Serie TV > Da Vinci's Demons
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Autore: _armida    24/12/2016    2 recensioni
Piccola raccolta di storie collegata a 'L'Altra Gemella'
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Girolamo Riario, Giuliano Medici, Leonardo da Vinci, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Elettra'
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Nda
Ehilà! Sì, sono ancora viva. 
Innanzitutto vi voglio mandare un augurio di buone feste, poi vorrei parlare di questa one shot un po' diversa dalle altre: i personaggi sono sempre loro, ma è ambientata ai nostri giorni. Il povero Girolamo interpreta un insegnante universitario (il caro Leonardo gli ha pure dato un nuovo soprannome) mentre il resto dell'allegra combriccola sono delle matricole e, visto che non c'è limite al peggio, pure coinquilini (Zoroastro e Costanza sono abusivi e dormono su un divano, ma questo è un piccolo dettaglio). 
In versione studenti in crisi me li sono immaginati così ;)
Buona lettura. 

Di pop corn, di film e di battaglie    
 
Girolamo entrò nel proprio studio con passo stanco,  sfinito da sei ore consecutive di lezione. Poggiò in modo insolitamente brusco i libri sulla scrivania e si sedette stancamente sulla propria seduta. Reclinò il capo all’indietro e chiuse momentaneamente gli occhi. 
Quando, di malavoglia, fu costretto a riaprirli, notò un bigliettino ripiegato innumerevoli volte fare capolino tra le matite. 
Sorrise, intuendo di chi fosse: a quanto pare, nonostante avesse perso il conto di quante volte avesse detto ad Elettra di non entrare nel suo studio quando lui non c’era –e soprattutto di non forzare la serratura per entrare-, certe cose a quella ragazzina impertinente non riuscivano proprio ad entrare in testa. 
Finalmente, riuscì ad aprirlo tutto. 
Stasera da me. Alle nove, puntuale. 
Elettra 
PS: porta i pop corn 
 
Girolamo alzò un sopracciglio, perplesso. Che cosa aveva in mente Elettra per quella sera? Scosse la testa perché, ormai lo aveva imparato a proprie spese, quando si parlava di lei era saggia cosa non fare domande. 
Di una cosa almeno era certo: sarebbero senz’altro stati solo loro due.  
Per una volta, per una rara volta, Girolamo Riario si era sbagliato. Ma ancora non lo sapeva. 
 
*** 
 
Quella sera... 
 
Girolamo bussò alla porta con il suo solito fare deciso, in mano teneva un sacchetto della spesa contenente un paio di confezioni di pop corn appena comprate. 
Dopo pochi attimi, la porta si aprì. Elettra si affacciò sulla soglia con il suo solito abbigliamento (si fa per dire) da casa: una vecchia maglietta bianca con qualche scritta sbiadita.  
La ragazza non fece neanche  in tempo a salutarlo, che lui le fu subito addosso. La borsa della spesa cadde a terra, mentre entrambi indietreggiavano verso il divano. 
“Prendetevi una stanza!”, urlò Zoroastro, stravaccato sul grande divano in pelle e con la testa poggiata sulle ginocchia di Costanza, che gli accarezzava lentamente i capelli.  Leonardo, al suo fianco, scoppiò a ridere, mentre Nico e la mora guardavano altrove, sentendosi improvvisamente di troppo. 
Girolamo, che non si aspettava assolutamente nessun altro in casa, al suono di quella voce sussultò, staccandosi in fretta dalle labbra della ragazza. 
Elettra guardò prima i suoi coinquilini seduti comodamente sul divano e poi lui. Si morse un labbro, nervosa, mentre le guance per l’imbarazzo le si coloravano di un rosso acceso.  
Non riuscì proprio a contenersi di fronte alla faccia interdetta di Girolamo e alla fine scoppiò a ridere. 
Dal canto suo, il poveretto cercò in tutti i modi di stemperare la passione. Osservò con la sua solita aria di sufficienza tutte le persone di troppo, quella sera. In poche parole tutti i presenti. Sbuffò infastidito. 
“Bene”, disse Leonardo alzandosi dal divano e dirigendosi verso il grande televisore a schermo piatto, “Ora che anche il trombaprofessore è arrivato, direi che possiamo finalmente guardare il film” 
Girolamo  gli lanciò un’occhiataccia che, se solo avesse potuto, avrebbe incenerito quel presuntuoso artista all’istante.  
Elettra, dal canto suo, ridacchiò sommessamente. Nel mentre mise i pop corn in due grandi ciotole. 
“Mi aspettavo una serata differente”, le disse Riario avvicinandosi, sottovoce, per non farsi sentire dagli altri. 
La ragazza gli sorrise entusiasta. “Cosa c'è di meglio di Brad Pitt che fa Achille in Troy?” 
“Mi hai fatto venire qui a tradimento” 
Lei alzò le spalle con fare indifferente. “Vedila come un’opportunità  per conoscere meglio gli altri”. Si spostò dal bancone, lasciando Girolamo a borbottare tra sè e sè. 
La vide sedersi sul divano, lasciando un posto vuoto per lui, proprio di fianco all’artista. Prese un lungo sospiro: la serata si prospettava parecchio lunga. 
Si sedette al proprio posto e sentì un brivido di paura lungo la schiena osservando la faccia dei suoi vicini: sembravano pronti a combinarne qualcuna da un momento all’altro.  
Elettra gli appoggiò sulle gambe una delle due ciotole con i pop corn e poi gli si rannicchiò contro, cercando una posizione comoda. 
L’artista premette il tasto play e il film partì. 
 
