The sound of the wind
The
sound of the wind is whispering in your head,
Can you feel it coming back?
Through the warmth, through the cold, keep running 'til we're there.
We're coming home now.
Dotan – Home
L’Isola Che Non C’è non è mai
stata tanto in fermento come quel giorno.
Se ad un viaggiatore smarrito capitasse di essere nei paraggi, per caso
o per
destino, potrebbe chiudere gli occhi, avvicinare un orecchio alla sua
terra e
sentire il battito ritmico e pulsante del suo cuore, in armonia con
quello dei
suoi abitanti.
Il Sole è spuntato dietro le montagne da poco –
anche se nessuno potrebbe dirlo
con certezza: si sa, lì il tempo non è mai
esistito, non esisterà mai – e,
nonostante ciò, nessuno sta dormendo o è occupato
nella sua usuale routine.
Oggi le sirene si passano le dita tra i capelli colorati con rinnovato
vigore,
mentre le code variopinte riposano sugli scogli, illuminate dai raggi
solari,
che creano infiniti giochi di luce. La tribù indiana
è agitata, nessuno è rimasto
nelle capanne o è intento a mangiare a crepapelle: i riti di
buon auspicio
hanno già preso vita tra i pellerossa, tra piume di ogni
colore immaginabile e
musiche allegre. Anche i Bambini Sperduti non riescono a mantenere un
briciolo
di calma -- d’accordo, non è che questa sia una
novità vera e propria: giocano
intorno alla Tana, si rotolano tra le foglie secche cadute dagli
alberi, si
arrampicano sui rami innevati, si dipingono il petto nudo con tinture
rubate
alla bella Tiger Lily, figlia del capo indiano. Insomma, fanno quello
che è
loro abitudine fare, ma non riescono a smettere di parlare di un solo
argomento: è da giorni che il vento porta sussurri
nell’Isola, riguardanti un
certo giovane e inesperto Capitano, dagli occhi così verdi
da sembrare irreali,
e la sua ciurma di pirati; le voci vorticano e mormorano, concitate,
che è
arrivato qui – “qui nelle nostre acque?
Ma nessun pirata l’ha mai fatto!” –
con l’intenzione di prendere il controllo
sull’Isola, strappandolo dalle mani
di Peter Pan.
Eppure, Peter Pan non sembra minimamente preoccupato da questo.
“Perché tanta agitazione? È risaputo
che nessuno potrebbe mai essere in grado
di tenere testa a me” ripete, tranquillo e superbo, la voce
squillante da
bambino e gli occhi azzurri, vispi, puntati sulla propria immagine
riflessa
nello specchio.
Il ragazzo accanto a lui rotea gli occhi, l’aria esasperata,
avendolo visto
aggiustarsi quel ridicolo cappellino verde e passare le punte delle
dita sulla
piuma bianca (esclusa l’estremità rossa)
– rubata ad un pellerossa tempo
addietro – almeno un miliardo di volte. “Dico solo
che dovresti andare a
vedere, Louis” ribatte, testardo, indicando con un gesto vago
la porta della
Tana. “Per tenere sotto controllo la situazione, lo sai, quel
genere di cose.”
Questa volta tocca a lui alzare gli occhi al cielo. “Peter”
lo corregge,
pacato, dedicandogli un’occhiata da quante volte
dovrò ripetertelo? e
“mi chiamo Peter Pan, ora, Nibs” aggiunge subito.
Zayn – Nibs – sorride
divertito. Quando Peter lo ha salvato, portandolo
via da quel grigio e triste orfanotrofio in cui si trovava insieme agli
altri,
lo ha subito avvertito che avrebbe dovuto abbandonare il suo nome; a
volte
tende a dimenticare questo particolare. Un’altra delle prime
cose che gli ha
detto Peter è quella di avere un vago ricordo su una mamma,
con tantissimi baci
nascosti nell’angolo delle labbra sottili, che lo chiamava
“Louis” quando era
molto piccolo – non è completamente certo che sia
vero, però, o che sia solo la
sua immaginazione.
“A cosa
servirebbe andare a vedere? Sarà
solo uno stupido pirata che crede di essere
qualcuno di importante”
cerca di liquidare la faccenda, storcendo la punta del piccolo naso nel
pronunciare quella parola. Continua a specchiarsi indisturbato, facendo
schioccare appena le bretelle marroni – come la corteccia
degli alberi che
nascondono la Tana dagli occhi crudeli delle bestie feroci –
contro la maglia
bianca, aggiustandosi poi i calzoni stretti, ovviamente verdi. Dietro
la
schiena, in un passante, è nascosto un pugnale: la fodera
è decorata con
fantasie tribali, la punta di esso decisamente troppo affilata per
essere il gioco
di qualcuno che è ancora – e sarà per
sempre – bambino.
“Oppure potrebbe essere una questione seria”
borbotta Nibs, inarcando un
sopracciglio, prima di incrociare le braccia al petto. La pelle ambrata
sembra
quasi catturare i raggi del sole che entrano dalle finestre aperte, il
completo
nero mette in risalto i suoi muscoli e l’unica nota di colore
è data dalla collana
di pietre variopinte che porta attorno al collo, anch’essa
rubata durante una
delle loro solite scorribande nel campo indiano.
Peter Pan gli schiocca un’occhiata seccata, per niente
contento di sentire
quella parola, soprattutto all’interno del loro rifugio.
“Bene, allora” decide,
girandosi verso di lui per puntargli un dito contro al petto.
“Se è una
questione così seria”
–
e pronuncia quella parola con tono esageratamente annoiato –
“allora dopo
passerò a dare un’occhiata. Sei
contento?”
Schiena dritta, testa alta e occhi
ben
aperti a scrutare l’orizzonte. Le dita sono ferme sul timone,
lo ruotano con
destrezza, mentre una bandana nera è stretta attorno ai suoi
riccioli lunghi,
frenando la loro caduta sulla fronte, cosicché non lo
infastidiscano.
“Terra, Capitano!” ha gridato con enfasi il pirata
di vedetta, suscitando una
serie di urla sollevate da parte della ciurma e un sorriso soddisfatto
sulle
labbra piene di Hook, arrossate dai morsi e dalla salsedine; il volto
pallido,
a causa dei pensieri che lo hanno segnato negli ultimi giorni e
soprattutto
nelle ultime notti, ha ripreso velocemente colore e i suoi lineamenti
giovanili, quasi innocenti, si sono distesi per il piacere di poter
attraccare
ad un porto forse ancora sconosciuto alle mappe inglesi, su
un’isola che appare
piena di vita semplicemente a vederla da lontano -- quasi in fermento.
Probabilmente è solo una sua impressione.
Poco dopo stanno già issando l’ancora e portando a
termine le ultime procedere
nell'attraccare in un porto di fortuna. Hook scende lentamente gli
scalini che
lo separano dalla ciurma, il legno scricchiola pericolosamente sotto il
tacco
basso degli stivali neri che indossa mentre si avvicina al medico di
bordo,
scansando la frenesia dei pirati che si preparano a scendere per
esplorare
l'isola. “Cosa ne pensi, Payne?”
