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Autore: alovethatconsumesme    31/12/2016    1 recensioni
“Chi era quello?” Gli chiese.
“Ah, lui è Ruggero. Sta qui da tre anni.”
Tre anni?
Era giovane, avrà avuto si e no la sua età. Tre anni erano un’eternità, doveva stare davvero male. Le tornarono in mente i suoi occhi e la sofferenza che era riuscita a leggerci dentro.
Provò molta empatia per quel ragazzo, e decise che doveva assolutamente saperne di più su di lui.
Ruggero/nuovo personaggio; nel corso della storia incontreremo anche Leo e gli altri braccialetti.
Siccome gli autori non ci vogliono dire niente ho deciso di scrivere qualcosa io sul bel tenebroso di braccialetti rossi.
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leo, Nuovo personaggio, Ruggero, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La sindrome di Guillain-Barré è una radicolo-polinevrite acuta che si manifesta con paralisi progressiva agli arti. Può causare complicanze potenzialmente letali, in particolare se vi è interessamento dei muscoli respiratori o un coinvolgimento del sistema nervoso autonomo.

Saltò delle pagine relative alla storia della malattia.

I primi sintomi che appaiono nella sindrome di Guillain-Barré sono l'intorpidimento, la parestesia e il dolore, da soli o in combinazione. Più della metà dei pazienti accusa sintomi di dolore, che includono mal di schiena, parestesia dolorosa, dolori muscolari, mal di testa e mal di collo, debolezza del sistema immunitario che si manifesta in una particolare sensibilità ad eventuali infezioni.

Chiuse il libro di medicina e tornò a concentrarsi sul panino che si ostinava a chiamare pranzo.

“Cosa ti turba così tanto?” Non aveva neanche notato la sua coinquilina entrare in cucina.

Riservò a Sara uno sguardo, era in tuta da ginnastica coi capelli legati eppure le sembrava ancora l’incarnazione di una dea. Lei conciata allo stesso modo sembrava appena uscita da un manicomio con i ciuffi di capelli rossi che non volevano restare dove li aveva piazzati.

“Lavoro.” Le rispose velocemente.

“Conosco quello sguardo. Decisamente non è lavoro, più un ragazzo direi.” La rincalzò l’altra sedendosi di fronte a lei e appoggiando i gomiti sul tavolo.

“Un ragazzo a lavoro.” Ammise Ambra sapendo che la coinquilina non avrebbe accettato un no per risposta.

“Ah, conosco il problema. Sono uscita con due ragazzi che facevano i modelli nella mia stessa agenzia, uno peggio dell’altro ti giuro.”

I modelli. Ovviamente Sara faceva la modella, si chiese per quale motivo non ci avesse pensato in precedenza.

“Non penso tu conosca il problema.” Dubitava seriamente che lei potesse capire cosa significasse Ruggero, non riusciva a capirlo nemmeno lei. Sapeva solo che era costantemente nella sua testa.

“Andiamo Ambra.” La incitò con un tono ammiccante. “Voglio i dettagli. Un infermiere?”

La ragazza scosse la testa.

“Ah ho capito, hai una tresca con un dottore sexy.”

“Effettivamente il cardiochirurgo è piuttosto sexy. Ma no, non ho nessuna tresca. Si tratta di un paziente, e non è successo nulla in ogni caso.”

“Ma stavi rimuginando su di lui.”

“Rimugino spesso su di lui.” Ammise e Sara le fece cenno di andare avanti. “Mi attira in un modo che non comprendo, ma mi trasmette tristezza e solitudine. Sorride sempre, ma so che è una facciata.”

“Sei cotta Ambra.”

“Non lo conosco neanche.”

“Ma lo capisci.”

Non riusciva a risponderle, perché in cuor suo sapeva che aveva ragione lei. Rispostò l’attenzione al panino.

“Bè, abbiamo tempo. Perché non mi racconti di quei modelli.”

 

Parlarono e risero tutta la sera, con una vaschetta di gelato davanti, sedute per terra d fronte alla televisione. Ambra trovò una consigliera ed un’amica in una ragazza per cui, fino a poche ore prima, aveva provato solo gelosia.

