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Autore: Iria    27/12/2016    1 recensioni
[Personaggi: Kyosuke Munakata, Juzo Sakakura]
"Accadde poco dopo quel terribile incidente con la scolaresca di bambini.
Gli animi alla Future Foundation erano più cupi e demotivati che mai nella lotta contro quell'infido mostro – disperazione.
Si annidava ovunque e lì cresceva come un parassita virale e carnivoro. Kyosuke aveva visto i volti dei suoi alleati tingersi di orrore e disgusto, all'inizio, poi lentamente morte e atrocità erano divenute costanti della loro esistenza, ed anche le emozioni avevano assunto il grigio tono dell'apatia – disperazione."
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Di fragilità e disperazione
 
Accadde poco dopo il terribile incidente con la scolaresca.
Gli animi alla Future Foundation erano più cupi e demotivati che mai nella lotta contro quell'infido mostro – disperazione.
Si annidava ovunque e lì cresceva come un parassita virale e carnivoro. Kyosuke aveva visto i volti dei suoi alleati tingersi di orrore e disgusto, all'inizio, poi lentamente morte e atrocità erano divenute costanti della loro esistenza, ed anche le emozioni avevano assunto il grigio tono dell'apatia – disperazione.
Tuttavia, Munakata notava come gli occhi di Juzo si crepassero e andassero sempre più a pezzi. L'ex pugile era il solo che continuava a non distogliere lo sguardo dai cadaveri, l'unico che sciacquava le mani ossessivamente, anche quando erano pulite, dopo ogni nuova missione.
Kyosuke non riusciva mai a fermarlo.
Lo guardava, osservava i movimenti frenetici e violenti, le dita diventare blu nell'acqua gelida, ma quando tentava di prendergli una mano e bloccarlo, Juzo lo evitava prontamente.
Riflessi d'atleta.
Allora, il giovane alzava le braccia e, mentre l'acqua gocciolava sul pavimento, Kyosuke lo fissava sorridere e poi chinare lo sguardo.
"Il sangue... non riesco a levarmelo di dosso."
 
Ciò che era accaduto a quei bambini lo aveva sconvolto e Munakata sapeva meglio di chiunque altro il perché: era stato Juzo con la sua squadra ad aver messo al riparo i piccoli, all'inizio. Infatti, in quel periodo erano sulle tracce di un killer di bambini (un tale soprannominato Gilles de Rais), e di conseguenza trarre in salvo quella scolaresca dalle atrocità e dalle perversioni di un mostro era stata la priorità di Sakakura. Aveva svolto un lavoro eccellente e, nonostante i bambini non gli piacessero granché, aveva mostrato una pazienza seconda solo a quella di Yukizome. Le piccole pesti si erano persino affezionate ai suoi modi da gigante burbero e gentile...
Quando Juzo aveva visto i piccoli cadaveri, Kyosuke aveva temuto di vederlo crollare. Yukizome e Sakakura erano le sue fondamenta, tutto ciò che gli serviva per continuare a procedere a testa alta; e perdere la loro forza avrebbe significato spegnersi, irrimediabilmente.
Però Sakakura aveva ingoiato l'orrore, passandosi una mano tra i capelli.
"Sono proprio un grande fallimento." Un sospiro, gli occhi immersi in un intorpidimento doloroso.
"Vado a farmi una bevuta, vieni con me?"
 
Munakata non ricordava quando esattamente Juzo avesse iniziato a bere.
Forse era stato in quella sera piovosa di anni prima, quando sia lui che Yukizome gli avevano comunicato l'innocenza di Junko Enoshima.
Siccome non aveva risposto a nessuna delle sue chiamate, aveva deciso di raggiungerlo nel locale dove ai tempi della scuola prendevano una pausa, assolutamente convinto di trovarlo lì, al loro vecchio tavolo...
Juzo infatti era seduto di fianco alla vetrata, ad osservare la pioggia. Aveva un bicchiere con del liquore dorato davanti a sé e quando Kyosuke si accomodò con lui, silenzioso, non fece una piega, né mostrò di averlo sentito arrivare. Munakata notò che aveva gli abiti bagnati, come se avesse camminato sotto la pioggia martellante.
"Whiskey? Cosa si celebra?" Tentò di chiedere, cercando il suo sguardo ancora fermo sulla strada deserta.
L'altro si voltò lentamente verso di lui con un sorriso infinitamente amaro, che Kyosuke non avrebbe mai compreso.
"L'amicizia, l'amore, la vita... qualsiasi cosa. Siamo di nuovo noi tre assieme, no?"
 