Le spalle del giovane uomo sussultano appena; abbassa gli occhi,
distogliendoli
da un luccichio perso tra le fronde di un albero per girarsi verso il
suo
capitano, inclinando leggermente la testa in segno di rispetto, vizio
che gli è
rimasto a causa degli innumerevoli anni passati alla corte della
regina. “Penso
che abbiamo raggiunto il nostro obiettivo, Capitano.”
Hook sorride, soddisfatto della risposta. Si concede qualche secondo
per ammirare
l'isola che si trovano davanti: le onde accarezzano con un'antica
dolcezza la
riva sabbiosa, disseminata di piccole conchiglie lucenti, che si perde
in una
folta vegetazione; può intravedere del fumo levarsi in
lontananza, segno di una
qualche popolazione indigena. La curiosità gli scorre nelle
vene, le dita
tremano impercettibilmente per la voglia di afferrare la propria
sciabola e
farsi largo nella foresta, per poter catturare ogni segreto
appartenente a
quell'isola misteriosa.
Il flusso veloce di pensieri si interrompe improvvisamente, gli occhi
verdi si
scontrano in qualcosa di inaspettato. Probabilmente i raggi del sole si
stanno
prendendo gioco di lui, ma gli sembra quasi di vedere un'ombra nascosta
tra i
rami di un albero, accovacciata dietro le foglie; strizza gli occhi,
sorpreso,
e la figura di colpo scompare.
“Cosa ne pensi,
Peter?”
Si è sporto per vedere meglio, abbassando alcune foglie con
le dita sottili,
gli occhi sgranati che seguono con attenzione ogni movimento di
quell'uomo. Il
portamento fiero e lo sguardo sicuro, che cercano di nascondere una
camminata
un po' goffa, le piccole pietre preziose che brillano racchiuse negli
anelli
che porta alle dita. È sicuro che sia lui il capitano dei
pirati, anche se non
ne ha mai visto uno in vita sua, ancora prima di sentire l'altro pirata
chiamarlo in quel modo.
“Peter? Possono essere un pericolo?”
Si immobilizza quando gli occhi profondi del capitano incontrano i
propri –
sobbalza e arretra, prima di ricordarsi che non è una preda,
ma ormai è tardi:
si è nascosto dietro il grande tronco dell'albero, con le
guance che assumono
lo stesso colore della punta della piuma che ha incastrato nel
cappello, gli
occhi interdetti dell'amico che lo seguono.
“Avverti gli altri” raddrizza la schiena, calandosi
nella propria parte, il
solito sorrisetto che torna a incurvare le labbra sottili.
“Domani mattina,
all'alba, un gioco nuovo: scontro con i pirati.”
Nibs ride, perché se è solo un gioco non
c'è da avere paura, e annuisce,
affrettandosi ad eseguire gli ordini; scende agilmente dai rami nodosi,
atterrando sul manto di foglie secche con un suono attutito, correndo
subito
verso la Tana.
Peter, invece, si dà la spinta premendo i piedi sul il ramo
su cui si trova e
vola, basso e veloce per non essere visto dai pirati, nascondendosi
oltre il
parapetto della nave, sotto la figura del capitano.
“Ordini, Capitano Hook?”
“Prepara gli uomini, un giro di ricognizione sulla riva.
Nient'altro.
Esploreremo a fondo l'isola domani.”
Peter sorride. Vi batteremo prima, Capitano.
La notte è calata
misteriosamente in
fretta, ma Hook è troppo occupato per pensarci. Chiuso nella
sua cabina,
esamina le mappe di tutte le isole conosciute; la luce fioca delle
candele
trema sulla carta, gettando ombre inquietanti sulle pareti, mentre la
luna
lascia scivolare i suoi raggi pallidi all'interno della nave, dalla
finestra
aperta.
“Sconosciuta, come immaginavo...” mormora tra
sé, il sorriso aumenta, il cuore
selvaggio palpita nel petto per l'emozione. Le dita scivolano sulle
carte nautiche,
tracciano linee invisibili tra oceano e terraferma mentre calcola
mentalmente
quanto può impiegarci a conquistarla, aggiungerla alla lista
dei propri tesori
presi in mare e ripartire per una nuova avventura. “Abitata
solo da un popolo
primitivo, è certo, facile da dominare. Finiremo in
fretta” sibila, il tono
bassa che danza insieme al profumo del mare, trasportato da quel vento
leggero.
“È un peccato interromperti, signor
Capitano.”
Una voce beffarda arriva alle orecchie di Hook, che raddrizza
improvvisamente
la schiena e porta per istinto una mano sull'elsa della sciabola,
incastrata
nella cintura che gli cinge i fianchi. Prima che possa afferrarla e
girarsi
verso quella voce, una lama sottile compare dal nulla a solleticargli
il collo,
immobilizzandolo. “Ma l'Isola ha già un
padrone” un sussurro striscia dalle
tenebre della notte, un respiro caldo e controllato gli accarezza la
nuca;
questo rende il nemico concreto dietro di sé, nonostante non
riesca ad
avvertire il suo corpo.
“Lasciami indovinare” abbassa lo sguardo,
intravedendo delle dita giovani
stringere il pugnale, il polso così delicato e sottile da
sembrare quello di
una nobildonna inglese, anche se la carnagione abbronzata non
è decisamente una
caratteristica dell'aristocrazia. “Il suo padrone sei tu, non
è vero?”
Un fruscio fa vibrare le mappe, la lama aguzza scompare per lasciare
posto ad
una figura -- da bambino? Hook inarca le sopracciglia, sorpreso: il
nemico è
decisamente più basso di lui, i suoi occhi brillano nella
penombra e il sorriso
che gli rivolge è divertito; si inchina appena, togliendosi
il cappello, la sua
voce beffarda lo colpisce nuovamente. “Peter Pan, padrone
dell'Isola Che Non
C'è. E a proposito di questo – sei nella mia
Isola, pirata, senza permesso.
Devi andartene.”
Le sopracciglia di Hook si alzano ancora di più. Cerca di
non ridere, abbandona
l'idea di impugnare la propria arma e incrocia le braccia al petto,
squadrando
quello strambo ragazzino da capo a piedi. Le sue braccia sono nude, non
sembra
affatto patire il freddo della notte, e la maglia che indossa aderisce
perfettamente
su quel petto acerbo. Ciò che cattura maggiormente la sua
attenzione è la sua
bocca pallida: gli ricorda le fragole che devono ancora maturare e non
possono
vantare il colore rosso che le contraddistingue; il loro sapore
è ancora aspro.
Si chiede fugacemente se il sapore di quelle labbra sia lo stesso.
“Non mi hai sentito, pirata?” ribatte intanto Peter
Pan, confuso da quello
sguardo così indagatore e intenso, trattenendosi dal fare un
passo indietro. “Non
siete i benvenuti qui.”
“E tu non sei il benvenuto sulla mia nave,
ragazzino” alterna lo sguardo dal
suo volto al pugnale che stringe ancora in una mano, con troppa forza,
tradendo
così la maschera di tranquillità e sicurezza che
indossa. Vede che dietro di
lui la porta della cabina è rimasta chiusa, la chiave
lasciata nella toppa per
abitudine; non capisce come abbia fatto ad entrare lì
dentro, ma non lo dà a
vedere.
