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Autore: Nata dalla Tempesta    02/01/2017    2 recensioni
“Papà, tornerai presto a casa?” Domandò ancora la piccola, rivolgendosi stavolta all’uomo che stava in piedi davanti la porta. Lui ebbe un attimo di esitazione, un lieve tentennamento, ma tanto bastò perché la bambina lo raggiungesse e allungasse le braccia verso il padre in una silenziosa richiesta d’affetto. Quegli occhi grandi, le manine paffute che cercavano disperatamente di raggiungerlo, la struggente innocenza del suo sguardo…era troppo, più di quanto un uomo come lui potesse sopportare.
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quella mattina il sole era alto nel cielo, e illuminava ogni cosa a Reesembool. Tutto, ad eccezione del cuore di Pandora. Su di lei era calata un’ombra oscura, una cappa di disperazione e delusione, una tristezza che le attanagliava l’anima.
Per tutti quegli anni aveva atteso con pazienza, aveva pianificato e sognato il momento in cui avrebbe rivisto suo padre, aveva immaginato di abbracciarlo e sentire ancora una volta il suo profumo.
Ma tutto quello che adesso aveva davanti era una lapide appena intiepidita dai raggi del sole che mai avrebbe potuto ricambiare i suoi abbracci, né avrebbe potuto sussurrarle parole di conforto.
La sera prima, dopo aver raccontato tutta la sua storia, Roy Mustang si era seduto accanto a lei e le aveva rivelato la verità su suo padre.

“Mi dispiace, Pandora…Hohenheim è morto da anni, ormai.” Le aveva detto il Comandante Supremo, senza riuscire a guardarla negli occhi. “Si è spento proprio qui a Reesembool subito dopo la battaglia contro gli homunculus. È stata la signora Rockbell a trovare il suo cadavere inginocchiato davanti la tomba della moglie.”

Ora, in piedi davanti le lapidi di Trisha Elric e Van Hohenheim, Pandora non sapeva più per cosa stesse piangendo.
Era arrabbiata con Mustang per non averle detto subito la verità.
Era delusa per quel viaggio andato a vuoto.
Era in collera con Hohenheim perché si era fatto una nuova famiglia e aveva abbandonato quella “vecchia”.
Ma più di ogni altra cosa, si sentiva davvero sola per la prima volta da quando era nata. Fino a quel momento aveva vissuto con la speranza di poter riunire la sua famiglia, almeno in parte. Invece adesso non aveva più nulla tra le mani, l’unica cosa che le restava era quella pietra filosofale maledetta, ingrata eredità dell’uomo dorato.

“Signora, può lasciarci soli per qualche momento?” Sussurrò Roy a Pinako Rockbell, che si allontanò tenendo la pipa tra le dita.

Mustang si avvicinò a Pandora di qualche passo, mettendosi appena dietro di lei. Da quando le aveva rivelato che il padre era morto, lei non gli aveva più rivolto la parola. Era comprensibile, le aveva tenuta nascosta un’informazione così importante, l’unica ragione per la quale era giunta ad Amestris. Eppure per qualche ragione quel silenzio gli faceva male. Era abituato ad avere a che fare con Edward Elric che gli urlava contro tutto quello che pensava senza filtri né censure, e non sapeva come comportarsi in quella situazione.

“Stai bene?” Azzardò dopo qualche attimo di silenzio.

Pandora si voltò lentamente verso di lui, piantandogli addosso i suoi occhi dorati e umidi di lacrime non ancora asciugate dal sole. “Come crede che stia?” Disse in un sussurro, stringendo i pugni lungo i fianchi.

“Io…non lo so.” Sospirò l’uomo, passandosi una mano sul viso. Non riusciva a sopportare quello sguardo, vi leggeva dentro tutta la rabbia e la delusione che Pandora covava nel cuore. “Mi dispiace di averti tenuto nascosto quello che cercavi.”

“Lei si dispiace…” Annuì la ragazza, tirando leggermente su col naso. “Comunque non ha più importanza adesso. Mio padre ha scelto la famiglia da cui voleva tornare, è evidente. E adesso che è morto non ho più motivo di restare qui, né tantomeno ho motivo di continuare a vivere…”

Quelle parole così amare colpirono Roy come un pugno nello stomaco. Eppure la capiva, conosceva il gusto di una vita senza uno scopo; la sensazione di vuoto e il desiderio di abbandonare il mondo dei vivi erano cose fin troppo familiari per lui. Si era sentito in quel modo dopo la guerra di Ishbar, aveva odiato con tutto se stesso la sua alchimia e la distruzione che con essa aveva portato a quella povera gente.
Ma lui aveva avuto la fortuna di avere accanto qualcuno che lo aiutasse a risollevarsi dal baratro in cui stava lentamente sprofondando, ed era solo grazie all’amicizia dei suoi colleghi che aveva ritrovato la forza per vivere e cambiare il paese. E per quella stessa ragione, decise che non avrebbe lasciato Pandora al suo destino.