*** 
 
Il più forte guerriero acheo, nella sua tenda, disteso fra morbide e calde pellicce, completamente nudo... 
 
“Achille non è proprio niente male”, si lasciò sfuggire Costanza, soprappensiero, troppo concentrata ad osservarne la figura con sguardo rapito. Appena si rese conto di aver formulato quel pensiero ad alta voce, le sue guance divennero rosse per l’imbarazzo. 
Zoroastro la guardò alzando un sopracciglio, perplesso. Per un qualche strano motivo aveva appena perso la simpatia per Achille. E per Brad Pitt in generale. 
“Io un colpetto glielo darei”, disse Leonardo, con la bocca piena di pop corn. “E non solo a lui”, aggiunse facendo l’occhiolino a Riario.  
L’altro lo guardò con la sua solita aria intimidatoria, mentre Elettra, con la testa appoggiata sul suo petto, se la rideva di gusto. “Direi che quel gonnellino striminzito gli stia proprio bene”, commentò poco dopo, quando il guerriero uscì dalla propria tenda pronto per la battaglia. 
“Hai sentito Girolamo?”, fece di nuovo l’artista, tirandogli una gomitata delle costole. Il bicchiere di Coca-Cola che quest’ultimo aveva in mano ondeggiò pericolosamente. “Direi che dovrai comprarne uno anche tu” 
Il diretto interessato chiuse gli occhi, prendendo l’ennesimo lungo respiro per calmarsi. Era da quando era arrivato lì che si ripeteva nella testa come un mantra di essere superiore a tutti quegli scherzi infantili. Sfortunatamente, quel film durava decisamente troppo tempo. 
E se l’artista cominciava a fare battute indecenti già dopo appena cinque minuti dall’inizio, non poteva immaginare cosa sarebbe successo più avanti... 
 
*** 
 
Patroclo ed Elena, uno di fronte all’altra, vicinissimi. I corpi che quasi si sfiorano. Gli occhi carichi di desiderio. 
Elena portò le mani verso le maniche della sottile veste, aprì i fermagli che la tenevano legata e in un attimo questa cadde a terra, lasciandole il corpo completamente esposto allo sguardo di Patroclo che, in un attimo, colmò la breve distanza che li divideva... 
 
