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Autore: ThePunisher7    30/12/2016    0 recensioni
Vampiri, draghi, licantropi, giganti, elfi, nani, orchi, maghi. Ognuno di loro ha il proprio mondo, ma tra di loro ci sono sempre guerre, che sembrano non finire mai. Una profezia, dice che ci sarà la pace tra questi Mondi. La speranza è in un umano.
Storia pubblicata anche su wattpad.
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Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Aaaaaaaaaaaaaa”, gridò. Era un grido di spavento. I genitori accorsero nella stanza di Luca. “ Che cosa è successo? Hai fatto un brutto sogno?” “Si, sognavo di essere circondato, ma nessuno poteva salvarmi! Non c'era nessuno, solo il buio assoluto ... vedevo quei ragazzi avvicinarsi a me, io ero come paralizzato. Mi hanno riempito di botte e morivo.” Mentre raccontava il sogno piangeva e singhiozzava, per ciò che aveva sognato, perché aveva paura. I genitori lo abbracciarono e dissero: “Era solo un sogno non preoccuparti, ora prova ad addormentarti”. “Ma io ho paura, se succedesse davvero?” “Sai è molto raro che i sogni si realizzino, quelli che sogniamo sopratutto.” “Ok... allora... adesso riprovo a mettermi a dormire.” Abbracciando il figlio un ultima volta, i genitori ritornarono nella loro stanza a dormire, mentre il figlio era preoccupato, si sentiva che quel sogno doveva accadere come se avesse visto il futuro, come se dovesse accadere davvero. Però dopo un po' di tempo passato a pensarci, si sentì stanco, chiuse gli occhi e si rimise a dormire. “Aaaaaaaaa”, gridò spaventato ancora. I genitori andarono, per la seconda volta nella sua stanza. Luca raccontò lo stesso sogno di prima, i genitori si guardarono un po' preoccupati, non era tanto normale che aveva rifatto lo stesso sogno, in pochi minuti, cosi i genitori gli dissero: “Vieni a dormire con noi stanotte, cosi ti sentirai più al sicuro, va bene?” “Si, va bene.” Il bambino non fece più brutti sogni, sentendosi più al sicuro vicino ai genitori. Dormì tranquillo. La notte dopo, come per le successive, successe la stessa cosa. Luca fece lo stesso sogno, i genitori andarono nella stanza per vedere cos'era successo e quando il bambino gli raccontò che aveva fatto lo stesso sogno, i genitori rimasero sconvolti, perché non era normale che una persona facesse molte volte lo stesso sogno, non era una buona cosa, cosi gli dissero che doveva dormire con loro anche quella notte. Luca dormiva con i suoi genitori tranquillo. Non fece quel sogno strano che faceva quando era solo, ma con loro a fianco, visto che si sentiva più al sicuro, non lo faceva. I genitori erano preoccupati, per quel sogno fatto così spesso, cosi chiamarono a uno psicologo, presero anche appuntamento per fargli controllare il cervello, magari c'era qualcosa che aveva visto o sentito che lo aveva spaventato o scioccato, forse era questo il motivo di quel sogno, ma visto che non sapevano la risposta alla domanda che si ponevano, era meglio fare delle visite mediche. Cosi giorno per giorno, Luca fu costretto ad andare a fare tutti quei test. In tutti gli ospedali in cui andò, i dottori gli fecero sempre le stesse domande, domande di cui nemmeno lui sapeva dare delle risposte, perché non aveva visto niente, né sentito qualcosa di strano. Poi andarono anche da privati, per vedere se loro riuscivano a capire che cosa avesse, ma nemmeno loro si sapevano spiegare perché continuasse a fare solo quel sogno. I test risultavano tutti ottimi, Luca non aveva niente, nessuno riusciva a capire. Dopo un mese di controlli e di viaggi verso i migliori ospedali e centri specializzati, lui si sentiva molto diverso da prima. Non sapeva perché quell'esperienza lo avesse cambiato cosi tanto, tutte quelle domande, tutte quelle cose che aveva fatto, in fondo lui aveva solo sette anni, ora con tutti quei viaggi fatti, non di piacere, lo avevano cambiato, dentro di lui adesso c'era solo il vuoto. Sembrava che quel sogno, in un certo senso, lo aveva ucciso non fisicamente, bensì mentalmente. Sembrava che non solo era cambiata la sua vita, ma che fosse anche diventato più grande. Tornando a casa, finalmente, i genitori videro Luca sempre più assente a casa, come se non ci fosse, ma dopo tutto quello che aveva passato era normale. Doveva riprendere la vita di prima, andare a scuola, parlare con gli amici, fare ciò che aveva sempre fatto. Tornati a casa era quasi sera, la madre preparò la cena, il padre si andò a fare una doccia, mentre Luca restò in camera sua a pensare a quello che aveva