“Non dire queste cose.” Le rispose con fermezza, poggiandole una mano sulla spalla. “Ammetto davanti a te la mia colpa, e credimi se ti dico che sono davvero dispiaciuto che tu abbia viaggiato fin qui senza poi trovare quello che ti aspettavi. Ma non posso assolutamente lasciare che tu perda la voglia di continuare a vivere.”

“Perché?” Chiese Pandora, senza cercare di liberarsi dal tocco dell’uomo.

“Perché non è tutto perduto.” Le sorrise gentile, carezzandole una guancia col dorso della mano. “Se quello che ti serve per andare avanti è uno scopo, allora sarò io a trovartene uno. Se ti serve una persona che ti sproni e ti rassicuri, allora lascia che sia io quella persona.”

Pandora abbassò lo sguardo, sentendo le lacrime che si facevano di nuovo strada tra le palpebre. Se dentro di lei non ci fossero state tutte quelle anime, si sarebbe sicuramente sentita vuota in quel momento. La speranza che l’aveva accompagnata per tutta la sua vita era scomparsa, aveva lasciato posto solo ad una lacerante oscurità.

“Roy…me lo dica, perché fa tutto questo per me?” Domandò, la voce ridotta ad un flebile sussurro. “Cosa ci guadagna lei nel tenermi al suo fianco?”

“È uno scambio equivalente, Pandora. Io ti impedirò di lasciarti andare e compiere gesti avventati, proverò a restituirti un pizzico di speranza e uno scopo. In cambio tu rimarrai al mio fianco e lavorerai con me.”

“Cosa mi sta proponendo? Parli chiaro, Comandante Supremo, non sono un’ingenua.” Pandora rialzò lo sguardò su di lui.

“Torna a Central City con me, presentati all’esame per diventare Alchimista di Stato e superalo.” Disse Mustang, cercando una scusa plausibile per il suo infantile ed egoista desiderio di non lasciarla andare. “Nella mia squadra personale c’è posto per un altro alchimista, e vorrei che fossi tu.”

“Io? Diventare Alchimista di Stato?” La ragazza strabuzzò gli occhi. Non si sarebbe mai aspettata di ricevere una proposta simile! “Ma…dentro di me c’è la pietra filosofale! Non sarebbe come se barassi?”

“Puoi scegliere di non usarla, giusto? Ti basterà realizzare le trasmutazioni con dei normali cerchi alchemici, so che è possibile farlo. Ad ogni modo, non devi darmi subito una risposta.” Le sorrise. “Possiamo trattenerci a Reesembool ancora per un po’ se ti va, sono sicuro che alla signora Rockbell farebbe piacere stare un po’ con te.”

***

“Signore! Mi scusi, lei è il signor Elric?”

La voce della donna che stava alla reception riportò Edward alla realtà. Si era appisolato mentre leggeva una pergamena che aveva preso in prestito dalla biblioteca, e quando la donna lo chiamò si stiracchiò lentamente. Ripose la sua lettura nella custodia di pelle e si alzò dalla sedia, avvicinandosi al bancone della reception dell’hotel in cui alloggiava con Winry e Al.

“Si, sono io.” Rispose, grattandosi la nuca. “Cosa c’è?”

“Una chiamata per lei, signore. Il telefono è in fondo alla stanza.” Disse la donna, indicandogli l’apparecchio.

Edward ringraziò e si diresse dove gli era stato detto, portandosi poi la cornetta all’orecchio.

“Pronto?” Chiese, poggiandosi alla parete.

“Ciao Ed, sono io.”

“Zia Pinako! Come stai? I bambini stanno bene?” Domandò subito, preoccupato.

“Non preoccuparti, Trisha e Harold stanno bene. Adesso sono fuori in giardino a giocare.” Rispose la donna, e Edward la sentì prendere una boccata di fumo dalla pipa.

“Allora, perché mi hai chiamato? È successo qualcosa?”

“A dire il vero si.” Sospirò l’anziana Rockbell. “Tu e Alphonse dovete tornare a casa, immediatamente. Non posso raccontarvi tutto per telefono, è una storia davvero lunga e complicata…ma ho bisogno di voi a casa, di tutti voi.”

“Zia, siamo nel bel mezzo di una ricerca! Sai quanto sia importan…”

“Riguarda tuo padre.” Lo interruppe Pinako, secca. “Sai che non vi disturberei se non fosse davvero necessario. Quindi adesso fate i bagagli e tornate immediatamente a Reesembool.”