“Dovremo fare un toga party!”, disse Leonardo, alzandosi di scatto dal divano. Ci mancò davvero poco che rovesciasse il bicchiere di Girolamo. Quest’ultimo sospirò quasi di sollievo: nella scena in cui Elena si spogliava di fronte a Paride, si sarebbe aspettato tutt’altri commenti che, sinceramente, non voleva proprio sentire. 
“Perché dovremo fare un toga party?”, gli chiese Zo, sarcastico. 
“Ho scoperto che le toghe mi piacciono”, ribatté l’artista. 
‘Vi prego, non continuate’, pensò Girolamo. 
“Hai visto, amico mio, con che facilità si tolgono?” 
‘Appunto’. Riario doveva ormai saperlo, che certi commenti in quella strana casa non si potevano proprio evitare. 
Zoroastro sorrise all’amico: aveva finalmente capito quello che Leonardo intendeva. Il suo sguardo, tutt’altro che innocente, si alzò, andando ad incontrare quello di Costanza che, prima di accorgersi del tutto, chiacchierava sottovoce con Elettra, seduta al suo fianco. 
“Non ci pensare neanche”, gli disse con un tono che non ammetteva repliche. Le sue guance nel frattempo si colorarono di un rosso acceso. 
“Potremmo farlo giovedì prossimo”, propose Elettra. “Un toga party il giovedì universitario...Suona bene!” 
Girolamo la fulminò con lo sguardo, quasi a volerla intimare a non continuare. Peccato che lei neanche se ne accorse; aveva stampata in volto l’espressione tipica di Da Vinci in piena ispirazione. E non portava mai a niente di buono. 
“E se il toga party lo organizzassimo in università?”, continuò la ragazza. 
Riario scosse la testa: se fossero stati soli probabilmente l’avrebbe zittita con un bacio ma, con gli occhi spiritati dell’artista puntati addosso, non lo avrebbe mai fatto. “Sisto non lo permetterà mai”, si limitò a dire. 
Elettra lo guardò contrariata. “Neanche se mi aiuterai tu?”, gli chiese con un tono di voce un po’ più basso del solito, ad un soffio dalle sue labbra. Lo guardò con la sua solita espressione implorante da cerbiatto impaurito. 
“Ma io non ho nessuna intenzione di aiutarti”, ribattè lui, distogliendo gli occhi da quelli color cielo di lei: se avesse continuato a guardarla sapeva benissimo che prima o poi avrebbe accettato. “E’ una pessima idea”, aggiunse. 
La ragazza lo guardò contrariata, prima di staccarsi da lui bruscamente. 
“A proposito di università e feste...”, cominciò a dire Nico. “Anche a voi è arrivata l’email dell’università?” 
“Io non leggo mai le email dell’università”, dissero in contemporanea Leonardo ed Elettra. Quando se ne resero conto, scoppiarono entrambi a ridere. 
Girolamo, che sapeva perfettamente a cosa si riferisse il giovane Nico, lo implorò con lo sguardo di non continuare, ma quest’ultimo non colse il messaggio. “Stanno cercando studenti che diano una mano per l’organizzazione di feste ed eventi” 
“Davvero?”, disse la ragazza, alzandosi di colpo in piedi sul divano. Guardò Riario, cercando una conferma a quello che Nico aveva appena detto. 
Seppur riluttante, l’uomo non potè fare altro che annuire. 
“Da quello che ho sentito in giro tutti gli altri candidati se la sono data a gambe a causa di Sisto”. I suoi coinquilini lo dicevano sempre che in Nico si nascondeva una delle più informate pettegole fiorentine. 
“Uno è stato pure internato in un’ospedale psichiatrico”, aggiunse Girolamo. Sperava di riuscire a far tornare Elettra suoi propri passi, cercando di metterle paura. 
 Lei, invece, non lo aveva neanche ascoltato. 
“Domani ne parlerò con Lorenzo: voglio assolutamente quel posto”, disse la ragazza, con un sorriso a trentadue denti. 
“Se le feste saranno come quelle che organizzavi alle superiori, credo proprio che mi imbucherò spesso”, disse Zoroastro.   
 
*** 
 
Achille completamente nudo si chinò sopra a Briseide, adagiata sopra a coperte di pelliccia, soli soletti nella loro tenda all’accampamento acheo...  
 
Ed ecco il momento più delicato: sulla notte di passione di quei due Girolamo si aspettava fior fior di commenti poco eleganti. Sospirò, preparandosi alle allusioni e agli occhiolini che Elettra, l’artista e il moro si sarebbero scambiati di lì a poco... 
 
Briseide guardò negli occhi Achille.  
“Sono ancora tua prigioniera?” 
“Ospite direi”... 
 
Elettra e Costanza lo osservavano attentissime alla scena, quasi con la bavetta alla bocca. “Se proprio gli servono delle prigioniere, noi ci offriamo volontarie”, disse la bionda. 
“Vengo anche io!”, fece Leonardo, alzandosi di colpo dal divano. 
A differenza delle altre volte, Girolamo non fu abbastanza veloce a schivare il suo braccio e il bicchiere pieno di Coca Cola cadde sulla sua camicia nera. 
Fulminò l’artista con lo sguardo, intimandosi allo stesso tempo di restare calmo. 
Elettra prese il telecomando, mettendo prontamente in pausa il film. “Leonardo Da Vinci...” 
‘Ecco’, pensò Riario, ‘Ora gli darà una bella strigliata per avermi rovesciato il bicchiere sulla camicia nuova’. Guardò l’artista con un sorrisetto di sfida. 
“...Ti rendi conto che hai rovinato il film proprio sul più bello?!” 
Girolamo si voltò verso di lei, indicandole la camicia. 
“Si, ora vado a cercare qualcosa da metterti al posto di quella”, disse la ragazza  in tono sbrigativo;  appariva parecchio seccata anche con lui, indifferentemente dal fatto di chi fosse la vittima.  
La seguì verso la camera dell’artista.  
“Vi concediamo al massimo dieci minuti, poi il film riprenderà da dove lo avevamo lasciato”, urlò Leonardo dal salone. 

