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Autore: Lumos and Nox    03/01/2017    4 recensioni
[Finalmente, le origini di Nerissa e Helios] [AGGIORNATO!]
Cosa succede quando, in una lotta per il proprio Lieto Fine, sia i Buoni che i Cattivi si ritrovano a allevare un loro Prescelto?
Quale dei due porterà la propria fazione alla vittoria?
Genere: Dark, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Phentesia'
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La Fine

Prima Parte
 

Non stava andando tutto per il meglio.
Helios si mordicchiò le labbra, mentre formulava quella considerazione. Per l'ennesima volta dall'inizio di quell'ora, i suoi occhi si sollevarono dal foglio sul banco per vagare a osservare l'aula.
La penombra della mattina le dava un'aria strana, quasi eterna. I banchi erano ordinati in perfette file distanziate correttamente l'una dall'altra; la lavagna in fondo, vicino alla porta, era pulita, senza il minimo segno bianco sulla superficie nera, e la luce, la luce filtrava in modo pigramente armonioso dalle alte finestre al lato sinistro della stanza. Certo, entrava a sprazzi a causa delle tende azzurre e delle nuvole che affollavano il cielo, ma comunque entrava, tracciando sul pavimento lame dorate e le conseguenti ombre.
Sarebbe stato davvero un ottimo momento per rilassarsi prima del pranzo ed era proprio questo che contribuiva a far andare tutto non per il meglio.
La verifica che stavano affrontando quella mattinata era molto, molto importante ed Helios aveva studiato tantissimo, fino allo stesso giorno prima: era un test su tutto quello che lo zio Rudy*1 aveva insegnato loro riguardo la musica da tre mesi a quella parte, ed Helios era stato davvero sicuro di sapere tutto, ma... ma a quella domanda non sapeva proprio cosa rispondere. La osservò di nuovo.
Qual è stata la prima composizione del quarto compositore ufficiale?
E sì che Helios aveva sempre adorato la storia! Ma non ricordava di aver preso quell'esatto appunto e ragionandoci sopra non otteneva nulla, se non altre domande. Si intendeva la quarta composizione ufficiale o non? Il compositore apparteneva a prima o dopo della Separazione?
Mancava davvero poco alla fine dell'ora. Doveva assolutamente riuscire a rispondere a quella domanda, altrimenti non avrebbe dato il massimo, e gli zii ci tenevano così tanto...
Si premette le mani sulla testa fino a farsi male, si morse di nuovo le labbra, arrivò persino a sbuffare rischiando così di disturbare gli altri, ma nulla. Sconsolato, alzò ancora la testa dal foglio e dal banco. Quella volta la sua attenzione fu catturata da due dei suoi compagni.
Jim Hawkins, un banco più avanti sulla sinistra di Helios, aveva fatto una sorta di segnale particolare a Wendy, nell'altra fila rispetto a lui. La ragazzina lo squadrò sgranando gli occhi e poi si voltò dall'altra parte, il mento ben in alto a sottolineare la sua indignazione. Jim alzò gli occhi al soffitto, la bocca semiaperta dall'esasperazione e, dopo aver controllato che lo zio fosse ancora ben impegnato a leggere il suo giornale sulla cattedra, strappò un pezzo di carta, lo appallottolò e lo lanciò dietro di sé.
Per un attimo, Helios fu certo di aver incrociato lo sguardo di Jim. Ritornò velocemente a guardare il suo foglio e la sua domanda irrisolta, ma un mugugnio irritato di Aileen a sinistra (segnale che il piano di Jim era andato a buon fine) lo costrinse di nuovo, suo malgrado, a osservarli. Jim, incurante di qualsiasi rischio, si sporse dondolando con la sedia verso la ragazza e le indicò quella che sembrava proprio la domanda numero tre, la stessa su cui Helios si era bloccato.
Aileen annuì con uno sbuffo e sillabò all'amico compositore, composizione e data, accompagnando il tutto con un cenno verso Artù- il giovane re aveva la testa chinata a sfiorare il bando, tanto era preso dal suo compito. Jim mimò un "ok" e ritornò alla sua verifica, mentre Alieen faceva lo stesso.
Helios invece rimase immobile, basito. Li aveva visti.
Jim aveva copiato da Aileen che aveva copiato da Artù e forse quest'ultimo glielo aveva fatto fare anche di sua pura volontà- anche se Helios si sentiva in colpa a pensarlo. Ma... ma ciò che avevano fatto non era giusto. Le verifiche andavano svolte singolarmente, altrimenti che senso avrebbero avuto? Non si poteva copiare... Lui lo sapeva e anche gli altri di sicuro. Eppure l'avevano appena fatto, mentre lui no. Non si poteva far, non lo aveva mai fatto perché era una regola e le regole andavano rispettate: era una caratteristica dei Buoni, e lui era un Buono. Ma anche Jim e Aileen e Artù lo erano, anche solo il fatto che si trovassero nel White Realm ne rappresentava una prova schiacciante.
La domanda numero tre aveva perso la sua importanza. Helios se ne dimenticò, come anche si dimenticò il resto della verifica.
Ora che aveva visto quei tre barare, copiare, cosa sarebbe successo? Cosa avrebbe dovuto fare, dirlo allo zio Rudy o agli altri zii? O stare zitto per aiutare i suoi compagni, come quando, da piccolo, non diceva agli zii che certi giochi pericolosi non erano una sua idea?
Si portò le mani alla testa, stringendola forte. Cosa avrebbe dovuto fare? E i suoi compagni erano veramente buoni o era lui a non esserlo per perdersi in certi pensieri verso di loro?


Zia Magò era irritante.
Zia Magò era un concentrato puro di irritantezza*2. 
Se poi si aggiungeva al tutto uno stupido incontro ravvicinato con lei in versione drago-viola-sputafuoco, il grado di sopportazione di chiunque sarebbe sceso ai livelli minimi storici, se non più in basso.
E figurarsi se poi quel chiunque era Nerissa. Tutti gli zii avrebbero odiato e odiato Magò per qualsiasi cosa questa facesse e quindi lei, da Prescelta, da perfetta, non poteva essere da meno. Non era certo"chiunque", lei. Lei era perfetta.
Lo pensava anche in quel momento, mentre era impegnata in un urlo spaccatimpani così forte da sentirsi la gola bruciare, intorno a lei rovine nere dalle fiamme e fumo. Era quasi certa di aver intimorito quello stupido drago viola, quando una fiammata verde più potente delle altre esplose verso di lei, costringendola a tacere e a gettarsi di lato.
Rotolando per terra, per poco non si conficcò i denti nella lingua- le era già successo in precedenza e ricordava ancora lo stupido dolore per aver quasi perso parte di quello stupido muscolo. Riuscì a evitare senza troppi problemi le fiamme, che la sfiorarono di lato ma troppo in alto per colpirla: la spada che reggeva tra le mani non fu così fortunata. La lama fu investita in pieno dal furore del fuoco, diventando per un attimo un ago nero nel verde marcio della fiammata. Si fece immediatamente incandescente. Nerissa ebbe la prontezza di scagliare via l'arma, evitando per un pelo di ustionarsi le mani.
«Stupida strega drago inutile» ringhiò, vagamente consapevole di quanto quell'insulto potesse risultare insensato.
Da qualche parte davanti a lei, nascosta nelle nuvole di fumo, la zia ridacchiò e riprese a sputacchiare il suo dannato fuoco, stavolta da destra verso sinistra. Nerissa non si fece trovare impreparata dal secondo attacco e gettò le braccia in avanti: per un istante non accadde nulla, ma poi il suo corpo prese fuoco fino agli avambracci, creando uno scudo di fiamme azzurre sufficiente a fermare l'avanzata dell'attacco di Magò. Un incantesimo utile, ma difficile (come se per lei potessero esistere realmente cose difficili) resistere troppo a lungo. Poteva sentire le membra, i muscoli, perfino le ossa, cominciare a scricchiolare e a pulsare in modo poco rassicurante anche dopo pochi secondi, specie nel braccio sinistro, la fonte principale del suo potere. Ringhiando per lo sforzo, mantenne lo scudo- avvertì chiaramente il tatuaggio sotto la manica sinistra dare in una fitta bruciante quanto il fuoco attorno a lei e doveffe combattere per non urlare dal dolore, mentre sentiva la sua stessa carne sfrigolare al calore.
Non era per niente ciò che voleva o che era abituata a fare, ma uno zio in particolare le aveva rotto l'anima fino a poco prima su quanto fosse importante la strategia. Così, cercando di ripararsi come poteva, con un ringhio corse verso gli alberi evocati per l'occasione a circa metà cortile. Erano alti, dalla corteccia nera come se fosse stata di pietra o di cenere solida, e completamente senza foglie. Sembravano quasi morti, ma i loro rami erano più resistenti di quanto non sembrassero. Uno particolarmente adatto al suo scopo fece capolino tra i primi di quella stupida foresta finta. Si puntellò sui piedi e fece leva su tutta la sua perfezione e bravura di Prescelta per saltare sul ramo e contemporaneamente abbassare lo scudo- sarebbe bastato un istante per bruciare l'albero o per essere bruciata da zia Magò.
Spiccò un salto contro il busto dell'albero, ci poggiò sopra il piattp del piede e poi, con la spinta necessaria, si gettò contro il ramo. Fu allora che abbassò completamente lo scudo, mentre si beccava il ramo in pancia. Si aggrappò con le braccia e fece leva, un calore enorme che cominciava a divorare le punte delle sue scarpe. I muscoli si lamentarono, ma Nerissa ringhiò e non ci badò. Si alzò e si ritrovò spiaccicata tra il ramo e il busto dell'albero, mentre sotto di lei un fiume impetuoso di fuoco verde avanzava travolgendo ogni cosa.