fatto in quel mese, ripensò a tutte le domande che gli avevano fatto ma, piano piano, chiuse gli occhi, immaginò di essere nel sogno, come se stesse accadendo in quel momento, come se tutto quello che stava immaginando fosse reale. Si ritrovò lì, in una specie di stanza, forse, perché non riusciva a distinguere molto visto che era buia molto buia. Non vedeva niente, però sentì delle voci, sembravano quattro ragazzi, dai passi che facevano si stavano avvicinando piano piano a lui. Era spaventato e terrorizzato, in un angolo, non aveva paura del buio quanto dei ragazzi che stavano per arrivare di fronte a lui, sentiva quei passi che erano sempre più vicini. Uno dei ragazzi disse: “Bene adesso che hai abbastanza paura di noi, ti picchieremo così imparerai a controllare la tua lingua la prossima volta”. Luca era sempre in quell'angolo non riusciva a muoversi, così sentendosi in pericolo gli disse che non lo avrebbe mai più fatto e che la prossima volta non avrebbe fatto niente contro di loro. I quattro ragazzi non lo ascoltarono nemmeno e cominciarono a picchiarlo, vide arrivare pugni, gomitate e calci, lo colpirono in ogni parte del corpo. Era al suolo in quell'angolo senza che potesse fare niente, ma ormai non sentiva quasi nemmeno niente, era quasi privo di sensi. Stava per chiudere gli occhi quando i quattro ragazzi si accorsero che avevano esagerato, scapparono senza aiutarlo o chiamare qualcuno per aiutarlo. Luca pensò nella sua mente: “Che cosa ho fatto per meritarmi tutto questo”. Io che non ho mai fatto del male a nessuno, perché? Perché proprio a me tutto questo? Mentre pensava, prima di chiudere gli occhi, vide una luce che sembrava sempre più vicina, era come se gli trasmettesse calore e lo facesse riprendere da tutte quelle ferite che aveva subito. Dopo un po' di tempo, riuscì ad aprire gli occhi, ma si ritrovò in camera sua, la madre lo chiamò dicendogli che era pronta la cena. Aveva ancora più dubbi di prima, ma forse era riuscito a comprendere qualcosa in più. Scese al piano di sotto, in salotto dove di solito mangiavano, era grande, oltre al tavolo in legno pregiato di un marrone chiaro, situato al centro del salotto, su un mobile c'erano delle foto di famiglia, dei suoi genitori sposati, delle foto con lui, tutti messi in ordine, poi c'era una cristalliera, da cui si intravedevano bicchieri, piatti, come fossero di cristallo. Si sedette a tavola e mangiò con i suoi genitori. Mentre mangiavano, Luca non gli raccontò che il sogno adesso poteva riviverlo più intensamente, come se fosse lì. Quella sera a cena non parlò nessuno dei tre, nessuno dei tre sapeva cosa dire, come se quel momento fosse imbarazzante e nessuno parlava. Finito di mangiare, Luca andò in camera sua. Mentre andava, era pensieroso per quello che poteva succedere e cercava una soluzione per evitare quei quattro ragazzi, ma non sapeva cosa poteva aver spinto quei ragazzi a picchiarlo tanto duramente, poi si chiese anche perché prima di chiudere gli occhi vedesse quella luce che sembrava gli stesse ridando la vita. Tutto quello che stava succedendo non aveva senso, almeno per gli altri, per i medici, per i suoi genitori, ma lui voleva assolutamente trovare una risposta. Sperava che trovandola, tutto ciò che gli era successo in quel periodo, avrebbe avuto senso. Arrivato nella sua stanza si mise il pigiama, poi andò sotto le coperte per mettersi a dormire visto che il giorno dopo doveva andare a scuola, dal momento che aveva finito di fare le visite. Da una parte era contento perché rivedeva i suoi compagni, mentre dall'altra pensava che lui non sarebbe riuscito a concentrarsi bene, perché pensava a quel dannato sogno, doveva anche recuperare quello che aveva perso in un mese, questo lo scocciò molto. Si ritrovò lì, sempre in quell'angolo, questa volta non aveva paura del buio, perché già sapeva ciò che doveva succedere, come se l'avesse già vissuto. Sembrava che tutto era accaduto prima, gridò: “Io sono qui, perché non vi sento? - Dopo un po' di silenzio – Avete paura? Questa volta sono pronto ad affrontarvi anche se siete quattro, non mi interessa, io vi affronterò”. Luca non sentì nulla questa volta, c'era solo il buio, solo quella dannata oscurità, iniziò a pensare a cosa avesse mai fatto per cambiare quel sogno. Una voce gli disse: “Sei incredibile bambino! Non sei come gli altri, sei diverso, perché hai affrontato questo sogno in modo impressionante. Bravo! Mai nessun umano fino ad ora era riuscito a farcela, tu sei l'unico”. “Io sono solo un bambino di sette anni, non posso essere