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Autore: ClaryWonderstruck    31/12/2016    1 recensioni
[ Il cielo sembrava un’estesa massa di luci vorticanti, di scie circolari che si inondavano le une sulle altre in un concatenarsi quasi eterno. Vigilavano sulla cittadina mercantile che dormiva quieta, nel silenzio della notte, accompagnando i loro sogni con il brillare delle stelle che vi si specchiavano ... ]
[ ... Marinette avrebbe potuto osservare quel dipinto per ore, per giorni, rimanendone rapita come la prima volta]
E se i dipinti di Van Gogh non fossero stati l'unica fonte di luce, quella notte ? Si sa, la luna è compagna dei felini che si aggirano in cerca di compagnia.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Alya, Gabriel Agreste, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Baciati dalla sfortuna 
 
 
 




Ammettere di avere un problema è il primo passo avanti per risolverlo, dicevano in giro.
Questo perché le persone non si erano mai ritrovate nella tragica situazione di Marinette : vagante per uno sterminato campo di grano dall'umidità opprimente, senza un minimo di senso dell'orientamento e uno straccio di piano utile.
L'idea iniziale era stata quella di studiare il nemico per poi mettere a punto un eventuale contrattacco in grado di "disakumizzarlo" anche sprovvista del suo Miraculous.
 Ad essere onesti, la super eroina non conosceva affatto modi efficaci per sostituire il suo yo-yo ( capace di purificare le farfalle infettate ), né tantomeno il volto del nemico.
 
La sfortuna si stava abbattendo sulla persona sbagliata - si disse amaramente, facendosi largo tra le spighe di grano alte almeno due spanne più di lei.
Il frumento, infatti, formava una sorta di labirinto fitto e monocromatico che non permetteva alcun tipo di previsione riguardo il cammino da scegliere.
Marinette apriva le fronde imperterrita, sperando ancora dopo una trentina di tentativi, che il grano non si sarebbe richiuso alle sue spalle come aveva fatto tutte le volte precedenti.
 
Ovviamente il caso non l'assistette per niente.
 
La ragazza, allora, digrignò i denti, emettendo un lamento frustrato che si insinuò tra le spighe di grano provocando un suono rimbombante e deciso.
Quando il rumore raggiunse il cielo nuvoloso, il grigio di questo fu macchiato da tanti piccoli puntini neri che accrescevano di dimensioni col passare dei secondi. Prendevano velocemente forma, acquisendo piume, becchi ed ali belle tese che si gonfiavano sotto la spinta del vento.
Lo stormo di corvi neri si stava abbattendo sul campo volando a bassa quota, in modo caotico e disordinato, beccando qua e là qualche chicco superstite.
Se l'avessero scovata, di certo Marinette avrebbe fatto una fine dolorosamente atroce.
 
Detestava i corvi.
 
 Con tanta pazienza, cercò di ricordare la struttura del dipinto traendone spunto.
 La memoria le suggeriva che il frumento era attraversato da tre sentieri distinti che si diramavano in tre direzioni differenti, una delle quali l'avrebbe persino portata da Chat Noir.
Più rapidamente dello lo stormo intento a scovare qualcuno tra le folte spighe, Marinette si fiondò lateralmente, cercando di tagliare il campo orizzontalmente così da trovarne sicuramente un'uscita.
 La corsa a perdifiato le graffiò le braccia e la privò di una buona dose di ossigeno, che fu immediatamente ricaricata non appena l'eco del gracchiare funesto raggiunse le sue orecchie.
Prima che i becchi dei pennuti potessero raggiungerla, si gettò letteralmente in un fessura poco visibile tra le spighe, che si rivelò quella propizia.
 
La buona notizia era avesse scovato l'uscita; la cattiva non aveva il coraggio di quantificarla.
Sentiva di essere finita in una pozza melmosa con tutte le scarpe, ma sperava che ignorando il problema, prima o poi sarebbe sparito realmente come la sua dignità.
Si ricompose in fretta.
Doveva seguire il sentiero e ritrovare non solo Chat, ma anche il mal capitato vittima di Papillon.
 
 " Spero solo che non ..." pensò tra sé e sé, interrompendosi quando percepì qualche gocciolina di pioggia scivolarle sul viso pallido.
Stava diventando una barzelletta.
 " Se questo è un modo per testare la mia fortuna, Tikki, non sta funzionando!!"'
 