Presto si sarebbe mangiato anche quello stupido albero. Nerissa prese un respiro, cercando di trarre dall'aria un minimo refrigerio per la lingua e le labbra, ma tutto si stava facendo incandescente e pieno di ceneri, tanto che il sudore era diventato come un'altra pelle tra lei e i suoi vestiti, attaccando e rendendo mollicci i capelli e i guanti, perfino le scarpe...
Il ramo produsse uno schiocco sinistro e Nerissa cominciò subito a salire più in alto, aggrappandosi agli altri stupidi rami come meglio poteva. Il crepitio delle fiamme, sotto di lei, era costante, come se tanti piccoli mostriciattoli stessero facendo scattare i loro denti su ogni cosa e si chiese per un attimo se non fosse Magò stessa a muoversi e a fare tanto rumore. Avrebbe dovuto attaccarla subito, altro che stupide e inutili strategie!
Per quanto lo stridere del fuoco fosse forte, di tanto in tanto veniva comunque sovrastato dalle urla degli altri zii, tutti lì intorno sugli spalti del cortile a osservare l'addestramento. Più che stupidi consigli o suggerimenti di cui lei non aveva mai e mai bisogno (era perfetta!), osavano mandarle stupidi e inutili ordini.
«Ma no! Che strategia beota! Concentrati meglio, Prescelta!»
«Più fuoco, Magò, più fuoco!»
«Il ramo a destra, marmocchia! No, non quello, stupida, l'altra destra!»
«Stai perdendo tempo così! Io avrei fatto meglio con un attacco diretto!»
«Devi assorbire quelle fiamme, mocciosa! Che hai, paura di scottarti?»
Quello stupido ordine in particolare le provocò uno scatto di rabbia e lei si ritrovò a strappare con violenza la corteccia dal busto dell'albero, rischiando quasi di perdere la presa. Scivolò ingoiando insulti su un grosso rano a sinistra, alternando ringhi ad ansimi. Paura? Come aveva osato quell'essere inutile! Lei non aveva mai avuto paura, mai, non sapeva nemmeno cosa significava! Gliel'avrebbe fatta pagare cara a quello zio. Lo avrebbe trovato e gli avrebbe cavato via le dita a morsi e poi gliele avrebbe fatte mangiare! E se non aveva delle dita, gliele avrebbe fatte prima crescere lei.
Come si permetteva, come osava?
Con rabbia, gettò nel fuoco sottostante la corteccia, che ebbe a malapena il tempo di cadere per tre metri prima di essere ingoiata da quel verde ustionante. Nerissa distolse lo sguardo e si asciugò il sudore, che era aumentato e che scorreva perfino dietro le orecchie e sulla pancia adesso... faceva troppo dannato caldo, troppo stupido e dannato caldo, e lei non riusciva a pensare, non riusciva...
«E andiamo, poppante!» arrivò un altro stupido urlo dagli zii. Nerissa ruotò di scatto a testa, cercando di individuare gli spalti confusi dal fumo e dall'altezza per capire dove avrebbe dovuto scagliarsi. «Usa l'acqua, dannata marmocchia!»
L'esplosione di rabbia che si stava facendo strada in lei dallo stomaco quella volta riuscì ad essere bloccata, superata dal fatto che... che forse quella specie di stupido ordine non fosse tutto sommato inutile. Anche se non potevano permettersi di dirle niente e lei non seguiva quello che loro dicevano (sapeva cosa fare, era perfetta!), il fuoco sempre più vicino e il caldo crescente la costrinsero ad accettare quella roba con un ringhio sordo. Gliel'avrebbe fatta pagare salatissima a quegli idioti.
Prese un respiro profondo e per poco non si soffocò per le braci roventi che prmai vagavano ovunque nell'aria... con uno stizzito colpo di tosse e gli occhi quasi bagnati, cercò di individuare le mura del castello.
Proprio in quel momento, cento metri più avanti, Magò si alzò tra le fiamme, la pelle viola che riluceva come forgiata dal fuoco, e scrutò attentamente i dintorni, quasi sperasse di non aver incenerito alcuna Prescelta. Non si era accorta della fuga in avanti di Nerissa, né sembrava averla vista sull'albero, intenta com'era a frugare per terra.
Nerissa approfittò della sua distrazione per concentrarsi sul castello. Le mura dovevano essere dietro Magò- era da là che era uscita e che era cominciato l'allenamento- mentre dalla parte opposta, dietro di lei e dopo gli alberi, si dovevano trovare parte degli spalti in legno e poi le scuderie. Non era abituata a fare stupidi piani del genere e si dovette impiantare le unghie sui polsi fino a sanguinare per resistere all'impulso di gettarsi sulla zia e tempestarla di calci e pugni. Doveva usare quella stupida acqua, ma per quanto fosse brava e perfetta, non era mai riuscita- o meglio, non ancora, a evocare un intero acquazzone. Zia Ursula le aveva insegnato i principi base del controllo sull'acqua, però, e nel castello ce ne era moltissima. Anche se questo significava che era distante da lei e dietro le spesse mura.
Pensare troppo non serviva mai a niente. Nerissa fece un altro respiro profondo e cercò di avveritre l'acqua scorrere nei tubi, nei serbatoi, nei pozzi, nelle fogne, in ogni luogo possibile del castello... con le grida, il fumo e il fuoco e il calore che le trapanavano la testa. Quasi non lo vedeva, quello stupido castello, come diamine faceva a vedere l'acqua attraverso le mura? Zia Ursula era una stupida, dannata, piovra idiota!
Un urlo di rabbia si fece strada in lei, prima anche che se ne rendesse conto, e zia Magò alzò la testa di scatto. La vide sull'albero e ghignò, mostrando le zanne sporche e acuminate. Principessa bastada!
La zia emise una risatina stridula, quasi isterica, mentre avanzava verso di lei, scivolando nel fiume di fuoco. Nerissa fu tentata di scagliarsi contro la zia- sempre meglio che aspettarla su quello stupido albero- ma certe grida degli zii fecero il loro effetto su di lei. Le unghie si impiantarono tanto che sentì la stoffa bagnarsi del suo sangue, mentre fissava con rabbia il punto dove si trovava il castello, mormorando una litania di stupide formule. La voce le usciva roca, la gola implorava acqua e quelle parole le uscivano in una lunga catena, quasi senza interruzioni. Non ci dovevano essere interruzioni. Arrivò perfino a serrare con violenza gli occhi, cercando con la mente un qualsiasi, stupido, inutile, segnale dall'acqua.
Niente, non sentiva niente, dove diamine era quella dannnata acqua? Cercò di mantenere saldo il pensiero di quell'elemento, d'acqua e di blu, i flutti del mare, le creste bianche e frastagliate delle onde, il mare nero nelle profondità e il fresco azzurro e grigio dell'acqua e... e non sentiva! Non ci riusciva, non sentiva un dannato niente! Il suo grido di frustrazione venne alimentato da un improvviso sbucco rovente sulla faccia.
Nerissa spalancò gli occhi, ritrovandosi ad ascoltare nelle proprie orecchie il rimbombo del suo respiro irregolare e il cuore che martellava, martellava e martellava dal petto fino alla schiena. Zia Magò era di fronte a lei, e la fissava ridacchiando dall'alto della sua orrenda testa di drago, i capelli bruciacchiati e gli occhi iniettati da un mischio di pus e sangue.
«Ma bene, piccina» esclamò con quella sua stupida vocetta irritante. «Scommetto di sapere per chi saranno dolori tra poco...»
Nerissa ringhiò, strappò della corteccia dal tronco e gliela lanciò addosso. L'espressione della zia drago si fece quasi di sufficienza quando bruciò con un singolo sbuffo quello stupido legno, ancor prima che le arrivasse in faccia.
Un moto di rabbia salì a stringere le viscere di Nerissa, furia pura verso Magò e il fuoco e l'acqua e gli zii. Sentiva il vociare confuso di questi ultimi stringersi come una morsa attorno a lei, assieme a quel caldo asfissiante che le stava facendo quasi colare via il nero dei suoi vestiti, e si sentiva dentro una prigione, in una trappola dalle sbarre fatte di fuoco.
Gliel'avrebbe fatta vedere, a loro! Era la Prescelta! Avrebbe usato quella stupida acqua e avrebbe distrutto Magò e gli altri maledetti zii. Le fiamme azzurre quella volta avamparono all'istante sulle sue mani e subito Nerissa le scagliò contro i rami sopra a Magò. Senza fermarsi a vedere se avesse funzionato, serrò gli occhi e tese ancor di più le dita verso il castello di fronte a lei, alle spalle della zia. C'erano centinaia, forse migliaia, di litri d'acqua in quelle mura e in quell'esatto momento, ed era cresciuta su una dannatissima e stupida nave, doveva solo...
Una stretta improvvisa all'altezza dello stomaco le mozzò il fiato e di riflesso spalancò gli occhi. Le robuste spire della coda di zia Magò la stavano avvolgendo in una morsa ferrea, senza via di scampo, mentre la stupida drago inutile  gracchiava di arrendersi. Nerissa ringhiò- avrebbe dovuto colpirla con dei pugni, altro che con della stupida acqua! Ringhiò ancora e ancora e si divincolò inutilmente, con il solo risultato di sudare ancor di più e di scivolare verso... verso stupidi e assurdi sentimenti. Lei non aveva paura, mai. «Orrenda vecchia bavosa sputafuoco» sputò fuori, la voce resa quasi irriconoscibile da quel caldo insopportabile.
La zia la ignorò e la coda cominciò ad avvolgerla sempre di più, salendo inesorabile verso il suo petto. Nerissa tentò di liberarsi facendo leva con le mani, ma i palmi si erano fatti appiccicosi per il sudore, rendendo anche i guanti nient'altro che ammassi di tessuto inutilizzabile. Le unghie di tutta la mano sinistra si spezzarono con suoni secchi ma lei non ci badò ed evocò incantesimi su incantesimi, senza riuscire scagliarne nemmeno uno. Era troppo vicina al suo obiettivo per lanciarli...
