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Autore: Imaginaerum    28/12/2016    1 recensioni
Non ho più niente, nemmeno me stessa.
Eppure sorrido. Certo, non è uno di quei sorrisi a trentadue denti, uno di quelli luminosi e sinceri di cui ero capace, che ha fatto innamorare più di un uomo e che ha curato molte ferite, quel sorriso l’ho perduto ma anche se esistesse ancora ora non mi salverebbe.
Tuttavia sorrido.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Chiedo scusa, questo posto è occupato? -
- No, prego si accomodi! - . Sorrido. Sono a terra, completamente sconfitta dalle avversità della vita. Ho dichiarato la resa già da un po’ ma la vita proprio non ne vuole sapere di lasciarmi in pace. Paralizzata dal dolore e con il cuore andato in pezzi così tante volte che non me ne rimane più abbastanza per tenermi in vita, sono circondata da un vuoto devastante che si riflette dentro me. Il vuoto attorno ed il nulla dentro.
Non ho più niente, nemmeno me stessa.
Eppure sorrido. Certo, non è uno di quei sorrisi a trentadue denti, uno di quelli luminosi e sinceri di cui ero capace, che ha fatto innamorare più di un uomo e che ha curato molte ferite, quel sorriso l’ho perduto ma anche se esistesse ancora ora non mi salverebbe.
Tuttavia sorrido, un’ombra appena. Ma questo non è un segno di forza, non è un sintomo di un tentativo interiore di reagire, una volontà di combattere. Sarebbe bello se fosse così, ma no, non è nulla di tutto ciò: è solamente abitudine. Sto sorridendo per mera reazione meccanica alle circostanze. Sono talmente incapace di rialzarmi, ora, per l’ennesima volta, che non solo non ho la forza di reagire, ma non so neanche come si faccia a non reagire e ad essere semplicemente sconfitta. Non ne ho proprio idea.
Sorrido, ma lo faccio solo perché non conosco nessun altro modo di comportarmi.
Non so più combattere, ma non so nemmeno arrendermi.
- Grazie, è molto gentile-. Penso che se lo fossi stata davvero non mi troverei in questa situazione così nera. - Comunque il mio nome è Jacopo, piacere-.
Mi tende la mano. La stringo. Questo contatto inatteso mi fa sussultare leggermente. È solo un contatto formale con un estraneo, eppure è sufficiente a sfiorare per un istante questo mio cuore così martoriato. Sarà che non ho più nulla e sono così esposta e priva di difese che anche il più piccolo tocco è in grado di arrivarmi dentro l’anima.
-Io sono Alice, piacere- .
Non so perché, ma all’improvviso penso che l’educazione e la cortesia di questo estraneo qui di fronte a me siano tutto ciò che mi rimane nella vita e devo fare il possibile per trattenerlo e non farlo scivolare via. Forse è per questo che le mie parole sono uscite fuori dalla mia bocca in modo così inaspettato che prima ancora di pensarle le ho udite. - Quale impegno l’ha portata su questo treno? –.
 
Fu così che ebbe inizio: una parola inaspettata dopo l’altra.
Mi raccontò della sua avventura frenetica per riuscire a prendere il treno e attraverso il suo racconto riuscivo ad immaginarmi la figura di quell’uomo che corre attraverso il parcheggio con la cartellina in una mano, i capelli all’aria ed un ombrello tenuto stretto nell’altra che tenta disperatamente di proteggersi dalla pioggia incessante. Non ero particolarmente attenta a ciò che diceva, eppure ogni sua parola componeva nella mia mente un’immagine. E così, fotogramma dopo fotogramma mi ritrovai a vedere il film di un piccolo frangente di vita di quest’uomo, estraneo eppure già conosciuto. 
Poi andò avanti, e non si fermò più.
Quell’uomo, quel completo estraneo, che tanto estraneo ormai non era, mi salvò dall’abisso. 
   
 
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