Kyosuke era di fronte alla porta della stanza di Juzo, la mano sulla maniglia.
Erano giorni che il giovane non si mostrava neanche alle riunioni e presto la preoccupazione aveva iniziato a tormentare i suoi pensieri e il suo cuore.
Bussò lievemente.
Era strano. Quella formalità si era imposta tra di loro senza che se ne accorgessero. Kyosuke ricordava la porta di Juzo sempre aperta alla Hope's Peak. Spesse volte, infatti, lo aveva raggiunto per fargli ascoltare un discorso o per illustrargli un progetto meraviglioso che la notte gli aveva suggerito, passando ore a parlare prima di crollare addormentati nello stesso letto.
Sospirò e, poiché non ricevette risposta, decise di entrare.
L’odore di alcol e la semi-oscurità della stanza lo colsero di sorpresa, ma Munakata restò fermo sulla porta e guardò verso il letto. Juzo dormiva sdraiato su di un lato, i capelli scomposti, l’ombra della barba sul viso e un paio di bottiglie di liquore rovesciate sul pavimento. Mentalmente, appuntò di dover discutere con Kizakura della questione.
Si avvicinò, abbassandosi a raccoglierne una, prima di sentirsi bloccare contro un muro. Evidentemente, Juzo non stava dormendo e forse non l’aveva neanche riconosciuto, perché gli aveva afferrato un polso come pronto a difendersi da un attacco. Kyosuke lo vide caricare il sinistro, ma poi non avvertì la scossa di dolore del colpo. Piuttosto, sentì la mano dell’amico sfiorargli lo zigomo ed infrangersi sulla parete.
“Munakata? Che diavolo… avrei potuto ferirti!”  
Il suo tono di voce era impastato e incerto. Kyosuke sospirò, percependo il punto che Sakakura aveva toccato pulsare; quindi gli prese il polso, facendogli abbassare piano il braccio.
Sanguinava.
“Be’, non sarebbe stato il mio primo occhio nero.” Cercò di ironizzare, sfiorando piano la mano ferita dell’altro.
 
Il secondo in comando della Future Foundation ricordava chiaramente quella volta di anni prima, quando si era imposto il bizzarro obiettivo di apprendere qualche nozione di boxe. Col rischio di essere scoperti, aveva letteralmente trascinato il pugile nella palestra della scuola a notte fonda, prima Juzo, preso dal panico dopo averlo colpito in pieno viso, lo riportasse in camera propria di corsa, mormorando scuse su scuse e diversi “Non morire, Munakata!” che a ripensarci avevano imbarazzato terribilmente l'atleta e divertito Kyosuke fino alle lacrime.
Ma Sakakura sembrò non cogliere la battuta e lo fissò con occhi vuoti e spaventati.
“Io… ti ho colpito altre volte?” Lesse una paura irrazionale e profonda nel suo sguardo, la vergogna d’aver perso se stesso fino a ferire chi possedeva il suo cuore. Kyosuke, però, scosse la testa.
“No, certo che no.” Bisbigliò soltanto, quindi si sfilò piano la giaccia e, avvolgendola attorno alla mano sanguinante, lo condusse verso il letto.
“Odio quando ti ferisci.” Soffiò poi, ricercando in un cassetto del comodino vicino le bende che Sakakura conservava sempre con sé e del disinfettante. Si inginocchiò, iniziando delicatamente a fasciargli le nocche, dopo averlo medicato.
“Non riesco mai a capire se ciò che faccio possa provocarti altro dolore.” Confessò con amarezza, riuscendo a fissare appena le fasce, avvertendo poi il peso dell’amico su di sé.
“Sakakura..?”
L’ex pugile si era poggiato contro la sua spalla e, per un solo istante, Kyosuke aveva avvertito le labbra di Juzo posarsi sulla pelle scoperta del collo.
Chiuse gli occhi, fermo in quella stretta, prendendolo piano per le braccia.
Lo aveva immaginato, era stato di certo un incidente, ma quella sensazione bruciava sulla carne.
Inaspettata, piacevole.
“No, no. Tu... sei sempre qui, a tenermi al sicuro dal farmi del male.” Juzo lo mormorò al suo orecchio e il calore di quella voce lo investì, trascinando Kyosuke in un limbo atroce e caotico, costringendolo a letto, fermo contro il materasso.
Munakata guardò l’amico negli occhi, silenzioso, e tutto ciò che riuscì a scorgere fu solo l’incoscienza e lo sguardo vuoto di un ubriaco.
Era tutta colpa sua – la distruzione fisica e psicologica alla quale aveva sottoposto le persone a lui più care. Kyosuke si sentiva loro carnefice, un boia maldestro e crudele.
Juzo era vicino alle sue labbra e l’odore di liquore era così forte da bruciargli la pelle.
“Morirei per te. Anche ora, se solo questo potesse… servire a redimere tutti i miei sbagli e le mie colpe.”
Munakata alzò piano una mano, seppur esitante, a sfiorargli il viso ruvido. Non comprendeva davvero l’origine del terrore nei suoi occhi, ma se anche un solo gesto avesse potuto quietare, domare e allontanare quella macchia dal cuore devastato dell’amico, allora avrebbe anche offerto la propria anima.
“Uccidimi, Kyosuke. Se un giorno dovessi…” prese una pausa, strinse i denti e deglutì. “… tradirti, metterti in pericolo, non risparmiarmi.” Gli aveva preso la mano e se l’era portata al petto, verso il cuore e poi alle labbra, baciandola.
Il terrore selvaggio del fallimento rombava in ogni suo battito e Juzo, in quell'attimo, si convinse che Kyosuke avrebbe potuto leggere la verità soltanto in quel tocco. Eppure i suoi occhi, i suoi splendidi occhi erano così confusi, spaventati e tristi che non poté evitare di ridere, stringendolo a sé nel tremore di un pianto incontrollato e inconsapevole.
Munakata, allora, ricambiò l’abbraccio, restando lì sul suo letto, incastrato in quella dimensione costruita su confusione e colpa.
“Come desideri.” Soffiò al suo orecchio, chiudendo gli occhi.
E allora, per un’altra notte ancora, avrebbero potuto tornare ad essere i liceali di un tempo: dormire assieme e smaltire il fragile delirio dell’alcol.
 
“Per–perché..?”
“Lo sai.”
 
Dream brother.
My killer, my lover. 
   
 
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