Gridò ma non le uscì nulla, per il caldo e per la confusione. Le voci degli zii erano diventate urla sempre più concitate e Nerissa intravide molti alzarsi sugli spalti, figure lontane e troppo distorte dal fumo per essere identificate... urlavano e alzavano le braccia, forse inneggiando a Magò, che rideva e li salutava con le sue braccine minuscole. «Deve arrendersi!» gridò qualcuno, venendo colpito da qualcosa, forse un bastone. Scoppiò una rissa e una ciabatta puzzolente volò fino a Nerissa, sfiorandole la guancia e cadendo poi nel fuoco. Le spire di Magò cominciarono a salire più lentamente: anche la zia stava ricevendo la sua dose di oggetti volanti (come un grosso libro rosso) e ora inveiva strillando contro gli spalti.
Nerissa ne approfittò per colpire la coda con dei pugni, ma subito dopo il secondo la mano diede in una fitta dolorosa, costringendola a massaggiarsi con prudenza, sperando che nessuno la vedesse in quello stupido gesto di stupida debolezza. Le sue mani erano così bagnaticcie... e pure il suo viso e i capelli erano... Il sudore.
Lo sentiva, lo sentiva, scorreva giù a gocce dai suoi capelli, lungo le caviglie, nell'incavo del petto, su ogni centimetro della sua pelle, grondando nei vestiti e...
«Arrenditi, mocciosetta!» Zia Magò era tornata a fissarla, un livido piuttosto gonfio sullo zigomo e gocciolone di sudore sopra gli occhi, ogni goccia grande come un uovo. La zia alzò Nerissa in alto con la coda, come a volerla mostrare a mo' di premio agli alti zii, ma la Prescelta non rispose agli insulti e alle grida di quel mondo confuso attorno a lei.
Si lasciò sfuggire un piccolo ghigno mentre osservava la brutta faccia della zia. Poi gridò con tutta la sua forza, sentendo i polmoni andare a fuoco e tendendo le braccia verso l'espressione sbigottita della zia. Il sudore scivolò dal viso del drago come un ruscello giù dalla montagna, diventando a ogni centimetro sempre più grande. Corse giù fino a Nerissa, che di istinto portò un braccio dietro all'altro, come se stesse per afferrare qualcosa.
Fece appena in tempo a sentire formarsi un'arma tra le sue dita. Poi un'enorme frusta di sudore scattò a colpire Magò al naso e poi al vido del libro e su tutta la sua orrenda faccia. Si formarono delle pustole di vapore e subito dopo il sangue, nero, sgorgò come in uno splendido sogno. La zia strillò di dolore, coprendosi la faccia con le braccia tozze. Mollò la presa su di lei per difendersi con la coda e Nerissa usò la frusta improvvisata per smorzare la caduta, finendo per aggrapparsi a uno dei rami più alti dell'albero.
Alzò la frusta in aria, facendola scattare in un ultimo colpo. Quando gridò la sua vittoria, venne accolta dalle urla di giubilio degli zii, una cacofonia di suoni che esplodeva tutto attorno a lei. Con un sorriso, osservò il cortile in fiamme e fumo sotto di lei, Magò che si difendeva ancora, il trionfo che vibrava nell'aria infuocata a ogni suo movimento.
Per cinque secondi, si sentì potente, sentì nelle sue membra di essere la Prescelta, la vincitrice.
Poi svenne.


A terra.
Lo sguardo di Helios scivolava proprio lì, precisamente sulle grosse e lucide scarpe dello zio Dolce*3. Non riusciva proprio a concentrarsi, quella mattina- come se già non fosse bastata la poca attenzione con cui aveva concluso l'ultima verifica...
Sapeva che avrebbe dovuto prestare attenzione alla lezione di medicina e di pronto soccorso, ma la sua testa si perdeva in idee e dettagli di mille racconti che avrebbe voluto scrivere e, anche se si sentiva mortalmente in colpa, un po' gli... piaceva, a volte, rifugiarsi in quel suo mondo, specie con la data del suo quindicesimo compleanno che si avvicinava, con quel conseguente e terribile scontro che incombeva su di lui come... come...
«Helios».
Helios si rizzò sulla sedia, ritrovandosi addosso gli occhi dello zio e di tutta la classe. Arrossì, le guance che scottavano ancora maggiormente quando intravide fugacemente, con la coda dell'occhio, Lilo sporgersi per sussurrare qualcosa ad Alice, gli occhi di entrambe fissi su di lui. Lo zio Dolce non sembrò accorgersi di nulla e schiuse le labbra carnose in un sorriso gentile per poi dare un colpetto distratto a una gigantesca sega a mano che teneva quasi amorevolmente in mano.
Per poco Helios non sobbalzò. Quando e da dove lo zio aveva estratto quella... quella specie di arma? Era autorizzato ad averla? Si vergognò subito di qhel pensiero. Cavoletti, come poteva pensare male dello zio?
«Presta attenzione, per favore» disse lo zio tranquillo, all'oscuro di tutti i pensieri poco corretti di Helios, che si ritrovò ad annuire frettolosamente. Lo zio riprese la lezione come se nulla di imbarazzante si fosse ai verificato. «Dovete sapere che questa bellezza può segare un femore in sedici secondi! Anche se io scommetto di impiegarne la metà». Si passò con evidente soddisfazione l'arma da un braccio all'altro per poi appoggiarsi alla cattedra. «Con il giusto allenamento e una buona dieta...» lo zio si bloccò, scorgendo qualche espressione perplessa o forse scambiando quella disgustata di Minou per tale. «Ma vediamo di non andare fuori argomento e di capire innanzitutto cos'è un femore».
Helios si mordicchiò le labbra, avvertendo già l'impulso di perdersi nuovamente in quell suo mondo, distante dalle lezione. C'erano macchie bianche e di mille colori che volavano nel cielo, nel suo mondo, e premendo dei bottoni la gente si poteva spostare e poteva comunicare con gli altri, e poi c'erano anche pozioni speciali che permettevano di diventare più intelligenti semplicemente...
Helios scosse la testa. Stava succedendo ancora. Nel tentativo di riscuotersi, finì per sbattere le ginocchia sul sottobanco, guadagnandosi un'occhiata interrogativa di Penny*4. Le sorrise timidamente, ma appena la bambinsi girò, sospirò, cercando di abbassare al minimo il suo respiro per non disturbare ancora. Era stato veramente irrispettoso eanche se magari lo zio Dolce non si era offeso, sentiva che avrebbe dovuto dirlo agli altri zii. Helios cercava davvero di non distrarsi mai, ma in quei tempi e ancora di più nelle lezioni di medicina, lui...
Sarebbe stato tutto così diverso nel suo mondo. La gente lì poteva scegliere quale scuola seguire e si potevano visitare le galassie attraverso un semplice monitor, galassie lontane e stupende che...
Si stava distraendo. Quella volta utilizzò le maniere forti: si pizzicò un braccio, strizzò gli occhi e poi focalizzò tutta la sua attenzione sullo zio che, come spesso accadeva, si era perso a elogiare quella sua specie di coltellaccio. La luce filtrata dalle finestre ne illuminava la lama, sottolineando le sue scalanature, come anche i graffi del metallo. «Quindi» concluse lo zio, «non dovete fare troppo affidamento su questa bellezza, quando volete tranciare le catene che tengono imprigionaga a una mongolfiera una vostra amica. Ma per il resto è perfetta».
Molti compagni ridacchiarono e anche Helios si trovò con le labbra piegate all'insù in un sorriso impacciato (si sentiva ancora in colpa), ma lo zio, nonostante stesse sorridendo, non stava poi scherzando. «Dico davvero» aggiunse. «È un lavoro che richiede accuratezza e bè, credo che non sia consigliabile farlo con sotto un vulcano in procinto di esplodere...» Le risate seguirono anche quell'affermazioe, ma si smorzarono alla vista dell'espressione stranamente assorta dello zio, che fece ruotare lento la sega per poi infilarla sulla cattedra e appoggiarsi al manico.
Helios strabuzzò gli occhi. Non era un comportamento sicuro! Poteva quasi sentire la lama affondare nel legno della cattedra e ci sarebbe voluto veramente poco per colpire quelli della prima fil...
«Comunque!» Lo zio Dolce si ritirò su, portando di nuovo con sé la sega e strocano il crescente brusio della classe, come anche parte dei pensieri preoccupati di Helios- pensieri che però tornarono con la stessa velocità con cui lo zio puntò l'arma contro Mowgli, che rimase fermo a fissarla, come iptonizzato. «Sono certo che potrei davvero usarla per tagliare un femore, quindi se conoscete qualche interessato, non esitate a dirmelo!»
La risata generale risuonò un po' più incerta, se si escludeva il mezzo ululato di Jim Hawkins, che sembrava trovare il tutto estremamente divertente. Anche Mowgli si rilassò e ridacchiò, seguendo l'esempio di Jim, ma Helios si sentiva molto... molto a disagio con quel ragazzo. Quello che era successo due giorni prima durante la verifica rimaneva ben impresso dentro di lui ogni volta che guardava Jim. E in più, il fatto che ancora non avesse deciso come comportarsi non lo aiutava: davanti a lui non sembrava esserci un modo per risolvere le cose. Dire agli zii ciò che aveva visto avrebbe messo nei guai i suoi compagni, e non era cosa da Buoni; non dire nulla significava diventare loro complice e sentirsi in colpa per quelli che avevano fatto la verifica da soli, come andava fatta, e nemmeno quella era cosa da Buoni...
Lo zio venne inconsapevolmente in suo aiuto, togliendolo da quei pensieri. «Ora vediamo di analizzare insieme...»
