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Autore: Dilo_Dile2000    31/12/2016    0 recensioni
Cosa spinge una giovane a fuggire dalla propria famiglia e da coloro che ama? Perché vuole spingersi fino a Gondor quando potrebbe salpare per Aman ed evitare il più grande conflitto della Terra di Mezzo? Questa è la storia di Melyanna, del suo passato, dei suoi dolori e di ciò che l'ha trasformata da ragazza a guerriera. Per questa storia seguirò principalmente il libro, tranne in alcune parti che sarà indispensabile trarre qualcosa dal film.
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DAL XXII CAPITOLO:
"-Se la guerra terminerà in favore del bene, allora vi rincontrerete sulle bianche spiagge del Reame Beato. Ma se la missione fallisse e tu dovessi trovare la morte...- Un brivido mi corre lungo la schiena -Qualsiasi siano i sentimenti che prova per te, forse solo al di là del mare potrebbe trovare requie alle sue pene.-"
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Legolas, Nuovo personaggio
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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SOLI
 

-Numerose pattuglie di Orchi sono state avvistate a sud dell'Antica Via Silvana. Ho già dato l'ordine di eliminarle, ma quelle bestie stanno diventando più astute e scaltre, non si faranno catturare facilmente. Credo che ormai sia inutile lasciarne qualcuno vivo, le loro intenzioni ci sono già note da tempo.- Il re, con le mani intrecciate davanti al viso e gli occhi chiusi, seduto dietro alla scrivania del suo studio, ascoltò con attenzione il resoconto di Berthad, il capitano delle guardie.

-Dovremmo dare l'ordine di abbandonare le case più vicine ai confini.- Alzò lo sguardo sul suo interlocutore parlando con voce bassa e controllata.

-Mio signore, e dove potranno vivere tutte quelle persone?- Domandò il capitano, confuso dalle parole del suo sovrano.

-Chi ne ha più bisogno potrà alloggiare a palazzo: feriti e malati, donne incinte, famiglie con bambini...- Riprese alzandosi dal suo scranno. -Abbiamo inoltre bisogno di fabbri, guaritori, stallieri... Chi sarà in grado di svolgere compiti simili troverà riparo qui.-

-E per quanto riguarda gli altri?-

-Chi potrà sarà ospitato da parenti e amici, e le case di caccia saranno rese abitabili.- Berthad non sembrava ancora molto convinto e il re si accorse della sua espressione dubbiosa.

-Il nostro popolo ha sempre vissuto all'ombra del pericolo, ma adesso siamo in piena guerra, voglio che i miei sudditi sappiano la verità.- Lo sguardo del re divenne penetrante e serio. -Non sappiamo se le nostre forze saranno sufficienti per contrastare il nemico e chi vive ai margini del regno è in grave pericolo.- Si fermò un attimo ad osservare l'espressione il suo sottoposto: rispetto ai precedenti capitani della guardia, che dopo Brethil si erano succeduti in molti in tutti quegli anni, lui era il più giovane ma tra tutti il più tenace e risoluto, tanto che il re credeva che quell'incarico fosse da sempre destinato a lui. Dietro quegli occhi scuri, celata in quel momento dall'incertezza, Thranduil poteva scorgere un fiamma di ardimento e decisione. Lo conosceva fin da quando era bambino e giocava insieme a suo figlio; li aveva visti crescere e diventare uomini, sempre insieme.

Ricordava la prima volta che lo aveva visto: lui e sua moglie stavano cercando Legolas da ore, tutta la corte si era mobilitata per ritrovare il giovane principe, ma nessuno era riuscito nell'incarico. Ad un certo punto, quando la disperazione stava per sopraffare i due sovrani, Galion era giunto trafelato e gli aveva fatto cenno di seguirlo; li condusse nelle cantine e videro, nascosti in uno spazio vuoto tra le botti con una coperta sopra le loro teste a mo' di tenda, il piccolo Legolas insieme ad un bambino dagli occhi e i capelli molto scuri: Berthad. Il principe stava leggendo, pronunciando le parole con la difficoltà di un bimbo piccolo, un libro sulle storie antiche mentre l'altro ascoltava l'amico con attenzione tenendo tra le mani una candela. Thranduil non ebbe il cuore di rimproverare o punire Legolas per averli fatti preoccupare tanto, perché raramente l'aveva visto giocare con altri bambini e capì subito che quel piccolo aveva qualcosa di speciale.

Al pensiero di suo figlio, una fitta dolorosa gli attraversò il cuore e d'istinto chiuse gli occhi.

-Va tutto bene, sire?- Domandò il giovane, notando l'improvviso cambiamento del re.