***
 
“Perchè siamo quì?”, chiese Girolamo. Osservò con un sopracciglio alzato il disordine che regnava sovrano nella camera dell’artista: esattamente come la camera della ragazza che ora stava rovistando in un mucchio di vestiti ammassato in un angolo del letto. 
“Provati questa, presumo che sia pulita e che ti vada bene”, disse Elettra, lanciandogli in piena faccia una maglietta appallottolata. 
Riario la aprì, osservando perplesso la scritta ‘Harry Potter’ a caratteri cubitali, con tanto di simbolo dei Doni della Morte. “Io questa non la metto”. Era categorico. 
Elettra gli si avvicinò, sorridendogli maliziosamente. “Allora credo che ti toccherà restare a torso nudo”, gli disse ad un soffio dalle sue labbra, cominciando a slacciargli lentamente i bottoni della camicia. 
“E se lasciassimo  perdere il film? Tanto lo sappiamo entrambi a memoria, mia diletta”, le sussurrò, quasi sfiorando con le proprie labbra le sue. Poggiò le mani sui suoi fianchi, tirandola a sè. 
“Non mi perderei Achille nudo per niente al mondo”, ribattè lei, sfilandogli la camicia e lasciandola cadere a terra.  
Girolamo scosse la testa. Una punta di divertimento passò per i suoi occhi color nocciola prima di poggiare le labbra su quelle di lei. Magari, così, le avrebbe fatto cambiare idea. 
Le sue mani corsero immediatamente sotto la sua vecchia maglietta bianca, cercando il contatto con la pelle. 
Elettra rabbrividì, sentendo le sue dita fredde passare lentamente lungo la sua vita stretta. Sentì Girolamo afferrare i lati della maglietta, per sfilargliela ma, con l’ultimo barlume di lucidità che le era rimasta, si staccò da lui. “Continuo a preferire Achille”, disse ridendo. Il suo sguardo, però, diceva tutt’altro. 
Lui la guardò contrariato mentre veniva aiutato ad infilarsi quella ridicola maglietta dell’artista. 
“Sai che la scritta si illumina al buio?”, disse Elettra con un sorriso a trentadue denti, come se il simbolo fosforescente dei Doni della Morte fosse la cosa più stupefacente di questo mondo. Alle volte Girolamo proprio non la capiva. Ma non poteva fare a meno di lei.  
Sospirò, osservando la ragazza prenderlo per mano e trascinarlo fuori dalla stanza. 
“Alla buon’ora”, disse l’artista vedendoli arrivare. “Se non fosse stato per Costanza, probabilmente sareste arrivati a film già ripartito”. Osservò attentamente Riario, decisamente più rilassato di quando era andato via, ed Elettra, con il viso leggermente arrossato. “Sveltina?”, chiese curioso. 
“Leonardo Da Vinci!”, lo rimproverò la ragazza, esasperata. Nel frattempo il suo viso da leggermente arrossato era diventato color peperone. 
 
*** 
 
“Farò un patto con te: al cospetto degli dei impegniamoci a che il vincitore conceda al perdente le onoranze funebri rituali”, disse Ettore.  
Era il momento dello scontro finale tra il principe troiano ed Achille. 
“Non si fanno patti tra leoni e uomini. Ora sai con chi ti batti”, ribattè il guerriero. 
“Io credevo che fossi tu quello di ieri. E magari lo fossi stato. Ma ho concesso al cadavere l'onore dovuto” 
“Gli hai concesso l'onore della tua spada! Non avrai gli occhi stasera, né orecchie, né lingua. Vagherai per l'oltretomba cieco, sordo e muto e i defunti diranno ‘Ecco Ettore, lo stolto che credeva di avere ucciso Achille’". 
 