Peter borbotta un "tsk" tra i denti, guardandosi attorno con aria di
sufficienza. Rimette il pugnale nel fodero, appoggiando le dita della
mano –
ora libera – sulle carte aperte; non riesce a leggere i loro
nomi, in realtà
nessuno gli ha mai insegnato a leggere, ma tutte quelle terre emerse
gli fanno
di colpo capire quanto sia minuscola l'Isola in confronto al mondo
intero. “Tutto
questo appartiene a te?” domanda con genuina
curiosità, tracciando con i
polpastrelli il contorno di alcune isole, alzando poi gli occhi in
quelli del
capitano, come se avesse messo in pausa il loro gioco per riposarsi
qualche
minuto. Hook rimane, un'altra volta, sorpreso dal comportamento di quel
Peter
Pan.
“Appartiene all'Inghilterra” risponde con fierezza,
l'orgoglio che balena nei
suoi occhi. “O, beh, o le apparterrà presto. I
domini della regina
continueranno ad espandersi – grazie ai suoi pirati,
ovviamente. Soprattutto
grazie a me.”
Peter ride, deliziato dalla bellezza del suo volto. “Credevo
che i pirati non fossero
al servizio di nessuno!” esclama, ancora più
divertito da tutto quello che sta
scoprendo, iniziando a girare con lentezza attorno al tavolo, i piedi
nudi che
sfiorano il legno.
Hook digrigna i denti, seguendolo, senza abbandonare mai i suoi occhi
con i
propri. “Non lo siamo, infatti. I pirati sono gli unici
uomini liberi che
esistono.”
La risata di Peter diventa ancora più fragorosa, una folata
di vento rischia di
spegnere le candele. “Mi dispiace deluderti, pirata, ma gli uomini
non
sono mai liberi” la voce si tinge di una leggera compassione,
nonostante abbia
ripreso il solito tono beffardo. Preme le punte delle dita dei piedi
contro il
pavimento e si alza in volo, superando il tavolo che li divide,
fermandosi
davanti al volto incredulo del capitano. “Per questo ho
deciso di rimanere per
sempre bambino” sussurra, come se fosse un segreto
importantissimo, così vicino
a Hook da permettergli di riuscire a vedere chiaramente ogni angolo del
suo
viso. “Io sono l'unico essere libero” sibila al suo
orecchio, toccandogli il
lobo con labbra stranamente gentili, i capelli castani che solleticano
una
guancia del pirata. Un attimo dopo Peter Pan è
già scomparso nel nulla, veloce
come è apparso.
Il Sole che sorge sull'Isola Che
Non C'è
è uno spettacolo mozzafiato: i suoi raggi tiepidi
accarezzano le onde mentre si
innalza con dolcezza, facendo il suo ingresso nel cielo terso del
mattino con
una calma soprannaturale.
Peter sta guardando l'alba, seduto sul ramo di uno degli alberi
più alti
dell'Isola, con una gamba che ciondola pigramente nel vuoto e gli occhi
fissi
sull'orizzonte. Si rigira distrattamente il proprio coltello tra le
dita, la
lama così appuntita che potrebbe tagliarlo ad ogni possibile
movimento
sbagliato, ma quella è ormai un'azione abituale per lui; il
vento leggero gli
sfiora i capelli e le guance, infiltrandosi nei suoi vestiti leggeri
fino a
farlo rabbrividire piacevolmente. Si immagina per un attimo le dita del
pirata
– che la notte prima erano occupate a picchiettare luoghi
sconosciuti sulle
carte nautiche – al posto del vento, ma il pensiero scompare
veloce così come è
apparso.
In fondo ha una battaglia a cui pensare, non può distrarsi
in questo modo.
La nave pirata è
stranamente silenziosa
quella mattina, ma il legno scricchiola piano quando i piedi di Nibs si
appoggiano su esso. Il ragazzo osserva la zona, guardingo, facendo un
segno
rapido con due dita ai compagni dietro di sé; il gruppo si
affretta a
nascondersi dietro un paio di casse rettangolari.
Peter Pan sta osservando la scena dall'alto, dietro una vela nera: i
suoi
compagni d'avventura zampettano svelti sulla prua, seguendo le
direttive del
Bambino Sperduto con la pelle più scura degli altri,
così decide che può
lasciare a lui le redini per un po'. Si fida ciecamente di Nibs:
è il suo
braccio destro fin dal giorno in cui l'ha trovato e gli ha regalato una
vera
famiglia.
Un rumore improvviso fa sussultare impercettibilmente Peter, che si fa
immediatamente più attento; non ha idea di cosa sia, ma non
è niente di buono.
Vola più vicino al legno della nave, la maglia bianca che la
sfiora ad ogni
spostamento, avvicinandosi senza rumore all'oblò da cui
è provenuto il suono.
Sbircia all'interno della stanza, facendo attenzione a non essere
notato dal
possibile pirata che si trova al suo interno: riesce a vedere un
tavolo, delle
carte nautiche con sopra degli aggeggi sconosciuti, dei mobili
dall'aspetto
costoso, un comodino dove riposano una bandana nera e un orecchino
dorato.
Peter entra con discrezione, nascondendosi svelto dietro un paravento
dalle
fantasie strambe, mentre cerca ancora di individuare qualcuno
– stringe le dita
sottili ad una sporgenza del paravento, che sembra composto da tanti
rametti
intrecciati con cura, quando un ragazzo esce con calma da una porta,
dall'altro
lato della stanza. I suoi piedi nudi bagnano il pavimento in legno,
delle
goccioline d'acqua si infrangono sulla superficie facendola diventare
più
scura; altri brevi rivoli solcano la pelle della sua schiena, dove sono
disseminati tanti piccoli nei che ricordano a Peter delle indicazioni
disegnate
su una mappa del tesoro. Il Capitano dei pirati si guarda
distrattamente
intorno, ma si dimentica presto della sensazione di essere osservato:
si passa
quindi una mano tra i ricci, spostandoli su una spalla, mentre recupera
un
panno poggiato sul letto e inizia ad asciugarsi.
Peter è confuso: dovrebbe approfittare di quel momento di
vulnerabilità del
nemico per attaccare? Puntargli il suo amato pugnale alla schiena e
minacciarlo, intimandogli di andarsene via con i suoi sporchi pirati e non tornare mai
più, se
vuole rimanere in vita?
Deglutisce, la consapevolezza di non essere in grado di prendere una
decisione
lo colpisce di colpo. Riesce solo a mantenere gli occhi incollati sul
corpo
nudo del giovane uomo, un brivido che attraversa il proprio, di corpo,
facendogli
avvertire il fuoco nelle vene, che di certo non ha niente a che fare
con i
fuochi accesi della tribù indiana al calar del sole.
Quando finalmente opta per compiere un passo indietro, finisce
maldestramente
contro un armadio e il rumore fa girare di scatto il Capitano, una
pistola
improvvisamente in mano e lo sguardo sorpreso, ma pur sempre deciso e
pronto a
combattere.