Ma la giornata era appena iniziata nel mondo di Van Gogh, ed aveva appena cominciato con la sua trafila infinita di cattiva sorte.
 

 


***




Stanca e amareggiata, Marinette camminava trascinata per inerzia lungo il sentiero interminabile.
Era zuppa dalla testa ai piedi e ricoperta di una sostanza marroncina dall'odore non proprio piacevole, che increspava il tessuto degli jeans scoloriti: gonfi di fango, avevano assunto la consistenza ruvida della carta vetrata.
Aveva smesso di piovere da circa un'oretta, ma nessuna traccia di qualche abitazione.
C'era solo un susseguirsi di campi e mulini che parevano la fotocopia gli uni degli altri.
Tutto quel grano, poi, le ricordava l'odore caldo e sfizioso delle ciotole colme di pop corn che sicuramente Alya stava divorando davanti alla televisione.
Maledisse ancora la sua folle passione per l'arte.
Quando meno se l'aspettava, un arco in mattoncini rossi balenò davanti alla sua vista, segnando l'ingresso per l'unica città che Marinette riteneva possibile: Auvers-sur-Oise, l'ultima tappa della vita del pittore.

"Bingo" ridacchiò, ignorando il rumore imbarazzante che il tessuto creava quando compiva un passo.
 
Il paese sembrava delizioso e ben curato, infatti era stato efficientemente strutturato su vari livelli dove villette colorate e floreali si innestavano armoniosamente, creando dei piccoli borghi decisamente caratteristici.
La tecnologica pareva un ricordo lontanissimo, soffocato dall'aria di campagna ottocentesca che permeava l'intera cittadina.
Peccato che oltre alla modernità, anche l'elemento umano era stato risucchiato via.
 Non vide un carro passare, od una vecchietta filare sul balcone, né qualche bimbo scorrazzare fuggendo dalla famiglia o mercanti gridare per vendere i propri prodotti.
Tutto fortemente spento e statico, bidimensionale quasi, senza un minimo di vitalità.
A dirla tutta aveva un suo perché, rifletté Marinette, dal momento che non era reale, ma solo frutto della magia dell'akuma, un mero trucchetto.
 
Dopo alcuni giri di perlustrazione poco producenti, Marinette s’affacciò in un viale affiancato da un fila di girasoli rivolti verso un punto indistinto del cielo. S’accorse, dunque, che non c’era il sole in quella dimensione alternativa: la luce proveniva da tutt’intorno come se la terra stessa la irradiasse. Chat non poteva essersi imboscato troppo lontano- si disse percorrendo la stradina che portava ad una cappella di paese: era in stile gotico, dalle decorazioni austere e le vetrate policromatiche.
Marinette tentò di forzare la maniglia del portone, ma sembrava bloccata dall’interno, così cercò di intravedere cosa celassero le finestre colorate dell’abside. Con un po’ d’olio di gomito e tanta pazienza, adocchiò delle figure sedute sulle panche della campata centrale.
A guardarle meglio, parevano inginocchiate, addirittura imbavagliate e legate al proprio posto contro la loro volontà. Impiegò qualche secondo prima di riconoscere la sua migliore amica spuntare fra la quarta e la terza fila laterale.
Lo spirito razionale che le vibrava dentro stava analizzando la situazione con estrema calma, cercando un modo per forzare la serratura senza dover necessariamente ricorrere a mezzi pesanti. E con pesanti intendeva spaccare la vetrata a suon di sassate. Ergo, un segno evidente della sua presenza.

“ Pensa, pensa Marinette” si grattò la nuca dondolandosi avanti e indietro per il giardino antistante della chiesa “ Sfrutta gli oggetti che hai attorno. Cosa hai attorno, Marinette ?”

La voce che la sua testa aveva scelto come suggeritrice era stata plausibilmente quella di Tikki, l’unica in grado di scamparla in situazioni disastrose. La fanciulla perlustrò l’area del giardino adocchiando un paio di strumenti da giardinaggio e l’ingresso per il cimitero adiacente.

“ Col cavolo che metto piede lì dentro” fu il primo impulso a scuoterle le tempie. Ma il senso di dovere e la preoccupazione crescente ebbero la meglio, trascinandola contro volontà verso l’ingresso lugubre del posto. Era preceduto da un arco in ferro battuto, al centro del quale si divincolava una figura angelica dai tratti alquanto raccapriccianti.
Se non si fosse trovata rinchiusa in una dimensione alternativa, probabilmente avrebbe ricondotto l’immagine a quella dei Gargoyles del Gobbo di Notredame.
Era pur sempre una nerd.

