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Autore: Soe Mame    03/01/2017    1 recensioni
- E perché io sono l'unico che ha forchetta e coltello? Perché avete un coltello e una forchetta per due? - un dubbio improvviso: - Non avrete due sole paia di posate in tutto il castello? -
- Certo che no. - sospirò Gakupo.
- Ah, ben- -
- Ne abbiamo tre. -
Len preferì non indagare oltre.

[The Last Supper. O qualcosa che ci si avvicina alla larga.]
Genere: Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gakupo Kamui, Kaito Shion, Len Kagamine
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tutti i personaggi appartengono ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

[Avviso: Data la natura della canzone e del video, qualche passaggio potrebbe risultare un po' humor macabro. Nulla di eccessivo, ma preferisco avvisare.]

IL RICCO BANCHETTO PER UN BENEVOLO RAGAZZO OFFERTO DA DUE LOSCHI SPILORCI



- Perché non stai mangiando? -
- Perché sembra sgradevole. -
- Ma non vogliamo che lasci avanzi nel piatto. -
- Ho capito, ma questo schifo lo devo mangiare io. -


Il pavimento era gelido.
L'intera stanza era gelida.
Persino l'aria era fredda, capace di congelare i polmoni ad ogni respiro.
Perché i due signori, quelli con quei vestiti apparescenti e palesemente costosi, non avevano ritenuto opportuno mettere un riscaldamento, un camino o anche solo un tappeto.
Quella era una stanza scavata nella pietra e loro sapevano benissimo quanto fosse gelida - non si sarebbe altrimenti spiegato quella montagnola di cibo, là sul tavolo. Era ovvio che usassero quella stanza come cella frigorifera. Non ci voleva un genio per capirlo.
Quel che non capiva, invece, era cosa ci facesse lui lì.
L'avevano preso, avevano spezzato le catene che lo imprigionavano - ma gli avevano lasciato le manette, forse per paura di fare qualcosa per bene -, gli avevano dato una coperta vecchia di almeno due secoli e l'avevano lasciato lì nella stanza frigo.
- Questo è per il banchetto di benvenuto. - gli aveva detto quello che si era presentato come Gakupo, con un gran sorriso, indicandogli la montagnola di ben d'Iddio.
In sostanza, non doveva mangiare niente. Quindi, non l'avevano portato lì per rifocillarsi.
Si lasciò cadere davanti al tavolino, con uno sbuffo. Se già i vestiti non lasciavano dubbi circa le loro possibilità economiche, il fatto di trovarsi in un castello gli garantiva che quei due avessero enormi risorse monetarie.
E, per coprirsi, gli avevano dato un grosso straccio - che, sperava, non venisse usato per pulire per terra. Lo stato di quell'affare gli faceva sorgere dubbi legittimi.
Ma c'era una domanda che, più di tutte, esigeva una risposta: "Perché mi hanno portato qui?".
Sperò davvero che non l'avessero preso per fare da servitore in quel castello. Non aveva visto altre persone, oltre loro due, ed essere l'unico lavoratore per un numero indefinito di metri cubi non era un'idea allettante.
Un cigolio.
La porta si aprì.
Len alzò lo sguardo.
Quei due erano sulla soglia.
"... neppure un'oliata alle porte." quel castello era un disastro e quei due erano incommentabili.
- Speriamo che la cena di stasera sia di tuo gradimento. - Gakupo, ovviamente, sorrideva. Non gli aveva visto altre espressioni, fino a quel momento.
- Questa è una serata speciale! - la voce di quello presentatosi come Kaito era squillante: - Quindi abbiamo preparato un banchetto straordinario! -
Len alzò ancora di più la testa, fino ad intravedere la punta della montagnola di cibo alle sue spalle.
- Ho visto. -
Tornò a guardare i due.
Sorridevano.
Sorrisi un po' troppo ampi.
E sguardi strani.
Troppo strani.
Realizzò, di colpo.
Una montagna di cibo. E, seduto davanti, un grazioso, innocente, puro e gentile fanciullo.
- Volete che io sia il vostro dessert? -
Le espressioni di Gakupo e Kaito s'incrinarono appena.
- Non essere sciocco, Len! - sorrise il più grande, con voce pacata: - Per chi ci hai preso? Per dei vampiri cannibali? -
- No, per due maniaci. -
- Ah, dessert in quel senso! - Kaito si avvicinò: - Potremmo volerlo, sì. -
- Scordatevelo. -
- Basta con questi discorsi. - Gakupo alzò una mano, le dita strette attorno a qualcosa.
Len sgranò gli occhi.
Una spazzola. Pessimo segno.
- Prima del banchetto, però, avrai bisogno di sistemarti. -
- Possiamo aiutarti a fare il bagno! -
Per l'appunto.
- Abbiamo già preparato la vasca. -
- E i sali profumati! -
- Faccio da solo. Grazie. -
Si alzò, porse loro i polsi: - Prima toglietemi queste. -
Gakupo e Kaito si scambiarono un'occhiata.
Quando tornarono a guardarlo, parlarono in perfetto sincrono: - Ci pensiamo dopo il bagno. -.