“Chi c'è?” scandisce, puntando gli occhi
sull'angolo della stanza dove si trova
Peter, ancora nascosto dal paravento. “Payne- Liam, sei
tu?”
Peter sospira silenziosamente e, in un movimento fulmineo, spicca il
volo verso
la finestra perennemente aperta; sparisce subito alla vista del
Capitano, che
fa appena in tempo a riconoscere il suo cappellino verde con la piuma
bianca e rossa.
Abbassa il braccio lentamente, un sorrisetto compiaciuto che si forma
sulle
labbra piene, il volto immediatamente più rilassato.
La ritirata improvvisa di Peter ha lasciato tutti piuttosto increduli.
I
Bambini sanno bene che il loro capitano non abbandonerebbe mai una
battaglia,
soprattutto se essa non è ancora iniziata: è
sempre il primo a buttarsi nella
mischia, per difendere il proprio onore e i propri compagni, ed
è l'ultimo ad
abbandonare il campo, per essere completamente certo della propria
vittoria
schiacciante.
Tutto quello che Nibs sta aspettando è un segnale da parte
di Peter, che gli
possa dare il permesso di attaccare la nave pirata: il segnale
però non arriva,
visto che il ragazzo vola via in fretta, lontano dalla spiaggia e
dritto verso
la foresta. Così non gli rimane altro da fare che scuotere
la testa e andarsene
di soppiatto, insieme agli altri, borbottando tra sé per il
disappunto.
Peter entra nella Tana come una
furia, trascinandosi
dietro un vento – terribilmente caldo – che fa
volare un paio di fogli e delle
piume variopinte.
Ricopre la propria stanza con passi lunghi, le dita ancorate ai capelli
dopo
che ha buttato malamente sul letto il cappello, la mente altrove e il
petto che
si alza e si abbassa furiosamente.
“Sei arrabbiato, Peter?”
Il ragazzo sbuffa e scocca un'occhiataccia ad una piccola scintilla,
che brilla
di un misto di giallo frizzante e pacifico bianco, che gli sta ronzando
attorno
al capo. “Non ora, Campanellino.”
La luce non sembra gradire particolarmente quel nomignolo: in un attimo
diventa
un ragazzo alto come Peter, i capelli troppo biondi e gli occhi troppo
chiari
per non sembrare una creatura magica. “Devi per forza
chiamarmi in quel modo?
Lo sai che non mi piace” arriccia il naso, piantandosi
davanti a Peter con le
mani saldate sui propri fianchi. “Allora, che hai? La
battaglia non è andata
come previsto?”
Peter si lascia sfuggire un singulto infastidito e si lascia cadere sul
letto
morbido; si preme le mani sugli occhi chiusi, come se potesse
cancellare in
questo modo il corpo di quel pirata dalla propria vista. “No,
decisamente no.”
Niall – Peter lo chiama testardamente Campanellino per
via di un piccolo
bracciale che gli ha regalato tempo addietro, con un piccolo
campanellino
azzurro come ciondolo che ora il biondo tiene come portafortuna
– si siede sul
materasso accanto a lui, aspettando pazientemente che l'altro continui.
Non
sembra intenzionato a farlo, in realtà, quindi riprende la
parola. “Beh, hai
altre occasioni per vincere contro di loro, no? Dove sono gli
altri?”
Peter spalanca immediatamente gli occhi e si siede di scatto, facendo
sobbalzare
l'amico al suo fianco. “I Bambini! Me ne sono completamente
dimenticato.”
Niall inarca un sopracciglio, ma sta sorridendo divertito.
Peter se la cava con una scusa
inventata
in fretta – un “non era il momento giusto per
dichiarare battaglia” che lascia
Nibs di sasso – e fugge anche dai suoi compagni, riparandosi
tra gli alberi.
Cammina senza meta per parecchio tempo, incurante delle bestie feroci o
degli
indiani che rischia incontrare; si ritrova di colpo nella Laguna delle
Sirene,
senza la minima idea di come ci sia arrivato. Si stringe nelle spalle,
calciando distrattamente un ciottolo nell'acqua limpida, quando la
propria
attenzione viene catturata da una risata cristallina che conosce fin
troppo
bene. Oltrepassa un gruppo di scogli con un balzo veloce, finendo
davanti ad
uno spettacolo che preferirebbe non vedere: una sirena dai capelli
biondi e
lunghissimi sta sguazzando vicino ad un piccolo molo, la coda (dove
risplendono
scaglie rosse e rosa) accarezza languidamente la superficie del mare,
le dita
posate sul braccio di Hook si stringono gentilmente attorno al suo
gomito; lo
sta trascinando verso di sé, verso l'acqua, un sorriso
mellifluo sul volto
bellissimo, un canto leggero come spuma marina e velenoso come il
più crudele
dei veleni che scivola fuori dalle labbra socchiuse.
Un qualcosa di indistinto scoppia nello stomaco di
Peter, che raccoglie
dalla spiaggia una conchiglia particolarmente appuntita per scagliarla
contro
il capo della sirena. La creatura si gira di scatto verso di lui,
l'espressione
irata e la faccia trasformata in una maschera spaventosa, lasciando
andare il
braccio del pirata e ritirandosi tra le onde, emettendo uno strillo
raccapricciante. Hook scuote piano la testa annebbiata e sbatte gli
occhi,
avvertendo un pungente mal di testa stringerlo in una morsa decisamente
poco
piacevole.
“Certo che sei proprio un idiota, Capitano”
pronuncia quell'appellativo
con la voce tinta di disprezzo, avvicinandosi a lui con passi di fata.
“Lasciarsi
incantare da una sirena in questo modo. Ma non le conosci le storie su
quelle
arpie? Qualcosa riguardo, che so, il fatto che attirano a sé
le loro prede per
poi divorarle vive?” gli rivolge un'occhiata irritata,
premendo due dita contro
il suo petto e facendolo indietreggiare. Hook si chiede vagamente se
sta
cercando di infastidirlo o di proteggerlo.
“Io – uhm” bofonchia, non è
proprio al massimo della propria forma. Deve tenere
lo sguardo un po' abbassato per guardare il ragazzo negli occhi e cerca
di non
sorridere a quel pensiero. “Beh, non sono io quello che ha
appena salvato la vita
del suo nemico, non è vero?”
Peter non è assolutamente arrossito. È colpa del
sole se il suo colorito
risulta più acceso del normale.
“Tu sei diventato la mia preda, Capitan
Hook, non quella di una sirena
qualsiasi” ribatte, piccato, per poi rendersi conto della
possessione con cui
ha detto quelle parole e se ne vergogna profondamente. L'uomo
però pare non
averlo notato, o fa finta di non averlo fatto, perché si
allontana di qualche
passo da lui, sbottonandosi la camicia elegante con tutta la
tranquillità del
mondo.
“È davvero una bella giornata, non trovi anche
tu?” mormora, gli occhi rivolti
al cielo terso, le dita agili che mostrano a Peter porzioni sempre
maggiori del
suo petto nudo, macchiato in vari punti da vari tatuaggi d'inchiostro
nero. “Forse
potrei rischiare nuovamente la mia sopravvivenza e fare un bagno tra le
sirene.