Non appena fece un passo per entrare, il terreno si aprì sotto i suoi piedi come una voragine che risucchia le anime direttamente all’inferno. Marinette fu inghiottita in basso, dove nemmeno il suo più grande coraggio l’avrebbe pienamente assistita, dove il respiro si faceva rantolante e confuso, carico di angoscia.
Cadere nel vuoto completo, avvolta dall’oscurità e sporca di terra  sembrava la coronazione della sua cattiva fortuna. Persino Chat Noir godeva di una sorte migliore paragonato alla serie di sfortunati eventi che la stava colpendo.
E lui rappresentava la distruzione per eccellenza.

Finì schiantata in una sorta di galleria sotterranea, una specie di catacomba fatiscente che a stento conteneva la natura invadente. Con qualche ammaccatura e un grande mal di testa, si fece forza per alzarsi e pulirsi il viso dalla polvere e qualche fogliaccia secca.
Sembrava uno spaventapasseri fradicio e visibilmente stremato.
Benché le pulsasse un fastidioso dolore sotto pelle, riconobbe che il corridoio dove si trovava era fortunatamente illuminato da qualche torcia incastrata tra le fessure dei mattoncini. Forse avrebbe trovato qualche passaggio segreto per l’interno della chiesa, ma con la fortuna che aveva, era più probabile finire dentro una discarica.

Fece qualche passo avanti con la mano premuta accuratamente sul capo, tuttavia il suo andamento fu interrotto  dalla vista di un giovane gatto in carriera  che correva a perdifiato verso la sua direzione. Chat Noir sobbalzò quando la vide conciata in quel modo, ancora più sorpreso del suo aspetto scombussolato che non della sua effettiva presenza. Era chiaro come il sole che l’avrebbe comunque seguito malgrado gli avvertimenti.
<< Che c’è ?>> brontolò Marinette sulla difensiva, ancora travolta da un senso di volteggiante disorientamento. Chat Noir sfilò le rimanenti foglie dai capelli arruffati, trattenendo una evidente risata derisoria.
<< Il tuo aspetto mi ha persino prosciugato la vena ironica >> disse infine, scatenando l’incombere di uno sguardo fulmineo e stressato.

Non ci volevano proprio le sue battute con tutta quella malasorte.

<< Chiudi il becco. Il karma mi ha torturata abbastanza per un giorno solo >>

Il supereroe si voltò di scatto, ricordandosi evidentemente la ragione che l’aveva condotto fino a quel punto delle catacombe << Non vorrei infrangere i tuoi sogni, ma Papillon si è superato con il suo ultimo "esperimento" >>
<< Sono pronta a tutto >> rispose Marinette fin troppo impulsivamente, posando una mano sulla spalla del partner.
I suoi muscoli, notò la giovane, erano tesi come corde di violino appena tirate.

<< Anche ad affrontare le tue stesse paure ?>>

Marinette trasalì << Stai scherzando? Ti prego, dimmi che stai scherzando >>.
Il viso di Chat, però, era tutt’altro che divertito, piuttosto incorniciato da un’espressione di frenetica ansia mista ad una stenua determinazione.

I minuti che seguirono vennero colmati da veloci spiegazioni riguardanti la capacità dell’akuma di trasformarsi nella paura dell’osservatore, assumendone la forma e persino la voce. Una bambola di pezza dalle sembianze estremamente reali, insomma.
I due supereroi compirono numerosi passi febbricitanti lungo tutte le diramazioni dei sotterranei, volti a depistare il nemico che stava inseguendo Chat già prima che piombasse dalla fanciulla. Marinette aveva raccolto le forze e riacquisito un po’ di equilibrio, ma ancora faticava a mantenere una concentrazione stabile quando le pareti attorno a lei si ripetevano in modo così dannatamente incalzante. Per non parlare del fetido odore che quel postaccio esalava: vecchio e polveroso, era rimasto intrappolato nel tempo proprio come tutto il resto.