Con uno sbattere improvviso che fece sobbalzare Helios e metà della classe, le porte dell'aula si spalancarono di colpo. Tutti si resero in avanti o di lato per riuscire a scorgere la causa dell'interruzione, ma alla fine nessuno né ebbe realmente bisogno per capire di chi si stava parlando. «Boom baby!»
Kuzko sembrava del tutto a suo agio per una persona che aveva appena interrotto una lezione (Helios si sarebbe sentito mortalmente in colpa), ma forse dipendeva anche dal fatto che non sembrava molto consapevole del luogo in cui si trovava. Dava quest'idea, rimanendo lì in piedi, con le braccia spalancate e gli occhi chiusi nella sua classica espressione trionfante.
«Posso aiutarti, Kuzko?» chiese lo zio, avvicinandoglisi con un sorriso.
Kukzo spalancò gli occhi. «Puoi dirlo forte, villico. Dove sono i cori adoranti delle ragazze che precedono la mia entrata scena? Senza non posso raggiungere ilmio massimo appeal nella danza!»
Scrutò la sala con aria di arrogante offesa, ma lentamente le sue labbra si schiusero facendolo sembrare piuttosto perplesso e... «Stupido» ridacchiò Taron alle spalle di Helios, esprimendo parte dei pensieri dell'intera classe.
Kuzko squadrò lo zio come se gli avesse appena fatto un torto orribile. «Ach-ach-ach... tutti questi marmocchi non quadrano proprio per niente».
Zio Dolce rise. «Credo che sia normale che quadrino dei ragazzi in una classe».
«Cosa? Questa non è la sala Balla&Incontra?»
«Direi proprio di no».
«In questo caso, me ne vado». Si girò con uno svolazzo della tunica rossa. «Ci sono svariate ragazze che smaniano anche solo per un mio rifiuto».
«Come no» tossicchiò Jim, facendo nascere qualche sorrisetto qua e là ma non in Helios. A lui non piaceva parlare delle ragazze in quel modo. Kuzko lanciò a Jim un'occhiata annoiata. «Meglio non chiedere da quale sottobordo nascano certi mezzi marinai pulciosi».
La replica tagliente di Jim fu coperta dalle parole e anche dallo stesso fisico imponente dello zio, che si intrapose tra i due mettendosi direttamente davanti a Kuzko. «Ma visto che sei qui potremmo parlare delle tue lezioni private».
Se l'imperatore fosse a disagio, Helios non riuscì a dirlo, ma i suoi modi si fecero ancora più frettolosi. «Ragione in più per andarmene, cocco bello» sorrise, guardando lo zio dall'alto in basso nonostante gli arrivasse alle spalle solo grazie alla sua immensa corona.
«Oh, andiamo». Lo zio gli mise una mano sulla spalla, costringendolo sul posto. «Non sei di certo il primo reale che deve ancora terminare la scuola. Te ne posso nominare almeno altri dieci».
«Charlotte La Bouff» sputò fuori Kuzko come se si trattasse di sfoderare un'arma potente e diabolica, «mi sta aspettando». Si staccò dalla presa dello zio, miracolosamente aveva ancora in viso un'espressione gentile anche nel suo sospirare, e si diresse verso la porta.
«Codardo» sbottò tranquillo Jim e Helios trattenne il respiro- gli era parso strano che Jim si fosse arreso così presto.
Kuzko si fermò e i suoi passi rieccheggiarono nel silenzio più completo mentre tornavano indietro, fino a fermarsi al banco di Mowgli, per osservare Jim accanto a lui.
«Ma chi è che invece deve stare qui a studiare? Non io» sorrise a trentadue denti l'imperatore e Jim, che si stava dondolando con la sedia, sbatté con astio i piedi per terra.
Helios cercò allarmato lo zio con lo sguardo. Non ci voleva poi troppo per capire che la situazione, già di per sè non piacevole, si stata facendo sempre più difficile da gestire. Lo zio fece un passo in avanti per fermare uno dei due, ma Kuzko, dopo un ultimo sguardo sarcastico al suo avversario, si allontanò da solo verso l'uscita, le mani ben sollevate. «L'imperatore che non deve studiare vi salut-...»
Prima che riuscisse a varcare la soglia, la trovò occupata da nientemeno che zio Vinny Santorini, appoggiato allo stipite della porta con noncuranza e con addirittura zio Basil sulla sua spalla. Uno strano duetto. «Mizziga, ci mancava proprio trovare qui lui» disse, lanciando un'occhiata a Kuzko da sotto le sue folte sopracciglia. Jim rise, ma né Kuzko, né Helios, né nessuno che non fosse Alice gli prestò più attenzione del dovuto.
Kuzko sospirò. «Senti, cocco, se è ancora per quella storia, ti puoi anche acquietare. Non avevo nessuna intenzione di provarci con la tua ragazza».
«La sua ragazza?» L'espressione dello zio Dolce si era fatta come quella di un bambino di fronte a una bancarella straripante di caramelle. «Sei fidanzato e non mi dici nulla, Vinny?»
Il Vinny in questione, diventato bianco come porcellana, sembrava sul punto di ridurre in frammenti il fiammifero che teneva in bocca per poi usarlo come arma contro Kuzko- e questo spaventò davvero Helios. «Ma che stai a dire, brutto...»
«Direi che basta così, signori». Usando il suo ombrello, Basil planò dalla spalla di Vinny fino al banco di Sis*5, che sospirò sognante alla vista del topo. Lui la liquidò con un freddo sorriso in un evidente tentativo malriuscito di mantenersi cordiale, per poi riportare la sua attenzione al litigio. «Abbiamo tutti abbastanza chiara la situazione: il signor Santorini è attratto da una donna che Kuzko in passato ha tentato di rendere l'oggetto delle sue attenzioni. Spero che ora accantonerete i vostri diverbi illogici e mi lascerete svolgere il mio lavoro o sarò costretto a rivelare il nome della... gentildonna in questione».
Qualcuno- forse di nuovo Jim- ridacchiò. Kukzo sfoderò un "sono d'accordo!" è uscì di filato dall'aula prima di rischiare di essere nuovamente fermato da zio Dolce- che però sembrava troppo occupato a sorridere entusiasta a Vinny. Quest'ultimo si ricompose nella sua tipica aria indifferente, scrutando l'aula e i suoi componenti come a sfidarli a dire qualcosa.
Helios si agitò sulla sedia. Se conosceva abbastanza i suoi compagni, era sicuro che qualcuno avrebbe accolto quella sfida a braccia aperte, ma prima che potesse succedere, zio Basil si intromise di nuovo, ancora più seccato. Forse dipendeva dal fatto che lo zio Dolce lo stesse ancora ignorando o forse era solo nervoso per l'assenza di Topson, troppo raffreddato per potersi muovere ultimamente. «Prima che qualcuno di voi faccia altro di particolarmente avventato, mi hanno inviato qui per Helios».
All'improvviso, l'attenzione di tutti si catalizzò proprio su di lui. Di nuovo.
Helios deglutì e fissò zio Basil, appena visibile per la lontananza e per la sua poco considerevole altezza. «Sei atteso giù per particolari addestramenti».
Helios si alzò un po' traballante, mentre la parola "Prescelto" serpeggiava su e giù nei mormorii di tutta la classe. Con la speranza di non essere arrossito troppo, arrivò fino al banco di Sis, fece salire zio Basil sulla sua spalla e andò verso la porta.
«Mizziga» esclamò zio Vinny alle sua spalle, mentre Helios usciva. Forse stava cercando di smorzare l'imbarazzo ma il suo tentativo non fu dei migliori. «Non ci posso credere che tieni ancora quella sega lì, Dolce. A momenti, finirai per portartela all'altare».
«Dicci il nome!» gridò qualcuno, forse Vanellope*6, scatenando un putiferio di voci incitanti, in cui si distingueva chiaramente quella di zio Dolce, impegnato non a placare i ragazzi, ma a richiedere il nome.
Helios si lasciò l'aula alle spalle, sperando di non d'aver davvero sentito zio Vinny imprecare vistosamente, mentre zio Basil, sulla sua spalla, si massaggiava nervoso le tempie. «Un altro motivo per non sopportare i bambini» bofonchiò. «Ho bisogno di Topson e delle sue aspirine!»
In realtà, a detta di molti, zio Basil aveva bisogno solo di Topson. I segreti avevano vita estremamente difficile al White Castle- ma questo Helios evitò di dirlo. La preoccupazione per gli allenamenti speciali che lo aspettavano si stava facendo fortissima, tanto da fargli emettere un singulto poco educato quando cominciò a scendere le scale per raggiungere il solito cortile.
Zio Basil lo indirizzò con frecciatine sarcastiche poco gentili fino al Cortile di Luce, un amplio spazio che si apriva quasi dal nulla dopo la scalinata principale. Si trovava nell'area seicentesca del White Castle e di conseguenza era circondato da un porticato di colonne alte almeno quattro metri.
Il pavimento era costituito da mosaici brillanti, in quel momento, ma accedendo al grosso braciere in pietra che ardeva in mezzo al cortile e recitando le giuste formule, sarebbe potuto diventare qualunque cosa, anche una pozza d'acqua o un terreno ricco di alberi. Era il genere di posto dove Helios sarebbe rimasto a scrivere per ore: era bello in qualsiasi istante e riparato dal vento. La luce del sole sembrava triplicata dai cristalli sui capitelli e si rifletteva in un caleidoscopio di colori nei decenni di disegni e decorazioni che adorvanano ogni fusto delle colonne.
Avanzando nel cortile, Helios si era aspettato di incrociare zio Merlino immerso nell'osservazione delle fiamme del braciere, ma invece, ad eccezione sua e di zio Basil, sembrava non esserci nessuno. Ad accompagnare il rumore dei suoi passi era solo il leggero crepitio delle fiamme. Zio Basil zampettò dalla spalla sinistra a quella destra, con gli occhi socchiusi nel tentativo di capire dove fossero finiti tutti.