“E va bene.” Sospirò lui, riagganciando dopo aver salutato.

Hohenheim, quel vecchio bastardo di suo padre…anche da morto trovava sempre un modo per dare fastidio! Tornò al tavolo con una miriade di pensieri per la testa, sedendosi mentre Winry e Al ritornavano con delle tazze piene di caffè fumante.

“Ehi fratellone, va tutto bene?” Domandò Al, preoccupandosi nel vedere il fratello accigliato in quel modo.

“Non lo so.” Rispose lui, accettando la tazza che gli porgeva la moglie. “Ha chiamato zia Pinako poco fa, ci ha chiesto di tornare a casa.”

“Perché? È successo qualcosa ai bambini?” Chiese Winry, agitandosi un po’.

“No, tranquilla. Loro stanno bene.” Sorrise alla compagna e poi guardò Alphonse. “Ha detto che riguarda nostro padre.”

“Cosa?” Al quasi rovesciò il caffè sul tavolo. “Papà? Ma sei sicuro?”

“Così mi ha detto la zia. Non so cosa stia succedendo, ma se c’è di mezzo quel bastardo sicuramente non è nulla di buono.” Disse Edward tra i denti, corrucciato.

Ed non riusciva a dimenticare tutto il dolore che Hohenheim aveva causato a sua madre. Anni prima aveva trovato la forza di perdonarlo, almeno in parte, eppure nessuno avrebbe potuto estirpare dalla sua mente il pensiero che la madre si fosse ammalata a causa sua.
Però se la zia Pinako lo aveva chiamato per dirgli di tornare, di certo si trattava di qualcosa di molto importante. Gli dispiaceva lasciare in sospeso la ricerca, ma il pensiero di rivedere i suoi figli rendeva tutto migliore.

“Andiamo a fare i bagagli, poi corriamo in stazione.” Disse poi, guardando il fratello. “Torniamo a casa.”

***

“Come crede che reagiranno i fratelli Elric?” Chiese Roy Mustang, seduto al tavolo della cucina di Pinako Rockbell.

“A dire il vero non ne ho proprio idea.” Rispose la signora, versando il caffè per entrambi. “Ma conosco i miei nipoti, e so che è meglio che lo sappiano subito. Lei invece non ha ancora detto niente alla ragazza?”

“No. Si è chiusa in camera e si rifiuta di mangiare, è ancora sconvolta.” Mustang sospirò, portandosi la tazza alle labbra per bere qualche sorso di caffè. “Sono sicuro che mi detesterà ancora di più per averle nascosto l’esistenza dei suoi fratelli.”

“Mi permetta di dissentire, Comandante Supremo.” Pinako sorrise, sistemandosi gli occhiali sul naso. “Pandora mi sembra molto più simile a Hohenheim rispetto i suoi fratelli. E se c’è una cosa che so per certo, è che quell’uomo non ha mai provato odio nella sua vita. Per questa ragione credo che lei non abbia nulla di cui preoccuparsi, mio caro Mustang.”

“Cosa mi consiglia di fare, dunque?” Chiese il militare, attento.

“Parli con lei, sia sincero. Quella ragazza crede di essere sola al mondo, ha bisogno di qualcuno che le dica che non è così. E penso che al di là della sua apparenza da uomo di potere, lei sia la persona più adatta per stare al fianco di Pandora in questo momento difficile.”

Mustang sorrise, pulendosi le labbra con un fazzoletto. “Lo farò. Grazie per il consiglio, signora…lei è davvero una donna speciale.”

“Forza, non stia qui a ringraziarmi troppo e vada!” Lo esortò Pinako, contenta di essere stata d’aiuto.

Roy lasciò la tazza vuota sul tavolo e prese congedo, dirigendosi verso la rampa di scale che portava al piano superiore dell’abitazione. La stanza dove Pinako ospitava la ragazza era la stessa che un tempo era stata della nipote Winry.
Fermo davanti la porta, attese qualche istante prima di bussare. Cosa le avrebbe detto, e come? E lei come avrebbe reagito? Sarebbe stata felice, triste, arrabbiata? Ma soprattutto, lo avrebbe odiato? Il pensiero di quell’eventualità minacciava di farlo stare male. Aveva affrontato molti nemici nel corso della sua vita, aveva sopportato e superato innumerevoli avversità, e alla fine era arrivato al vertice. Eppure al pensiero di quegli occhi dorati annebbiati dal dolore e dal turbamento si sentiva mancare la terra sotto i piedi.
Fece per bussare, ma appena poggiò una mano sulla porta si rese conto che era aperta.

“Pandora? Posso?” Domandò, entrando piano.

