Sono tutti felici, finalmente. Non trovi anche tu, che sia meglio così?-
L’uomo annuì, non del tutto convinto. Il ragazzo si scostò la lunga treccia dorata sulla spalla e gli sorrise di nuovo, stranamente divertito. –Non ha più importanza chi eri. Le tue domande un giorno avranno la loro risposta, forse.-
Al sorgere del sole, i fantasmi sparirono come fumo da un camino spento, e le ragazze si risvegliarono, assonnate ma felici.
Sachiyo si strinse i capelli in una pigra coda di cavallo col suo elastico preferito, a forma di gattino rosa, e si voltò verso l’amica, con uno strano sorriso sulle labbra. –Forse la casa è davvero stregata.-
-O forse è lo spirito del Natale!-
Si misero entrambe a ridere e corsero giù, a fare colazione e scartare i regali di Natale.
 
 
 
 
 
 
 
Angolo dell’autrice
Buona vigilia di natale a tutti! Tra lo studio per la sessione invernale e i cenoni da preparare (e mangiare), sono riuscita a scrivere questa piccola fanfiction. È una cavolata, lo so, ma mi sembrava una idea carina far vedere tutti i personaggi della vecchia Morioh… ambientata al quindicesimo Natale passato assieme, nel 2014. La vecchia banda di Morioh e qualche fantasmino, perché Morioh senza fantasmi è come… come JoJo senza stramberie, insomma.
E sì, potrebbe essere lievemente spoiler per DH, ma non è necessario aver letto la serie per leggere questa one-shot. È abbastanza scollegata da DH, tranne per la citazione ai tortelli di La Bassa…
Spero vi sia piaciuta, anche se era in effetti una robina da nulla. Alla prossima!
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo / Vai alla pagina dell'autore: AlsoSprachVelociraptor