«Ah!» Lo zio batté le mani con inaspettata forza e per lo più vicino all'orecchio di Helios, facendolo sobbalzare. «Ecco che giunge a noi il famoso signor Topus*7!»
Come zio Basil fosse riuscito a vedere zio Topus, alto come lui, addirittura prima di Helios, era un mistero, ma non appena quelle parole gli uscirono di bocca, Helios intravide lo zio sbucare dalla parte sinistra del cortile, quella che dava sui giardini.
Zio Basil scivolò giù dalla sua spalla, andando incontro all'altro zio, e Helios gli andò dietro, cercando di non perdersi a guardare i disegni sulle colonne. Era difficile distogliere lo sguardo, un volta cominciato.
«Ebbene, Topus? Dove sono gli altri?»
Lo zio Topus prese una boccata dalla sua pipa prima di rispondere, tanto calmo quanto Basil era infervorato. I due topi erano circa della stessa altezza e per lo più simili tra di loro in quanto a stile- ragion per cui molti sostenevano che fossero parenti alla lontana, se non anche cugini. Helios sapeva che non era giusto parlare o spettegolare troppo di qualcuno, ma in effetti i due si assomigliavano davvero...
«Inanzitutto, buongiorno Basil e buongiorno anche a te, Helios» lo zio salutò entrambi con un educato gesto del capo.
«Si, si, buongiorno, salve a lei, come sta, eccetera» si intromise zio Basil, co una maleducazione che Helios non si sarebbe aspettato. Forse non era solo l'assenza di Topson a renderlo nervoso. «Puoi dirci dove sono gli altri?»
«Un insegnante sta giusto arrivando per occuparsi di Helios. Molti sono solo andati al mercato di Amity, si dice CI sia un torneo speciale...»
«Oh, si» annuì Helios. Il giorno prima non si era parlato d'altro. «Una gara di tiro con l'arco, giusto?» Gli sarebbe tanto piaciuto poter assistere, anche se né Merida né zio Robin avevano detto di partecipare...
«Bah!» Zio Basil liquidò la faccenda con un gesto frettoloso, facendo irritare l'altro zio.
«Insomma, Basil! Il tuo comportamento si sta rivelando davvero indecoroso! È in questo modo che vuoi dare l'esempio ad Helios?»
«Perdere tempo in stupidi tornei è dare un pessimo esempio, specie quando ci sono misteri che...»
«Di nuovo con quella storia? Basil, Tommy Pig non è scomparso, né è stato rapito! Ha lasciato un chiaro biglietto in cui scriveva che si sarebbe trasferito a Oneiron*8!»
«Senza avvisare di persona i suoi cari fratelli? E attraversando da solo le Terre di Mezzo? Lo sai che cosa contengono, le Terre di Mezzo?»
Helios spostò il peso da un piede all'altro, in imbarazzo. Assistere a un secondo litigio non era un buon modo per cominciare i suoi allenamenti- ma avrebbe dovuto preoccuparsi per zio Basil anziché per se stesso. La questione di Tommy Pig risaleva ad almeno due anni prima, se non di più, quando il maialino era scomparso lasciando dietro di sé soltanto quel biglietto. Era rarissimo che qualcuno tentasse di mettersi in viaggio verso fuori Phentesia, per molti motivi: le Terre di Mezzo, che li separavano dalla Lega e da Oneiron, erano povere e poco sicure. In più, gli altri stati non erano granché felici di accogliere visitatori- d'altronde, nemmeno a Phentesia se ne erano mai vissti- e alcuni sembravano addirittura avere contatti con il regno al di là della barriera, con il Black Realm. Chissà se l'altra Prescelta aveva...
Helios si mordicchiò le labbra, sentendo una grande tensione afferrarlo tutto, come se si stesse preparando a un grande salto nel vuoto. Non doveva pensarci, né a lei, né al compleanno e allo scontro. Mancavano ancora sei mesi. Si concentrò di nuovo sugli zii.
«Hai sentito tre volte i loro vicini di casa, la signorina Tilda addirittura quattro. Era così imbarazzata» stava dicendo zio Topus.
«Motivo in più per interrogarla! Per quale ragione avrebbe dovuto esserlo, se non il nascondere qualcosa? È stato rinvenuto un suo capello vicino al presento biglietto del signor Pig e...»
«E avrebbe potuto essere lì da tempo immemore. Tommy Pig, inoltre, manda spesso lettere da Oneiron». La discussione non accennava a terminare e, a giudicare dagli sguardi dei due, nessuno voleva dare ragione all'altro. Helios tentò di pensare qualcosa che lo facesse smettere senza offendere nessuno- non era per niente certo di chi avesse ragione, dato che si era informato poco sulla vicenda, ma parlare di rapimento... come poteva succedere lì, nel White Realm?
«Le lettere possono essere falsificate con la stessa facilità con cui si può...»
«Che cosa succede qui?» chiese un'inconfondibile voce bonaria.
I due zii ed Helios si voltarono verso il giardino, da dove stava arrivando zia Smemorina, la veste azzurra che sembrava contenere parte del cielo.
«Buongiorno, zia» la salutò subito Helios, guadagnandosi un sorriso e una carezza sui capelli quando la fata li raggiunse.
«Buongiorno, Madame. Spero nel vostro aiuto: Basil stay ancora indagando su Tommy Pig» sospirò zio Topus, lucidando con un fazzoletto pregiato la sua pipa.
«Oh, Tommy Pig. Tommy Pig... Tommy Pig, Tommy Pig...?»
«Il porcellino scomparso» ringhiò zio Basil per poi aggiungere una forma di cortesia. «Madame».
«Ah, Tommy Pig! Ma si tratta di una storia vecchia e risolta, caro...»
Sembrò essere troppo per Basil di Baker Street. «C'è qualcosa che non va in questa storia, e io ve lo dimostrerò!» ribatté, quasi urlando, per poi uscire dal cortile a passi pesanti. Il sospiro mortificato della zia si perse nelle scuse di zio Topus, che si avviò dietro a Basil, Forse per cercare di calmarlo o per discuterci ancora.
Nel cortile tornò di nuovo il silenzio, interrotto soltanto dal frusciare del vento negli alberi del giardino vicino. Helios aspettò che zia Smemorina dicesse qualcosa- era lei l'insegnante che stava aspettando? In cuor suo, anche se si sentiva un po' in colpa, sperava di no... sapeva che non era un pensiero da Buono, ma la zia non era sempre bravissima a spiegarsi o a ricordare le cose. Forse era venuta lì a dirgli di aspettare zio Merlino o zia Turchina? Doveva già cominciare a usare il braciere?
Zia Smemorina gli passò accanto, di ritorno ai giardini. Helios le corse dietro, chiamandola imbarazzato e lei si voltò a guardarlo con un sorriso. «Si, caro?»
«Cosa... dove devo...?»
«Oh, giusto, la lezione!» La zia si batté una mano sulla fronte. «Scusa, Helios, me ne ero dimenticata».
Helios sorrise timido e si morse le labbra. «Quindi cosa...?»
«Prendi posto accanto al braciere» esclamo allegra la zia. «Cominciamo subito questa lezione di Magia Bianca!»
Helios eseguì, l'ansia e la preoccupazione che lo accompagnavano fino alla sua meta. La zia intanto frugava prima all'interno della manica destra, poi in quella sinistra.
«Devo solo...» Lo guardò, vagamente perplessa. «Hai visto per caso la mia bacchetta, caro?»
Quasi Helios non si sentì in colpa a sentirsi un poco irritato. Sarebbe stata una lezione ancor più difficile del solito.


«Ah!» Le spade cozzarono tra loro in uno sciabio di scintille.
Nerissa ebbe appena il tempo di riprendere fiato prima che lo zio, pochi centimetri di lama a separare i suoi occhi di oscurità da lei, tornasse all'attacco, con un ringhio. Anche lei ringhiò, parando l'affondo sul lato sinistro. Forse aveva preso da zio Shan Yu e da tutte quelle ore passate a duellare la passione per il ringhiare.
Il braccio si stava facendo pesante. Era da un'ora abbondante che quel duello in paticolare proseguiva e fino ad allora aveva portato alla caduta del suo scudo da qualche parre sulla destra e a una ferita sotto al ginocchio. Lo zio non si era fatto un dannato niente. Non sembrava nemmeno stanco. E lei invece lo era, principessa bastada, nonostante fosse perfetta! Impugnò l'elsa con entrambe le mani e tentò un attacco frontale, dritto al viso stupido e malefico dello zio.
Prima che la lama impattasse sulla carne, lo zio interpose ancora la sua spada, facendola di nuovo cozzare con quella di Nerissa. L'impatto quella volta fu talmente violento che lei scivolò. Il calcio dello zio capitò nel punto giusto, sulla coscia, facendola finire per terra in un tornado confuso di spada e vestiti. Il dolore alla gamba si fece sentire ancora di più quando il contatto improvviso con il suolo le fece mozzare il fiato.
Lo zio fu su di lei con un balzo. Nerissa mirò ai suoi piedi, rotolando di lato non appena si fecero troppo vicini. Shan Yu la rincorse e lei scivolò in mezzo alle sue gambe, per poi riemergere da dietro di lui e tentare un colpo alle spalle.
L'unno vorticò all'indietro, parando l'affondo con fin troppa facilità. Le regalò un sogghigno sarcastico. «Potrò farmi una collana con le tue ossa, se continui così» le disse con quella sua voce rantolante.
Nerissa gli si gettò contro, tentando di nuovo un attacco frontale, ma lo zio parò anche quello, continuando a ridere piano. Fu troppo per lei.
