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Autore: geal righ    29/12/2016    0 recensioni
[Heaven’s Door Yaoi GDR]
[Heaven’s Door Yaoi GDR][Heaven’s Door Yaoi GDR][Heaven’s Door Yaoi GDR][Heaven’s Door Yaoi GDR][...] "ho deciso di partire. lascio Londra."
"ah. davvero? beh, sono sicuro che ti troverai bene ovunque andrai, e che non ti sarà difficile trovare lavoro vista la tua esperienza."
"già. beh... allora ci sentiamo eh. stammi bene, Cedric."
"anche tu, Calintz."
"non guardare! non guardare!" disse il Corvo.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Lime, Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Se ripenso a quella mattina, la prima cosa che mi viene in mente è il sapore pessimo del tea.
Avevo seguito tutti i soliti procedimenti, eppure aveva un sapore amaro, come se ci fosse un qualcosa di sbagliato, in tutto quello. Non sono mai riuscito a capire cosa ci fosse, quel giorno, a dargli un sapore del genere.
Quando Calintz arrivò in sala, era già vestito e pronto ad andarsene. Non c'eravamo parlati poi molto, quella mattina: Cal aveva insistito di lasciare subito il letto così da potersi lavare e farsi una doccia, dato che andava di fretta. Poi, è arrivata la notizia.
[ho deciso di partire. Lascio Londra.]
Fu come una vasca d'acqua ghiacciata in piena faccia. O un pugno.
Avevo avuto dei segnali, che era successo o doveva succedere qualcosa, ma non mi sarei mai aspettato niente del genere, niente di così netto.
In quelle ultime settimane, io e Cal eravamo arrivati al punto che, determinati argomenti, non potevano semplicemente essere affrontati: non appena li sfioravo, lui li sviava immediatamente su altri, glissava subito o, semplicemente, s'innervosiva e lasciava morire lì la conversazione. Ho provato alcune volte a chiedergli se ci fosse qualcosa che non andava, ma la reazione era sempre la stessa. Alla fine, ho semplicemente iniziato ad evitare certi giri di parole e certe direzioni, mentre parlavamo. Non che non volessi sapere o volessi evitare, ma sapevo che forzarlo sarebbe stato inutile - preferivo che si prendesse il suo tempo, prima di parlarmene lui stesso.
Ricordo l'insistenza che ho dovuto metterci la sera prima, per farlo venire da me. Era capitato più e più volte che cercasse di rifiutare ogni mia proposta per non finire a letto insieme, eppure, il giorno prima, in quei rifiuti c'era un dolore latente, un'urgenza, non la decisione che di solito usava in certe occasioni.
E poi quelle lacrime.
Quando passi anni a letto con quella persona, impari a riconoscere tutte le sue espressioni, anche quelle durante l'amplesso - inizi a studiarle così a fondo per la semplice necessità di volerle imprimere nella memoria che, poi, nella memoria ti rimangono così bene che non si tolgono più. Ed io, quelle lacrime, non gliele avevo mai viste. Quella notte, mentre lo sfioravo e lo accarezzavo e lo baciavo, mi sembrava di assaggiare non la sua pelle, ma l'ombra della stessa. E' stata solo una sensazione, credo l'esplosione di tutte quelle settimane di tensione e di analisi continua, eppure c'era e non ero riuscito a liberarmene affatto.
Più riuscivo a mettere i tasselli al loro posto, più non riuscivo a sollevare lo sguardo per poterlo guardare. Il pensiero di avere il suo sguardo addosso, a vedere la mia reazione mi lasciava senza fiato e la semplice idea che, sollevando il mio avrei potuto incontrare i suoi occhi me lo mozzava totalmente. [ah. Davvero?] mi rendo conto che ci misi una vita, prima di parlare. Ed avevo bisogno di più tempo, di più tempo per capire come prenderla, il modo giusto per non fare passi falsi. [beh, sono sicuro che ti troverai bene ovunque andrai, e che non ti sarà difficile trovare lavoro vista la tua esperienza.]
Alla fine, ci riuscii. Come si aspettava che la prendessi e che gli dicessi? "Non voglio che tu vada"?, "Voglio che tu stia con me"? Con quali pretese, poi? Chi ero io per fermarlo? Che gli avevo dato in tutti quegli anni da potermi far scegliere per la sua vita? E l'avrei dovuto fermare per... cosa? Un pugno di polvere? Non avrei anteposto la mia felicità alla sua e, di certo, non gli avrei fatto impedire di percorrere il suo cammino, qualunque fosse stato. Anche se era lontano da me, anche se non ero d'accordo.
[già. Beh... allora ci sentiamo eh. Stammi bene, Cedric.]
Fu allora che capii.
Capii che quello non era un semplice avviso, era anche il suo saluto. Capii che, se non avessi insistito il giorno prima a farlo venire a casa mia, non avrei avuto neanche quegli ultimi momenti con lui. Capii che, se non avessi sollevato allora lo sguardo, non avrei più potuto rivedere il mio Calintz per un tempo decisamente lungo e che non c'aveva mai tenuto separat così a lungo. E non lo feci, non risollevai lo sguardo e rimasi a guardare il tea. Perché, soprattutto, capii che se l'avessi guardato in quel frangente avrei fatto la scelta più insensata ed egoista della mia vita: tenerlo con me. E lui non si meritava una cosa del genere. Di quella mattina, non so se mi fece più male l'idea di non poterlo avere più tra le dita o l'idea che non avessi più tempo con lui. Mi ero reso conto che m'era già scivolato dalle dita come acqua di fonte, fredda e limpida eppure inafferrabile. E non potevo tenerla con me, non più.
[anche tu, Calintz.]
Ricordo ancora il nodo alla gola, quando l'ho salutato. Ma, soprattutto, ricordo il momento in cui è uscito dalla porta - il suo odore, portato dentro casa dalla corrente un attimo prima del tonfo della porta che si richiudeva. Ricordo soprattutto il suo odore perché, per mesi, credo di essermi aggrappato solo a quello. Era così forte da farmi girare la testa, in quel momento.
La prima cosa che feci, appena Calintz andò via, fu buttare il tea.
   
 
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