<< E’ un mutaforma, non un corridore. Potremmo fermarci un secondo per riflettere meglio? >> si lamentò la fanciulla tirando verso di sé Chat, il quale non ne voleva sentire di piccole pause di percorso. Studiò Marinette intensamente, assumendo uno sguardo così orgoglioso da rendere il taglio dei propri occhi una sottilissima fessura verde smeraldo.
<< Quando usciremo da questo labirinto. Poi penserò ad un piano. Dovremmo esserci quasi…>>

La giovane svoltò un’ultima volta, intravedendo uno spiffero di luce invadere la cupezza del tunnel.

<< Cosa c’è di tanto terrificante nella tua paura, Chat? Sembra che tu stia fuggendo da Jack lo Squartatore>>

Il ragazzo s’assicurò che non spuntassero fuori spiacevoli sorprese dalle entrate laterali, per poi richiamare Plag e sfruttare il suo potente cataclisma.
Da comune cittadina, Marinette simulò uno sgomento di sorpresa nel vedere in azione i superpoteri di Chat: il denso fumo nero che scoppiettava tra le sue dita affusolate fu direzionato verso la zona alta della parete, che crollò come un castello di carte contro il soffio del vento.
Tanto fu il baccano prodotto, che potevano considerare distrutta la loro possibilità di rimanere avvolti nell’ombra, ignoti agli occhi del nemico che ora avrebbe potuto localizzarli con estrema facilità.

Sentirono il rumore sordo di scarpe rimbombare sotto il loro  piedi, un suono sincronico e deciso, generato possibilmente da un paio di mocassini dal tacco affilato. Marinette non poté fare a meno di immaginare a chi potessero appartenere, a chi Chat Noir doveva il suo terrore e la sua evidente preoccupazione. Con un balzo efficacemente calibrato, il gatto s’arrampicò oltre la parete di mattoni, per poi tendere la mano verso Marinette.
La giovane esitò quell’istante necessario a mandare Chat nel completo panico.
Voleva davvero scoprire che volto possedesse la sua paura ? Sotto sotto una leggera curiosità ronzava attorno i suoi pensieri, ma l’idea di doverla affrontare superò il desiderio di conoscerla.
Così afferrò la mano di Chat, il quale la trasportò in fretta e furia fuori dall’inferno.

La voragine del cataclisma l’aveva condotti direttamente nella sacrestia della chiesa, dove qualche tunica ancora appesa sembrava suggerire un utilizzo piuttosto recente del posto. Non aspettarono molto prima di spostare la libreria a muro per richiudere il passaggio e scampare temporaneamente il pericolo.

<< Ti dico quello che ho scoperto mentre tu giocavi col fango >>  esordì Chat, sedendosi comodamente su un mucchio di libri caduti in seguito al rovesciamento della libreria  <<  L’unico modo per fuggire definitivamente dall’akuma è uscire dal quadro. I luoghi dipinti da Van Gogh sono dei portali per il nostro mondo, quindi basta attraversarli e puff, il gioco è fatto >>


<< Ok, potremmo fare così, ma non è una soluzione definitiva. Come pensi di sconfiggere l’akuma? Hai idee? >>  incalzò Marinette, presa a valutare ciascuna variabile del caso. Chat Noir rispose con un eloquente silenzio, che da una parte le permise di riflettere più affondo, ma dall’altra accrebbe in lei un grande senso di preoccupazione. Non sapeva se sprovvista dei suoi poteri, dopotutto, avrebbe potuto salvare la situazione come suo solito.

<< Fantastico. Non hai pensato a un fico secco >>

<< Hey, sono stato un felino occupato a scappare dallo psicopatico del villaggio, per la cronaca >> replicò lui, restando sulla difensiva. Marinette lo guardò di bieco, a braccia conserte  << Oh certo, perché camminare e pensare contemporaneamente è una richiesta fin troppo eccessiva … >>

<< Certe volte sai essere davvero irritante >> borbottò di tutta risposta.

La giovane si morse il labbro, in attesa di un brillante piano sfornato direttamente dal suo piccolo cervello scaltro. Inclinò il capo leggermente, fulminata improvvisamente da un’idea che probabilmente si sarebbe rivelata disastrosa e potenzialmente fatale. Nonostante ciò,  in quelle condizioni critiche, tanto valeva tentarla piuttosto che continuare a nascondersi.
Chat si rese immediatamente conto della smorfia << Mi piace quel sorriso malefico. Così subdolo e calcolatore >> si complimentò poi, scattando sue due “zampe” << Mi piace molto >>

Il suono vibrante e malizioso della sua voce rimase incastrato nei pensieri di Marinette, la quale, per un semplice istante, ne fu completamente rapita. Accade che dovette distogliere lo sguardo per tornare alla realtà nuda e cruda. Quel gattaccio ci sapeva fare – si disse arrendevole.