Orripilanti arpie mangiatrici di uomini... Non sembrano così
male, in fondo.”
Peter si lascia strappare un minuscolo sorriso, giocherellando con le
bretelle
marroni. “C'è un posto riparato, più in
là. È all'ingresso di una grotta, la
sirene non ci vanno mai” si stringe nelle spalle, evitando di
dire che in
realtà nessuno va mai in quel posto. È il suo
rifugio personale, non ha mai
detto nemmeno a Campanellino o Nibs dove si trova. Non ha idea del
perché lo
stia dicendo proprio a lui.
Hook sorride, vittorioso, seguendo in silenzio quel ragazzino
così strano e
maledettamente attraente. Lo segue e lo analizza con lo sguardo,
accarezzando
ogni dettaglio di quel corpo così minuto, continuando a
chiedersi perché lo abbia
salvato da quella sirena. È soddisfatto, comunque: si
è allontanato dalla sua
ciurma con l'obiettivo di trovare Peter Pan ed è successo.
“La vuoi smettere di fissarmi? Sei inquietante”
sibila ad un certo punto il
ragazzo, guardandolo per un attimo con l'espressione seccata, prima di
indicare
con un movimento del capo il luogo in cui si trovano. Le onde del mare
che si
infrangono sugli scogli brillano sotto i raggi del sole, che riescono a
raggiungerle attraverso piccoli spiragli nella roccia; è
davvero un posto
riparato, difficile da trovare, sarebbe un nascondiglio perfetto per i
suoi
pirati in caso di necessità. Non è sicuro di
voler condividere l'esistenza di
quel posto con qualcun altro, però.
“Potrei dire lo stesso a te” ribatte Hook,
pacatamente, lasciando scivolare la
camicia su uno scoglio. Si slaccia la cintura, abbassa i pantaloni e si
toglie
gli stivali, abbandonando i suoi indumenti nello stesso punto. L'acqua
gli
accarezza le caviglie, avverte piccole conchiglie sotto i piedi e lo
sguardo di
Peter addosso. “È per caso diventata un'abitudine
ammirare la mia nudità?”
sogghigna, beffardo, rivolgendogli un occhiolino.
Peter boccheggia qualche secondo, preso contropiede. Gli dà
le spalle e invece
di rispondere inizia a spogliarsi, partendo dal cappello,
finché non è
completamente nudo ed esposto. Il Capitano potrebbe sparargli in
qualsiasi momento,
se solo lo volesse.
“La visita di questa mattina non era volontaria” lo
informa, poi, cercando di
mantenere un tono di voce tranquillo. Torna con lo sguardo nel suo,
scoprendo
con piacere che anche l'altro sta fissando il proprio corpo. Entra in
acqua con
lentezza, rimanendo a debita distanza da lui, che intanto si
è immerso fino
alla cintola; lo imita, lasciandosi cullare dalla corrente leggera.
“Io l'ho apprezzata comunque.”
Un altro sorriso divertito illumina nuovamente il volto giovane di
Peter; alza
gli occhi al cielo. “Ovviamente, sei solo un pirata
pervertito che si lascia
incantare dalla prima sirena che vede” lo prende in giro,
schizzando dell'acqua
verso di lui come un bambino, anche se sono troppo lontani per colpirlo
davvero.
Hook sorride: ha di nuovo interrotto la loro battaglia verbale per
mostrare il
proprio lato infantile, come è capitato la notte precedente.
“Non è una sirena ad avermi incantato.”
Peter distoglie lo sguardo e nuota dietro uno scoglio; appoggia il capo
sulla
pietra bagnata, abbassando un secondo le palpebre mentre permette al
proprio
cuore di battere veloce nel proprio petto.
“Ti nascondi da me, Pan? Credevo che volessi combattere per
il possesso
dell'isola.”
Peter sbuffa, tornando in sé, voltandosi per fronteggiarlo e
fargli capire una
volta per tutte chi comanda in quel posto. Fa il giro dello scoglio e
spalanca
gli occhi quando si scontra contro il petto del pirata, che
è più vicino del
previsto; le sue braccia lo intrappolano tra di lui e la roccia,
facendolo appiattire
su di essa per non rischiare di sfiorare la sua pelle.
“Voglio combattere” sibila comunque, lo sguardo
fiero dritto nel suo. Un
ricciolo sfugge alla bandana stretta, cadendo vicino ad un
sopracciglio. Le
dita di Hook quasi toccano le sue spalle, il respiro è
leggero.
Il Capitano ride piano, appare terribilmente divertito e a suo agio. Le
sue
mani scompaiono improvvisamente sotto l'acqua e Peter si morde le
labbra per
non farsi sfuggire un grido sorpreso quando gli circondano i polsi,
bloccandoli
dietro la sua schiena e contro lo scoglio. “E come pensi di
fare, senza armi?”
mormora, la voce calda e di certo fuori luogo per un momento del
genere; il suo
tono si insinua sotto la propria carne e lo fa agitare nella sua
trappola, ma
l'unico risultato che ottiene è quello di avere il proprio
petto premuto su
quello dell'uomo. Il pensiero che abbia organizzato tutto quello per
sconfiggerlo, magari annegarlo in quel punto stesso, lo fa sentire
umiliato
come mai nella sua vita.
Hook potrebbe farlo davvero: tenerlo sotto l'acqua il tempo necessario
per
riempirne i suoi polmoni disperati, osservare il suo corpo senza vita
galleggiare inerme, andarsene via e diventare con facilità
padrone dell'isola.
“Sei in debito con me” sussurra improvvisamente
Peter, ritrovando la propria
voce coraggiosa da qualche parte tra le costole fragili, fissando Hook
con uno
sguardo risoluto. “Ti ho salvato la vita. Non puoi uccidermi.
Devi ricambiare
il favore.”
L'altro rimane sorpreso dalle sue parole. “Stai parlando con
un pirata, ragazzino.
Perché pensi che dovrei solo prendere in considerazione di
fare una cosa del
genere?”
Peter stringe le labbra sottili, pallide, pensando in fretta ad una
risposta. “Anche
se sei un pirata non puoi infangare la tua
dignità.”
Hook sembra pensarci su. Trattiene i suoi polsi con una mano sola,
mentre
l'altra si sposta sul suo corpo; accarezza un suo fianco, la sua
schiena,
osservandolo rabbrividire. Preme il pollice sulla sua gola, avvertendo
la vena
pulsare, le dita appoggiate al retro del suo collo. Il tocco rimane
leggero,
quasi gentile, e ora sta sfiorando una sua clavicola e Peter sta per
impazzire,
ne è sicuro, in bilico tra la repulsione e l'attrazione. Il
desiderio di volere
per sempre quelle mani addosso è irrazionale, intossicante.
“Non sarebbe soddisfacente sconfiggerti
così” decide infine il pirata,
lasciandolo andare. Torna sui propri passi, uscendo dall'acqua; si
riveste con calma,
rimanendo a petto nudo. “Ci vedremo presto, Peter
Pan” promette, legando per
un'ultima volta gli occhi ai suoi, prima di andarsene.
