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Autore: smile_tears    29/12/2016    1 recensioni
Mentre stava per uscire, a causa della pila che gli ostruiva la visuale, non vide il tappeto situato all’ingresso e ci inciampò dentro, cadendo direttamente contro la porta che precedentemente aveva socchiuso.
Non appena sentì la porta sbattere gli si gelò il sangue nelle vene. Si mise immediatamente in piedi e cercò di aprire la porta con tutte le sue forze, ma come si aspettava quella non si aprì. Istintivamente si passò le mani dalle dita lunghe e affusolate tra i capelli argentei, evidenziando la sua preoccupazione. Era rimasto chiuso nell’unica stanza senza finestre e in casa non ci sarebbe stato nessuno fino a due giorni dopo.
Estrasse il cellulare dalla tasca posteriore dei suoi pantaloni e sospirò frustrato quando si rese conto che la batteria era al cinque percento. Avrebbe fatto a malapena in tempo a scrivere un messaggio ad una sola persona, ma tra tutte le persone a cui avrebbe potuto chiedere soccorso, scelse l’unica che sicuramente non lo avrebbe potuto aiutare. Ma era convinto della sua scelta, era la persona di cui si fidava di più; la persona che ammirava e stimava da ormai tre anni...
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Daichi Sawamura, Koushi Sugawara
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Locked doors and unspoken weaknesses
 