L'acqua nella vasca aveva la decenza di essere calda.
Tuttavia, le pareti del bagno continuavano a non avere nessuna copertura e la pietra era lì, bella in vista. Vedere il tappeto era stato alla stregua di un miraggio.
Ancora più incredibile era stato vedere Gakupo che gli toglieva le manette scassinando la serratura con una forcina.
- Pensavo aveste la chiave. -
- E invece no. - l'altro non si era minimamente scomposto alla sua affermazione.
- Leeeeeeen~ - Kaito apparve nella stanza: - Ti abbiamo preparato un bel vestito! -
- Un vestito? - sbattè le palpebre: - Come fate ad avere le mie misure? Quando l'avete preparato? Dove l'avete preso? E soprattutto... vestito? -
Kaito annuì, raggiante.
Len scattò in piedi, serrò i pugni: - Questo è inammissibile! Io sono un maschio! - tuonò: - Non ho nessuna intenzione di sacrificare la mia virilità ai vostri sordidi comodi indossando un vestito da don- -
- Guarda che carino! Sembra un cupcake al cioccolato! -
- Si mette da sopra o ha la cerniera dietro? -

Kaito e Gakupo - soprattutto Kaito - avevano insistito per aiutarlo ad indossare il vestito.
Entrambi - soprattutto Gakupo - si erano prodigati a sistemargli i capelli.
In tutto quello, Len non aveva sinceramente capito se fossero due maniaci o se si divertissero ad usarlo come bambola.
Stava iniziando a propendere per la seconda.

Il banchetto, finalmente.
Cibi di ogni forma, colore e dimensione erano sulla tovaglia bianca, un misto di carne, pesce, dolciumi, fritti, cibo sano, cibo spazzatura, roba troppo colorata per essere naturale e frutta. Aveva individuato delle banane, quindi il banchetto aveva assunto una luce del tutto positiva.
- Che te ne pare? - chiese Gakupo, seduto alla sua sinistra.
- ... con molta scelta. - ammise Len.
- Allora possiamo iniziare? - cinguettò Kaito, seduto alla sua destra.
Len annuì.
Anche se c'erano un paio di cose che non gli tornavano.
- Non sarebbe meglio mangiare al tavolo? -
- E' quel che faremo. -
Len guardò Gakupo: - E allora perché avete messo le sedie di spalle al tavolo? -
- Creano un bel quadretto, non trovi? - sorrise Kaito.
- No. - sbattè le palpebre: - E perché io sono l'unico che ha forchetta e coltello? Perché avete un coltello e una forchetta per due? - un dubbio improvviso: - Non avrete due sole paia di posate in tutto il castello? -
- Certo che no. - sospirò Gakupo.
- Ah, ben- -
- Ne abbiamo tre. -
Len preferì non indagare oltre.