 

Ambra si convinse che la sua vita stava finalmente prendendo la piega giusta: amava il suo lavoro, aveva dei colleghi con cui si trovava bene (forse aveva riso di più in qualche settimana con Toni che in anni interi all’università), inoltre aveva anche legato con Sara.

Questi pensieri le passavano per la testa mentre percorreva il corridoio con un sorriso stampato in viso; un sorriso che si spense quando incrociò lo sguardo triste di un ragazzo seduto di fronte all’ufficio della Lisandri.

Era talmente immersa nella profondità di quello sguardo che notò soltanto dopo qualche secondo che il ragazzo teneva in braccio un bambino di pochi mesi, anche il giovane però non dimostrava più di vent’anni. Ma i suoi occhi raccontavano un’altra storia, le emozioni che le avevano trasmesso sembravano contenere una vita di esperienze.

“Qualcosa non va?” Gli chiese cercando di utilizzare il tono più gentile possibile.

Il ragazzo scosse la testa e un ciuffo di capelli scuri si spostò sopra i suoi occhi, il bimbo fu probabilmente catturato da quel movimento e si allungò per toccare il ciuffetto.

Gli occhi ora erano differenti, trasmettevano amore incondizionato. L’amore di un padre per suo figlio. Ambra sorrise di fronte a quella scena.

“Tu sei nuova vero? Perché io conosco tutti qui e non mi pare di averti mai vista.” Si sentì chiedere quando lui rispostò l’attenzione sulla rossa.

Annuì. “Mi chiamo Ambra. Sei sicuro di non voler parlare con me?”

Ci fu qualche istante di silenzio. Ambra fece per alzarsi, era chiaro che quel ragazzo non voleva parlare con nessuno, anche se era convinta che ne avesse un disperato bisogno.

“Sono venuto qui per chiedere ad un mio caro amico di fare da padrino a mio figlio, ero contento questa mattina. Poi sono arrivato e la Lisandri mi dice che lui non può andarsene dall’ospedale, neanche per una sera. Adesso non so cosa dirgli, non so come andare nella sua stanza e fare finta che vada tutto bene.”

Ambra mise una mano sulla sua spalla. Sapeva che c’era dell’altro e fece cenno al ragazzo di continuare.

“Sai, è una delle prime volte che entro qui dentro da guarito. Sentire la Lisandri dirmi ciò che il mio amico non può fare mi ha portato alla mente dei ricordi non tanto gradevoli.”

“Se la Dottoressa lo ha detto è soltanto per il bene del tuo amico.”

“Certo lo so. Io adoro quella donna, le devo la vita. Ho solo bisogno di qualche minuto per capire cosa dire.”

“Credo che il tuo amico preferisca la verità.” Gli suggerì.

“Grazie Ambra.” Le rispose lui con un sorriso, non potè fare a meno di sorridere in risposta; il ragazzo sembrava improvvisamente allegro e mentre se ne andava salutandola notò che non muoveva una gamba e tra il jeans e la scarpa scorse un pezzettino di metallo. Una protesi. Doveva davvero averne passate tante.

 

Aveva passato la pausa bevendo un caffè con Toni, il quale si era preoccupato di descriverne minuziosamente il gusto del vero caffè “quello che si trova soltanto a Napoli, fidati”; i momenti con quel ragazzo sembravano sempre troppo brevi: la faceva ridere e aveva una parola gentile per tutti.

“Devo andare, Ulisse mi ha detto di passare da Ruggero dopo la pausa.”

“Ah, vengo anch’io.” Le rispose lui. “Ci sta Leo oggi, mi ha detto che andava dallo strunz.. da Ruggero.”

Ambra trattenne una risatina, non è che Toni avesse poi tutti i torti.

Stava per bussare alla porta, ma il portantino la spalancò senza tanti complimenti.

“Ei Toni.” Sentì gridare da una voce che le sembrò familiare.

“Leo.” Urlò l’altro abbracciandolo, sembrava non si vedessero da millenni.

Leo. Il ragazzo di prima; era per quello che la voce le sembrava familiare. Il ragazzo con il bambino era il famigerato Leo.

Si diede della stupida per non averci pensato precedentemente.

Distolse lo sguardo dall’abbraccio dei due amici, che per i suoi gusti stava diventando perfino imbarazzante e i suoi occhi raggiunsero l’altro lato della stanza.