Sugawara lo sapeva. Sapeva che la porta della vecchia biblioteca di casa sua era rotta e che non doveva essere chiusa per nessun motivo. Infatti durante tutto il tragitto che portava alla stanza non aveva fatto altro che ripeterselo, ma si sa, a volte è il fato che decide per noi.
Aveva salito le scale una ad una, lentamente, cercando di mettere in ordine i pensieri che gli attanagliavano la mente. Era stanco di pensare, di farsi problemi su problemi, ma era nella sua natura essere così insicuro, non riusciva proprio ad avere fiducia in sé stesso e credere nelle sue capacità.
Entrato in quella che doveva essere una biblioteca ma che per le sue dimensioni ridotte sembrava più uno stanzino per le scope, accese la luce e recuperò una scala per poi scegliere quanti più libri possibili. Dopo venti minuti di ricerche, stringeva tra le mani una pila di dieci- quindici volumi. Forse erano troppi, ma doveva passare due intere giornate stando completamente da solo, doveva pur fare qualcosa.
Mentre stava per uscire, a causa della pila che gli ostruiva la visuale, non vide il tappeto situato all’ingresso e ci inciampò dentro, cadendo direttamente contro la porta che precedentemente aveva socchiuso.
Non appena sentì la porta sbattere gli si gelò il sangue nelle vene. Si mise immediatamente in piedi e cercò di aprire la porta con tutte le sue forze, ma come si aspettava quella non si aprì. Istintivamente si passò le mani dalle dita lunghe e affusolate tra i capelli argentei, evidenziando la sua preoccupazione. Era rimasto chiuso nell’unica stanza senza finestre e in casa non ci sarebbe stato nessuno fino a due giorni dopo.
Estrasse il cellulare dalla tasca posteriore dei suoi pantaloni e sospirò frustrato quando si rese conto che la batteria era al cinque percento. Avrebbe fatto a malapena in tempo a scrivere un messaggio ad una sola persona, ma tra tutte le persone a cui avrebbe potuto chiedere soccorso, scelse l’unica che sicuramente non lo avrebbe potuto aiutare. Ma era convinto della sua scelta, era la persona di cui si fidava di più; la persona che ammirava e stimava da ormai tre anni: il suo migliore amico, Daichi.
Il ragazzo era a letto con la febbre, per questo dubitava che sarebbe potuto correre in suo aiuto, ma confidava ciecamente in lui, sapeva che non lo avrebbe deluso.
Dopo aver contattato l’amico il cellulare gli si spense tra le mani, quindi affranto si sedette con la schiena contro la porta, sperando in un miracolo natalizio.
Restò in quella stessa posizione per minuti che gli parvero ore, finché non sentì la porta di casa aprirsi e dei passi trafelati su per le scale. Istintivamente posò l’orecchio sul legno freddo della porta, sperando che quel trambusto fosse provocato dal suo Daichi. «Sugawara! Sugawara, stai bene?»
Kōshi assunse un’aria perplessa. All’inizio dalla voce che sentiva dalle scale credeva che fosse Daichi, ma non ne era sicuro e, in fondo in fondo, non credeva che l’amico fosse uscito di casa solo per andare da lui. «Coach Ukai, è lei?»
Sawamura, dall’altro lato della porta, era stranito quasi come l’altro ragazzo. Davvero l’alzatore credeva che fosse il coach?
Stava per dirgli che aveva preso un abbaglio, quando l’altro, con voce triste, lo interruppe. «Sa, all’inizio l’avevo scambiata per Daichi. Speravo davvero fosse lui. Mi chiedo perché tra tante persone abbia chiesto aiuto proprio a lei»
Probabilmente a causa del raffreddore e della voce roca non l’aveva riconosciuto. Anche se all’inizio voleva dirgli che si era sbagliato decise di reggergli il gioco, c’erano un paio di cose che voleva chiedergli. «Non saprei cosa risponderti. Semplicemente Sawamura mi ha chiamato ed io sono corso qui. Piuttosto, tu stai bene?»
Sentì il ragazzo emettere una risatina e questo gli fece capire che, a prescindere dalla risposta, l’amico non stava affatto bene. «Se parla fisicamente sto benone, non si preoccupi. Non mi sono fatto nulla»
Daichi, da ragazzo saggio quale era, capì subito che c’era qualcosa che non andava e ci avrebbe messo molto tempo per estorcergli qualcosa, quindi si sedette a terra, con la schiena contro la porta, nella stessa posizione di Suga. «Allora cosa c’è che ti turba? È da molto tempo che mi sono accorto che hai qualcosa che non va»
Dall’altra parte ci fu solo silenzio, come il capitano immaginava. Ma nonostante questo non disse una parola, sapeva che prima o poi l’altro avrebbe parlato spontaneamente. «Io non sono forte come tutti credono»
A quelle parole, pronunciate da una voce triste e malinconica, Daichi si mise attentamente in ascolto, non voleva perdersi neanche una parola, così da poter aiutare quello scellerato del suo migliore amico. «Il soprannome “Mr. Freschezza” non mi si addice per niente. Dicono che sono forte, un’ancora di salvezza per la squadra. Dicono che so tirare fuori il meglio dalle persone e che sono sempre disponibile ad aiutare gli altri. Ma la verità è che io mi costringo ad essere così. Non voglio essere un peso per nessuno e semplicemente voglio che la squadra sia forte e vinca, con o senza di me. Ma in realtà io sono solo un povero codardo, che nel campo, con tutti gli altri al suo fianco, è in grado di lottare, mentre da solo vuole sotto mettersi in ombra e non infastidire nessuno. Sono solo una nullità»
Daichi non poteva vederlo, ma sapeva che Suga stava piangendo. E voleva piangere anche lui, ma dalla rabbia. Rabbia per non essersi accorto di nulla anche se era il suo migliore amico; rabbia perché quelle parole erano false, Suga era tutto meno che un codardo. «Non è vero- trovò la forza di dire- Sugawara tu non sei un codardo, anzi. Sei davvero l’ancora della squadra. Tutti ti prendono come esempio; ti sei visto strappare il posto da titolare da Kageyama, ma nonostante questo non hai mai mollato, continuando ad allenarti, impegnarti e trovare sempre nuove strategie. Inoltre hai un intuito molto spiccato, percepisci se i tuoi compagni hanno un problema e loro si fidano di te, ti chiedono consiglio. Ti sembra che una persona con un animo così nobile possa davvero essere definito un codardo? E poi, mi spieghi perché non ne hai parlato con Sawamura? Non è il tuo migliore amico?»
