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Autore: Chiaroscura69    26/12/2016    1 recensioni
Sebastian è orfano dall'età di tre anni, ricorda poche cose dei genitori e soffre irrimediabilmente per averli persi.
Questo lo ha fatto diventare un ragazzo difficile, pieno d'ira e incapace di trattenersi di fronte alle provocazioni. Solo una cosa crede di essere in grado di fare, un tratto che sa di aver ereditato dai genitori e che pare essere l'unico legame che lo unisca a loro: il basket.
Tuttavia dopo l'ennesimo rischio di essere espulso da una squadra per aver picchiato un avversario, una scoperta cambierà completamente la sua vita.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sebastian sentiva il sudore appannargli lo sguardo e il tempo scorrergli nella schiena. Pochi istanti e sarebbe finito tutto.
Si fermò appena un centimetro prima della linea da tre e dando un ultimo sguardo al canestro, tirò.
Quei pochi istanti che separano il giocatore dall'esito del suo tiro sono una realtà spazio-temporale che appartiene esclusivamente a lui. Sembra che l'aria venga risucchiata e che il tempo sia un'innumerevole serie di slide che procedono a rallentatore. Eppure chi tira, nel preciso istante in cui la palla si stacca dalle sue dita, sa benissimo se entrerà o meno nel canestro.
Sebastian sorrideva già, quando la palla fece un giro completo nel ferro del canestro prima di entrarci con decisione.
L'arbitrò diede il fischio finale e la Virtus si portò nuovamente a casa la vittoria per tre punti. Tutti i compagni sollevarono Sebastian con grida di giubilo.
Non era granchè legato alla squadra, come a nessun altro, ma in quei momenti si sentiva di far parte di qualcosa di grande ed era felice.
La gioia però non durò troppo.
La Scorpions era scontenta. Nessuno di quei ragazzi amava il basket quanto Sebastian; agli avversari importava solo di vincere.
Il playmaker degli Scorpions, un ragazzetto tozzo ma forzuto, si avvicinò con aria strafottente e bellicosa a Sebastian. Dopo averlo squadrato con aria di sfida gli mandò uno sputo dritto in faccia.
Il ragazzo si pulì il volto e il suo corpo scattò fremente di rabbia contro l'altro. Sferrò un pugno così forte da farlo cadere all'indietro, poi gli si gettò addosso.
I rispettivi compagni cercarono di separarli e riucirono a trascinare via di forza Sebastian.
L'allenatore della Virtus si avvicinò al ragazzo. ''Smettila Seba, quante volte devo dirtelo? Non cedere alle provocazioni, diamine!'' lo rimproverò.
''Ma coach mi ha sputato!''protestò Sebastian.
''Sarebbe stato espulso dalla sua squadra se tu non avessi reagito''.
Sebastian sospirò. Non era la prima volta che accadeva. Era stato cacciato da tre squadre per tre aggressioni.
La Virtus era la squadra migliore dove era stato fino a quel momento: i compagni non lo osteggiavano, l'allenatore gli voleva bene, i dirigenti lo adoravano per la sua bravura e un discreto pubblico aveva un debole per lui. Non voleva essere cacciato e sapeva che avrebbe dovuto riparare a quest'ultimo screzio.
''Adesso torna là e scusati'', gli impose il coach.
Sebastian raccolse tutta la sua forza e rinchiuse in un cassetto remoto tutto il suo orgoglio. Alzò la testa e si avvicinò valorosamente all'avversario che era ancora a terra con del ghiaccio in un occhio.
''Scusa non volevo farti male...''borbottò fissandolo spavaldamente negli occhi.
L'altro lo fulminò. ''Non le voglio le tue scuse, orfanello''.
A quel punto si scatenò il finimondo. Sebastian si gettò sul ragazzo, il coach si gettò su Sebastian e i compagni si gettarono da entrambe le parti cercando di frapporsi fra i due playmaker. Volarono pugni per tutti quanti. Alla fine riuscirono a separarli e Sebastian si rivestì tutto pieno di lividi.
Infine se ne andò senza dire una parola a nessuno.
La sua ''casa'' non era che l'ennesimo centro sociale che gli era capitato, dato che si trasferiva ogni qual volta venisse cacciato dalle squadre.