- Cosa ti piace? -
- Mi va bene un po' tutto. - "No, sapete, dov'ero prima non è che mi dessero poi tanto da mangiare e, soprattutto, possiamo smetterla di dire boiate davanti a del cibo mentre io ho fame?"
- Allora cominciamo dal dolce! - Kaito aveva trascinato una delle sedie dall'altro lato del tavolo, per poi sedersi e posare sulla tovaglia una torta presa chissà quando.
Len non se la sentì di obiettare che il dolce andava mangiato alla fine.
Aveva davanti una torta, che diamine.
Kaito affondò la forchetta nel dolce e gli porse il pezzo: - Ecco a te! -
- Ah, mi imbocchi tu? -
- Mangia~ -
"Oh, beh, una fatica in meno.".
Come previsto, la torta era buona. Anzi, squisita. Panna, fragole e qualcosa che sembrava carne. Però era buona.
Poi toccò ad un crème caramel extra large, grande quanto la torta. Budino, caramello e retrogusto di carne si sposavano benissimo con la panna di poco prima.
Arrivò il turno di una cosa indefinita di gelato. Sembrava che qualcuno avesse pensato di fare un gigantesco gelato multigusto, ma che poi si fosse stufato e avesse finito per buttarci gelati a caso, coni compresi.
La forchetta affondò nel gelato.
Len schiuse le labbra.
Il gelato andò nella bocca di Kaito.

- Il cibo è di tuo gradimento? -
Len annuì.
Gakupo gettò uno sguardo a Kaito, riverso a terra, piegato in due.
Colpa sua che aveva lasciato parti sensibili sulla traiettoria del suo stivaletto e gli aveva dato un ottimo motivo per approfittarne.
Con assoluta tranquillità e un gran sorriso, Gakupo si sedette dove prima era Kaito, spostando le portate precedenti e mettendo in tavola un'insalata mista.
"Sarà lui ad essere salutista e Kaito pro-dolci o qui è d'uso mangiare al contrario?" non che gli importasse.
Per quanto un'insalatina dopo torta-budino-gelato - o meglio, torta-budino, perché il gelato gli era stato impunemente sottratto - non fosse poi così attraente, dovette ammettere che quel bel sapore di verdura e carne non era male.
- Comunque... -
- Sì, Len? -
Mandò giù: - ... perché anch'io ho forchetta e coltello se poi mi imboccate? -
Gakupo continuò a sorridere.
Un'altra forchettata di insalata: - Mangia. -.
Fu il turno del pesce. Quando Len lo mangiò, sentì che c'era qualcosa di strano. Sapeva di carne.
Deglutì e fece notare: - Sentite... -
- Sì? -
- ... va bene la torta alle fragole che sa di carne, va bene il crème caramel che sa di carne, va bene l'insalata che sa di carne, ma... - scosse la testa: - ... il pesce che sa di carne no! -
Un sorriso di scuse: - Purtroppo abbiamo cotto tutto nella stessa padella. -
- Pure l'insalata? -
- Temo di sì. -
Len fece schioccare la lingua, con disappunto: - Andate parecchio al risparmio, vedo. - si guardò intorno: - Le uniche stanze con un tappeto sono questa e il bagno. E, in tutto il castello, non c'è il riscaldamento. Con le mura in pietra a vista! - socchiuse gli occhi: - Mi chiedo come facciate a non morire assiderati, voi due. -
- Abbiamo i nostri metodi per scaldarci. - forse non sapeva fare altre espressioni oltre al sorriso: - Prossima portata? -
- Va bene... -
"I loro metodi per scaldarsi...?" un tuffo al cuore. Scosse la testa per scacciare il pensiero prima di figurarselo per bene.
Troppo tardi.
- Qualcosa non va, Len? -
- Ho capito come fate a scaldarvi. -
Gakupo sbattè le palpebre: - Ah, sì? Ossia? -
- Ossia che siete due maniaci che mi vogliono come dessert. -
- Se ti fa piacere crederlo. - l'altro alzò le spalle e gli porse una forchettata di qualcosa di pixellato.
Qualsiasi cosa fosse, era buono. Sapeva di carne, però era buono.