l'unico ad aver superato questo sogno, non è possibile.” “Sei un bambino speciale. Presto lo capirai anche tu perché, prima di quanto pensi, dovrai affrontare quello che nessuno sulla Terra è riuscito a fare. Dovrai far capire a tutti gli umani che stanno sbagliando, nessuno può farli ragionare tranne te. Capirai il perché col tempo, adesso devi vivere la tua vita, ma poi dovrai affrontare quello che gli umani chiamano fantasia - Luca gli vennero in mente tutte le storie che gli raccontavano i suoi genitori, quelle storie che erano di fantasia, perché nessuna di quelle storie era successa davvero - a nessuno racconterai questo sogno, non per paura, ma perché prima vuoi capire tutto, poi se tutto questo sarà credibile, forse lo racconterai agli umani.” “Tutto ciò che mi stai dicendo accadrà per davvero?” “Questo non lo so nemmeno io, dipende tutto da te, ma tu dimenticherai questo sogno, non te lo ricorderai più tra qualche anno. Non pensare a ciò che ti sto dicendo, ma pensa a ciò che dovrai fare quando il momento arriverà, sopratutto pensa con il cuore, anche se lo hai già fatto.” “Ma come faccio a capire quando questo momento arriverà? Come? E perché devo aspettare questo momento che reputi così importante? non posso vivere come tutti gli esseri umani?” “Il fatto è che tu, nel tuo cuore conosci già la risposta, magari riuscirai anche a volare un giorno, sarai l'unico essere umano a volare.” “Io voglio volare e magari anche avere dei poteri, per fare cose straordinarie, cose che nessuno sa fare, perché non me lo spieghi tu?” “Non posso spiegartelo, non posso farlo io, perché tu hai già la risposta nel tuo cuore, conosci già tutto, devi solo ricordare.” “Come faccio ad utilizzare il cuore?” “Non posso dirtelo, mi dispiace bambino speciale, dovrai capirlo da solo.” La voce era sempre più lontana, anche il sogno pian piano, sembrò andare sempre più lontano. “Ho ancora tante domande da farti non te ne andare via cosi! Che cosa sono io in realtà? Perché non mi sento un umano? Perché? Perché non voglio fare le stesse cose degli umani? Perché, che cosa ho che non va?” Dopo un po' la voce gli rispose: “Sei ancora all'inizio della tua storia, adesso vivi la tua storia sul Mondo degli umani, un giorno molto lontano scoprirai la verità su tutto, Luca”. “Non hai risposto a nessuna delle mie domande, perché dovrei darti retta, dammi solo una ragione e io lo farò, anche se tutto questo lo dovrò dimenticare. Dammi solo una ragione, solo una per arrivare al momento che stai dicendo.” “Non arrenderti mai, perché anche i sogni più grandi si possono realizzare.” “Bene, se un giorno ti incontrerò, nel caso mi dovessi ricordare di questo momento, preparati a riceverti un pugno da parte mia.” “Va bene, ma ricorda che tu sai già tutto degli umani, ti aspetto Ti....” Luca aprì gli occhi, il sogno questa volta non era stato chiaro, anzi aveva ancora più dubbi di prima. Non credeva a quello che aveva sognato, non voleva credere a quello che aveva sognato, perché adesso non era più in un sogno ma era ritornato nella realtà, era contentissimo perché aveva affrontato quel sogno in un modo stupendo, però non voleva che nessuno lo sapesse, anzi voleva vedere cosa sarebbe successo da quel momento in poi. Ovvero finché non fosse giunto il momento di scegliere. Pensava e ripensava al momento che doveva arrivare, forse doveva scegliere qualcuno o qualcosa, ma poi smise di pensarci, si rimise a dormire, sperando che non dovesse fare più brutti sogni, o che non facesse lo stesso sogno. Ma prima di mettersi a dormire, restò sveglio, per un po' di tempo, pensando a tutto quello che era successo in quel mese, pensando che tutto quello che aveva vissuto poteva evitarlo, se affrontava subito il sogno. *** Trascorsi sette anni da quel sogno, Luca si trovava nel letto e dormiva tranquillamente, ormai non gli capitava più di fare sogni strani, come quando era bambino, ora sognava come tutte le persone normali quindi non riviveva più i suoi incubi da sveglio. Luca si svegliò sentendo sua madre che continuava a chiamarlo. Appena aprì gli occhi, si ricordò che doveva andare a scuola e che era il primo giorno di liceo. Si rese conto che era già tardi, così si alzò e iniziò a prepararsi in fretta e furia. Preparatosi scese in cucina per fare colazione, i suoi genitori rimasero sorpresi di vederlo tanto entusiasta di andare a scuola, infatti la madre gli chiese: “Come mai sei così contento di andare a scuola stamattina?” “In realtà... - Luca rifletté attentamente sul motivo per cui era veramente contento – ecco.. veramente