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Autore: A_Lacey    25/12/2016    0 recensioni
Alooura personcine,
premetto che è una fanfiction genosxreader (capitemi, per lui mi son presa una di quelle botte pesanti che capitano raramente _^_)
Avverto che non sono una grande scrittrice quindi se verrà fuori una cacchetta perdonatemi ;^;
LA protagonistA avrà una personalità e aspetto più generico possibile (anche perché se dovessi inserire un mio oc potrebbe essere brutto e noioso da leggere per voi, quindi... me lo terrò per me.)
Non voglio usarò un personaggio overpowah che si crede dio sceso in terra perché mi danno fastidio le persone che lo fanno e preferisco evitare.
Molte parti saranno inventate sul momento ma ho voluto scrivere codesta cosa perché non ci sono FF del genere in italiano e le uniche che ho letto non mi sono piaciute molto quindi....
niente, spero di essere all'altezza.
Fatemi sapere se vi interessa che io continui e ditemi se ho fatto anche eventuali errori c:
.
"Se lasci adesso, lasci tutto. Sei davvero disposta ad avere questo rimpianto?" Cit.
Genere: Azione, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Genos, Nuovo personaggio, Saitama
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Il risveglio non è proprio il migliore che io abbia mai avuto ma già è tanto che io sia riuscita ad aprire gli occhi. 

Ci metto un po’ per abituarmi alla luce e dopo qualche secondo riesco a mettere a fuoco, riuscendo, quindi, a capire più o meno dove mi trovi. 

Sono in un letto, in una stanza dai muri bianchi e con una grande finestra sulla parete alla mia sinistra che le conferisce una forte illuminazione.

Da destra parte una fila di altri letti che, però, sono vuoti. Abbassando lo sguardo mi vedo addosso uno di quei classici camici da ospedale e questo non fa altro che aumentare la mia ansia.

Inizialmente mi sento confusa, poi ricordo: i detriti, l’esplosione, le urla, l’impatto della caduta e il sangue. 

Subito mi viene l’impulso di vedere come sta il fianco da cui ho visto fuoriuscire il sangue ma, date le continue fitte di dolore che mi impediscono di muovermi più di tanto, rinuncio. Capisco, comunque, che è stato fasciato e la cosa mi fa tirare un sospiro di sollievo.

D’improvviso la porta che si trova in fondo alla stanza (e che probabilmente si affaccia al corridoio principale) si apre, facendo entrare una donna di bassa statura in divisa da infermiera. 

Appena mi vede sul suo viso tondeggiante si disegna un’ espressione inizialmente sorpresa, che in seguito si trasforma in un caldo sorriso.

“Finalmente ti sei svegliata” mi dice con un tono calmo e sereno.

“Dove sono? Da quanto tempo mi trovo qui? Chi mi ha portata qui?-“ Inizio a fare domande a raffica per poi accorgermi di esagerare e dover darmi una calmata.

“Scusi, è che sono in un continuo stato di confusione e ho troppe domande per la testa.”

“Non preoccuparti, hai avuto una brutta botta, se così si può chiamare, e ora sei in ospedale” dice lei mentre posa alcuni fogli e una cartella sul letto alla mia destra “Hai dormito per qualche giorno e la tua ferita sta ancora guarendo. Riguardo a chi ti abbia portata qui non so risponderti. Non sei l’unica ad essere stata ricoverata di fretta quella sera e, nella confusione generale, non ho capito neanche io chi ti avesse condotta qui. Da ciò che ho visto sei abbastanza sola.” dice con fare sarcastico.

Nel mentre della conversazione, si accinge a cambiare la flebo attaccata al mio braccio, della quale, mi accorgo solo ora.

“A quanto pare, però, gli altri feriti che sono arrivati insieme a te erano tutti casi meno gravi. 

Sei stata fortunata, non hai presentato danni importati ad organi vitali e questo ti ha tenuto in vita fino al tuo arrivo qui. Ora vado a chiamare il medico, dimmi pure se hai bisogno di qualcosa, ad esempio acqua, coperte ecc..ok?”

“Grazie, sto bene così” E’ tutto ciò che riesco a dire e la donna esce dalla stanza con un sorriso portandosi dietro tutto il materiale che poco prima aveva posato.