Non aveva mai mangiato così tanto in vita sua.
Sperò davvero che quei due tizi loschi non fossero vampiri cannibali, perché altrimenti avrebbero banchettato - loro - con un grazioso fanciullo messo all'ingrasso.
- Un omaggio per il nostro ospite. -
Una rosa. Rossa. Come quelle che quei due portavano al petto.
Len la accettò. Era un pensiero carino.
- Con la speranza di vederti fare almeno un sorriso. -
"Eh?" guardò Gakupo. Al suo fianco, Kaito. Era sopravvissuto, a quanto sembrava. E sorrideva più del solito, gli indici ai lati della bocca: - Facci un bel sorriso, Len~ -
Gakupo e Kaito. Erano due idioti e, probabilmente, due maniaci - o due vampiri cannibali. E avevano un pessimo gusto nell'arredamento - o erano taccagni all'inverosimile, su alcuni aspetti.
Però poteva conceder loro un sorriso.
In fondo, l'avevano liberato e sfamato.

Si era alzato da tavola, la rosa tra le mani.
Era bella, come appena colta. E non era neppure finta.
"Mh... forse..."
Una fitta.
Come un pugno allo stomaco.
Si portò una mano alla pancia, il corpo che tremava.
- ... sapevo che non dovevo fidarmi del pesce che sa di carne. -
Poi, il nero.

Bistecca
Fettina
Coniglio
Fragola
Banana
Carote
Cavolo
Radicchio
Broccoli
Kaito cancellò tutte le parole con un pastello a cera rosso. L'intera parete era ormai costellata di scritte nere, sbarrate con delle X rosse.
- Kaito... -
- Sì? -
Gakupo alzò gli occhi dal foglio: - Non possiamo continuare così. -
L'altro serrò le labbra: - Sicuro? -
Il più grande annuì, l'espressione grave: - Dobbiamo prendere altri fogli. Ormai sono finite le pareti. -
- E se prendessimo altra carta da parati? -
- I fogli costano meno. -
Kaito annuì, poco convinto. - Senti, ma questo? - indicò con il pastello il grafico a parabola o qualsiasi diavoleria fosse: - Cosa significa? -
Gakupo alzò le spalle: - Boh. L'ho fatto perché faceva figo. -.
L'altro tornò alle scritte sul muro: - Sai... non credo che Len ci veda fighi. -
- Credi bene. -
- Non capisco dove abbiamo sbagliato. -
- Kaito! -
Trasalì: - S-sì? -
Una mano di Gakupo sulla rosa che aveva sul petto: - Dobbiamo farlo. -
Aggrottò la fronte: - Qui? Ora? -
- Anche di là, se preferisci. -
- Ma non vuoi aspettare Len? -
Gakupo lo fissò: - ... parlo del rivelarci. -
- Oh. -
- Aspetteremo che la pozione faccia effetto. Poi, quando Len sverrà, potremo- -
- Veramente Len è svenuto tipo quaranta minuti fa. -
Silenzio.
- Comunque, tranquillo, l'ho lasciato sul pavimento. - aggiunse Kaito.
Silenzio.
- Perché non l'hai portato in camera sua? -
- E' svenuto sul tappeto, perché avrei dovuto? -
Gakupo annuì, piano: - Anche tu hai ragione. -.