Peter si accascia contro lo scoglio, gli occhi chiusi e una mano che
segue il
percorso bollente che hanno lasciato le sue dita fredde su di
sé, sospirando
piano. Hook lo osserva, sorridente, riparato dalla vegetazione.
“Qual è il
piano, Peter?”
La domanda viene subito accolta con grida di gioia e impazienza; alcuni
Bambini
Sperduti sono già pronti a prendere i loro piccoli coltelli,
mentre altri si
frugano nelle tasche alla ricerca di una pietra appuntita per affilare
la punta
delle loro frecce (in realtà non sanno bene come funzioni,
ma lo vedono sempre
fare agli indiani nel loro accampamento).
Peter Pan solleva una mano per richiamarli, facendo in modo che si
zittiscano;
indossa la solita maschera da gioco, l’espressione pacata e
tranquilla. È
seduto con le gambe incrociate sul ceppo di un albero e i bambini sono
acquattati davanti a lui; ovviamente Nibs è in prima fila,
mentre Campanellino
riposa su un suo ginocchio e lo osserva con curiosità, i
bagliori argentati
delle sue ali che illuminano la radura.
“Volerli attaccare tutti insieme è stato uno
sbaglio” proclama quando cade il
silenzio. Sembra che tutta la foresta sia in ascolto, non
c’è nemmeno un filo
di vento, ma le foglie sempreverdi vibrano piano, trepidanti come gli
occhi
spalancati dei bambini. “Loro non ci conoscono ancora, non
sanno chi siamo e
quanti siamo. Noi ne approfitteremo, quindi per il momento
andrò soltanto io a
controllare che sia tutto sotto controllo.. In attesa della battaglia
dove
cacceremo via quegli stupidi pirati!”
Le sue parole sono subito accolte con le stesse grida iniziali, non
potrebbe
essere altrimenti: Peter Pan è il loro capo e qualunque cosa
decida è
sicuramente la scelta giusta.
Peter raddrizza la schiena, soddisfatto, e prende in mano la pipa
– un altro dono
gentilmente offerto dalla tribù indiana – che gli
porge Nibs. Se la infila tra
le labbra sottili, sorreggendola delicatamente con due dita, facendola
entrare
e uscire lentamente dalla propria bocca, soffiando via ciò
che dovrebbe essere
fumo ma in realtà è solo aria; questo non turba
nessuno dei presenti, che
continuano a congratularsi con Peter per la sua meravigliosa idea.
Hook tiene le braccia appoggiate su
un
fianco della Jolly Roger, gli occhi chiari che scrutano
l’isola che ha di
fronte. Un fumo nero si solleva da un’estremità di
essa, rivelando la solita
presenza dell’accampamento indiano – i suoi uomini
più fidati, Liam e Starkey,
gli hanno riferito che sono dei primitivi che vivono in rudimentali
capanne e
parlano con voci gutturali in una lingua incomprensibile; sarebbero una
facile
preda per i suoi pirati, ma ora conquistarli non è il suo
obiettivo.
“Ti vedo pensieroso, Capitano.”
Il giovane uomo sorride, riconoscendo immediatamente quella voce amica.
Giocherella in modo distratto con uno degli anelli che porta alle dita,
rivolgendo una veloce occhiata al compagno. “Pensieroso,
Lee?” ribatte, lo
sguardo che percorre ancora l’isola, riposandosi per un
po’ sul punto in cui si
trova la grotta che gli ha fatto conoscere Peter Pan.
“Probabilmente. Sto solo
riflettendo sul modo migliore possibile per rendere mia
quest’isola.” O per
rendere suo il proprietario di essa, forse.
Liam annuisce, serio e concentrato; tiene le braccia incrociate, i
muscoli
guizzano sotto la maglia bianca e leggermente larga.
“Deve appartenere pur a qualcuno, non è
vero?”
La bocca del capitano si piega in un sorriso consapevole, mentre un
altro più
malizioso – e comunque più innocente del proprio
– si crea nella propria mente.
“Basterebbe sconfiggerlo e il gioco è fatto. Ma
non credo che si trovi tra gli
indiani, non sembrano molto svegli.. Probabilmente-” il
pirata continua a
snocciolare ipotesi, anche se l’altro già non lo
ascolta più. Deve ricordarsi
di lasciare la finestra aperta, quella notte, e di chiudere a chiave la
porta;
ha un buon presentimento.
“… Hook? Harry, mi stai ascoltando?”
Hook annuisce, umettandosi il labbro inferiore con la punta della
lingua.
“Sicuro, amico.”
Peter chiude gli occhi, lasciando
che il vento
freddo gli accarezzi il viso; gioca tra le nuvole e ride tra
sé, spalancando
braccia e gambe, immergendosi nel cielo blu come se fosse il mare. Il
sole è
tramontato da un pezzo e deve seguire il proprio piano, assicurarsi che
sia
tutto sotto controllo, così apre bene gli occhi e scende
giù, arrivando a
sfiorare con le dita la superficie dell’acqua salata. Rimane
per un po’
nascosto nell’ombra della nave pirata, per essere sicuro che
i due uomini di
vedetta non abbiano notato la sua presenza, per poi volare vicino alla
finestra
della stanza del capitano. Non è così sorpreso di
trovarla aperta.
La camera è prevalentemente
nell’oscurità: i raggi delicati della luna
illuminano parzialmente il pavimento e la scrivania, dove ci sono
ancora delle
mappe nautiche. Peter le tocca con una mano, seguendo il bordo delle
terre, la
carta resa ruvida dalla salsedine; sorride, tornando a guardarsi
intorno. Sotto
le coperte del letto deve esserci Hook e probabilmente dorme, ma
“mi fai visita
anche questa notte, Peter Pan?”.
Peter sussulta, sorpreso di sentire la sua voce, le dita che vanno a
stringere
il manico del coltello in caso di un possibile attacco da parte del
pirata. Si
accorge ora che i suoi occhi verdi (anche se nell'ombra sembrano neri)
sono
aperti e puntati su di sé; intravede un sorriso, ma non
è sicuro. "Non è
una visita di cortesia" ci tiene a precisare, roteando gli occhi
– come
sono stupidi questi adulti. "Controllavo solo che non ve ne foste
andato,
dobbiamo ancora combattere per l'Isola."
Hook si toglie la coperta da dosso per alzarsi in piedi, rivelando di
indossare
solo un paio di pantaloni e Peter distoglie lo sguardo, facendolo
vagare sulla
stanza disordinata, il braccio teso che ormai è tornato a
rilassarsi lungo una
gamba.
“Non so se sono ancora interessato all'isola” mente
il pirata, dopo alcuni
secondi di silenzio mentre si riveste, lasciando gli anelli sul
comodino. “Non mi
sembra più così interessante,
dopotutto.”
Le guance di Peter si infiammano, offeso e indignato per quell'insulto.