Qualche minuto dopo arriva il medico e inizia a parlarmi un po’ riguardo la mia situazione e su come siano intervenuti sulla mia ferita. Mi fornisce poi le istruzioni per cambiare la fasciatura e, con mia sorpresa, non mi rivolge alcuna domanda sui miei genitori o su chi mi avrebbe aiutata una volta fuori da lì. 

Forse qui tutto questo è normale… Meglio così. 

Se mia madre dovesse sapere dell’accaduto verrebbe a cercarmi anche a costo di chiamare l’Associazione Eroi. Conoscendola esagererebbe di sicuro. Riconosco a me stessa che tenerglielo nascosto, però, è sbagliato ma lo faccio per il mio bene. Che egoista eh?..

“E un’ultima cosa” aggiunge lui.

“Non abbiamo potuto fare delle trasfusioni data l’incognita del tuo gruppo sanguigno e il poco tempo che avevamo, per cui, se ti sentissi debole o avessi giramenti di testa sta tranquilla, è normale. Ti rimetterai in sesto tra qualche giorno. Se hai comunque bisogno di qualcosa non esitare a tornare qui e chiedere.” forse ha intuito la mia situazione da “vagabonda che si ritrova  sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato”.

“Grazie di tutto” concludo.

Dopo aver preso vestiti e zaino esco dall’ospedale e inizio a vagare per le strade (tenendo comunque un passo lento) non sapendo di nuovo dove andare.

Cammino per un po' fino a quando non vedo un volantino attaccato su una facciata di un palazzo. Un piccolo “Maid Caffè” cerca del personale. 

Prendo il foglio e lo metto in tasca. Ci avrei sicuramente pensato ma non è che l’idea di diventare una maid mi allettasse molto. 

Poi penso “Ma che sto facendo? Che ho da perdere? E’ pur sempre un’opportunità e l’importante è che guadagni qualcosa”.

Riprendendo, quindi, il poster e, leggendo attentamente le righe che indicano la posizione del negozio, mi incammino, cosciente di dover chiedere un sacco di indicazioni stradali e robe varie ai passanti. 

Una bella seccatura dato che la maggior parte dei cittadini mi prende per una che chiede elemosina.

Arrivo finalmente sul posto e aspetto un po' prima di entrare. 

Guardandolo da fuori sembra molto accogliente, con un’ insegna sui colori dell’azzurro e delle grandi finestre che lasciano vedere il tavoli. 

Il tempo di mettere un piede dentro all’edificio e subito mi accoglie una ragazza vestita da cameriera tradizionale.

“Buongiorno come posso aiutarla?” mi dice rivolgendomi un inchino e un sorriso che farebbe invidia perfino ad un bambino.

“Salve, uhm, ho visto questo volantino e diciamo che..uh sono interessata” sono più nervosa di quanto dovrei e credo che la ragazza se ne sia accorta.

“Ma certo, grazie per essere venuta. Non pensavo che sarebbe arrivato qualcuno così presto, sai, abbiamo distribuito i volantini ieri.”

Mi accompagna, poi, in una piccola stanza che sta vicino alla cucina e mentre aspettiamo la direttrice facciamo conoscenza. 

Lei si rivela essere una persona molto dolce e gentile, una di quelle che sembrano degli angeli scesi in terra e che ti danno sicurezza anche solo standoti vicino. 

Scopro poi che il suo nome è Gynn. 

E’ di statura abbastanza alta, i lunghi capelli neri corvini sono raccolti in una coda bassa e una ciocca più corta è raccolta a lato del viso; gli occhi sono tutta una sfumatura di azzurro/grigio e sono incorniciati da occhiali neri dalla montatura rettangolare. 

Insomma bella e dal carattere d’oro (o almeno questa è la prima impressione che mi ha dato).

Continuiamo a parlare e le racconto in breve quello che mi è successo: il mio arrivo qui, l’incontro con quei due e l’incidente.

“Dici seriamente?!” Si esalta lei “Hai veramente avuto una conversazione con due eroi il primo giorno qui in città? E per di più con un classe S! Cavolo, sei fortunata. Io fino ad ora sono riuscita a fare solo qualche foto” Ridacchia un po' in imbarazzo e io mi rendo conto che allora la parte più interessante della mia storia per lei è… la conversazione con quei due. Quindi qui è normale ricevere continui attacchi. Fantastico…

“E dimmi [nome], ti ricordi quale fosse l’eroe di classe S con cui hai parlato? Io li conosco quasi tutti. Mi considero una grande fan dell’Associazione Eroi” afferma sorridendo.