Con un grido di rabbia, evocò il primo incantesimo che le passò per la testa. L'avambraccio sinistro si fece quasi incandescente mentre una sottile ombra nera, simile a un mantello animato da una forza misteriosa e con grossi artigli, si faceva strada emergendo dalle punte delle sue dita. Il dolore era tale da farla urlare continuamente, in un lungo lamento rabbioso a cui anche lo zio prese parte quando l'ombra nata dalla sua magia lo attaccò.
Shan Yu rispose cercando di colpire l'essere con la spada, ma l'ombra eluse facilmente ogni fendente. Nerissa manovravano qualsiasi suo movimento muovendo appena il braccio e mormorando di tanto in tanto qualche anatema voodoo- e a ogni lettera pronunciata, si sentiva come se avesse corso per ore intere.
In breve, lo zio crollò a terra, ringhiando e massaggiandosi un grosso squarcio sanguinolento tra la spalla e il braccio: subito di intrappolato da dei ganci fumosi sbucati dallo stesso terreno grazie all'ombra.La fissò con odio, ma Nerissa non ebbe il tempo di ridergli in faccia come avrebbe dovuto fare in quanto Malvagia, perché immediatamente una bombetta volante sfrecciò verso di lei.
Nerissa si chinò, gettandosi poi poco distante dallo zio che cercava, imprecando, di fermare la sua emoraggia per continuare a combattere. Distratta dal duello, si era quasi scordata di DOR-15*9, che sarebbe dovuta intervenire nel caso l'allenamento si fosse fatto troppo facile. Nerissa si rialzò a fatica, mentre quella stupida bombetta, un artiglio usato a mo' di elica, gli altri che mulinavano ovunque colpi, zigzagasse verso di lei.
Tese la mano al momento giusto: pochi centimetri prima che la raggiungesse, DOR-15 ricevette un duro colpo dall'ombra, subito seguito da un altro e un altro e un altro ancora, fino a che l'energia stessa nel corpo di Nerissa non cominciò a cedere. Con un ultimo sforzo e un mezzo grido della Prescelta, l'ombra attraversò come nulla fosse i fendenti del robot per poi afferrare la sua ombra e gettarla addosso alle mura. DOR-15 si schiantò contro i mattoni un'istante dopo, sollevando polvere e schegge di acciaio arrugginito.
Non si alzò più. Per un attimo Nerissa ne fu sollevata- anche se lei era la Prescelta ed era perfetta ed amava le battaglie.
Zio Shan Yu continuava a imprecare. La ferita aveva reso la sua manica nient'altro che un groviglio sanguinolento, impedendogli di alzarsi e di estirpare via a suon di pugnalate i lembi d'ombra che lo imprigionavano. Ben presto, cominciò a sbraitare ordini ai suoi sottoposti, utilizzando in gran parte termini nella sua lingua- non ci voleva nemmeno metà della sua perfezione per capire che erano minaccie.
Nerissa barcollò, il suo stupido corpo stremato, e cancellò via con un gesto l'ombra che le scivolava attorno in attesa di ordini. Il braccio sinistro non bruciava più, ma dava in scricchiolii orrendi, come se le ossa lì dentro avessero deciso di creparsi tutte nello stesso momento.
Il braccio destro non era da meno, rigido e appesantito perfino nell'alzarsi di pochi centimetri. In più c'erano anche tutte le altre ferite del duello- poteva sentire anche in quel momento la coscia gonfiarsi. Doveva chiedere a zia Yzma quelle sue stupide pozioni curative.
Gettò la spada a terra in un sordo clangore metallico che ignorò assieme al ringhio dello zio, che si vedeva tagliare via parte della sua pelle e carne nel tentativo di liberarlo. Non era importante quanto il corpo di Nerissa stesse male, quanto quelle sue stupide membra potessero urlare per un letto o una pozione. Aveva vinto, vinto quello stupido e dannato duello e non importava più nulla.
Stava tentando un passo verso la borraccia gettata poco distante, quando zio Uncino la intercettò sbucando tra gli Unni vari quasi dal nulla. «Che diamine hai fatto, mocciosa?»
«Ho vinto» ringhiò lei, evitando lo zio e afferrando la borraccia. Ci mancava anche questa. Zio Uncino rompeva sempre le palle.
«Lo scopo era il duello con la spada, non con la magia, marmocchia» le arrivò la voce rabbiosa del Capitano alle spalle, mentre l'acqua le scorreva lungo la gola. L'assalì quasi un'ondata di qualcosa a stringerle il petto, ma lei non aveva paura, non ne aveva mai ed era lo zio a sbagliare. Lei era perfetta.
Quando si scostò di dosso la borraccia e la gettò di nuovo a terra, a zio Uncino si era aggiunto zio Shan Yu, gocce di sangue che accompagnavano ogni suo passo e un ferro rovente a bloccare l'emoraggia. Le catene di ombra che lo avevano bloccato erano ancora laggiù, ora con i lembi delle sue maniche e di ciò che c'era rimasto attaccato. Eppure, non c'era spasmo di dolore nel grunito dell'unno. «Sono d'accordo con il pirata» mormorò, con tanto astio da sembrare quasi che stesse mordendo ogni parola con i suoi denti affilati.
«Io ho vinto» ringhiò in risposta Nerissa.
«Ma lo scopo era usare la spada». Il Capitano si accarezzò minaccioso l'uncino, cominciando ad assumere una delicata tonalità lilla. «Sai, all'incirca, cos'è una spada?»
«Non trattarmi così!» scattò lei. «Io ho vinto e sono perfetta! Se lo zio Shan Yu avesse avuto la magia, avrebbe fatto la stessa identica cosa!»
L'unno si strinse tra le spalle- non fu ben chiaro se per darle l'inevitabile ragione o per bloccare l'emoraggia- e si allontanò leggermente per mangiare carne cruda, come faceva sempre dopo una battaglia. Zio Uncino, invece, continuò. «Credi di poter resistere a un duello serio? Sei crollata soltanto dopo un'ora! Voglio proprio vedere come farai...»
Nell'arena contro il Prescelto. Quel pezzo di frase rimase a galleggiare nell'aria come un insetto fastidioso, esortando Nerissa a incenerirlo. C'era troppo ad aspettarla, troppo...
Zio Uncino evitò la conclusione e proseguì, puntandole l'indice contro. «I miei duello contro quel dannato Pan potevano protrarsi...»
«Per intere giornate!» finì per lui Nerissa, urlando. «Lo so, me lo hai raccontato come minimo mille migliaia di volte! Ma io» e qui lo fissò dritto negli occhi, con furia, «ho vinto lo stesso!»
Lo sguardo dello zio scintillò in maniera tanto minacciosa che Nerissa sentì quasi un mezzo tremito scuoterla dentro- forse l'avrebbe attaccata? B-bè, lo avrebbe ridotto in poltiglia!
«Qual è il motivo di questa indecorosa cagnara?»
Nerissa e gli zii voltarono la testa di scatto. La Prescelta poté sentire zio Uncino trattenere bruscamente il fiato mentre zio Shan Yu imprecava di nuovo in unno. Lo zio Volpe e lo zio Gatto sgambettavano verso di loro- o meglio, il primo tentava di procedere con un'elegante passo spedito, assestando inutili colpetti di bastone all'aria, mentre il secondo gli trotterellava fin troppo vicino, rischiando di inciampare su di lui ogni due passi.
Lo zio Shan Yu rivolse ai due una tale occhiata da far deviare il loro tragitto di almeno cinque metri più in là rispetto a dove si trovavano lui e la sua carne cruda; poi urlò un ordine a un suo sottoposto e se ne andò via, forse ad applicarsi altro ferro rovente.
Che patetico, perdeva sangue solo da quella ferita e zoppicava al piede e se ne andava per così poco?
«Che cosa volete?» domandò zio Uncino ai due appena giunti, arricciandosi i baffi con la sua unica mano.
«Stavamo litigando, idioti. Ci avete interrotto» sbottò Nerissa, prevedendo la risposta dello zio Volpe, che sorrise in modo tagliente per poi scambiare uno sguardo complice con lo zio Gatto.
Nerissa aggrottò le sopracciglia mentre lo zio Uncino sguainava la spada. Ma cosa...?
«Verifica a sorpresa!» gridò zio Volpe, mentre contemporaneamente lo zio Gatto le lanciava addosso la sua tuba sfondata. Nerissa la afferrò, ma, anziché nasconderla dietro la schiena e mentire come in ogni lezione di bugie, gettò a terra il cappello e ci saltò più volte sopra con rabbia. Sotto lo sguardo confuso di zio Uncino, zio Gatto emise un sordo miagolio a metà tra l'indispettito e il terrorizzato, portandosi le maniche troppo lunghe alla bocca. A zio Volpe, il sorriso si congelò sul muso. «Perché lo hai fatto?»
«Non ho fatto niente» ringhiò Nerissa di getto.
«Hai sporcato una tuba di prim'ordine».
«Non so di cosa parli. Era già per terra, la tua stupida tuba. L'ha buttata zio Gatto». Agì di istinto: nelle sue parole mise un pizzico di qualcosa che ebbe a che fare con una fitta al braccio sinistro. Non aveva nessuna voglia di tirare avanti una stupida verifica di bugie e lingua-lunga proprio in quel momento.
Lo zio Volpe lanciò un'occhiata di fuoco, quasi animalesca, a zio Gatto prima di assalirlo. In breve, i due non furono altro che un ammasso urlante di pugni e graffi. Nerissa ridacchiò, ma la sua risata fu breve alle parole di zio Uncino, che la strattonò per un braccio. «L'hai fatto ancora!»
«Cosa?» Nerissa si strappò dalla sua presa con un ringhio. «Non ho fatto proprio un bel niente!»
La tonalità lilla del Capitano si stava facendo rosso acceso, simile a quello del suo cappotto. «Se ti vengono insegnate, oltre alla magia, anche altre materie...»