io non lo so perché sono contento.” La sua espressione cambiò repentinamente, da entusiasta a dubbioso, la madre vedendo il drastico cambiamento sul suo volto si sentì in colpa per ciò che gli aveva chiesto, poiché magari, senza rendersene conto, il motivo di quel cambiamento era stata la sua domanda. “Io vado a scuola, che oggi è il primo giorno, non voglio arrivare in ritardo.” disse finendo di divorare la colazione.” “Va bene e se spiegano qualcosa stai attento”, intervenne il padre. “Si si - rispose scocciato – tanto oggi è il primo giorno e non facciamo niente.” “Tu stai attento lo stesso, non girare la frittata solo perché è il primo giorno ”, gli disse la madre. Luca fece la linguaccia a entrambi i genitori e uscì di casa. Il padre disse: “Non cambierà mai, ma ancora deve conoscere le cose difficile e dure della vita, non sarà sempre così felice”. “Quando le scoprirà saranno esperienze, anche se si dovesse trovare davanti a una situazione difficile, non cambierà mai”, aggiunse la madre sorridendo. Luca fece di corsa la strada che lo portava a scuola, mancavano pochi metri all'ingresso e già vedeva una fiumana di studenti che si riversava all'interno dell'edificio. Sperò che, nella sua classe, non si fossero già presi i posti migliori. Arrivato davanti la scuola, lesse l'insegna: “Treichell high school” Era contento di essere finalmente arrivato al liceo eppure qualcosa, dentro di sé, gli diceva che stava facendo un grosso errore. Entrando nell'atrio si rese conto che era molto più grande di come se lo era immaginato, c'erano otto colonne arancioni che sostenevano il soffitto. Non sapendo dove si trovasse la sua classe, salì al primo piano e controllò tutte le porte, ma non trovò quella giusta. Salì poi al secondo piano e, come prima, prese a controllare tutte le porte, era quasi alla fine quando finalmente trovò quella con l'insegna: IC Entrò e sfortunatamente i posti migliori erano già stati occupati, ma non si demoralizzò perché notò che c'erano alcuni suoi amici delle medie, almeno conosceva già qualcuno. Quelli però lo presero in giro quasi subito e gli dissero che il suo posto era vicino a un ragazzo con le stampelle seduto in un angolo, lui rispose in tono di sfida che non gli importava e quando si sedette vicino al suo nuovo compagno disse: “Ciao! Io sono Luca piacere di conoscerti”, sorrise. “Piacere io sono Samuel”, gli rispose, quasi infastidito. Luca notò con dispiacere che Samuel non lo degnava di uno sguardo, così decise di ignorarlo a sua volta e si mise a fantasticare. Immaginò che se avesse avuto il potere di volare sicuramente non sarebbe stato trattato in quel modo, anzi avrebbero fatto a gara per chi doveva stargli vicino, la realtà però era totalmente diversa. Era costretto a stare insieme a Samuel, ma decise che avrebbe reso le cose divertenti dandogli un soprannome: lo scocciato, rise tra sé. Pensando ad altri soprannomi da affibbiare a quelli che lo avevano preso in giro quando era arrivato, si rese conto che il professore non era ancora arrivato, così prese ad osservare la sua nuova classe. Guardando con attenzione notò che non c'erano molte ragazze, solo sette su venticinque. Una ragazza in particolare attirò la sua attenzione, aveva lunghi capelli neri che portava legati in una coda, due bellissimi occhi celesti, il naso dritto le conferiva un'aria aristocratica, ma la bocca carnosa, in quel momento stirata in un sorriso ammaliante, addolciva tutto il suo viso. Era davvero bellissima, ma a Luca, prima della bellezza, interessava conoscere il carattere di una ragazza. Sperò che quella ragazza, oltre ad essere bella fisicamente, avesse anche un bel carattere e dallo sguardo che gli lanciò intuì che era intelligente e gentile. Dopo un pò arrivò il professore che disse: “Buon giorno ragazzi, io sono il vostro professore di matematica. Nelle lezioni iniziali vi parlerò di equazioni, ma visto che è il primo giorno, non vi voglio annoiare con queste cose, quindi nelle due ore, fate conoscenza tra di voi, perché anche questo è importante”. Da quel momento in poi parlarono tutti tra di loro e quasi nessuno calcolò il professore. Conobbero altri professori in quella giornata quello di storia e d'italiano, tutti e due dissero la stessa cosa di quello precedente. In questo modo Luca pensava di conoscere i nuovi compagni di classe, ma non fu così perché parlavano solo con chi conoscevano, poi si disse che c'era tanto tempo per conoscerli tutti. Finite le ore di lezione, Luca fece la strada per tornare a casa, ma si sentiva seguito, si