“La mia
Isola non è interessante?” replica, sollevandosi
dal pavimento senza nemmeno
accorgersene, e avvicinandosi all'altro. “Ti faccio vedere io
se non lo è!” esclama,
afferrandolo per una manica con l'intenzione di trascinarlo e alzarsi
in volo
con lui appresso, ma farlo si rivela più difficile del
previsto.
“Io non sono una fatina come te, Pan, te n'eri
dimenticato?” ride l'uomo,
squadrandolo da capo a piedi (non è così facile,
visto che il ragazzo sta
ancora volando).
Il solito sorriso divertito e beffardo si forma sulla bocca del
più giovane. “Non
c'è bisogno di essere una fata per volare” gli
spiega, come se fosse
assurdamente ovvio. Si fa più vicino al volto di Hook,
stringendogli le guance
tra le dita per alzargli il volto, in modo da poterlo guardare negli
occhi;
sembra essere sdraiato in aria, Peter, con le gambe in parte fuori
dalla finestra
e l'aria concentrata. “Hai solo bisogno di un pensiero
felice. Non hai un
pensiero felice, Capitano?” aggrotta la fronte, confuso
dall'espressione
sorpresa dell'altro.
L'uomo non sa bene come comportarsi, preso alla sprovvista dal quel
contatto
improvviso (la pelle di Pan è così calda
nonostante faccia freddo, è
disarmante) e da quelle parole. “Un pensiero
felice?” ripete, prima di pensarci
davvero. Ha un pensiero felice? Forse alcuni momenti
dell’infanzia passata con
Liam, la gioia di conquistare e derubare una nave nemica, stringere il
timone
della Jolly Roger per la prima volta.
“Sì! Così, capitano!” esclama
Peter, ridendo, quando nota che i piedi
dell'altro si stanno sollevando dal pavimento. Le sue mani scivolano su
quelle
del capitano, stringendo le sue dita freddissime, e Hook si ritrova a
guardare
il proprio riflesso negli occhi dell'altro; le ciglia lunghe li
incorniciano e
proiettano sulle guance delle ombre leggere, la sua pelle sembra
brillare sotto
la luce della luna. “A cosa stai pensando?”
domanda, la voce leggera e così
sincera, così pura, che un fuoco caldo – come le
sue dita – gli lambisce il
cuore e lo fa sentire immateriale, così immateriale che
diventa semplice
stringere le sue mani e alzarsi in volo, seguendolo fuori dalla
finestra
aperta.
Peter intreccia le dita di una mano con una delle sue e abbandona
l'altra,
facendogli strada nel cielo della notte. “Non ti preoccupare,
non ti lascio
cadere” si sente in dovere di rassicurarlo, chissà
perché, con un sorriso
gentile sulle labbra. Hook lo ricambia senza nemmeno pensarci.
Continuano poi a volare senza dire nulla, gli occhi del capitano
spalancati per
la meraviglia: la propria amata nave si fa sempre più
lontana e inizia a vedere
gli alti alberi della foresta, qualche animale notturno che fa la sua
comparsa,
l’accampamento degli indiani con ancora qualche fuoco acceso,
delle figure nell’ombra
che appaiono così spensierate nelle loro risate, un gruppo
di sirene in cerchio
intente ad accarezzare la superficie dell’acqua con le loro
code colorate.
“Così è questo che si
prova..” mormora Hook, a se stesso o a Peter, non ne
è
sicuro; Peter sembra troppo occupato a guardarsi intorno per
ascoltarlo,
comunque, come se stesse cercando qualcosa. I lineamenti del suo viso
si
distendono quando sembra trovarla e scende verso il basso, portandosi
il
capitano dei pirati con sé. Lo fa atterrare su un ramo
decisamente grande,
tanto da poterci stare tranquillamente in piedi sopra senza rischiare
di
cadere. Il ragazzo lascia la sua mano, sedendosi sul legno con le gambe
incrociate.
“Perché mi hai portato qui?” domanda
Hook, curioso e ancora un po’ spiazzato da
quel comportamento.
“Per farti vedere una cosa meravigliosa” Peter gli
sorride, felice; si gira,
mettendosi comodo e sdraiandosi sul ramo, con le braccia dietro la nuca
e gli
occhi rivolti verso l’alto, fissando le foglie verdi
dell’albero o il cielo,
Hook non ne è sicuro. “Ci vorrà ancora
un po’.. Ma ne varrà la pena.”
Hook si abbassa verso di lui, inginocchiandosi sul ramo, occhieggiando
la
fodera variopinta del pugnale, incastrato in un passante dei suoi
pantaloni.
Cerca di riflettere velocemente se sia una buona idea disarmarlo, ma
prima che possa
agire Peter torna a fissarlo. “Mi piacciono i tuoi
vestiti” gli confessa,
tirandosi leggermente su, appoggiandosi sui gomiti. “Tutti i
pirati si mettono
queste cose?”
Hook lo guarda con le sopracciglia aggrottate, rendendosi poi conto
che, avendo
sempre vissuto su quell’isola, l’altro debba
trovare piuttosto insolito l’uso
di camicie e stivali. “Non ci vestiamo tutti allo stesso
modo” ribatte,
stringendosi nelle spalle; decide di apparire più rilassato
e si sdraia, incrociando
le braccia e le gambe lunghe, chiudendo gli occhi. “Te
l’ho detto, siamo uomini
liberi noi pirati – possiamo fare quello che vogliamo. E se
decido di indossare
un paio di orecchini o una bandana nessuno può dirmi che non
posso farlo.”
Peter storce le labbra, continuando a credere che nessun uomo
possa davvero essere libero, ma è d’accordo con
quel pensiero
di fondo. “E hai viaggiato molto?” gli domanda
piano, la voce tinta dalla
curiosità. Si sistema di nuovo seduto, la schiena un
po’ piegata mentre si
protende verso il suo corpo.
“Decisamente. Ho visto tante cose, ragazzino, più
cose di quanto potresti mai
immaginare” sogghigna, scostandosi un ricciolo dalla fronte,
con un paio di
ricordi che si infilano nella propria mente. Inizia a raccontare al
ragazzo le
ultime avventure che ha vissuto, divertendosi a creare delle pause di
tanto in
tanto, avvertendo l’altro trattenere il respiro –
proprio come un bambino. È un
bambino, in fondo, anche se sinceramente Hook non sarebbe in grado di
dire
quanti anni abbia; è sicuro che neanche lui stia tenendo il
conto, comunque.
“È fantastico poter vedere tutti questi
posti!” Peter batte le mani e compie
delle piroette in aria, eccitato alla sola idea. Hook lo segue con lo
sguardo e
non può impedirsi di sorridere. Il ragazzo si fa
più serio, poi, rimanendo
sospeso sopra il pirata, guardandolo negli occhi mentre i loro volti
sono
separati da pochi centimetri. “Vorrei tanto vederli anche io.
Mi porteresti con
te?” si allontana improvvisamente, veloce, scuotendo subito
la testa e
sospirando, affrettandosi ad aggiungere: “Ovviamente non
potrei venire, l’Isola
e i Bambini Sperduti hanno bisogno di me.. Ma, se potessi venire, mi
porteresti
con te?” si volta verso di lui, facendolo sentire
così piccolo contro quel
ramo, incatenato dai suoi occhi grandi e azzurrissimi.