<< Non penso ti piacerà una volta ascoltato quello che ho da proporti >> canzonò la fanciulla. L’umore del ragazzo non cambiò affatto, anzi, sembrava divertito della situazione << Sono aperto a tutte le proposte, ma eviterei all’interno di una chiesa. Sai, luogo sacro e tutto … >>

Marinette arretrò, emettendo un suono vibrante e fin troppo acuto  << Eww, non hai proprio peli sulla lingua, eh ? >> .
Chiaramente, Chat approfittò dell’osservazione per indicare i suoi canini appuntiti << Il gatto deve avermela mangiata >> .

Ne conseguì una veloce spintarella, accompagnata da battute orribili riguardo le condotte dei gatti del suo quartiere. Erano apparentemente maleducati e pigri, a quanto diceva il supereroe.

Dopo un momento di leggerezza, tornarono alla serietà che la loro impresa richiedeva. Marinette provò ad assemblare qualche idea cercando di sembrare il più goffa possibile, per depistare quanto meno le ipotesi che Chat Noir aveva fatto sicuramente sul suo conto. Non era idiota, né tantomeno cieca per non accorgersi del modo in cui lui aveva iniziato a guardarla quella notte.

<< Quindi tu metti in salvo gli innocenti, mentre io distruggo l’akuma. Cristallino >> ricapitolò Chat.
La ragazza riprese fiato << Esatto. Poi l’attireremo fuori dal dipinto, dove non avrà più tanto potere, e cercheremo di distruggerla con il cataclisma. Non sono molto propensa a soluzioni così drastiche, ma senza Ladybug non possiamo purificare le farfalle >>

Malgrado le tragicità delle circostanze, sentirono entrambi una scarica elettrica percorrere le loro fibre muscolari, cariche ed elastiche per compiere qualche follia di troppo. Marinette percepì quell’energia dinamica rispecchiarsi nelle pupille di Chat Noir, il quale la guardava in modo strano e particolarmente intenso.

<< Ricordami di ringraziarti quando usciremo da qui. Te la sai cavare bene, princess >> Chat fece per dirigersi verso l’uscita della sacrestia, munito della sua lancia e una folgorante determinazione.
Fu fermato, poco prima di varcare la soglia, da una mano affusolata e delicata che teneva stretto il lembo finale della sua tuta << Ricordati di sopravvivere nel frattempo, kitty cat >>

Chat digrignò i denti, chinandosi in modo sfacciatamente teatrale << Se è questo che vuole la mia lady, sarà fatto >> . Impetuosamente si gettò oltre la porta, lasciando Marinette sola, nel cuore di una sacrestia cupa e terribilmente silenziosa.

Tutto nelle ossa le suggeriva che di lì a poco sarebbe letteralmente scoppiata come un bollitore a pressione.
Non capiva per quale dannato motivo Chat si fosse rivolto a lei come fosse stata Ladybug e non la buffa Marinette.

Si torturò non poco, bombardandosi di domande e dubbi riguardo le parole di Chat. Forse era stato solo uno sbaglio, un lapsus – si disse. O forse le serviva una bella doccia fresca e tante ore di sonno dentro le sue coperte. Sbraitando contro quella poltrona di Tikki che l’aveva lasciata al suo sfortunato e tragico destino.

“ Ok karma, patti chiari e amicizia lunga. Dammi un piccolo aiutino almeno per ora, poi potrai continuare a buttarmi malocchio quanto ti pare “ pensò tra sé e sé, accantonando il problema sollevato da Chat.

La faccenda si faceva seria.
Game on.
 
 
 





















Angolo autrice
Ma buonsalve miei piccoli fiocchi di neve invernale (?)! So di aver detto che non avrei aggiornato in poco tempo, ma l’ispirazione mi ha travolta e non ho potuto frenarmi. Mia colpa u.u Anyways, non so dove la storia mi stia conducendo in realtà, lascerò i personaggi parlare per me.
Vi auguro un felice Capodanno e vi lascio con la speranza che il 2017 sia meno #mainagioia dell’anno precedente. Au revoir !

PS : questa follia è dedicata alla mia Chat che ora si trova al letto con la febbre. Don’t get used to it 
  
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