Ruggero era seduto sul letto, bello come sempre, con il neonato tra le braccia. Le sorrise sinceramente, sembrava meno cinico e più vero con i suoi amici intorno.

Ambra si avvicinò a lui, notò che con una mano si stava massaggiando una coscia, probabilmente aveva ancora dei dolori.

“Come va oggi?” Gli chiese cercando di nascondere la preoccupazione

“Al solito.” Rispose lui. “Andrebbe meglio se mi dessero il permesso di uscire almeno per il battesimo di questo ometto.”

Nel frattempo Leo e Toni si erano avvicinati al letto del loro amico.

“So che è difficile, ma il tuo sistema immunitario potrebbe non reggere ed è meglio evitare eventuali infezioni.”

“Si lo so.” Le rispose lui freddo. “Ma questa situazione fa comunque schifo.”

“Possiamo fare come per il funerale di Davide.” Suggerì Toni.

Ambra guardò confusa i ragazzi.

“Toni.” Lo riprese Leo. “Tu lavori in ospedale, non dovresti proporre queste cose. Non davanti a un’infermiera, anche se carina.” Leo le fece un occhiolino e lei arrossì, non era abituata a certi comportamenti e si sentiva in imbarazzo. “Comunque vengono anche la Lisandri e Alfredi, quindi niente evasione.. ci scoprirebbero.”

Lei sapeva che il problema principale erano le infezioni, l’ambiente fuori dall’ospedale non era sterilizzato e con un sistema immunitario come quello di Ruggero il rischio non era da escludere. “Complicanze potenzialmente letali” recitava il libro di medicina.

Certo, il rischio sarebbe potenzialmente nullo se l’ambiente fosse disinfettato e sterilizzato completamente.

I suoi pensieri furono interrotti quando vide la mano di Toni passarle davanti al viso.

“Rossa.” Ovviamente soltanto Lui la chiamava così. “Sei nel mondo dei sogni.”

“Stavo pensando.” Cercò di giustificarsi. “Forse ho la soluzione.”

I ragazzi la guardarono confusa.

“Mi baci, rompi l’incantesimo e divento il tuo principe con due gambe funzionanti.” Suggerì Ruggero con il tono malizioso che lei adorava.

“Idiota. Ero seria.”

“Anche io.” Le rispose lui, il suo sguardo sembrava davvero convinto. “Dai non farlo, avrai sulla coscienza la mia guarigione per tutta la vita.”

“Non ha tutti i torti.” Si intromise Leo ridacchiando. “Tanto non ti costa nulla.”

“Ti ci metti anche tu?” Rispose con un sorriso imbarazzato. In realtà l’idea non le dispiaceva affatto.

Ruggero le fece un occhiolino e lei credette di essere più rossa in viso che di capelli in quel momento.

“Dai Rossa, guariscimi.” La incitò facendo segno all’amico di prendere in braccio suo figlio.

Lei scosse la testa, ma poi si avvicinò.

Le loro labbra appena si sfiorarono, ma Ambra riuscì a percepire come una scossa elettrica attraversarle il corpo. Il cuore le batteva a mille e forse si trattennero leggermente più del dovuto in quella posizione.

Lei si allontanò.

“Allora, ti senti guarito?” Gli chiese cercando di riprendersi la sua sanità mentale.

“Purtroppo no, ma ne è valsa la pena.”

“Dai Leo, andiamo a parlare con la Dottoressa: forse ho la vera soluzione.” Annunciò mentre lasciava la stanza, sentiva che se fosse rimasta ancora qualche minuto lì dentro non avrebbe resistito a baciarlo di nuovo.

“Magari se avessi usato la lingua avrebbe funzionato.” Sentì gridare mentre si chiudeva la porta alle spalle. Leo, di fianco a lei, scoppiò in una fragorosa risata.

“E’ sempre il solito.” Commentò piano.

 

 

 

NDA

Eccoci qua, scusate il ritardo, ma questo periodo è un po' un disastro tra esami all'uni e gite fuori porta. Probabilmente sarò un po' incostante fino a fine gennaio.

 Detto questo vi ringrazio e spero che apprezziate questo altro capitolo (finalmente il primo bacino YEEEAAH).

Grazie mille a tutti e BUON ANNO.

Un bacio, C.

   
 
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