Hook si rimette seduto e allunga un braccio, afferrando Peter per una
bretella
e tirandolo verso di sé, facendolo sedere sulle proprie
gambe. Il ragazzo si
dimena, certo che voglia fargli del male, ma quando le mani del pirata
gli
stringono i fianchi e lo fermano contro il suo petto non è
così sicuro di voler
volare via. Hook gli porta una ciocca di capelli lisci dietro un
orecchio,
aggiustandogli il capellino verde che stava scivolando a causa dei
movimenti,
accarezzandogli un braccio nudo; Peter fraintende quel gesto, pensando
subito
che voglia prendergli il pugnale, e con uno scatto rapido afferra
l’arma prima
di lui, togliendola dalla fodera. Il pirata sbarra gli occhi, sorpreso,
e si
affretta a bloccargli i polsi dietro la schiena, ma riesce a prenderne
soltanto
uno; il ragazzo gli sta già premendo la lama affilata contro
la gola,
guardandolo con il cuore che martella nel petto.
Il pirata sorride, estremamente calmo, anche se potrebbe ritrovarsi
morto da un
secondo all’altro. “Hai mai baciato qualcuno, Peter
Pan?”
Peter aggrotta la fronte, perplesso, ma non allontana il pugnale dalla
sua
pelle bianca.
Il sorriso dell’altro si allarga. “Non sai cosa
significhi, non è vero?” mormora,
la voce più bassa e roca del solito.
Peter rabbrividisce, abbassando per un secondo gli occhi, a disagio, ma
li
rialza subito e li punta in quelli dell’altro.
“Povero piccolo Pan..” scandisce il pirata,
lasciandogli il polso, sapendo di
aver già vinto. “Nessuno ti ha mai dato un
bacio?”
L’altro si morde le labbra e Hook segue quel movimento, una
scossa calda che
gli attraversa la schiena e gli permette di non sentire più
il freddo della
notte.
“Posso dartene uno io, se vuoi” offre, studiando la
reazione dell’altro; sembra
improvvisamente sollevato e incredibilmente curioso. “Ma
prima devi rimettere
questo al suo posto” indica il pugnale con lo sguardo e si
rilassa
impercettibilmente quando il ragazzo lo fa davvero, riponendolo al
sicuro
dov’era prima.
“Molto bravo, Peter Pan” lo loda, alzando le dita
di una mano sul suo viso.
Peter le osserva con sospetto, permettendogli comunque di toccarlo.
“Voglio
darti un bacio qui. Va bene, per te?” gli picchietta piano il
labbro inferiore
e che nessuno si azzardi a dire che il Capitano Hook non sia un pirata
gentiluomo, ecco.
Peter chiude gli occhi e l’altro non perde tempo, piegandosi
subito in avanti
per lasciare incontrare le loro bocche. Non si limita a baciargli il
labbro
inferiore, in realtà: lo stringe con delicatezza tra i denti
e lo succhia
piano, trattenendo un sorriso nel sentire un verso sorpreso e quasi
spaventato
provenire dal ragazzo.
Peter si ritira un po’, osservando il pirata con un sospetto
malcelato,
studiando per qualche secondo la sua bocca. Sfiora la propria con un
paio di
dita, chiedendosi se tutti i baci lo possano far sentire
così.
“Ora voglio darti un bacio io” si tiene alle spalle
del Capitano come se abbia
paura di cadere, appoggiando le labbra sulle sue per copiare i suoi
movimenti.
Hook sorride, infilando le dita nei suoi capelli per impedirgli di
allontanarsi
di nuovo, approfondendo immediatamente il bacio.
Sa di aver sconfitto Peter Pan, lo sanno entrambi. Ma si
limiterà ad
impossessarsi della sua bocca, per ora.
Le notti passano veloci, una dopo
l’altra. Hook lascia la finestra aperta e Peter entra, solo
per trascinarlo
via. Conosce molti posti incredibili, in queste notti, il Capitano,
molti
angoli dell’Isola sconosciuti a chiunque, tranne al suo
proprietario.
Peter è sempre un po’ sulla difensiva, in queste
notti, o almeno inizialmente:
poi si scioglie e ride, infilando le dita nei passanti della cintura
del pirata
per attirarlo a sé e baciarlo.
Queste notti sono strane, sembrano durare più dei giorni che
le intervallano, e
se Hook non conoscesse abbastanza Peter Pan direbbe che è
solo un’impressione.
Sono strane, perché vedono formarsi un amore travolgente: un
amore dato da
carezze sulla pelle chiara, illuminata dalla Luna; da sussurri impressi
contro
le clavicole, dove piovono riccioli scuri; da segreti confessati a
mezza voce,
partendo dai ricordi che Peter non ha mai ammesso di custodire
gelosamente e
arrivando al perché del soprannome del giovane pirata. Le
Stelle sono le uniche
spettatrici di questo amore travolgente, si scambiano sorrisi segreti e
li
illuminano di più, facendo ciò che possono per
ritardare ogni volta il sorgere
del Sole.
Il Sole deve sorgere tutte le mattine, però, e con
sé porta via l’intimità dei
due amanti: entrambi tornano ai loro ruoli nemici, in quel gioco a cui
perfino
Peter Pan non vorrebbe giocare.
L’Isola Che Non
C’è è di nuovo in
fermento: nuove voci vorticano nel vento, si dice che finalmente
la battaglia tra il capitano dei pirati e Peter Pan
avrà
inizio, oggi stesso, esattamente quando il sole raggiungerà
il suo punto più
alto nel cielo, esattamente sulla Jolly Roger, la nave pirata. I
Bambini
Sperduti sono pronti, hanno ormai finito da tempo di affilare le loro
frecce e
i loro pugnali; le sirene, incantevoli creature, sono già
sistemate sugli
scogli per osservare la scena; i riti propiziatori hanno tenuto svegli
gli
indiani per tutta la notte.
Peter avanza verso il capitano dei pirati, il pugnale stretto in mano
puntato
verso di lui. Lo studia con attenzione, come ha fatto la prima volta
che lo ha
visto. È concentrato e pronto a lanciarsi addosso a lui, ma
non può mancargli
il solito sorriso malizioso stampato sul volto.
Hook alza un angolo della bocca – forse quello baciato mille
volte dal ragazzo,
le notti prima, mentre il Sole nasceva accanto a loro – e
osserva i raggi
solari del mattino che brillano negli occhi azzurri di Pan.
“Faresti meglio a scappare, pirata” sono le prime
parole che scappano dalle sue
labbra, parole che vengono subito sostenute da urla di incoraggiamento
da parte
dei suoi Bambini Sperduti, schierati dietro di lui.
“Pensi che possa avere paura di un ragazzino?”
La risata del Capitano è profonda come sempre, anche se
più breve del solito.
Lo stridio delle sciabole dei suoi compagni lo accompagna
immediatamente.
Il Capitano Hook e Peter Pan continuano a guardarsi negli occhi per
attimi
indescrivibili, poi entrambi compiono un passo verso l’altro.
E la battaglia ha inizio.