Elettra, fino ad un attimo prima appoggiata con tutto il proprio peso a Girolamo, si mise ritta sulla propria seduta con le gambe incrociate e un’espressione attenta. Con le mani sembrava mimare le mosse dei due guerrieri: adorava la scherma e la  praticava fin da bambina. 
“Ora si mette ad anticiparne mosse”, sussurrò Zoroastro all’orecchio di Costanza. 
“Affondo!”, disse Elettra, completamente presa dalla scena. Sospirò frustrata, quando Ettore fece tutt’altro. 
Costanza guardò Zo ed entrambi si misero a ridacchiare. 
Se non fosse stata così concentrata,  la bionda probabilmente avrebbe notato il pop corn che le passò davanti agli occhi, fermandosi poco oltre al suo ginocchio. 
Un secondo invece le arrivò sui capelli, lasciati per una volta sciolti. 
Quando finalmente Achille riuscì ad avere la meglio su Ettore, attaccando il suo corpo ormai privo di vita al proprio carro e trascinandolo via, Elettra parve riscuotersi e tornare nel mondo dei comuni mortali. Sbattè più volte le palpebre, guardandosi intorno e notando i pop corn che si erano andati accumulandosi intorno –e addosso- a lei. Voltò immediatamente il viso a sinistra, verso Leonardo, che la guardava con uno dei suoi tipici sorrisi. “Non sono stato io”, le disse, facendole l’occhiolino; cercando di passare il più possibile inosservato, le indicò Girolamo. “Io gli ho detto più volte di smettere, ma lui non mi ha ascoltato”, mentì spudoratamente. 
Elettra, che orami aveva deciso di reggergli il gioco, si voltò verso Riario, fingendo una faccia offesa.  
“Stai scherzando, vero?”, disse lui. 
“Prima ti rovesci la Coca addosso, poi fai i capricci per una maglietta e ora ti metti a giocare con il cibo...Mi sembra di dover badare ad un bambino dell’asilo”, commentò. Elettra avrebbe voluto un Oscar solo per la sua interpretazione, ma si dovette accontentare del sorriso soddisfatto di Leonardo. 
‘L’unico qui che sembra dover badare a dei bambini sono io’, pensò il povero Girolamo, sbuffando per l’ennesima volta. Si girò verso l’artista, che gli sorrise in modo strafottente. 
 
*** 
 
Ulisse osservò attentamente un guerriero acheo mentre intagliava un cavallino in legno, un giocattolo per il figlioletto lasciato in patria. Il suo cervello in quel momento ebbe la famosa illuminazione per quello che poi sarebbe stato ricordato nei secoli come il ‘Cavallo di Troia’... 
 
“Mi è venuta un’idea”, fece Leonardo, sottovoce, ad Elettra. Per avvicinarsi ancora di più a lei si allungò su Girolamo, sdraiandosi di fatto sulle sue ginocchia. Quest’ultimo guardò l’artista con un’aria tutt’altro che amichevole. 
“Quando l’assalto a Troia avrà inizio, scateneremo l’inferno”, fece Da Vinci, osservando in modo enigmatico la ciotola di pop corn che Zoroastro, ignaro delle loro macchinazioni, teneva in mano. 
Elettra gli sorrise, intuendo alla perfezione tutto. “Vado a fare scorta di munizioni”, disse alzandosi e raccogliendo da terra la loro ciotola, quasi vuota. 
“Artista, spostati”, sibilò Girolamo, appena fu certo che Elettra non potesse sentirlo. 
Da Vinci si girò, sorridendoli alla sua maniera. “Sai Girolamo che non sei per niente scomodo come seduta?” 
“Leo, stai occupando il mio cuscino”, disse Elettra, di ritorno con il contenitore che sembrava voler trasbordare pop corn da un momento all’altro. 
Leonardo la guardò, cercando di replicare come meglio poteva l’espressione da cerbiatto impaurito con la quale lei riusciva sempre ad ottenere ogni cosa. “Ce lo dividiamo?”, chiese supplichevole. 
Girolamo osservò Elettra scuotendo la testa. “Per questa volta”, rispose lei, appoggiandosi su Riario. 
 
*** 
 
I soldati che fino a poco prima si trovavano nascosti nella pancia del cavallo di legno uscirono furtivi, massacrando chiunque trovassero e dirigendosi ad aprire le porte della città, per permettere al resto dell’esercito acheo di entrare. La battaglia finale aveva avuto inizio. 
 
