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Autore: Gio318    25/05/2009    4 recensioni
E se Bella non fosse mai esistita? E se Edward fosse riuscito a trovare il modo di morire? E se una ragazza cercasse di fare qualsiasi cosa per salvarlo, perchè è innamorata di lui?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice Cullen, Edward Cullen, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Catabasi 2009



Quando Alice mi telefonò quel lunedì mattina, rimasi senza parole: Edward era morto.
Mi crollò il mondo addosso: senza di lui, la vita sarebbe trascorsa in bianco e nero. Il tempo sembrava essersi fermato in quell’istante. Il mercoledì seguente ci fu il funerale e, fissando quella bara di mogano scuro, capii che dovevo fare qualcosa: avevo bisogno di risposte. Più passavano i giorni, più mi accorgevo che tutte le idee che avevo erano folli e irrealizzabili.
Poi trovai un libro sulla resurrezione, dimenticato su uno scaffale della vecchia libreria di Phoenix.
Ma, prima di raccontarvi quello che accadde, è opportuno che vi dica qualcosa su Edward e la sua famiglia: erano in sette, tutti bellissimi, tutti eterni. Ufficialmente erano i Cullen: Carlisle, Esme e i loro figli adottivi, Jasper, Alice, Rosalie ed Emmett. Edward era il quinto dei figli del dottor Cullen e signora. Non invecchiavano mai ed avevano la pelle dura e fredda come il marmo. Mi chiesi come potesse morire un essere eterno, ma nel settimo capitolo del libro trovai una possibile soluzione ai miei problemi: l’antico libro narrava la leggenda di un uomo che scese negli Inferi per resuscitare l’amata moglie defunta.
Se quello che narrava la leggenda fosse stato vero, avrei potuto finalmente sapere perché Edward fosse morto così all’improvviso, lasciando solo un vuoto, freddo come il vento d’inverno. C’erano alcune macchie di muffa, così non riuscii a leggere quale fosse il prezzo da pagare per riportare in vita un’anima (si sa che c’è un prezzo per tutto…), comunque non mi importava.
Trovai con difficoltà l’ingresso degli Inferi: dovetti recarmi a Volterra, in Italia. Non so bene come riuscii ad eludere la sorveglianza, ma arrivai nei sotterranei del castello. Trovai una porta, citata nella leggenda, e seguii le istruzioni: praticai un taglio sul mio braccio e feci gocciolare il sangue sulla terza incisione a sinistra.
Arricciai il naso, disgustata dall’odore metallico del fiotto caldo che colava lungo il mio polso, ma non vi prestai più attenzione, perché una grande porta di pietra iniziò a scorrere letteralmente con un gran fracasso, rivelando una scalinata circondata da un alone scuro.
Iniziai a scendere, sentendo un freddo diverso da quello provato fino ad ora, che mi avvolgeva come una morsa. Tremando, entrai in un’ampia sala circolare. Tutto era scuro, l’aria era satura del puzzo della morte e ovunque c’erano anime pallide che volteggiavano. Sospirai, creando una nuvoletta di vapore, e tutte si voltarono verso di me, capendo che ero viva! Mi accerchiarono, incuriosite, e solo allora vidi una piccola imbarcazione sulla riva di un livido fiume.
Mi avvicinai ed incontrai un uomo orrendo, che mi sorrideva con aria di scherno. Gli dissi chi cercavo e mi chiese, di rimando, in che settore fosse. In preda al panico consultai il libro, ma non dava indicazioni precise riguardo alla dislocazione delle anime dei luoghi infernali. Li ripassai mentalmente, associandoli alla storia di Edward, poi dissi che volevo raggiungere i Campi Elisi, sperando con tutto il cuore di trovarlo lì. Attraversato l’Acheronte e superato Cerbero, giunsi in una valle meravigliosa, illuminata da un sole splendente, ma freddo: era diverso dalla radiosa fonte di vita che splendeva nel nostro cielo. Iniziai a perlustrare quei prati, stringendo nervosamente il mio libro tra le mani. Non so quanto tempo passò di preciso, ma mi lasciai prendere a poco a poco dallo sconforto: non era da nessuna parte. Mi sedetti sotto un melo e mi riposai un momento.

Quando riaprii gli occhi era davanti a me, bello e perfetto come sempre. Provai ad abbracciarlo ma, con orrore, scoprii che non riuscivo a toccarlo. Mi guardò, dispiaciuto, poi si sedette accanto a me. Iniziai a bombardarlo di domande, ma rispondeva in modo sfuggente. Lo guardai con rabbia e gli chiesi per la terza volta come fosse morto.
Eluse la mia domanda e mi disse solamente che era stufo di vivere senza uno scopo. Aggiunse, prevenendo la mia domanda, che non mi aveva detto niente perché sapeva che non avrei approvato. L’aveva fatto, convinto che tutto sarebbe finito lì e, con una nota di malinconia, disse che gli mancava la sua famiglia.
Poi aggiunse, sorridendo, che gli mancavo io. Arrossendo, chiesi come avesse fatto a morire e mi raccontò tutto dal principio: dopo una lunga riflessione con Carlisle, aveva deciso di farsi uccidere. Era stanco di nascondersi e così provocò un altro gruppo di immortali. Minacciò di rivelare la loro esistenza: sarebbe scoppiato il finimondo. Lo uccisero, bruciandolo vivo e polverizzandolo, poiché era l’unico modo con il quale gli esseri come lui potessero morire.
Leggevo nei suoi occhi che si sentiva solo e dissi debolmente che, se avesse voluto, avrei potuto farlo tornare nel mondo de vivi. Ricominciai a respirare quando accettò la mia proposta. A quelle parole, un’anima scese dall’alto. Era uno degli scagnozzi di Ade, orrendo quasi quanto il suo padrone in una delle illustrazioni del mio libro. Incuteva terrore al solo sguardo, il suo viso non aveva forma ed era coperto da un cappuccio scuro e il suo lungo mantello toccava terra strisciando in modo sinistro.
Era in completo contrasto con la maestosità dei prati verdi intorno a lui e, dedussi che non vedeva la luce da molto tempo. Si girò verso di me e un ghigno gelido di cattiveria fece capolino dall’ombra del cappuccio che gli copriva il volto sfigurato dal male. Disse con voce roca che per far resuscitare Edward voleva qualcosa in cambio.
Rimase qualche istante a pensare, poi disse che avrei dovuto rinunciare alla vista. Una punizione crudele: Edward era troppo bello per non essere guardato. Prima che potesse dire qualcosa, accettai.
Dopo qualche istante i colori iniziarono a svanire, poi un velo scuro si stese sui miei occhi. Gettai via gli occhiali e sentii una stretta familiare sulle spalle.
Edward mi baciò la fronte e sussurrò che ero stata pazza. Sorrisi e mi lasciai guidare verso l’uscita degli Inferi. Non vidi la luce del sole, ma percepii il suo calore sulla pelle. Sapevo che era stata un’idea folle rinunciare a un dono così prezioso da giovane, ma i miei ricordi mi aiutarono ad andare avanti. Dopotutto, se volevo vedere qualcosa, mi bastava immaginarlo con la fantasia, anche se il mio sogno si era già avverato: Edward era vivo.

Ed io avrei potuto trascorrere con lui tutto il tempo che volevo e ciò colmava perfettamente la mancanza di luce nella mia vita.
  
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