girò più e più volte guardando con attenzione le macchine, le persone e tutto quello che lo circondava. Non c'era nessuno che lo stesse seguendo, o almeno lui non vide niente di strano. Piano piano arrivò vicino casa, stranamente quella sensazione era sparita, gli venne da pensare che chi lo stesse seguendo si fosse arreso oppure voleva semplicemente vedere se era in grado di capire se lo stessero seguendo. Vide la sua bella casa che si ergeva su una collina di fronte al mare. L'edificio in stile vittoriano aveva due colonne bianche all'entrata principale che sorreggevano il portico. Le vecchie finestre in legno erano state sostituite con quelle più moderne, per impedire la dispersione di calore. Le mura erano tinteggiate di un verde che ricordava il colore dei prati primaverili. La casa aveva due piani, uno inferiore e uno superiore. Entrò, ma era come se non si ricordasse niente, come se fosse la prima volta che entrasse in quella casa. Il corridoio d'ingresso lo portò alla cucina, la guardò per ricordarsi qualcosa e gli venne in mente che quella stessa mattina aveva parlato con i suoi genitori, poi spostò lo sguardo dall'altra parte dove c'era il soggiorno, vi entrò e guardò attentamente anche qui. Gli venne in mente che di solito era lì che mangiavano. Poi continuò per il corridoio e vide le scale per salire al piano superiore, ma prima lo colpì una porta che si trovava poco prima; la aprì e all'interno c'era quello che sembrava uno studio, spartano, infatti si ricordò che quello, di tanto in tanto, veniva usato come palestra personale. Richiuse la porta. Un soffice tappeto cremisi ricopriva le scale, salì sopra dove trovò le camere da letto, entrò in ogni stanza ed ebbe dei ricordi di ognuna. Qualcosa però a un certo punto gli impedì di muoversi. Sentì una voce: “Troppo forte non riesco”. Dopo averla sentita, Luca si sentì diverso per qualche attimo, ma poco dopo quella sensazione sparì e tornò tutto normale, come se non fosse successo niente. Rimase fermo per qualche istante incapace di muoversi, ma dopo stranamente ritornò tutto normale. Sentì qualcuno aprire la porta di casa e pensò che fossero i suoi genitori, dato che quando era arrivato non li aveva trovati. Dopo quei brevi attimi in cui si sentì strano, ebbe la sensazione che qualcosa non andasse come se da un momento all'altro dovesse succedere qualcosa. I genitori entrarono in casa e la mamma, alzando il tono di voce, chiese: “Luca sei a casa?” Luca all'inizio non rispose stava pensando a quello che era successo, ma dopo un po disse: “Si, sono a casa, sono in camera mia”. “Va bene, com'è andato il primo giorno di scuola?” “Bene, come ho detto non abbiamo fatto niente, solo conoscenza con i compagni.” “Okay, quindi ti sei fatto nuovi amici?” “No - mentalmente aggiunse - Nessuno mi calcola, come faccio a farmi nuovi amici?” I suoi pensieri andarono a quella mattina, quando si presentò a Samuel e lui non lo degnò di uno sguardo. “Va bene, il primo giorno non si fanno tanti amici, ma poi imparerete a conoscervi”, disse la madre. “Beh, vedremo che cosa succederà ...” Luca passò il resto della giornata a casa, a pensare a quello che gli era successo da quando era tornato da scuola. Cercò in tutti i modi di ricordarsi qualcosa che gli potesse essere utile, ma non gli venne nulla in mente. Il giorno seguente, alla fine delle lezioni, Luca prese la strada per tornare a casa e questa volta non ebbe la sensazione che qualcuno lo stesse seguendo, perciò fece il tragitto in tutta tranquillità. Arrivato davanti casa sentì un rumore strano che proveniva dal retro. Andò a controllare. Il giardino dietro casa era di medie dimensioni, in un angolo c'era un'altalena dalla vernice verde e dal lato opposto un piccolo roseto che sua madre adorava e di cui si prendeva cura personalmente. Luca guardò attentamente, ma non vide nulla di strano tranne quando si voltò e si ritrovò di fronte a un immenso orco. Era alto quasi il doppio di Luca, la sua pelle aveva uno strano colorito bluastro, aveva grosse braccia muscolose e sembrava minaccioso, spaventato chiuse gli occhi per qualche istante e quando li riaprì l'orco era scomparso. Luca si chiese se stesse diventando pazzo, oppure se ciò che vedeva fosse reale. Anche quel giorno rimase a casa, aveva bisogno di pensare e trovare una soluzione, ma non ci riuscì, esattamente come il giorno prima. Anche il terzo giorno fu così. Tornato a casa questa volta vide un uomo di bell'aspetto, dai capelli lunghissimi, gli occhi chiari e le orecchie a punta, Luca pensò si trattasse di un