Elettra e Leonardo si guardarono negli occhi: l’artista annuì impercettibilmente.  
“Carica!”, dissero insieme, prendendo una bella manciata di pop corn e lanciandola contro Zoroastro, Nico e Costanza. 
“Ma cos..?”, provò a ribattere il moro, prima che gli finissero anche in bocca. 
Le due pesti scoppiarono a ridere, ma presto dovettero ripiegare dietro a Girolamo: Zo aveva preso in mano la propria ciotola e si apprestava a controbattere. 
Il povero Riario, suo malgrado, finì nel bel mezzo dei combattimenti. 
Presto il campo di battaglia diventò bianco di pop corn, mentre i combattenti erano schierati a mo’ di trincea ai lati del divano, usando i cuscini come scudi. Da una parte vi erano Zoroastro –che faceva quasi tutto il lavoro-, Nico e Costanza –che più che altro erano lì per proteggersi-. Girolamo invece resisteva stoicamente al proprio posto; in quel momento era fermamente convinto che un gruppo di urlanti ed isterici bambini dell’asilo sarebbero stati considerati degli angioletti al loro confronto.  
“Abbiamo finito le munizioni”, disse Leonardo, mentre si parava la testa con un cuscino.  
Elettra alzò velocemente la testa, per controllare come se la cavassero dall’altro lato della trincea. “Anche i nemici sono agli sgoccioli” 
“Attendiamo che abbiano finito e poi gli colpiamo alle spalle?” 
“Ottima idea, Da Vinci”. Le battaglie con i pop corn erano questioni serie e, come tali, bisognava rendere il tutto con toni molto ufficiali.  
Aspettarono che Zoroastro lanciasse gli ultimi rimasugli e poi, silenziosamente, cominciarono a fare il giro del divano, fino ad arrivare alle spalle dell’ignaro gruppo.  
“A morte i nemici!”, urlò Leonardo, mentre colpiva a cuscinate la testa di Zoroastro. 
“Siete dei fottuti bastardi”, ribattè lui, recuperando due cuscini e cominciando a contrattaccare. Anche Costanza, seppur titubante, raccolse da terra un cuscino. Nico invece scappò nel corridoio, preferendo osservare la scena da lontano. 
Elettra schivava e contrattaccava con un’agilità notevole, perfezionata in anni ed anni di scherma e guerre con i cuscini. Era davvero difficile riuscire a colpirla, mentre la povera Costanza, al contrario, prendeva fin troppe cuscinate.  
La bionda stava per colpirla per l’ennesima volta in pieno petto...“Costanza!”, urlò Zoroastro, spostandosi improvvisamente e mettendosi davanti a lei, facendole così da scudo con il proprio corpo. Per il contraccolpo cadde a terra. 
“Zoroastro”, disse lei, chinandosi di fianco a lui. “Mi hai salvata” 
“Tu mi hai dato la pace in una vita di guerra”, sussurrò in tono tragico, in perfetta sincronia con Achille, morente fra le braccia di Briseide. Poggiò la testa sulle ginocchia di Costanza e chiuse gli occhi, fingendosi morto. 
Elettra e Leonardo si guardarono a vicenda, scoppiando a ridere, seguiti a ruota dalla coppietta a terra. 
“Propongo un trattato di pace”, disse Zoroastro. 
“Propongo un’alleanza”, ribattè la bionda, voltandosi e guardando di sottecchi Girolamo e Nico. 
“Non abbiamo ancora sancito una pace e già proponi un’alleanza?” 
“Beh... Sai come si dice, Zo? Tieniti stretti gli amici ma ancora di più i nemici” 
Zoroastro si mise ad osservare oltre la spalla della ragazza, dove Riario li stava guardando con aria contrariata. “E tu i nemici noto che li tieni molto stretti” 
Elettra gli fece l’occhiolino. “I disertori vanno puniti”, continuò il proprio discorso.  
I quattro risero.  “Tu e Costanza vi occupate di Nico e io e Leo di Girolamo?” 
“Andata”, disse Zoroastro, sancendo quell’alleanza temporanea con una vigorosa stretta di mano. 
 