Dall’altra parte si sentivano solo dei singhiozzi, ed ogni volta il cuore del capitano si stringeva sempre di più. Si sentiva in colpa, avrebbe davvero voluto fare qualcosa per aiutarlo.
Poco dopo, l’altro riprese a parlare. «Daichi si preoccupa troppo per me. Se gli avessi detto una cosa del genere sarebbe andato in panico, come minimo l’avrebbe costretta a farmi giocare al posto di Kageyama in qualche partita. E poi avrebbe iniziato a passare ogni momento libero con me, per accettarsi che io stessi bene. Ma io gli voglio troppo bene per lasciare che si limiti così a causa mia, è per questo che non gli ho mai detto tutto»
Sawamura chinò il capo con aria afflitta, solo un lieve sorriso ad increspargli le labbra secche. Era tutto vero, se lo avesse saputo prima avrebbe davvero fatto tutto quello che l’amico aveva appena descritto. Ma sentiva che c’era ancora qualcosa che non andava, che dietro quel “tutto” c’era ancora dell’altro. «Cos’altro mi stai nascondendo, Sugawara? Lo so che non mi hai raccontato tutta la verità»
«Non voglio che mi odi»
Fu solo un lieve sussurro, ma nel silenzio di quella casa a Daichi parve un urlo disperato. «Non ti odierei mai. Né io, né Daichi né nessun altro ti odierebbe, credimi. Fidati di me»
Ci fu silenzio per all’incirca trenta secondi, poi una sola frase che fece battere il cuore del capitano a livelli preoccupanti. «Sono- sono innamorato di un ragazzo. O meglio, sono innamorato di Daichi. Per questo non l’ho detto mai a nessuno, specialmente a lui, avevo il terrore di perdere la sua amicizia»
Sawamura era sconvolto, non sapeva cosa dire, ma si fece forza per far capire all’amico che nonostante tutto gli era sempre vicino. «Come- come è successo? Come l’hai capito?»
«Non c’era niente da capire- disse, e gli parve di sentirlo sorridere- Credo di essere innamorato di lui dalla prima volta che l’ho visto, solo che non volevo ammetterlo a me stesso. Sapevo che tremare ad ogni suo tocco, arrossire ad ogni sua parola e non poter fare a meno di pensare che fosse bellissimo ogni volta che lo vedevo non fosse normale, ma facevo finta di niente. Probabilmente dentro di me sapevo già di amarlo ma di non essere ricambiato, per questo mi accontentavo di essere suo amico. A volte l’amore fa davvero male come dicono»
Daichi non ce la faceva più. Tutte quelle parole improvvise, traboccanti di amore nei suoi confronti, lo stavano rendendo pazzo. Doveva parlare con Suga, immediatamente. «Allontanati dalla porta, immediatamente»
Il ragazzo dall’altra parte parve non capire cosa fosse preso a quello che credeva essere il coach, quindi esitò ad eseguire l’ordine. «Cosa- cosa vuole fare?»
«Allontanati da lì e basta!»
Non appena fu certo che Suga avesse obbedito al suo ordine, prese una lieve rincorsa e sfondò la porta. Non appena la porta si aprì, il viso di Sugawara cambiò mille tonalità di colore, passando dal colorito pallido di quando si era accorto che quello non era Ukai, al rosso acceso di quando capì di aver spifferato tutto al suo migliore amico.
«Daichi che ci fai qui? Non c’era il coach lì fuori? Ti prego non dirmi che ho parlato solo con te tutto questo tempo, mi sono reso ridicolo!»
Il capitano intanto cercava di interromperlo e calmarlo, ma con scarsi risultati. «Suga! Ehi, Suga, calmati! Sugawara!»
Ma quando vide che quello continuava a blaterare cose senza senso perse davvero la pazienza. « Kōshi, sta’ zitto un attimo!»
A quel punto il ragazzo ammutolì, ma non per l’ordine, ma solo perché quella era forse la prima volta che Daichi lo chiamava per nome.
Sawamura iniziò lentamente ad avvicinarsi a lui, che al contrario indietreggiò, finendo in trappola con la schiena contro la libreria. «Da-Daichi che ti prende?»
«Sai, Kōshi, a volte sei davvero sciocco. Ci conosciamo da tre anni e siamo migliori amici, possibile che tu non ti sia mai accorto che nello spogliatoio non faccio altro che guardarti? O che non appena mi sorridi o i tuoi occhi incontrano i miei arrossisco come una quattordicenne alle prese con la sua prima cotta? Persino quell’imbranato di Asahi se ne è accorto»
Sugawara non riusciva a credere a credere alle sue orecchie. Cos’era quella? Una dichiarazione?
Vedendo che il compagno non decideva a muoversi, Daichi continuò ad avvicinarsi, finché non gli fu ad un palmo dal naso. «So a cosa stai pensando e si, questa è una dichiarazione. Anch’io sono innamorato di te»
A quel punto fu inevitabile che il viso di Suga si riempisse di lacrime, facendo intenerire Sawamura, che semplicemente lo abbracciò. Quando l’altro si fu calmato gli passò i pollici sotto gli occhi, per asciugare i residui delle lacrime, poi avvicinò le loro labbra e finalmente lo baciò. Lo baciò con tutta la dolcezza e tutto l’amore che aveva in corpo, facendolo sentire amato  e apprezzato come mai prima.
E pensare che era partito tutto da una porta chiusa a chiave. Forse stavolta doveva davvero ringraziare il fato.
 
 
 
 Hola! 
Salve a tutti. è la prima volta che scrivo in questo fandom, nonostante io segua Haikyuu da più di un anno. 
Che dire, amo l'anime, amo la Daisuga e oggi mi sentivo ispirata, così è nata questa cosetta qui. Non è niente di che e non è nemmeno scritta in maniera decente, ma prometto che domattina a mente lucida cercherò di migliorarla un po'. 
Dato che è tardi me ne vado subito, volevo solo dirvi che mi rivedrete da queste parti, in quanto sto lavorando ad una OS su una delle mie coppie preferite, la Tsukkyama, ispirata anche a due doujinshi che adoro. 
Spero inoltre che Suga non vi risulti troppo OOC, in tal caso mi dispiace, segnalatemelo e cercherò di metterlo almeno negli avvertimenti. Beh, ora mi dileguo. Spero che a qualcuno di voi piaccia questa storiella e me lo faccia sapere.
A presto,
Miky. 

 
  
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