Bob, uno degli assistenti sociali, appena lo vide scoppiò in una fragorosa risata.
''Ehi orfanello, hai fatto a botte di nuovo? Speriamo che questa sia la volta buona così che non debba più vedere la tua brutta faccia''. Detto questo gli diede una pacca affettuosa sulla spalla e se andò, lasciandolo dolorante e amareggiato.
Non aveva ancora capito quel Bob, non sapeva proprio come prenderlo.
Salì pigramente le scale sbattendo i piedi e chiuse la porta con un calcio, accasciandosi poi sul letto.
Decise di rilassarsi sotto la doccia e dopo di compiere il suo solito rituale.
Prima chiuse a chiave la porta della stanza e prese la sua scatola da sotto il letto.
Lì c'erano gli unici oggetti che gli erano stati dati dei suoi genitori dagli assistenti sociali. Aprì la scatola e ne estrasse il contenuto, rovesciandolo sul letto. C'erano una sessantina di foto che ritraevano una ridente ricciolina e un giovanotto dagli occhi dolci che si abbracciavano, innamorati profondamente. Tuttavia le foto preferite di Sebastian erano due: nella prima il padre era sollevato da tutta la squadra mentre sollevava una coppa al cielo e l'altra ritraeva la madre sospesa in aria nel momento di un tiro da tre che Sebastian immaginava fosse andato a segno.
Sin da quando era piccolo quelle foto gli erano servite di sostegno nei momenti di sofferenza e stringerle al petto lo faceva sentire meno solo.
E poi c'era una cosa che non aveva mai capito; in ogni foto c'era una fila di numeri e alcune lettere: 481230N162219E. Sempre gli stessi numeri e le stesse lettere.
Ad interrompere le sue riflessioni giunse un battito alla sua porta. Prese tutte le foto e in tutta fretta le nascose sotto le spesse coperte del suo letto poi andò ad aprire.
''Ciao piccolo!''esclamò Pier scompigliandoli affettuosamente i capelli.
Pier era stato il migliore amico di suo padre ed era diventato il suo ''manager''.
''Ciao Pier...cosa devi dirmi?'' chiese mestamente Sebastian, aspettandosi l'ennesima cacciata dalla squadra.
Pier sospirò. ''Senti, la tua situazione si è notevolmente complicta, la Virtus però ha deciso di darti un'ultima occasione, grazie allavittoria che hanno ottenuto grazie a te. Ma bada Sebi, se ti dovessero espellere dalla Virtus la tua carriera sarebbe gravemente in pericolo e io non potrò fare nulla.''.
''Non ti deluderò, promesso.'',disse Sebastian con decisione, rincuorato da questa ultima occasione a lui inaspettatamente concessa.
''Ti credo, Sebastian...Sai che la Virtus è stata la squadra dove i tuoi genitori si sono conosciuti e hanno giocato insieme per la prima volta? disse Pier sorridendo.
Sebastian sentì gli occhi velarsi di lacrime e sorrise, promettendosi che non si sarebbe mai fatto espellere dalla Virtus.
''Davvero?''sussurrò rapito.
''Oh sì, sai c'ero anche io. Non andavano d'accordo sai? Ahahaha! Se ripenso a tutte le cose stupide che abbiamo fatto a tua madre...''rispose Pier perdendosi fra i ricordi.
''Ad esempio?''chiese incuriosito Sebastian.
''Ora devo proprio andare, ma un giorno te ne parlerò, promesso''.
Sebastian lo lasciò andar via a malincuore e solo dopo un abbraccio; Pier era l'unica persona a cui aveva mai dimostrato il suo affetto.
Appena se ne fu andato Sebastian prese la scatola e riordinò le foto. Nel mentre le parole di Pier gli frullavano in testa e una lacrima dispettosa gli fuggì dagli occhi, cadendo proprio su una foto. Il ragazzo tentò di prenderla per ripulirla ma rimase incollata al fondo della scatola, e nel tentativo si tirarla fuori Sebastian si accorse per la prima volta che nell'angolino destro c'era un bordo spezzato da cui si intravedeva un doppio fondo.
Cosa conteneva di così misterioso quella scatola se qualcuno aveva trovato opportuno nasconderlo?
 
   
 
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