Nessuno gli rispose, e Roy iniziò a temere il peggio. Senza pensarci due volte si richiuse la porta alle spalle, osservando ogni angolo della stanza. Di lei non vi era nessuna traccia, la finestra era chiusa, ma la sua sacca di tela era ancora sul letto. Spostando lo sguardo su una parete, si accorse che la porta che conduceva al bagno era socchiusa e che da li proveniva il rumore di acqua che gocciolava.
Il Comandante Supremo iniziò a sudare freddo, pensando agli scenari più terribili. Ripensò alla discussione che aveva avuto con Pandora sulla tomba di Hohenheim, a quando lei aveva detto di non avere più un motivo per vivere. E senza pensarci si precipitò alla porta e la aprì.

“Pandora!” Esclamò, agitato, facendo vagare lo sguardo per il bagno.

I suoi vestiti erano piegati in un angolo, e lei era rannicchiata nella vasca piena di acqua calda. Lo guardava dritto in faccia, e non sembrava turbata dalla sua presenza.

“Comandante Supremo…il galateo impone di bussare prima di entrare.” Gli disse piano, senza particolare emozione.

“Io…ehm…” Roy distolse subito lo sguardo, sentendosi stupido. “Mi dispiace, non…ecco, ero solo preoccupato per te.”

“Avevo bisogno di stare un po’ per conto mio.” Rispose lei, uscendo dalla vasca mentre Mustang non guardava. Indossò un accappatoio che le aveva prestato la signora Rockbell e raggiunse l’uomo. “Grazie…per tutto.” Disse poi, poggiandogli delicatamente una mano sul braccio.

Roy avvertì un brivido lungo la schiena. Nessuno lo toccava con così tanta dolcezza da tanto tempo, e il calore della sua mano era inaspettatamente piacevole. “Sei sotto la mia responsabilità da quando hai messo piede in questo paese, è mio dovere prendermi cura di te.”

“Per centinaia di anni ho badato a me stessa, ero l’unica persona su cui potessi contare davvero…non potevo rivelare la verità a nessuno, temevo che mi avrebbero usata per condurre esperimenti o chissà che altro.” Finalmente Pandora sentiva di potersi liberare del fardello di segretezza che portava sulle spalle, diventato quasi insostenibile.

“Ti giuro che nessuno ti toccherà neanche con un dito.” Disse Mustang, trovando il coraggio di voltarsi per guardarla. “E sappi che non sei sola come credi, puoi fidarti di me.”

“Oh, Roy…” La ragazza sorrise, grata per quelle parole. “Io mi fido di lei.”

Roy quasi rimase senza fiato. Pandora era davvero bella, pensò, con quegli occhi grandi che sembravano leggergli l’anima. I capelli bagnati le arrivavano fino ai fianchi, e le aderivano al corpo come umide onde dorate. La sua pelle era chiara, senza alcuna imperfezione, non portava alcun segno della sua vera età. E Roy non riuscì a non sfiorare quella pelle, voleva sentire ancora una volta il calore e la morbidezza delle sue guance, gli fu impossibile resistere a quella tentazione.
Dal canto suo, Pandora lo lasciò fare. Non era nuova ai contatti con gli uomini, eppure nessuno l’aveva mai toccata in quel modo. Mustang era gentile, garbato, e il suo tocco rifletteva queste sue qualità. La sfiorava con fare curioso e lento, come se temesse di romperla o di intaccarla in qualche modo.

“Non sono così fragile come pensa, Roy.” Gli gisse quasi in un sussurro, poggiando una mano su quella di lui.

“Non penso che tu lo sia.” Rispose Mustang, mettendole dietro l’orecchio una ciocca di capelli bagnati. “Credo che tu sia molto più di ciò che lasci trasparire in superficie, più di quanto hai mostrato fino ad ora.”

“Sembra quasi che lei voglia studiarmi…” Pandora sorrise, arrossendo leggermente.

“Studiarti? No.” L’uomo scosse piano la testa, carezzando lo zigomo della ragazza con il pollice. “Voglio scoprirti.”

“E…come intende procedere?” Domandò Pandora, poggiando le mani sul petto di Roy. Poteva sentire il battito accelerato del suo cuore, il sangue che gli scorreva impetuoso nelle vene, e lo sforzo che stava facendo per mantenere il controllo.

“Non lo so ancora.” Mormorò Mustang, abbassandosi quel tanto che bastava perché i loro nasi si sfiorassero. Erano talmente vicini che a Roy sembrò di poter sentire sulla lingua il sapore del respiro di lei, dolce e invitante.

Pandora fece scivolare lentamente le mani dal petto di Roy al collo, poi più su per fare si che le sue dita incontrassero i capelli neri dell’uomo e vi si insinuassero. Erano carezze timide, fatte per studiarsi e tastare il terreno.