Len riaprì gli occhi.
Un tappeto. E una rosa.
I ricordi tornarono alla mente tutti insieme.
Si portò una mano alla pancia, ancora un po' dolorante. L'intenso odore metallico nell'aria non aiutava.
"... certo potevano portarmi in una qualche stanza per me, piuttosto che lasciarmi sul pavimento." recuperò la rosa e si rialzò, contrariato. Doveva trovare quei due scansafatiche - e, almeno, convincerli a cucinare i cibi in padelle separate.
Oltre che dare un calcio a Kaito, che tanto lo sapeva che il suo soggiorno sul pavimento era colpa sua.
Una strana sensazione.
Si voltò.
Le tre sedie erano di nuovo allineate davanti al tavolo a cui avevano mangiato.
Sopra, le tre paia di posate.
Conficcate nel sedile e nello schienale.
E in quelle lunghe giacche scure.
"... perché ci sono i loro vestiti infilzati." neanche voleva chiederselo davvero. Sapeva solo che c'erano i loro vestiti abbandonati sulle sedie, infilzati con tutta l'argenteria del castello.
Ora che ci pensava bene, era stato solo lui a mangiare, al banchetto.
"... sono davvero dei vampiri cannibali...?" si controllò le dita: "Forse sono abbastanza magre da far credere che non sono poi così ingrassato...?" scosse la testa: "Ma non sono ciechi! Lo vedrebbero benissimo se-"
Abbassò lo sguardo.
La rosa gli cadde dalla mano.
I due idioti.
In una pozza di quello che non aveva affatto l'aria di essere sugo. Il sugo non aveva quell'odore così metallico.
- ... oh. -
I ricordi tornarono alla mente tutti, stavolta tutti, insieme.

- Ti assicuro che, così, passa tutto! -
Len scrutò Kaito. Si era lasciato dietro la giacca e si era aperto la camicia. E gli stava accarezzando una guancia.
- Non ci credo. -
- Dovresti, invece. - insistette Gakupo. Anche lui nelle stesse condizioni di Kaito. Solo che la mano era più vicina al suo collo.
Nondimeno, entrambi avevano qualcosa di più strano del solito. Tipo una specie di croce in un occhio. E una generica aura meno umana.
In effetti, il loro tocco era gelido. Sembrava di essere accarezzati da delle statue.
- Non lo mangio 'sto schifo. - chiarì, una volta per tutte.
- Possiamo fartelo prendere noi, se vuoi. -
Guardò Kaito. Non capì cosa lo trattenne dal dargli una testata. Forse l'odore. Aveva un buon odore. Non ci aveva fatto caso, prima.
- Se mangerai questo, dopo starai bene. - Gakupo, ovviamente, sorrideva, perché non aveva altre espressioni: - L'hai mangiato anche prima, no? -
- Ah, sì? - a ben pensarci, anche lui aveva un buon odore.
- Non hai fatto altro che mangiarlo, prima. - sorriso, sì, ma quello era più un ghigno.
Avrebbe già dovuto avere qualche inquietudine quando gli si erano presentati mezzi svestiti, e anche quando avevano iniziato ad accarezzarlo, ma il fatto che stessero ghignando in quel modo era la prova definitiva.
- Siete vampiri cannibali maniaci. -
Delle risate leggere.
- E cosa pensi vogliamo fare con te? - chiese Kaito.
- Mettermi all'ingrasso e rendermi partecipe del vostro modo di scaldarvi. Ovvio. - avevano un odore davvero, davvero, davvero buono.
- A Len piace volare con la fantasia. - commentò Gakupo.
Len sospirò: - Oh, per favore. Si vede lontano un miglio che siete vampiri maniaci. - un respiro ancora più profondo.
Non aveva affatto paura.
Aveva solo fame.
E non aveva intenzione di mangiare quella roba che gli avevano offerto.
- Soltanto... - lasciò che il sorriso curvasse le sue labbra: - ... temo siate contagiosi. -
Le mani si fermarono.
- ... forse gliene abbiamo dato troppo. -
- L'avevo detto che il pesce era di troppo! -.