elfo, inoltre indossava degli strani vestiti. Queste visoni duravano pochi secondi, ma ogni volta gli lasciavano sensazioni sempre più strane. Nei successivi giorni, Luca vide creature sempre diverse come l'uomo basso e tarchiato, con una folta barba bruna e gli occhi penetranti, probabilmente un nano; poi una donna bellissima, dalla pelle candida e il colorito pallido, quasi cadaverico, con due occhi rossi e vispi e quando gli sorrise, mettendo in bella vista i canini aguzzi, Luca capì che aveva di fronte un vampiro. Gli apparirono tutti nello stesso modo, ma chiudendo gli occhi questi sparivano. Non sapeva il perché, né da dove potessero venire. Forse da un'altra Galassia … improvvisamente, come un flash accecante, si ricordò che c'erano dei Mondi e che erano nascosti agli esseri umani. Non sapeva spiegarsi come facesse a saperlo, né tanto meno perché se lo fosse ricordato proprio in quel modo. Le creature che aveva visto gli avevano fatto scattare qualcosa nella mente, forse stava ricordando una vita passata e anche chi era veramente, una di quelle creature, magari le aveva incontrate nel passato. Quando arrivò davanti la porta di casa trovò suo padre che si mise proprio di fronte a lui. “Luca, ma dove eri andato? La scuola è finita da tre ore!” gli disse preoccupato. “Ero qui in giardino.... Aspetta hai detto tre ore?” chiese Luca stupito. Era incredibile, non si era reso conto di aver passato tanto tempo in giardino. “Non vai mai in giardino … ci rimani per ore in questi ultimi giorni. Che ti succede?” suo padre era sempre più preoccupato. “Niente - tagliò corto Luca - vado su in terrazza un po'”, aggiunse. Il padre si stupì, perché non andava mai neanche in terrazza. “Luca, non è che hai ripreso a fare brutti sogni?” gli domandò di punto in bianco. “No, non li faccio da un po'.” Il padre lo guardò dubbioso, alla fine disse: “Okay, ma se vuoi parlare...” “Si, se voglio parlare ci siete voi ... lo so papà”, disse Luca finendo la frase. Il padre non gli chiese altro, così lui andò in terrazza. Arrivato lì vide una persona in lontananza, ma non fece in tempo ad avvicinarsi che questa sparì. Stava succedendo qualcosa che probabilmente lui, in quel momento, non poteva comprendere. *** Era passata una settimana e non era più vittima di quelle illusioni, o almeno così credeva. Era un giorno come un altro, Luca era a scuola e stava seguendo le noiose lezioni che erano iniziate da poco. Ad un certo punto, però, i vetri si ruppero dall'interno, come se qualcuno li avesse presi a sassate e tutti si voltarono, sconcertati e allo stesso tempo stupiti, a guardare le schegge sparse un po' ovunque. Il professore che stava spiegando si interruppe, neanche lui riusciva a credere che quelle finestre si fossero rotte da sole, eppure nessuno si era mosso, tutti seguivano la lezione, stranamente. Il professore, contento che per la prima volta tutti fossero attenti, ora era stupefatto. Per fortuna nessuno dei ragazzi che sedeva vicino alle finestre si fece niente, il docente si accertò che stessero tutti bene, poi guardò dalle finestre rotte e non vide nessun vandalo, non c'era anima viva nel cortile sottostante. Escluso i presenti, nessun altro si rese conto di ciò che era appena accaduto eppure c'erano i vetri rotti a testimoniarlo, neanche quelli che stava al piano inferiore se ne erano accorti, non avevano visto neanche i vetri che cadevano. Tutti i ragazzi si alzarono e si affacciarono alle finestre per osservare meglio la situazione. L'unico a rimanere seduto fu Luca che trovava molto strana quella situazione, si guardò intorno alla ricerca di qualcosa che potesse spiegare l'accaduto, ma non c'era nulla. Si guardò intorno due volte, alla terza notò qualcosa di strano, dalla porta vide sbucare una scarpa e subito pensò si trattasse di qualcuno che era venuto per capire cosa fosse successo, invece apparve una ragazza. Era bellissima, alta dal fisico atletico e attraente, portava i lunghi capelli rossi raccolti in una coda che gli ricadevano morbidamente su una spalla, i suoi abiti erano diversi da quelli di chiunque altro. Appena entrò disse: “Luca, ragazzo prodigio, come va?” Luca si stupì nel sentire quelle parole, soprattutto perché non la conosceva. I suoi compagni si girarono a guardare quella bellissima ragazza. I ragazzi presero a sbavarle dietro, mentre le ragazze la squadrarono invidiose. “Chi sei?” gli disse Luca “Questo non ha molta importanza adesso. Sono venuta qui per parlarti, ma sopratutto per prenderti e portarti via da qui”, gli disse la ragazza, con un sorrisetto