“Non dovrei farlo.” Sussurrò l’uomo, senza riuscire a distogliere lo sguardo dalle labbra di lei.

“Allora si fermi.” Rispose Pandora, senza desiderarlo affatto. “Esca da qui, si allontani, eviti di ripresentarsi in contesti così intimi.”

Roy sorrise, pensando che in realtà gli sarebbe piaciuto un contesto molto più intimo di quello. “Se è quello che vuoi, andrò a fare una lunga passeggiata fuori da qui.”

Lei si mordicchiò il labbro inferiore, senza spostarsi. “Resti.” Disse poi, annullando per prima la distanza che li separava e poggiando le labbra su quelle di Mustang. La sua bocca aveva un vago sapore di caffè, le sue labbra erano leggermente ruvide, ma nel complesso trovò che fosse una sensazione estremamente piacevole.

Roy per un momento rimase spiazzato. Era abituato ad essere quello che teneva in pugno ogni situazione, e la presa di posizione di Pandora lo lasciò piacevolmente sorpreso.
Dopo lo “shock” iniziale, prese la ragazza tra le braccia e la strinse a sé. Le sue labbra erano soffici e delicate, quasi avevano il gusto del nettare. Adesso non poteva più negare l’attrazione e il desiderio che lo avevano spinto verso di lei sin dal primo momento in cui i loro sguardi si erano incrociati. All’inizio aveva cercato di convincersi che fosse solo per l’aura di mistero che la circondava, ma ora capiva che c’era molto di più.
Le mordicchiò dolcemente il labbro inferiore, guardandola poi con occhi carichi di desiderio. A che serviva negare, quando aveva l’impressione che lei avrebbe comunque capito cosa gli passava per la testa? “Non avevo mai baciato un militare.” Disse Pandora, tentando di smorzare la tensione che si era creata nella stanza.

“Io non avevo mai baciato una pietra filosofale. Direi che questa è una giornata ricca di sorprese.” Rispose lui, passandole le dita tra i capelli. “Non ho mai baciato nessuna che fosse anche lontanamente come te.”

Lei sorrise, beandosi di quel complimento nel suo cuore. Non era del tutto convinta che quel bacio né l’attrazione che provava per il bel Comandante Supremo fossero legittimi, ma ormai non poteva più tirarsi indietro. Non che desiderasse farlo, ammise a se stessa.
Non ebbe il tempo di formulare altri pensieri perché le labbra di Mustang si poggiarono ancora una volta sulle sue, stavolta più impetuose ed esigenti. Le loro lingue si intrecciavano e danzavano ad un ritmo febbrile, frenetico, così come i loro cuori che battevano all’unisono.
Pandora si sentì sollevare dalla braccia forti di Roy, che la sosteneva contro di sé. Gli avvolse le gambe attorno ai fianchi mentre lui la poneva tra sé ed il muro, senza interrompere il bacio nemmeno un istante. Al diavolo l’esercito, Amestris, l’alchimia…tutto quello che gli importava era avere quella meravigliosa creatura tra le braccia. Voleva baciare e scoprire ogni centimetro della sua pelle, osservare tutte le curve del suo corpo e sentirla contorcersi sotto di sé.
Pandora era saldamente aggrappata alle spalle di Mustang, persa in quel bacio così passionale. Si sentiva calda, leggera, adrenalinica, neanche la pietra filosofale avrebbe mai potuto farla sentire in quel modo. Erano emozioni così umane e genuine, semplici nella loro meravigliosa complessità, e si sentiva viva più che mai. Con l’immaginazione poteva già pregustare il sapore della pelle di Roy, la sensazione dei loro corpi che si toccavano davvero senza la barriera degli abiti. E quel pensiero così persistente la fece arrossire, ma non le impedì di spostare una mano dalla spalla di Mustang per poter slacciare la cintura che teneva insieme il suo accappatoio.
Quel gesto così audace fece quasi impazzire Roy, che diede un pugno al muro per evitare di compiere gesti troppo avventati.

“Va tutto bene?” Gli chiese Pandora, lievemente ansimante a causa del bacio e dell’eccitazione.

“Anche troppo.” Rispose lui, allontanando la mano dalla parete. “Sei tu…mi fai perdere il senno, mi fai sentire come fossi un ragazzino.”

“Beh…” Lei ridacchiò a quella confessione. “Lei è un ragazzino in confronto alla mia vera età, Roy.”

Anche lui si lasciò andare ad una risatina divertita. “È vero…” mormorò, abbassando la testa per mordicchiarle le labbra. “Ma credimi, per certe cose ho smesso di essere un ragazzino diverso tempo fa.” Disse, la voce rauca per il desiderio che aveva di lei.