"..."
Era diventato un vampiro maniaco anche lui.
E i suoi due primi pasti erano lì, su uno dei pochi tappeti di tutto il castello.
Si chinò, recuperò la rosa. Ora anche quella sapeva di metallo.
Andò alla sedia centrale, scavalcò i due a terra.
Si sedette, la rosa in grembo.
"... ma sul serio?" guardò la sedia alla sua destra: "Adesso basta idiozie. E' ora di finirla con questa storia.".
Allungò la mano, afferrò un coltello.
Lo lasciò.
"... sì, ma non voglio fare come Miku nelle NighT. Se devo fare 'sta cosa, voglio essere originale." afferrò la forchetta, la estrasse dalla sedia.
La prese con tutte e due le mani, la sollevò.
E la riabbassò di colpo, contro la sua gola.






Riaprì gli occhi.
Non c'era più nessuno.
Soltanto una pozza rossa.
Si raddrizzò a fatica sulla sedia, lo sguardo al tappeto imbrattato.
"... fatemi capire, dovrei pulire io?"
Alla fine, avrebbe davvero dovuto pulire.
Non era riuscito a porre fine a quella storia e doveva pure pulire lui.
Gliel'avrebbero pagata, tutti e due.
Si mise in piedi, indolenzito. Prese la rosa prima che cadesse a terra.
No, a quanto pareva, un vampiro non moriva con una forchettata in gola.
E neppure sbranato da un altro vampiro.
Guardò di nuovo la pozza.
"... mi aiuteranno." erano stati loro a trasformarlo, in fondo.
Volevano un po' di compagnia? L'avrebbero avuta.
E, per prima cosa, avrebbero provveduto al riscaldamento.






Note:
* Per sapere cosa dicessero esattamente e per citare (tipo) qualche frase, mi sono basata su questa traduzione.
* "Miku nelle NighT": Vedasi il finale del video di EveR∞LastinG∞NighT.




Bene, la mia prima fanfiction dell'anno vede un Len adorabile e Kaito&Gakupo che più loschi non si può.
Ma, soprattutto, è su una canzone dei VanaN'Ice. Non credo riuscirò mai a disintossicarmi - soprattutto se tornano ufficialmente con una canzone (molto) fAiga e un PV (molto) magnifico.
(Se però il video non l'hai visto e sei particolarmente impressionabile, forse è meglio che tu non lo veda.)

Quando ho visto il video, ho sentito il bisogno di scriverci qualcosa; le alternative erano "struggente storia horror tragicamente romantica" e "parodia insensata": per quanto la prima mi attirasse, la seconda ha istantaneamente vinto, quindi ecco questa cosa senza troppe pretese. à__à

Una cosa che so che tutti desiderano sapere: io continuo a leggere The Last Supplì. E volevo chiamare così questa oneshot. Solo che, alla fine, mi sono resa conto di come non apparisse nessun supplì e di come un titolo del genere avrebbe reso questa storia molto più profonda di quanto non fosse. (???)

Domande che sicuramente vi sono sorte durante la lettura e che, se non ricevessero risposta, vi terrebbero senza dubbio svegli la notte:
- Cos'è la roba pixellata? - Boh.
- Cosa volevano far mangiare a Len, alla fine? - Probabilmente non lo sapremo mai. (Azzardo a dire "carne".)

Se qualcos'altro non vi torna, la risposta è "No".
- Ma Len avrebbe potuto- - No.
- Ma Kaito e Gakupo non avrebbero fatto meglio a- - No.
- Ma non potevi andare a coltivare rape invece di- - No.
Al di là di questo, se qualcosa non vi torna davvero, ditemelo!

Qualsiasi consiglio/critica è accetto. Di mio, spero che questa boiata vi sia stata di gradimento. U___U"
Per il resto, buon 2017 a tutti! *O*/
  
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