*** 
 
Si può dire che l’idea di provare ad attaccare a suon di cuscinate il temibile Girolamo Riario non fu decisamente la migliore di Elettra. Anzi, fu la peggiore della serata. 
Di certo, nè lei nè il geniale artista avevano previsto quello che poi alla fine sarebbe accaduto.  
Ci avevano provato, davvero, ad attaccarlo, ma il risultato... 
Elettra non riusciva a spiegarsi come aveva fatto un professore di storia medievale a sopraffarla così. Insomma, che Girolamo fosse tutt’altro che in cattiva forma lo aveva intuito anche lei: bastava semplicemente guardarlo! Ma di certo non si aspettava che sotto a quegli addominali perfettamente scolpiti ci fosse anche un ottimo combattente. 
Un attimo prima aveva tentato di lanciargli in faccia un cuscino e un attimo dopo si era ritrovata messa a mo’ di sacco di patate, sulla sua spalla, in una posizione molto imbarazzante.  
Girolamo la portò in camera, chiudendosi la porta alle spalle, e la lasciò cadere sul letto in modo tutt’altro che delicato. Elettra si massaggiò il polso dolorante; per disarmarla glielo aveva piegato dietro alla schiena, in una posizione alquanto innaturale. Lo osservò con un’espressione molto contrariata. “C’era davvero tutto questo bisogno di portarmi in spalla, Tarzan?”, chiese con quel suo solito tono impertinente. 
Lui la costrinse a sdraiarsi, facendo pressione sulle sue spalle, e poi si stese sopra di lei. “Qualcuno dovrà darti una lezione, prima o poi”, le sussurrò in un orecchio, pizzicandoglielo con il suo leggero accenno di barba. 
“E vorresti farlo tu?”, chiese lei, provando a divincolarsi.  
“Può darsi”, rispose vago Girolamo. La sua mano, nel frattempo, risaliva lentamente la gamba della ragazza, sfiorandogliela appena. 
Elettra attirò il suo viso ancora di più a sè, stringendo forte la sua maglietta. “Non avrai vita facile, allora”, gli disse a fior di labbra. 
Quella breve distanza stava per essere annullata del tutto, quando qualcuno aprì la porta. 
Leonardo fece irruzione nella stanza. “Di là si stanno chiedendo se si...”, osservò molto attentamente la scena che aveva davanti. “Ho interrotto qualcosa?”, chiese con finto rammarico. 
Girolamo Riario lo fulminò con lo sguardo: anche un bambino lo avrebbe capito... 
“Assolutamente no”, rispose Elettra che, approfittando della momentanea distrazione di Girolamo, riuscì a sgusciare via da sotto di lui. “Bene, Leo, che vuoi dirci?” 
“Abbiamo bisogno di un piano d’azione, diciamo che la situazione è piuttosto grigia” 
“Per due pop corn a terra?”. Quel tono di voce impertinente non lo usava solo con Girolamo. 
“Due pacchi. E parecchie piume”, la corresse Leonardo. 
“Siamo riusciti a rompere anche i cuscini?”. Elettra non se ne era neanche resa conto. 
Da Vinci annuì mestamente. 
“Oh” 
 