«Principessa bastarda!» Manco poco che Nerissa non gli mollasse un pugno su quel suo nasone. «Perché dovrebbe essere un dannato problema? Barare non lo è mai stato!»
«Certo che barare non è il problema! Ma...»
Non finì mai la sua stupida e inutile predica. L'ammasso di pugni conosciuto come zio Gatto e zio Volpe rotolò in mezzo a loro, spiattellandosi per terra. Entrambi gli zii erano ridotti a dei patetici stracci, con i vestiti più strappati del solito e graffi sanguinanti su tutto il corpo. Zio Gatto artigliava ancora la folta coda dello zio Volpe e a sua volta veniva da questo strangolato, ma non sembrava poi troppo consapevole della situazione. Un lampo negli occhi di zio Volpe, invece, fu un segnale più che evidente di una sua ripresa dall'incantesimo. Si rialzò, spolverandosi di dosso la polvere e l'altro zio. «Ade e Frollo ti stanno cercando» le disse, sistemandosi la tuba impiastricciata e ora completamente sfondata con noncuranza, come se nemmeno si fosse reso conto dell'incantesimo che lei gli aveva scagliato. L'effetto era finito, era vero, ma la magia rimaneva fantastica.
Nerissa incrociò lo sguardo dello zio Uncino con aria di sfida. «Vado» ghignò, per una volta felice di aver ricevuto una stupida e inutile convocazione, e si lasciò l'area allenamenti alle spalle prima che potesse dire qualcosa.
Per un po', vagò nel labirinto di corridoi dell'ala est del castello, dove di solito si tenevano gran parte delle sue lezioni. Oltrepassò varie e strette finestre che davano sul cortile-arena d'allenamento e sogghignò alla vista di come fosse ridotto, nonostante e il tempo e i lavori di riparazione magici e non. Certo, dopo la frusta di sudore aveva dovuto ingollare per un sacco di tempo le pozioni di zia Yzma e il dolore... il dolore...
Nerissa si scrollò di dosso quello stupido pensiero pestando così forte i piedi da attirare l'attenzione di una sorta di mezzo pesce in armatura nera*10- solo quando si avvicinò a lei sferragliando la lancia che teneva tra le corte braccine, si rese conto che si trattava effettivamente di una delle guardie. Precisamente, una di quelle strane creature, i Goons, a servizio di zia Malefica. Aveva occhi enormi che occupavano gran parte del suo viso, facendo sembrare il suo corpo ancora più deforme e tozzo dentro la sua armatura consunta e arrugginita.
Nerissa si sentì ancora più perfetta di fronte a lui. Alzò mento per guardarlo meglio dall'alto in basso- non le arrivava nemmeno al petto. «Dove sono lo zio Ade e lo zio Frollo?»
Incredibilmente, quel coso sembrò capire. Annuì, l'elmo che gli scivolava sul buco che doveva essere il suo naso ad ogni cenno. Le indicò con la lancia il corridoio a sinistra e poi la precedette, saltellando come se si trovasse a uno dei sabba delle zie. Nerissa lo seguì, con il vago istinto di prenderlo a calci finché non avesse smesso di muoversi in quel modo assurdo e stupido, gettando le gambe in avanti e inclinandosi allo stesso tempo indietro con la schiena. Il corridoio che attraversarono era lungo e dal soffitto alto. Le pareti, come per gran parte del Black Castle, erano in pietra nera, ma il tempo stava consumando quei grandi massi, rendendoli grigi in certi punti e spargendo negli angoli mucchietti di polvere. Le porte incassate nei muri erano allungate e in legno scuro, tutte all'apparenza chiuse. Eppure, passandoci davanti, aveva quasi la sensazione che quegli incavi marroni la seguissero con i loro sguardi lignei. Non sapeva nemmeno se fosse vero o solo una stupida impressione, ma di sicuro i bisbigli che accompagnavano i suoi passi e i saltelli del mostriciattolo erano più reali che mai. E la infastidivano.
Erano un serpeggiare che le si intrufolava nelle orecchie, nonostante sbattesse forte i piedi sul pavimento per scacciarli. Quei cosi rimanevano là, a bisbigliare, a mormorare, a sussurrare... Entravano nelle sue orecchie e nella sua testa, in piccoli, incessanti, sibili, con tale intensità che Nerissa a un tratto si fermò al centro del corridoio. Alla fatica e a tutte le ferite del duello si stava aggiungendo un male pulsante alla testa, vivido e vivo come se quegli stessi sussurri stessero cercando di entrarle non solo nella testa, ma anche negli angoli più reconditi della sua mente, per mangiarle il cervello. Nerissa si impiantò le unghie nei palmi, pur di non portarsi le mani alla testa. Poi ringhiò.
Quelle dannate porte la facevano ammattire con le loro voci? Bene, non ci sarebbero state più porte! Con un urlo e una vampata di dolore al braccio sinistro, fiamme azzurre balnearono e danzarono sulle sue mani un attimo prima di essere scagliate contro le porte. Una porta, due porte, tre porte...
Il fumo si alzava in spirali simili a fantasmi, le fiamme brillavano sul legno, divorandolo, ma quei sussurri continuavano, continuavano e continuavano...
Nerissa aumentò la potenza del fuoco, ignorando gli strilli del mostriciattolo, a cui scoccò giusto un'occhiata furiosa per intimargli di stare zitt-...
Le fiamme vennero aspirate via con un soffio improvviso. Nerissa ringhiò e ne evocò di nuove e ancora una volta sparirono, risucchiate, come se stessero seguendo la volontà di qualcun'altro. E in effetti, era così.
Zio Ade e zio Frollo erano usciti da qualunque fosse stato il loro patetico buco e ora stavano accanto al mostriciattolo a fissarla. Il giudice era piuttosto pallido e osservava con sgomento malnascosto (che patetico!) le fiamme che zio Ade teneva tra le mani. Il dio le osservò con una vaga smorfia annoiata (gliele aveva rubate!) e poi le fece scomparire con uno schiocco di dita. A Nerissa ora la testa girava per lo sforzo. Alcuni zii le avevano detto che avrebbe potuto sentirsi affaticata con un uso continuo della magia, ma come poteva succedere a lei, che era la Prescelta, che era perfetta?
Zio Frollo avanzò verso di lei, un'espressione di nuovo disgustata a rendere ancora più spigoloso il suo volto. «Non ti è permesso evocare fuoco nel castello!» Quello che doveva essere un ordine era divenuto uno scatto d'ira.
Nerissa ringhiò, sentendo ancora quei maledetti sussurri attorno a lei. «Lo dici solo perché te la fai sotto a vedere qualche fiamma!»
Gli occhi del giudice si spalancarono, diventando quasi simili per grandezza a quelli del mostriciattolo ma prima che potesse urlare qualcosa con quella sua stupida voce, zio Ade apparve come un soffio di fumo tra di loro, facendo scivolare un braccio sulle spalle di Nerissa. «Le fiamme non erano questo granché, Ner...»
«Non chiamarmi così!»
La stretta si fece più forte e Nerissa avvertì qualche ferita del duello cominciare a sanguinare. «Ner, Nerissa, 'Issa, Nerissa adorata, come ti pare. Ma lasciamoci alle spalle questa storia del dare fuoco al castello. Lo confesso, anche io penso sia ora di un restyling totale, ma ce ne occuperemo appena dopo il tuo prossimo compleanno» Sorrise. «Abbiamo cose un nichelino più importanti, al momento». La spinse di nuovo a procedere per il corridoio, con lo zio Frollo e la guardia mostriciattolo che li seguivano poco distanti.
Anche i sussurri li seguivano, ma zio Ade non sembrava rendersene conto. «Però vedi, Fiocco di Ner, io non sono un tipo che tende a giudicare, non è proprio il mio compito nemmeno con le anime all'inferno, ma tutte quelle fiamme non contribuiscono a rendere il castello nuovo fiammante».
Se fosse una dannata battuta stupida o meno, Nerissa non ebbe nemmeno voglia di capirlo. Quegli stupidi sussurri le stavano trapanando il cervello, facendola sentire quasi... quasi non perfetta, ancora più stanca di quanto una come lei potesse essere. Strinse le unghie fino a farsi del male. «Non... non li senti questi sussurri?» chiese a denti stretti.
Lo zio si accigliò, le fiamme che gli lambivano la testa in un continuo crepitio. «Sussurri, Ner?» Si voltò verso gli altri. «Avverti qualche sussurro, Frollino?»
«Io non sento nul-». La maschera severa del giudice di attraversata da una smorfia di rabbia. «Come mi hai chiamato?!»
Zio Ade lo ignorò e tornò a rivolgersi a lei. «Forse abbiamo battuto un po' la testolina, zuccherino?»
«Io li sento perfettamente!» gridò Nerissa. «Vi state prendendo gioco di me!»
Zio Ade ignorò anche la sua rabbia. «Chiediamo anche al beota. Vieni qui, amico mostro». La guardia saltellò fino a loro proprio quando i sussurri si fecero più forti. «Hai sentito qualcosa?» gli chiese il dio, fermandosi davanti a lui con Nerissa. «Non credo abbia capacità linguistiche» arrivò loro il pungente commento di zio Frollo.
I sussurri per un attimo si bloccarono, ma poi ripresero all'improvviso, proprio mentre il mostriciattolo scuoteva la testa. Nerissa ringhiò, perdendo la pazienza, e fece per evocare altro fuoco, ma zio Ade, che ora stava osservando tutta la scena, le affondò le dita scheletriche nella spalla. Lei sobbalzò e lo fissò con odio- il dio rispose ridendo piano, mentre il giudice lì raggiungeva seccato.