“Non…non stento a crederlo…” Ansimò Pandora, inarcandosi verso di lui.

Roy stava per baciarla ancora, ma furono interrotti da qualcuno che bussava alla porta. L’uomo sbuffò, scuotendo piano la testa. “Potrei ignorare questa interruzione e andare avanti…”

“Signore, va tutto bene?” Chiese il Tenente Hawkeye da fuori, con tono indecifrabile.

“No, mi sa che non posso ignorarla.” Sospirò il Comandante Supremo, aiutando Pandora a rimettere i piedi per terra.

“Forse è meglio che vada, i suoi sottoposti hanno bisogno di lei.” Disse la ragazza, richiudendo l’accappatoio con la cintura.

“Sicura?” Chiese l’uomo, che non aveva nessuna voglia di allontanarsi da quella stanza.

“Certo, sicurissima.” Annuì lei, sorridendo gentile. “In ogni caso sarei scesa a breve al piano di sotto, non mangio niente da ieri sera e ho un certo languorino. Ci vediamo tra poco.”

“Come desideri.” Mustang le carezzò una guancia e, a malincuore, uscì dal bagno. Oltrepassò a grandi passi il letto dove per un momento aveva progettato di finire insieme a Pandora, e aprì la porta della camera. “Dimmi, Tenente. Cosa succede?” Chiese alla sua sottoposta.

“Non avevamo notizie di lei da stamattina, Signore. Io e il Maggiore Armstrong eravamo in pensiero. Pandora sta bene?” Domandò Riza, evitando di chiedersi cosa stesse facendo il suo superiore lì dentro.

“È ancora scossa, ma si riprenderà. Vieni Tenente, lasciamola sola per un momento e aspettiamola in cucina.” La esortò, uscendo completamente in corridoio e accompagnando la donna al piano inferiore.

“Dica la verità, non ha ancora detto a Pandora dei fratelli Elric, non è vero?” Chiese Riza una volta che furono ai piedi della rampa di scale.

“Infatti. Diciamo che la situazione non era favorevole a quel genere di discorso. Ma lo farò al più presto, non temere.” Rispose, cercando di essere rassicurante e credibile. “Anzi, glielo dirò non appena ci raggiungerà.”

“Dirmi cosa?” Chiese Pandora alle loro spalle.

“Ehm…” Mustang si voltò lentamente, sentendosi come un bambino scoperto a combinare una marachella. Per un momento rimase senza parole nel vederla indossare abiti diversi da solito. Invece dei pantaloni di pelle e della lunga giacca rossa portava un abito bianco fresco e leggero, adatto al bel tempo di Reesembool. Il taglio enfatizzava la vita stretta, mettendo in risalto il seno e i fianchi rimasti ancora un po’ acerbi ma, tuttavia, piacevoli alla vista. Aveva lasciato i capelli sciolti, cosa che a Roy piacque parecchio.

“Vedi Pandora, forse tu pensi di essere sola al mondo dato che purtroppo tuo padre è venuto a mancare.” Intervenne Riza, cercando di usare un tono quanto più dolce e pacato possibile. “Ma non è così, non è vero Comandante Supremo?”

“Cos…ah, si.” Annuì Mustang, ritornando in sé. “Sai già che Hohenheim ha avuto una seconda moglie, Trisha.”

“Si, è quello che ha detto ieri la signora Rockbell.” Annuì la ragazza, non capendo esattamente dove volesse arrivare Roy.

“Devi sapere che da questo matrimonio sono nati due figli.” Disse Mustang senza mezzi termini. Era dell’idea che certe cose andassero dette e basta, senza sovrastrutture. “Sono i tuoi fratelli minori, Edward e Alphonse Elric. La signora Rockbell li ha chiamati questa mattina, arriveranno qui entro qualche giorno.”

“Oh…oh!” Pandora sgranò gli occhi, mentre cercava di mettere a posto anche quel nuovo tassello.

“Puoi ancora avere un pezzo della tua famiglia, se vuoi.” Aggiunse Roy, gentile. “Tu e gli Elric siete legati di sangue, e credimi se ti dico che avete in comunque molto più di quanto tu possa pensare. Capirai quando li vedrai.”

“Io…non so cosa dire…” Ammise la ragazza, poggiandosi alla ringhiera.

“Dì semplicemente si.” Mustang sorrise, incoraggiante. “Non sei sola al mondo, Pandora. Hai ancora una famiglia da recuperare, e sono sicuro che anche loro saranno felici di conoscerti.”

“Sto provando più emozioni in questi pochi giorni che nell’arco di una vita intera.” Sospirò lei, passandosi le mani sulle braccia. “Ma…si. Voglio conoscerli.”

