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Autore: strange_stories    30/12/2016    0 recensioni
[filosofia]
Vuoto, un buio spazio da riempire. Questo provavo ogni giorno, da quanto il sole si levava a quando scendeva inesorabile per dar spazio all'oscurità.
Le urla riecheggiavano nella grotta e mi stordivano, ma continuavo anche quando quei suoni smisero di esistere, rimasi così disteso su un corpo ormai senza vita.
Genere: Drammatico, Erotico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: OOC | Avvertimenti: Violenza
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Vuoto, un buio spazio da riempire. Questo provavo ogni giorno, da quanto il sole si levava a quando scendeva inesorabile per dar spazio all’oscurità. Un sentimento di non appartenenza, solitudine e agonia mi pervadeva, lasciandomi in una perenne insoddisfazione. Avevo voglia di qualcosa che purtroppo era solo nei miei pensieri, anche all’interno di essi questa figura era offuscata, quasi come fosse una luce che tentava di farsi strada tra la nebbia, che non la lasciava, soffocandola senza pietà.
Il pensiero può essere una trappola mortale, ti trascina in una coltre di intricate ragnatele, che subdolamente ti lascia ogni secondo senza forze. Nemmeno quando comincia quella strana sensazione di stordimento, subito seguita da quel male atroce al ventre. Le lacrime arrivano assai dopo, quando il tuo corpo non è più in grado di sopportare tutto quel male interiore. Il sentimento spinge per uscire, trova una via di sfogo sul viso, che diventa paonazzo e prima che tu possa accorgertene, righe irregolari cominciano a solcare i tuoi zigomi, arrivando alla bocca. Il sapore racchiude tutto ciò che tenevi dentro, l’amaro e l’acido ti trasportano in un mondo altro, nel quale è necessario continuare ad avvilirsi per ritrovare un perduto sollievo.
Questo provavo ogni giorno.

Dalla mia comparsa in questo mondo avevo sempre vissuto una vita abbastanza regolare. La grande vallata era da sempre stata la mia casa, abbastanza accogliente per essere soltanto una vasta distesa di nulla. I rari animali che scorgevo dalla mia grotta sembravano poco interessati alla radura, probabilmente erano spaventati dalla mia presenza. Ero un predatore, pronto ad assalire ogni forma vivente pur di sopravvivere, un essere egoista e senza vergogna. Certe volte uccidevo per gioco, la monotonia era un pericoloso alleato. Provavo una strana sensazione nel veder gridare le bestie che cadevano tra le mie braccia da assassino, provavo gusto nel strappare le carni di quei poveri animali indifesi. La mia vita era un concatenarsi di terribili vizi, che talvolta attenuavo con qualche macabro rituale. Cercavo di trovare sempre una scusa al mio modo di agire, detestavo dover pensare che in qualche modo il mio metodo di ragionamento fosse sbagliato, avevo ragione io. Uccidere quelle povere bestie era giusto, spargerne e mangiare le loro interiora era corretto, dovevano diventare parte di me, roba mia, la legge del più forte no?
Cercai di allontanare il pensiero, faceva troppo male. La mia vita divenne dunque, un circolo vizioso di atroci ed egoistiche azioni.

Non mi ero mai allontanato dalla mia abitazione, una caverna scavata da chissà quale grosso animale preistorico. L’entrata era composta da una porta di legno, su cui erano appesi molti dei miei trofei, estirpati violentemente da tutti coloro che avevano incontrato la mia strada. Il sangue secco si era insinuato tra le venature del portale, emanando un sentore di putrefazione e dolore, profumo per i miei sensi.
Quando penso alla mia nascita, mi pongo molte domande, chi potrebbe mai mettere al mondo una creatura così tremenda da compiere questi efferati omicidi solo per divertimento?
Qualcuno doveva avermi portato in quell’inferno.
Il tempo passava tremendamente e trascorrevo le mie giornate vivendo alle spese degli altri esseri viventi, ero un parassita. Soffocavo questi pensieri meglio che potevo con i miei sadici giochi, ma molte volte non riuscivo. Volevo estirparmi la mente, dovevo trovare un modo per evadere. Il mio corpo porta ancora oggi i segni di questa evasione, rigoli di sangue solcavano la mia schiena e le mie braccia, la caverna era piena di spuntoni naturali, perché non approfittarne? Il dolore mi estraniava da ogni possibile fardello interiore, mi rendeva un essere libero. Le mie ginocchia dolevano per le bastonate che mi infliggevo ogni volta che quella strana sensazione mi pervadeva. Ormai avevo assaporato quel sollievo e mai più avrei smesso.

Sentivo un’insolita voglia quasi ogni giorno, l’istinto mi portava a compiere gesti che non riuscivo a comandare una volta cominciati, ora so che quelle azioni che tanto non capivo, facevano parte di una voglia erotica che premeva per esprimersi. Una sera la voglia mi portò a compiere una crudeltà inimmaginabile, ma il piacere era stato immenso, aveva soddisfatto i miei appetiti, da tanto tempo soffocati. Notai in alcuni animali un organo assai diverso dal mio, esso alla vista non mi parve di alcun beneficio, ma per un momento di semi coscienza arrivai a compiere un atto erotico diverso dal solito. La bestia urlava, ma io non smettevo, la sensazione era bellissima, il sangue lucido e scarlatto mi dava potenza, mi faceva sentire vivo. Le urla riecheggiavano nella grotta e mi stordivano, ma continuavo anche quando quei suoni smisero di esistere, rimasi così disteso su un corpo ormai senza vita.

Non mi era mai passata per la testa la voglia di lasciare quel posto, ero il capo di quella terra e mai avrei rinunciato al mio potere.
   
 
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