-Sì... Sì non preoccuparti. Ora puoi andare, Berthad.- Rispose forzando un sorriso per rassicurarlo. Il giovane accennò un inchino e si avviò verso la porta, ma prima di uscire si rivolse nuovamente al sovrano.

-Sire.- Thranduil si voltò a guardarlo con fare interrogativo. -Legolas manca anche a me e sono molto preoccupato per lui. Voi non siete solo.- Il re non fece in tempo a rispondere che il capitano se n'era già andato chiudendo la porta alle sue spalle.

Il vuoto cadde sulla stanza, niente faceva rumore: le candele si consumavano con lentezza, da fuori non proveniva alcun suono, né il battito d'ali di qualche gufo, né il fruscio delle poche foglieancora rimaste appese agli alberi. Non sentiva le voci della servitù, non percepiva più i passi leggeri dei membri della corte. Tutto taceva.

Thranduil odiava i momenti in cui si trovava solo nelle sue stanze, senza niente che lo tenesse occupato e con la mente libera di vagare nei ricordi. Riusciva a rimanere sveglio per molti giorni, ispezionando tutte le carte che ingombravano la scrivania, leggendo molti libri e sistemandoli in vari modi nella libreria, ordinando gli oggetti in modo quasi maniacale; ma quella sera tutto era al proprio posto, aveva già esaminato a fondo i rapporti e i documenti e i libri, ormai, poteva recitarli a memoria.

Si guardò intorno e i suoi occhi si fermarono proprio dove non avrebbe voluto: osservò l'ampia finestra al centro della camera da letto che si affacciava sulle cime degli alberi, dove Virin, sua moglie, si sedeva per leggere o solo per pensare; non gli fu difficile rivederla lì, con indosso una semplice veste da notte e il capo libero dal peso della corona, tra le sue mani un vecchio volume che non si stancava mai di leggere. Ricordò che anche Legolas faceva la stessa cosa, addormentandosi spesso in bilico sul davanzale.

Scostò lo sguardo in fretta, ma non c'era un singolo centimetro di quelle stanze che non gli ricordasse loro: l'angolo in cui stava il tavolo da toeletta dove Virin si specchiava e dove lui spesso le spazzolava i capelli, così lunghi e chiari, e si soffermava sul suo collo, sulle sue spalle, gustandone con le labbra la pelle morbida e calda; gli scaffali dove il piccolo Legolas compiva scalate immaginarie su picchi lontani e dimenticati, il grande tavolo in legno di ciliegio che aveva ospitato battaglie giocose con spade di legno, pasti intimi, lunghe parlate, amori improvvisi e impazienti. Il letto matrimoniale, tra le cui coperte lui e sua moglie si erano amati, avevano accolto il loro bambino dopo un brutto sogno o durante un temporale, dove il re aveva pianto fino allo sfinimento nel percepire la presenza della sua amata svanire.

Chiuse gli occhi e uscì dalle sue stanze quasi di corsa e, con il respiro affannoso, si diresse verso l'infermeria, il primo posto che gli venne in mente; mentre camminava, sentì le gambe tremare, il sudore scendere lungo il collo e il cuore oppresso da un peso invisibile. Allora la rabbia lo prese, perché erano anni che le sue debolezze non gli si ripresentavano: provò rabbia verso sé stesso, rabbia verso la guerra, rabbia verso suo figlio, il suo unico figlio e tutto ciò che gli era rimasto, che lo aveva lasciato per una missione suicida. “C'è bisogno del tuo aiuto qui, Legolas, ogni giorno muoiono soldati e da solo non riesco a sostenere il peso del regno. Perché te ne sei andato? Perché mi hai lasciato solo, Legolas?” Pensò il sovrano asciugandosi in fretta gli occhi.

Raggiunge le stanze dell'infermeria ma, prima di entrare, notò una giovane donna accucciata vicino alla porta dell'infermeria: dapprima non capì chi fosse, poiché aveva il viso nascosto tra le braccia, ma quando la sentì singhiozzare la riconobbe subito.

-Lingwe.- La chiamò dolcemente il sovrano. La ragazza puntò lo sguardo sull'imponente figura del re e, quando si rese conto della situazione, si alzò di scatto, asciugandosi il viso e sistemandosi la veste bianca da guaritrice.

-Perdonatemi sire.- Si scusò in fretta, senza però riuscire a controllare la voce tremante. -Torno subito al mio dovere.- Fece per rientrare ma Thranduil la fermò.

