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Autore: FrancyF    26/12/2016    4 recensioni
Mio padre dice sempre che per lui il mio arrivo ha rappresentato l’inizio del mondo. Non so bene cosa voglia dire, però gli credo.
Breve storia sul figlio di Leo e Cris.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cris, Leo, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Da piccolo avevo delle serie difficoltà a dire il mio vero nome.
Forse perché non vengo chiamato quasi mai così.
Quando ero proprio piccolo, e intendo così piccolo che me la facevo ancora addosso, i miei genitori mi avevano affibbiato una serie di soprannomi orrendi: Piscione, Fagiolino, Pupattolo, Leoncino.
Leoncino era quello che preferivo di più. Nei filmati di famiglia papà e mamma mi chiamano sempre così, qualche volta ancora adesso. Si guardano in modo stupido e poi guardano me dicendo –Il nostro Leoncino-. Poi papà aggiunge –Non so come hai fatto ad uscire così bene da uno come me-.
Da piccolo mi piaceva immaginare che io ero veramente un Leoncino e papà era un leone, perché, Leone lui lo è davvero. Passavamo ore a giocare ai leoni nella savana, lui si metteva a quattro zampe e mi prendeva in groppa e io ridevo felice. Come Simba e Mufasa: anche se nei nostri giochi, ovviamente, Mufasa non moriva.
Ma adesso no. Ora preferisco che la gente mi chiami con il mio vero nome. Anche perché spesso, mamma e papà, a forza di chiamarmi Leoncino creavano non pochi fraintendimenti: le vecchiette al parco guardavano in modo strano i miei genitori, forse pensavano veramente che mi avessero chiamato con un nome così ridicolo!
Le cose non sono migliorate quando, crescendo, ho iniziato ad assomigliare sempre di più a mio padre: il nonno ha iniziato a chiamarci Leone e Leone Junior.
In ogni caso quando mi hanno dovuto iscrivere alla scuola dell’infanzia hanno dovuto iniziare a chiamarmi con il mio vero nome, perché se no non rispondevo alle maestre.
Mi chiamo Simone, per inciso.
Mamma mi ha raccontato che inizialmente non sapevano come chiamarmi.  Poi Bianca, un’amica della mamma, le ha regalato un libro sui nomi. E’ stata mamma a sceglierlo.
Simone, colui che è stato mandato ad esaudire il desiderio dei suoi genitori.
Ma tutti però, e non so bene per quale motivo, mi hanno sempre chiamato Simmo.
  
Mio padre dice sempre che per lui il mio arrivo ha rappresentato l’inizio del mondo. Non so bene cosa voglia dire, però gli credo.
Mi piace quando lo dice perché mi fa sentire speciale. Mia zia Asia dice che in realtà tutti siamo un po’ speciali ma papà non è d’accordo: ribatte sempre quando la zia dice questa cosa, sostenendo che allora è come dire che speciale non lo è nessuno.
Papà e la zia si battibeccano spesso durante i pranzi di famiglia, ma si vogliono davvero bene e mi diverto a guardarli punzecchiarsi l’un l’latra.
La mamma è più diplomatica invece, dice che speciale lo si è tutti ma in diversi momenti delle nostre vite, ed è soprattutto grazie alle persone che incontriamo, che toccano la nostra vita, che nasce qualcosa dentro di noi che ci rende veramente speciali.
La mamma è fantastica, per inciso.
Papà dice sempre che senza di lei, io e lui non saremmo niente. E anche questo io non so bene cosa voglia dire.
Perché papà è fatto così: dice un sacco di cose complicate che capiscono  solo lui e i suoi amici.
Io comunque mi considero un bambino normale. Sono un bambino normale. Abito a Foggia in Puglia , in un appartamento uguale a tutti quelli di Foggia.
Ho una mamma, un papà, degli zii e dei nonni.
In realtà in famiglia c’è anche il mio topo domestico di nome Sorcio. Me lo ha comprato zio Toni quando mamma e papà si sono rifiutati di comprarmi un cane. Perchè io ho sempre desiderato un cane, ma loro continuano a sostenere che sono troppo piccolo, che la casa è troppo piccola e che non ne ho bisogno. Da quando avevo tre anni chiedevo sempre un cane per il mio compleanno, ma quello non arrivava mai. Così zio Toni ha deciso di accontentarmi: l’anno scorso è arrivato a casa con un grosso scatolone. Dentro c’era Sorcio, un topo bianco e nero. Mamma era un po’ schifata e papà non sembrava tanto contento, ma io ero al settimo cielo. Ho piazzato il mio nuovo amico in una gabbia di fortuna e gli ho subito servito acqua e mangime per roditori. Da allora Sorcio ha un posto d’onore sulla mensola in camera mia. Ogni mattina e ogni sera lo saluto e lui mi risponde. Forse sono troppo ossessionato da Sorcio, perché mio nonno ha iniziato a chiamarci Socio & Sorcio.
In ogni caso Sorcio è l’unico essere vivente particolare in famiglia.
Per il resto ho una famiglia molto ordinaria.
Mio padre si chiama Leone, ma nessuno lo chiama mai così. Per tutti è sempre Leo. Leone lo è solo quando fa arrabbiare la mamma o la zia.
Papà gestisce un negozio pieno di oggetti strani: vecchi dischi, modellini, poster, libri in altre lingue, e gadget di tutti i tipi. Lui e zio Vale lo gestiscono assieme da un paio d’anni e gli affari credo vadano bene. Non che mi sia concesso saperlo, però vedo sempre tanta gente in negozio. Il negozio si chiama “Watanka”, e questa è la milionesima cosa che non capisco.
Davvero mio padre dovrebbe scrivere un vocabolario.
Una delle cose che mi piace più di lui è che fa ridere un sacco. Rido praticamente sempre quando sono con lui. E poi sta simpatico a tutti. Pure alla mia maestra, e di questo mamma ne è gelosa ne sono certo.
La mia mamma invece si chiama Cristina, ma anche qui papà e praticamente ogni adulto che conosco la chiamano sempre Cris.
Mamma si autodefinisce come l’assennata della famiglia. Ogni volta che io e papà diciamo qualcosa di sciocco o facciamo una marachella,lei alza sempre gli occhi al cielo, e esclama –Santa Cris mi dovrebbero fare! Siete sempre i soliti!-.  Però si vede che non è veramente arrabbiata perché sorride sempre, in maniera quasi impercettibile, in effetti ma io sono bravo ormai a vedere quando è realmente arrabbiata per qualcosa.
Mamma fa l’infermiera e lavora tanto. A volte anche di notte, ma a me non dispiace. A volte resto fermo a letto,  nel buio della mia stanza, ma sveglio: aspetto che torni e quando arriva la sento aprire la porta e posare e le chiavi. Sento i suoi passi lievi in corridoio, la sento posare la borsa sul divano e levarsi le scarpe con un sospiro. E poi la sento aprire la porta della mia stanza, vedo la luce debole della lampada entrare nella penombra e la sento arrivare, mi accarezza, mi bacia. E io tengo gli occhi chiusi.
E la sento sussurrare  –Buonanotte Leoncino. Mamma e papà ti amano tanto-.
E mi sento felice. 


Dopo il finale di BR mi sono chiesta quale fosse il nome del piccolo Leoncino.... così ho scritto questa breve storia dove lui si presenta.
Spero vi sia piaciuta. Magari fra un paio di mese diventerà un racconto vero e proprio. 
- Fran 
   
 
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