Io le rivolgo uno sguardo dall' aria interrogativa:

“Quindi sei un eroe anche tu?”

Lei mi guarda e si mette d’improvviso a gesticolare nervosamente:

“No no, scherzi? Non durerei neanche una settimana. Mi piacerebbe, sì, ma non avrei nessuna capacità particolare che potrebbe essere utile all’umanità e sarei d’intralcio. 

Mi limito a fare questo lavoro che però mi piace e mi permette di conoscere molte persone simpatiche.” 

Questa sua risposta mi demoralizza un po’ e guardo altrove.

“Capisco. Ah, e comunque l’eroe di cui volevi sapere è Demon Cyborg, di sicuro lo conosci” dico mettendo una vitalità nella mia voce che farebbe a gara con quella di un morto. 

Poi volto lo sguardo verso Gynn per vedere la sua reazione e la vedo prima sbiancare, poi le sue guance si tingono tutto d’un tratto di rosa. Cavoli, quella lattina troppo cresciuta fa questo effetto alle ragazze? Siamo messi bene…

Seguono degli attimi di silenzio quando alla fine mi decido a parlare “Tutto bene?”

Lei si sblocca finalmente:

“Uh? Oh si scusami! E’ che non me l’aspettavo proprio” ride imbarazzata un po' anche per nascondere il rossore.

La situazione diventa talmente bizzarra che mi scappa una mezza risata.

“A quanto pare ho a che fare con una sua fan” dico.

Lei arrossisce il triplo e mi dà un leggero schiaffo sulla spalla:

“Beh…no! Cioè.. forse. E dai non prendermi in giro!”

“Non lo sto facendo. Dai che se lo ribecco per strada ti faccio un fischio” scherzo io.

“Ci conto” risponde lei.

La conversazione va avanti in modo gradevole (quasi ci avevo preso gusto) fino a quando non arriva la direttrice del “Maid Caffè” .

Gynn inizia a raccontarle per filo e per segno la mia situazione attuale e mi sorprende che abbia già imparato tutto.  

Non la lascerei fare se non vedessi che la cosa stesse convincendo la direttrice.

La donna sembra interessarsi e decide di darmi qualche giorno di prova fino a quando non mi sarò dimostrata “degna”.

La ringrazio infinitamente e mentre sono in atto di uscire dal bar (se così si può chiamare) Gynn mi raggiunge da dietro frettolosamente:

“Ehi, uhm..senti [nome]..ti va se stasera tornassi a casa con me? Mi sembra di aver capito che tu non abbia proprio un posto dove stare. Non voglio essere scortese dicendo ciò, mi chiedevo solo se magari avessi bisogno di un po’ di compagnia o di una buona dormita. Che dici, ti va? E poi così domani posso accompagnarti qui senza problemi. Si arriva facilmente a piedi da casa mia a qui e la strada è breve.”

Non poteva dirmi cosa migliore; le rivolgo il miglior sorriso che le potessi fare al momento e la ringrazio tante di quelle volte che lei deve interrompermi per fermarmi.

Così mi incammino, per le strade invernali, riscaldata dalla voce della mia nuova amica (e salvatrice) che mi accompagna durante tutto il tragitto. 

Mi racconta della sua ammirazione per gli eroi, di come varie volte la abbiano aiutata e io mi limito ad ascoltarla. 

La sua voce mi trasmette una sensazione di tranquillità e sicurezza e sono contenta di ricominciare daccapo con un piccolo aiuto.
.  .  .
.  .
.

Saaalve qui sono sempre io. 

Scusate se sono praticamente deceduta ma tra verifiche a raffica e febbre a 39 non sono riuscita a combinare molto. 

In questo quarto capitolo non succede proprio un granché (o almeno per me) ma spero che sia comunque riuscito c:

Vi chiedo, però, di farmi sapere se volete che continui la storia mantenendo l’aspetto della protagonista un “mistero” o se volete che vi dica come me la immagino io.

Eeee, boh, fatemi sapere anche se ho fatto qualche errore madornale (sono ancora reduce dalla febbre, non si sa mai -^-).

Ci vediamo alla prossima 

Buon Natale a tutti.

 

   
 
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