-Non te ne saresti mai andata se avessi avuto qualcosa da fare, ti conosco.- Lingwe rimase in silenzio, trattenendo a stento altre lacrime. -Sfoga il tuo dolore, tu che puoi farlo.- Thranduil la vide esitare, voltarsi e guardarlo con la coda dell'occhio, poi curvare le spalle e appoggiare la mani contro il muro. Sospirò a lungo, cercando di non piangere, ma appena il re posò titubante una mano sulla sua spalla, si lasciò andare ai suoi turbamenti: si voltò di nuovo e, senza pensare, si strinse al corpo del sovrano, l'unico che i quel momento poteva capirla.

Thranduil rimase interdetto per qualche secondo da quel gesto inaspettato e non seppe bene come agire. Lingwe non era mai stata poi così diversa dalla bimba gracile che seguiva il padre durante le riunioni e consigli; certo, era maturata moto, ma era rimasta minuta e aveva mantenuto quel sorriso, che rallegrava la giornata a chiunque. e l'animo sensibile capace di intenerirsi davanti ad un fiore che sboccia. Eppure non aveva mai avuto motivo di celare i suoi sentimenti, neppure nei momenti più difficili, perché allora si stava nascondendo?

Lingwe smise di piangere e riprese il controllo di sé stessa, si allontanò dal re e si asciugò il viso e, abbassando lo sguardo, riprese a parlare: -È così che ci si sente? Ti manca il fiato, il cuore sembra smettere di battere per poi ripartire fino a soffocarti, le lacrime sgorgano prima che si possano fermare e tremi, tremi fino a quando le gambe non cedono e ti ritrovi a terra, vuoto, solo. È così che ci si sente?-

Il re chiuse gli occhi per un attimo, il sangue riprese ad uscire dalle vecchie ferite mai rimarginate ma si affrettò a mostrarsi, ancora una volta, guarito; non poté però trattenere la malinconia che sempre gli attanagliava il cuore.

-Sì.- Rispose, e non seppe più cosa aggiungere. La guardò e capì che da tempo le sue labbra non si stendevano in un sorriso, un raggio di luce che i feriti cercavano nella loro sofferenza, capì di non essere solo, che la guerra non si era portata via solo Legolas, Virin, Brethil, ma tanti figli, amori, amici.

Legolas manca anche a me e sono molto preoccupato per lui. Voi non siete solo.”

Lingwe non disse altro: si allontanò con un cenno del capo, più di ringraziamento che di rispetto, e rientrò nell'infermeria. Per un attimo, il sovrano si sentì sollevato dalla conversazione con la ragazza, ma subito dopo un peso ancora più grande gli calò sulle spalle: la responsabilità verso ogni vita che a lui aveva giurato fedeltà, che contava sulla sua saggezza.

Sospirò, e tornò alla sue stanze inutili, al suo letto freddo, alla sue lunghe notti solitarie.

 

*

 

I feriti dormono nell'oscurità, immersi nelle nebbie delle erbe mediche e nei deliri della sofferenza: alcuni si muovono costantemente sopra i loro giacigli, gemendo quando sfiorono le ferite. Altri invece non riposano affatto: scrutano il buio con gli occhi spalancati, afflitti dagli incubi e dal dolore.

Dopo aver curato Legolas, Aragorn mi ha portata qui dicendomi che i guaritori avevano bisogno di aiuto. Un vecchio guaritore, Eforwine, si è avvicinato a me con lo sguardo ostile e, ignorando ciò che gli diceva Aragorn, mi ha afferrato le mani le ha scrutate per qualche minuto, rigirandole tra le sue e avvicinandosele agli occhi.

Hai le mani di un guaritore” Mi ha detto, prima di affidarmi subito un giovane uomo con una freccia piantata nel fianco.

Adesso, dopo due giornate di lavoro, controllo gli uomini durante la notte, per dare loro aiuto o accertarmi che non si facciano del male inconsapevolmente. Non sono stati due giorni facili per me: da tempo, ormai, non mi capitava di imbattermi in ferite tanto gravi e mai prima d'ora ho dovuto amputare un arto, ma almeno ho tenuto la mente libera da ogni pensiero.

La notte sta per finire, le stelle a oriente sbiadiscono lasciando il posto a nuvole rosate, e il chiarore della luna scompare ai raggi del sole nascente che penetrano dalle strette finestre e a poco a poco illuminano la stanza; riesco a intravedere, tra le ombre dei guerrieri ancora addormentati e i deboli fasci di luce, i vecchi stivali che indosso incrostati di sangue e fango, le mani screpolate e arrossate, la treccia scomposta e arruffata. Porto una mano al viso per sistemare una ciocca di capelli dietro l'orecchio e le mie dita si posano, di nuovo, sulla guancia destra: ormai non sento più dolore e il livido deve essere scomparso, ma non posso evitare di ripensare al preciso istante in cui la mano di Legolas mi ha colpita.