***

Era notte fonda quando Edward si svegliò di soprassalto. Aveva avuto un incubo, ne era sicuro, ma non ricordava affatto cosa avesse sognato. La sua fronte era imperlata di sudore così come la schiena, e il cuore gli batteva all’impazzata. Guardò Winry che dormiva placidamente nella cuccetta di fronte alla sua, e si rilassò nel constatare che era al sicuro.

“Fratellone…” Bisbigliò Alphonse, affacciandosi dal lettino sopra quello di Edward. “Sei sveglio?”

“Si…” Rispose Ed, passandosi una mano sul viso. “Ho avuto un incubo.”

“Anche io, per questo mi sono svegliato.” Disse Al, scendendo dal letto senza fare rumore. “Ho una strana sensazione, proprio qui…” Si toccò il centro del petto con un dito. “Come se stesse per succedere qualcosa.”

“Provo anch’io la stessa sensazione.” Edward annuì, guardando fuori dal finestrino del loro scompartimento. “Ormai dovremmo aver passato i confini di Amestris da un po’…entro un paio di giorni saremo di nuovo a casa.”

“Però…non mi sento tranquillo, fratellone.” Alphonse sospirò, sedendosi accanto al fratello maggiore. Percepiva dentro di sé una strana inquietudine, una scia di tensione lasciata probabilmente dall’incubo che aveva avuto poco prima. “Tu ricordi cosa hai sognato?”

“No, e tu?”

“Ho ricordi confusi…ma credo di aver visto il portale della Verità. Anzi, ne sono proprio sicuro.” Annuì Al, convinto.

“Forse pensare a casa ti ha riportato alla mente vecchi ricordi.” Ipotizzò Edward, cercando di tranquillizzare il fratello. “Dai, adesso torniamo a dormire. Il viaggio è ancora lungo.“

Alphonse annuì e ritornò sul suo letto, non ancora del tutto sereno. Non era una cosa da tutti i giorni sognare il portale, specie per lui che lo aveva visto davvero molto tempo prima. Però si fidava ciecamente di suo fratello, e decise di credere che fosse solo suggestione. Così, sdraiato su un fianco, si rimise a dormire.

***

Pandora aprì gli occhi di scatto, senza capire subito dove si trovasse. Aveva ancora impressa nella mente l’immagine che le era apparsa in sogno, un’enorme porta coperta di simboli che stava come sospesa in uno spazio bianco apparentemente infinito. Era stata una visione fugace, e poi si era sentita come risucchiata via dal suo sogno.
Confusa e agitata, non credeva di potersi riaddormentare tanto facilmente. Così decise di alzarsi e provare a fare una passeggiata per calmarsi. Indossò la sua giacca rossa sopra la camicia da notte che la signora Rockbell le aveva prestato, infilò gli stivali neri e scese di sotto cercando di fare meno rumore possibile. Muovendosi in punta di piedi oltrepassò il Maggiore Armstrong che dormiva beatamente sul divano, anche se questo era troppo piccolo per contenere l’enorme stazza dell’uomo, e aprì la porta per uscire dalla casa.
Era una bellissima notte di luna piena, il cielo era perfettamente stellato e per nulla intaccato dalle nuvole. Era quello il bello di vivere lontani dai grandi centri abitati, non c’erano molte luci artificiali che rischiavano di rovinare il meraviglioso spettacolo che la natura offriva.
Pandora si strinse nella giacca e si sedette sui gradini della veranda di casa Rockbell, pensierosa. Non le capitava di avere degli incubi da molto tempo, da quel giorno di tanti anni fa in cui aveva percepito uno scompenso nell’equilibrio che tanto faticosamente aveva costruito nel corso del tempo. Era durato solo per un istante, un’improvvisa sensazione di vuoto che aveva cercato immediatamente di compensare e “aggiustare”.
Emise un lieve sospiro, raccogliendo i capelli su una spalla. Non li aveva più tagliati da quando aveva deciso di mettersi in viaggio, pensò.

“Che ci fai sveglia a quest’ora?” Chiese la voce di Mustang alle sue spalle.

Pandora lasciò andare la ciocca di capelli che teneva tra le dita e si voltò verso di lui. Il militare indossava dei semplici pantaloni neri e una camicia bianca leggermente aperta, e i suoi capelli erano leggermente spettinati.

“Sono uscita a prendere una boccata d’aria. Ho fatto un brutto sogno, avevo bisogno di riprendermi un po’.” Rispose, sorridendogli.

“Posso?” Chiese Roy, indicando lo spazio vuoto sul gradino accanto a lei.