ammiccante. I ragazzi che le si erano avvicinati iniziarono a dirle che era meglio se lo lasciasse perdere perché non valeva niente, invece poteva portare via uno di loro. “Levatevi dai piedi umani! Non ostacolate il mio cammino, oppure vi ucciderò tutti. Per nessuna ragione potete prendervi gioco del Titano assoluto ...” disse la ragazza infuriata. Sentendole dire quelle parole minacciose, tutti ragazzi si allontanarono tranne uno, Mario, il bullo che lo prendeva sempre in giro e non finiva mai di picchiarlo. “Da te mi farei uccidere volentieri”, le disse Mario, con aria sognante. “Come vuoi”, rispose lei in tono gelido. La ragazza chiuse la mano ed era pronta a tirargli un pugno, ma poco prima di colpirlo si bloccò. “Ferma, non farlo! Non ucciderlo”, disse Luca. Il pugno vicinissimo al petto del compagno, si fermò. Era incredibile che si fosse fermata. Tutti osservarono la scena increduli, come se Luca le avesse dato un ordine e lei lo avesse eseguito senza battere ciglio. “Perché mi hai fermata? Non vuoi che lo uccida? Lui ti prende in giro ogni giorno e oltre a questo ti picchia, almeno lo uccido e non farà più del male a nessuno..” disse la ragazza confusa. “Ancora non hai risposto alla mia domanda, allora?” le chiese Luca in tono serio. “Mi chiamo Jessica” si presentò. “Bene almeno so qualcosa in più di te. Adesso devo chiederti una cosa ... quel ragazzo per caso ti ha fatto qualcosa?” “A me no, ma a....” “Bene, allora perché vuoi ucciderlo se non ti ha fatto niente?” “Perché gli umani senza la violenza non sanno ragionare, anzi nemmeno sanno cosa significhi ragionare.” “Quindi di conseguenza anche tu sei un umana, vero?” le chiese osservandola per bene. “Come lo hai capito?” ribatté Jessica, sgranando gli occhi stupita. “E stato molto semplice, perché tu stavi uccidendo un umano che nemmeno conosci, le persone non vanno mai uccise, poi se non le conosciamo meglio lasciarle stare – Luca sorrise – non e così che dovrebbe essere?” “Tu non cambi mai, eh?” “Prima di tutto non so perché dovrei cambiare, poi come fai a conoscermi?” “Io so tante cose di te, che forse tu nemmeno sai di te stesso.” “Cosa significa, praticamente mi stai dicendo che io non mi conosco?” “Ti conosci poco, ancora non sai quello che puoi fare, una volta eri più alto e molto più bello sai?” “Che significa una volta?” “Ti va di fare una sfida?” Jessica sorrise mentre lo diceva. “Contro di te, che puoi far rompere i vetri solo col pensiero? Non ci penso minimamente.” “Non è una sfida né di potenza né di forza, ma di tempo” “Che significa una sfida di tempo?” “Te lo spiego: allora praticamente tra quattro anni al massimo la Terra, o se voglio essere più precisa, questi umani, se cosi possiamo definirli, verranno eliminati. Adesso non so se tutti oppure la maggior parte, ma sappi che non potranno fare nulla, solo una persona può salvarli e quella persona sei tu” Luca la fissò incredulo per quello che stava dicendo. “No, non può essere, io dovrò salvare la Terra?” chiese. “Diciamo di si. Ecco più che altro devi fare delle cose in questi quattro anni: due anni devi passarli ad allenarti e gli altri due rimanenti devi trovarti una squadra formata da sette persone. Sarai tu stesso ad allenare queste persone, se non lo farai moriranno tutti gli umani sulla Terra e tu con loro , visto che in questo momento non hai poteri.” gli spiegò. “Praticamente mi stai dicendo che io devo salvare gli umani, perché solo io ho il potere di farlo?” “Si” “Aspetta ma perché non li difendi tu?” “Prima di ogni cosa, perché io non aiuto più gli umani da tempo; seconda cosa, perché io non ho potere sufficiente per battere le persone che arriveranno” “Io anche se mi alleno dove li prendo i poteri per essere più forte di te?” “I poteri li hai dentro di te, solo che devi scoprire ancora come attivarli. Il problema è; adesso cosa hai intenzioni di fare?” gli chiese. I compagni di classe si misero a ridere, tutti i maschi e qualche ragazza, fatta eccezione per due o tre ragazze che credevano a quello che stava succedendo, infatti erano stupite. Non pensavano che dovesse essere proprio Luca a salvare la Terra, non lo ritenevano capace di una cosa del genere. Jessica seccata e arrabbiata a causa dalle persone che stavano ridendo di lui, perché nessuno di loro credeva in Luca, o a quello che doveva succedere, allargò le mani e chiuse gli occhi. Pochi secondi dopo tutti quanti si trovarono paralizzati, non potevano né ridere né fare niente. “Se solo vi azzardate tutti quanti a...” prese a dire. Jessica si fermò perché vide Luca che