Non credevo che potesse aver raggiunto un tale livello di freddezza nei miei confronti e per questo, quando mi ha guardata con gli occhi colmi di lacrime e rimorso, quando mi ha accarezzato il viso e le labbra con lentezza, avrei voluto abbandonare la testa contro le sue gambe e lasciarmi andare alla sua dolcezza, al calore del suo corpo tremante. Ma ho avuto paura che tutto potesse scomparire in un attimo, che potessi soffrire ancora, e me ne sono andata.

-Melyanna, sono tornati.- Aglar entra nella stanza e si avvicina a me: ha passato gli ultimi due giorni ad aiutare i Rohirrim in qualsiasi cosa gli chiedessero e anche lui adesso è stanco e trasandato quanto me.

-Devo rimanere qui, se succedesse qualcosa...-

-Ti chiamerò io se ci sarà bisogno di te.- Mi interrompe lanciando uno sguardo fugace ai feriti e facendomi intendere che non si muoverà di qui.

-È successo qualcosa?- Gli domando, non convinta del suo sguardo strano.

-No, non preoccuparti...- Risponde in modo affatto convincente. Lo guardo un attimo di sbieco e, dopo aver sussurrato un grazie, esco dalla camera diretta verso i cancelli.

Una piccola folla è riunita intorno al re e alla sua scorta di ritorno da Isengard, ma la mia altezza non mi permette di vedere bene oltre le teste di questi possenti guerrieri; avanzo facendomi spazio tra di loro e quando giungo nel centro, non ho il tempo di meravigliarmi per l'assenza di Mithrandir e, al contrario, della presenza di uno dei quattro Hobbit della Compagnia, perché vengo raggiunta dai due figli di Elrond: Elladan ed Elrohir.

-Hir... Dan... Cosa...- Balbetto, cercando di reprimere il tremore alle gambe; non riesco a decifrare il loro sguardo, troppo simile a quello del padre quando cerca di contenere la rabbia, ma quando finalmente si fermano di fronte a me, Elrohir mi stringe forte a sé e sospira a fondo, senza pronunciare una parola.

-Nostro padre è molto preoccupato. Te sei andata all'improvviso senza lasciare tracce, ha persino maledetto chi ti ha insegnato a viaggiare in tale segretezza.- Esclama Elladan quando il fratello mi libera dalla sua calda stretta.

-Perché siete qui?- Domando, ancora stupita da quanto è appena successo.

-Abbiamo radunato un gruppo di Dúnedain dopo aver saputo che la Compagnia si trovava in difficoltà.- Spiega Elrohir indicando con un cenno della mano un manipolo di uomini alti e robusti, più dei soldati di Rohan, che prima non avevo notato: il loro volti sono oscurati dal cappuccio dei mantelli neri e se ne stanno in disparte dietro il re e i suoi omini, mantenendo sempre l'atteggiamento fiero e umile tipico degli Uomini del Nord.

Sposto lentamente lo sguardo su di loro e d'improvviso, all'ombra di una cappa scura, incrocio due grandi occhi azzurri e subito il giovane arrossisce e abbassa lo sguardo.

 

***

 


NOTE DELL'AUTRICE:
In ritardo. Ancora. E il capitolo non mi convince per niente. Ancora.
Il capitolo è pieno di novità e per questo ho paura di quel che può venirne fuori, ma ormai quel che è fatto è fatto.
Innanzi tutto, ho aggiunto un altro punto di vista, quello di Thranduil, ma in terza persona e non più al presente: avevo già scritto qualcosina in terza persona (il sogno di Melyanna all'inizo del primo capitolo) ma spero che, in questo caso, non strida con il resto della storia; la prima persona per me è come un esperimento, ma spesso faccio fatica a scrivere in questo modo. 
Abbiamo di nuovo Lingwe, che ha rivelato qualcosa in più sui suoi sentimenti, e ho anche "rivelato" il nome della moglie di Thranduil , Virin.
La seconda parte... Non so bene cosa abbia scritto: o presferito, in questo caso, seguire il libro, dove, al ritorno da Isengard, il re e chi con lui incontrano un gruppo di Uomini del Nord insieme a Elladan e Elrohir, e si recano di nuovo al Fosso di Helm. E alla fine di nuovo sorprese (spero vi ricordiate di lui).
Rinnovo l' ''offerta" della storia che seguirà questa, che sarà incentrata sulla vita e l'amicizia di Thranduil e Brethil, ma che poi spazierà a tanti altri personaggi.
Fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto e se la mia idea vi "stuzzica"

A presto (spero)
Diletta

 


Aggiunta dell'ultimo minuto: per la fretta e per l'orario in cui ho pubblicato mi sono dimenticata di ringraziare Tauriel02 per aver inserito la mia storia tra i preferiti (perdonami ti prego).

   
 
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