“Certo, si sieda pure.” Risposa la ragazza, sistemandosi in modo da fargli posto. “Invece lei perché è sveglio nel bel mezzo della notte?”

“Stavo rileggendo dei documenti che mi sono portato dietro da Central City, e ho sentito qualcuno che sgattaiolava fuori.” Rispose lui, accomodandosi. “Così sono uscito a vedere, ed eri tu.”

Pandora annuì e rimase in silenzio, non sapendo bene cosa dire. Dopo quello che era successo durante il pomeriggio, stargli accanto aveva un significato completamente diverso. Si chiese se fosse soltanto lei a sentirsi così, o se anche Mustang provasse la stessa dolce inquietudine.

“Hai pensato a quello che ti ho detto?” Chiese Roy, interrompendo il silenzio. “Riguardo l’esame per diventare Alchimista di Stato, intendo.”

“Non so ancora se voglio farlo.” Rispose lei, guardandosi la punta degli stivali. “Ho sempre cercato di usare l’alchimia il meno possibile, soprattutto da quando ho la pietra…” Si toccò il petto, sospirando. “L’alchimia non è la soluzione a tutti i problemi, e richiede sempre un prezzo. Se diventassi un alchimista sotto il suo comando, dovrei sempre obbedirle anche se mi chiedesse di andare in guerra.”

“Si, anche quella è un’eventualità.” Ammise il Comandante Supremo a malincuore.

“Io non voglio causare morte e sofferenza. Conosco il peso di un’anima, mi creda, porto sulle spalle il fardello di molti innocenti caduti per il capriccio di un singolo uomo.” Si strinse le ginocchia al petto, lo sguardo perso nella notte.

“Ora come ora una guerra è improbabile. In questi anni ho lavorato duramente per mantenere la pace, e se mai dovrò scendere in battaglia so per certo che non sarò stato io a cominciare.” Disse convinto Roy.

“Mi dia un altro po’ di tempo per pensarci, per favore…adesso ho troppe cose per la testa, e non saprei darle una risposta.”

“D’accordo.” Annuì l’uomo, spostando lo sguardo su Pandora. “Se si tratta di te, sono disposto a concederti il tempo di cui hai bisogno.”

“Non vorrei che i suoi sottoposti pensassero che lei mi riservi un trattamento speciale.” Pandora ridacchiò, ricambiando lo sguardo di Mustang.

“Non è comunque affar loro il modo in cui io scelgo di trattare con te.” Rispose il militare, spostando una mano su quella della ragazza. “È una questione tra noi due soltanto.”

Pandora annuì, sorridente. Era bello, pensò, essere trattati in quel modo, con gentilezza e dolcezza. Le attenzioni di Mustang avevano il potere di farle provare emozioni da tempo sopite, e per il momento non voleva rinunciarvi. Così si sporse leggermente, fino a che le sue labbra non incontrarono quelle del Comandante Supremo.
A differenza di qualche ora prima, quel bacio fu tenero, quasi timido. Mustang le carezzò i capelli con la mano libera, mentre si perdeva nel profumo di lei. Quel tocco delicato fece dimenticare a Pandora l’incubo, la strana porta, la sensazione di irrequietezza. C’erano soltanto loro due, accarezzati dai pallidi raggi della luna mentre a loro volta si accarezzavano.

“Adesso dovresti tornare a letto.” Sussurrò Roy dopo l’ennesimo bacio. “E dovresti andarci subito, prima che io perda il controllo…”

“Sarebbe inappropriato.” Convenne Pandora, carezzandogli il viso. “Buonanotte Roy, cerchi di non restare sveglio tutta la notte.” La ragazza sorrise e, dopo avergli baciato la punta del naso, si rialzò dal gradino e rientrò in casa.

Mustang la guardò finché gli fu possibile, poi prese un bel respiro. Anche quella notte gli sarebbe toccata una lunga doccia fredda.


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Ciao a tutti! Per iniziare vi auguro un buon 2017 ricco di serenità e all'insegna della realizzazione dei vostri sogni :) Spero che abbiate passato delle buone feste!
Voglio inaugurare il nuovo anno con un nuovo capitolo, forse più lungo dei precedenti. A questo punto della storia, il nodo della trama sta per sciogliersi e chissà cosa accadrà quando la famiglia sarà di nuovo riunita!
Spero che questo nuovo aggiornamento vi sia piaciuto, e vi invito a lasciare una recensione, se volete, per farmi sapere il vostro parere. Ringrazio tutti coloro che hanno letto e quelli che hanno speso qualche minuto per recensire la storia. Grazie a tutti voi! ^^
Certa che continuerete con me questo viaggio, vi lascio fino al prossimo capitolo.
Un bacio,
NdT.
   
 
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