*** 
 
Quando Elettra, Girolamo e Leonardo giunsero nel salone, la situazione era decisamente peggiore di quanto la ragazza avesse immaginato: vi erano piume e pop corn sparsi ovunque, anche  ridotti in poltiglia sul tappeto ed incastrati nel divano. 
Avevano un problema. 
“Niente che la signora che viene a pulire non possa risolvere”, tentò di minimizzare Elettra. Ovviamente non avrebbe mai ammesso il contrario.
Zoroastro alzò una mano, chiedendo il consenso a parlare. La bionda gli diede la parola. “Io e Costanza ci rifiutiamo di dormire in questo porcile” 
“Chi ha sporcato, che pulisca”, provò a  mediare Costanza. 
“Allora mettiamoci tutti al lavoro”, disse Elettra. 
“Ehm...”, Zoroastro cercava un modo carino per dirle che lo avrebbero dovuto fare lei e Leonardo,  “Tocca a voi due” 
“Avete partecipato anche voi”, ribattè subito lei. 
“Ma avete iniziato voi. La nostra è stata semplice autodifesa” 
“Allora se proprio dobbiamo fare i pignoli l’idea è stata di Leon...”. Elettra non riuscì a finire la frase che vide Leonardo schizzare in camera propria alla velocità dea luce. Provò a corrergli dietro, ma la porta si chiuse prima che lei la raggiungesse.  
“Leonardo Da Vinci, non fare il bambino!”, urlò, battendo i pugni sulla porta. “Esci e assumiti le tue responsabilità” 
Dall’altra parte, il geniale artista, in risposta, diede due giri di chiave alla porta. 
“Non costringermi a forzare la serratura”, lo minacciò lei. 
“Mi sto appunto tutelando” 
Si sentì un rumore di mobili che venivano trascinati: Leonardo aveva bloccato la porta mettendoci davanti la scrivania. 
Elettra, dall’altra parte, sbuffò di frustrazione. 
Non fece in tempo a chiedere agli altri se le avrebbero dato una mano che anche Nico corse in camera propria. 
Zoroastro prese Costanza per mano. “Stasera dormiremo anche noi in un letto vero”. Detto questo, si rifugiarono nella camera della bionda che, presa alla sprovvista, non riuscì a fermarli. 
“Fantastico”, commentò sarcastica; le pulizie di primavera sarebbero toccate tutte a lei. 
O forse no... 
Guardò con occhi supplicanti Girolamo, poggiato comodamente al bancone della cucina. 
“Non ci pensare neanche”, disse, cogliendo la sua richiesta. 
“Io...io non...”, si mise a balbettare lei. 
“Tu non cosa?”, chiese lui. Le sue labbra si piegarono nel suo sorrisetto sarcastico. 
“Non so come pulire questo casino”, sussurrò con voce flebile. 
Girolamo alzò un sopracciglio, perplesso. “Magari é il caso di prendere una scopa” 
“Scopa”, ripetè Elettra. Si guardò in giro con aria sperduta: con quei grandi occhioni azzurri assomigliava molto ad un cucciolo smarrito. 
“Tu non hai la più pallida idea di dove vengono tenute le scope in questa casa, vero?” 
La ragazza lo guardò imbarazzata, mordendosi nervosamente il labbro. 
Girolamo prese un lungo respiro, pensando che in quel momento la pazienza fosse una virtù essenziale. “Avete uno sgabuzzino?”, chiese. 
Elettra ci pensò sù un attimo, poi il suo viso si illuminò. “La stanza delle necessità!” 
Lui alzò un sopracciglio, perplesso. 
“Tu non hai mai visto Harry Potter, vero?” 
“No” 
La ragazza gli sorrise: le era appena venuta un’idea sul prossimo film da guardare tutti insieme. 
“Sappi che non metterò mai più piede qui dentro per vedere un film” 
Lei fece una smorfia di pura disapprovazione. “Comunque sì, credo che tu lo possa chiamare anche sgabuzzino” 
Lo guardò, aspettandosi da lui qualche mossa. 
“Vai a prendere quella scopa, dai”, venne incoraggiata da Girolamo. 
Titubante, si incamminò in quella direzione. 
Si sentirono parecchi colpi, qualche imprecazione e alcuni oggetti cadere ma, alla fine, dopo alcuni minuti, Elettra tornò con in mano il tesoro di quell’estenuante caccia. 
“Credo sia questa”, disse, osservandola titubante. 
“Già”, commentò Girolamo.
La ragazza provò a passargliela ma, cordialmente, lui le fece capire di tenerla lei. 
Restarono per un po’ in silenzio: lei vagava con lo sguardo per la stanza, mentre lui la guardava incuriosito. 
“Pensi di incominciare prima che faccia l’alba?”, le chiese, sarcastico. 
“Io...ehm...”, sul suo volto comparve di nuovo quell’espressione imbarazzata che Girolamo non le aveva mai visto. In quel momento non sembrava la solita ragazzina impertinente, ai suoi occhi appariva quasi timida. “...non ho mai fatto niente de genere”, confessò alla fine. 
“Sarebbe ora di iniziare”, commentò lui, sempre più divertito. Si appoggiò al bancone della cucina, osservando attentamente le sue mosse molto impacciate. 
Elettra, dopo alcuni –ed infruttuosi- colpi di scopa, alzò la testa, incrociando i suoi occhi color nocciola. Sbuffò infastidita. “Come se tu non avessi una donna delle pulizie che fa tutto al posto tuo!”, sbottò. 
“Mai avuto una donna delle pulizie”, disse Girolamo con un sorriso. “E ora meno parlare e più lavorare!” 
 
*** 
 
Un paio di ore più tardi... 
 
“Finito!”, disse Elettra in tono liberatorio. Lasciò cadere la scopa a terra, osservando fiera di sè stessa il salone, tirato nuovamente a lucido. 
Si passò una mano sulla fronte, sfinita da tutto quel lavoro. 
Girolamo, disteso comodamente su divano, si alzò, avvicinandosi a lei. 
“Ottimo lavoro”, le sussurrò ad un orecchio, cingendole da dietro la vita. Cominciò lentamente a baciarle il collo; era tutta la sera che aspettava quel momento, il momento di essere finalmente loro due, soli. 
“Girolamo”, lo chiamò Elettra. 
“Si?”, rispose lui con la voce un po’ roca, staccandosi per un istante dalla sottile linea del suo collo. 
Lei si morse un labbro, indecisa sulle parole da usare. “Ho le mie cose” 
   
 
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