si alzò dalla sedia. “Lasciali stare, c'è un motivo perché gli umani vengono chiamati stupidi, sciocchi, imbecilli, perché non usano il cuore... mai. Ecco perché non credono che questo possa accadere ... naturalmente non tutti sono così.” “Non sei cambiato di una virgola, proteggi sempre questi luridi umani. Non lo meritano, non meritano di essere protetti da te, nessuno di loro, nemmeno uno!” esclamò lei. “Forse, o forse c'è un motivo perché li devo proteggere, non sai dirmi quale?” “Vuoi proteggerli perché hai fatto una promessa.” “E a chi l'avrei fatta questa promessa, di proteggere gli umani?” “Non posso dirtelo questo devi scoprilo da solo.” “A quanto pare devo scoprire da solo un sacco di cose. Va bene ...” “Mi dispiace, io sono venuta qui solo per avvertirti e per dirti che ti devi allenare.” “A quando pare mi hai detto molto più di questo, bene, grazie.” Jessica si avvicinò a lui ad una velocità sorprendente, erano l'uno di fronte all'altra, Luca non si spaventò perché già sapeva quali fossero le sue intenzioni. Lo abbracciò. Questo gesto sorprese Luca, non sapeva che cosa aveva fatto, non sapeva per che cosa lo stava facendo, ma così lei perse la concentrazione e gli umani tornarono a muoversi. Una ragazza nella classe era incredula pur vedendo la scena, la sua gelosia esplose infatti chiese: “Posso dargli una mano ad allenarsi e a trovare le persone della squadra?” Jessica restò stupita che un umana si offrisse volontaria, la guardò con molta attenzione, le sembrava di conoscerla, sapeva anche perché si era offerta volontaria. “Devo fare questa cosa da solo nessun umano può aiutarmi, almeno per adesso”, intervenne Luca. Jessica sorrise, lo abbracciò per un ultima volta e intanto guardò l'umana che si era offerta come volontaria, notò subito la sua gelosia, dal suo sguardo si capiva benissimo ciò che pensava, voleva che Jessica si allontanasse immediatamente da Luca. “Spero che prenderai decisioni giuste in questi anni che verranno. Le uniche cose che ti devi ricordare sono: non arrenderti mai e allenati più che puoi, queste sono le cose fondamentali.” disse Jessica Alzò la mano verso le finestre e le ricostruì, era incredibile, Luca di questo restò un po' stupito non se lo aspettava, poi disse: “Gli umani non devono sapere niente, quindi a loro farò dimenticare tutto. Non sapranno niente di quello che deve accadere, né ricorderanno tutto questo. Solo quando il momento arriverà allora si ricorderanno cosa avrai fatto per loro, ma fino ad allora non dovranno ricordare niente, nulla di tutto questo, perché è troppo pericoloso per loro – guardò la malinconia di Luca già negli occhi – non preoccuparti arriverà il momento in cui sapranno la verità”. Jessica sparì nel nulla, Luca guardò i suoi compagni, sperando che si ricordassero qualcosa, sperando che tutto quello che era successo non era successo per caso, ma tutti si ritrovarono per terra non sapendo come, né cosa fosse successo. Luca andò ad aiutare i suoi compagni, con la tristezza negli occhi, andò anche ad assicurarsi che Giovanna stesse bene. “Stai bene?” le chiese. “Si certo sto bene”, gli rispose Giovanna. “Sai per caso cosa e successo?” chiese Luca speranzoso. “No, io non lo so.” “Okay.” Giovanna notò la malinconia negli occhi di Luca, come se fosse a conoscenza di tutto quello che era successo, ma non voleva dirlo. Luca era tristissimo, nemmeno lei si ricordava cosa era successo, nessuno si ricordava niente, nessuno tranne lui. Mentre andava a sedersi al suo posto pensò tra se, perché sarà venuta proprio da me a dirmi tutte queste cose? Perché devo fare tutta la fatica io, mentre gli altri devono stare a guardare, perché devo proteggerli per una promessa che nemmeno ricordo di aver fatto? Perché proprio a me? In fondo era anche quello che volevo un po', ma non in questo modo l'ho sempre immaginato in modo diverso e non così, non voglio salvarli, non voglio salvare nessuno perché sono sicuro che mai nessuno di loro salverà me, naturalmente c'è qualcuno che lotterebbe per me, ma al momento non lo sa nemmeno. Basta ho deciso, scaverò nei miei ricordi, sperando che abbia qualche ricordo utile ovviamente”. Luca si sedette al suo banco insieme ai suoi compagni, ancora storditi, il professore riprese a spiegare normalmente, anche lui un po' stordito, ma fece lezione lo stesso. Tutto era tornato alla normalità. Luca si convinse che forse era stato un sogno, forse tutto quello che era successo era solo nella sua mente, forse lo aveva immaginato? ***
   
 
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