«Che diamine ridi?» ringhiò Nerissa, strattonandosi via soltanto per finire addosso all'altro zio, che fece scivolare le sue luride mani sulle sue spalle. Nerissa si scostò. Li avrebbe ammazzati entrambi, sentiva l'odio ribollirle dentro con più intensità che mai.
«È semplicemente la sua armatura, Ner». Zio Ade afferrò il mostriciattolo per un orecchio e lo scosse a strattoni. Subito una valanga di insopportabili sussurri attanagliò Nerissa, che ringhiò e di divincolò come se fosse stata morsa da un serpente.
«Tutto qua» terminò il dio, lasciando il mostriciattolo. Nerissa si sentiva ridere ancor di più dentro: quell'inutile sottoposto le aveva fatto scoppiare la testa e in più l'aveva umiliata, l'aveva fatta passare per una stupida debole davanti a due degli zii. La voglia di finirlo divampò in lei come le fiamme improvvise che avevano lacerato il legno delle porte. I due zii si scambiarono uno sguardo sopra di lei, poi la condussero con la guardia in una delle tante sale del corridoio.
Nerissa era troppo invasata dall'odio per fare qualsiasi domanda. Quando entrarono, non disse e non chiese nulla, limitandosi ad annuire mentre zio Frollo le indicava le armi sopra un grosso tavolo in pietra. Afferrò la prima che le capitò e si girò verso il fondo della stanza. Non si chiese nemmeno come lo stupido mostriciattolo fosse finito legato là, senza alcuna lamentela o sussurro, senza... niente.
Tese quello che era un arco. Il sono acuto della freccia squarciò l'aria, andando a conficcarsi nel grosso occhio, quello destro e la guardia- o meglio, il suo ennesimo prigioniero da tortura- di coprì la ferita come meglio poteva, gemendo. Ad ogni suo movimento, ora, nuovi sussurri invadevano Nerissa, colmandola di odio e rabbia. Gettò a terra l'arco e afferrò un pugnale dal cumulo indistinto sul tavolo. Strinse i denti in un urlo, ruotò il busto per garantirsi un miglior slancio, e poi lanciò. Il pugnale roteò nell'aria sottoforma di un bagliore argentato.
Il prigioniero ruzzolò a terra con un rantolo agonizzante, un ultimo sibilare di sussurri ad accompagnare la sua fine.
Nerissa si accorse solo allora di stare ansimando, ma si riprese in un ringhio. Non le avrebbe più fatto mal di testa, non l'avrebbe più umiliata, mai più. Nessuno poteva umiliare la perfezione.
Con pochi passi decisi, si avvicinò ad estrarre il pugnale. Era andato a conficcarsi nel petto di quel mostro, squarciando la corazza e trapassando metà del cuore. Era schiattato con le fauci semiaperte e un rigolo di sangue gliele colorava, e se un occhio ormai non era altro che una poltiglia gialla e rossa spappolata con una freccia dentro, l'altro era ancora aperto. Aperto e vuoto. Nerissa ringhiò e ci affondò dentro un pugno.
Fu come farlo scivolare in una pozione di zia Yzma: una materia melmosa e viscida le si appiccicò addosso, insinuandosi dentro ogni piega della sua mano.
Fece scivolare via il pugno da quello che oramai da solo carne da ardere e, con la freccia e il pugnale insanguinati in mano, si voltò a guardare gli zii, dall'altra parte della stanza. «Molto brava, Ner adorata» commentò zio Ade, battendo le mani in un singolo applauso ironico.
Nerissa ritornò al tavolo e ci scaricò sopra le due armi. «Lo so». Perché ora si metteva a ripetere cose ovvie? E perché non lo faceva anche zio Frollo? Dovevano sapere che era perfetta.
«La modestia è una grande virtù» scocciò il giudice con una smorfia.
Zio Ade incrociò le braccia al petto con un ghigno. «Tornando a cose più importanti di pseudo lezioni bibliche, mi aspetto molto di più tra tre mesi nell'Arena, Ner. Qualcosa come Magia Nera. Insomma, non credo sarai a corto di incantesimi con cui poter polverizzare il moccioso Buono, no?»
Lo sguardo di Nerissa scivolò come attratto da una calamita sul suo braccio sinistro, la fonte di ogni suo potere. Al contrario dell'altro, la manica degli abiti da combattimento arrivava fino alle dita, tramutandosi in una sorta di guanto fino alle seconde falangi della mano. In alcuni punti, il duello precedente aveva prodotto alcuni squarci nel tessuto, ma non si notava molto la differenza ora che quella pelle sottostante era diventata nera. E tutto grazie a un processo iniziato solo pochi mesi prima...
«Per giungere al nostro traguardo, te ne servirà un altro» riprese zio Ade.
«Magia Nera di tale portata... occorreranno tutti gli imbecilli del settore». Zio Frollo si sistemò il colletto della veste, scoccando a Nerissa un'occhiata strana, come se fosse stata lei la fonte dei suoi problemi con la magia.
Nerissa in risposta ringhiò, mostrandogli il pugno insanguinato e gocciolante, ma fu bloccata dal dio. «Ehi, me ne occuperò io, che novità. Tu pensa al nostro contatto nell'altro reame, Frollino».
Il giudice si alterò- difficile capire se per l'argomento sollevato o per il suo soprannome. «La miserabile è pronta a venderci tutto ciò di cui necessitiamo in cambio di una futura decente posizione sociale, ma...»
Nerissa si fece avanti. Odiava non capire e lei voleva e doveva sapere. «Voglio sapere anche io di questa tipa! Ditemelo!»
Zio Ade sorrise, dando mostra dei suoi denti aguzzi. «L'unica cosa che hai bisogno di sapere è che riceverai un altro tatuaggio la prossima settimana, Ner adorata».
Non si riusciva a capire se Frollo fosse disgustato o eccitato. «Così tanto potere...»
Il dio trascinò via il giudice con un semplice gesto. «Ora, parliamo un po' del nostro contatto, Big Claude».
La lasciarono nella sala con le armi e il cadavere. Normalmente, Nerissa avrebbe inseguito e torturato gli zii finché non le avessero dato ciò che voleva ma... ma l'idea di un nuovo tatuaggio l'aveva lasciata lì impietrita molto peggio di come avessero fatto gli zii. Le gambe per poco non le cedettero. Si strofinò il braccio sinistro, quasi nel... nel mezzo timore che potesse farle ancora, ancora quella sensazione.
Ogni tanto, la ricordava senza preavviso. Il dolore di quando gli zii le avevano impresso quei tatuaggi era stato indescrivibile. All'inizio, era stato come se tantissimi aghi le avessero perforato ogni centimetro del dall'avambraccio in giù, conficcandosi fino all'osso. Poi la pelle era sembrata andare a fuoco, bruciare, divampare, e aveva urlato, gridato, pianto e vomitato e aveva avuto anche l'istinto di strapparsi via il braccio intero, con tutto, carne e ossa, piuttosto di sentire ancora tutto... tutto quel dolore.
Ma gli zii non le avevano detto nulla e non si erano fermati, perché lei doveva essere perfetta. Quei tatuaggi, corpi estranei su un braccio ormai quasi tutto nero, le servivano per attingere alla vera e pura Magia Nera, per avere attorno a sé più potere. Ne ricordava vagamente le forme, perché non riusciva mai a guardarli per troppo tempo.
Con un dito, si accarezzò il gomito. Da lì, doveva partire ad avvolgersi un grosso serpente rosso o forse giallo e nero, e poi c'era un teschio da qualche parte, avvolto in rune voodoo, e anche una grossa cicatrice che le avevano detto dare riflessi felini. L'avevano fatta urlare, gridare, piangere e vomitare sangue, e quando usava quei poteri magici i dicevano che sarebbe stata debole (bah!), ma alla fine, alla fine, lei avrebbe vinto.
Avrebbe distrutto il moccioso Buono, lo avrebbe polverizzato, gli avrebbe strappato via la faccia. Ogni zio ne era certo e così lo era anche lei, che era la perfezione.
Lo avrebbe ucciso, gli zii avrebbero vinto, il Black Realm avrebbe vinto e gli zii avrebbero dominato Phentesia. E sarebbero stati fieri di lei, le avrebbero voluto ancora più bene, ancora e ancora di più di quello che le volevano in quel momento. Tutto sarebbe andato per il meglio, per loro.
E quindi, anche per lei.


Il vento colpiva Helios in folate che gli parevano sempre più forti, mentre si teneva aggrappato come poteva al dorso di Dumbo- impresa non facile, considerata la loro velocità e i palmi delle mani sudati che rischiavano di farlo scivolare giù ad ogni curva. I bordi dei vestiti gli ronzavano attorno e sentiva le guance partire verso l'alto, come se qualche zio gliele stesse tirando. La terra sotto di loro si avvicinava sempre più, arricchendosi di particolari più nitidi, oltre al verde e al giallo dei campi e dei prati. Aladdin, su una macchia confusa che doveva essere il Tappeto, gli gridò qualcosa, ma Helios non capì. Riusciva a malapena a metterlo a fuoco, gli occhi pieni di lacrime per il vento. Scosse la testa e Aladdin in qualche modo gli si avvicinò tanto da puntare in modo estremamente chiaro l'indice verso il basso. Gridò qualcos'altro, ma dalla sua bocca uscì soltanto un ingarbugliato miscuglio di parole.
Helios scosse la testa una seconda volta, imbarazzato. Aladdin si sporse verso di lui, per scostarlo brusco di lato. Il suo cappello precipitò di sotto e Helios cercò di afferrarlo, ma ben presto scomparve inghiottito dall'altezza.
Aladdin tirò verso l'alto le orecchie di Dumbo, che, prima con uno strattone, poi con maggior delicatezza, terminò la sua picchiata, riprendendo a salire gradualmente verso l'alto.
Helios rimase a guardare il punto dove il cappello di Aladdin era scomparso. «M-mi dispiace. Non... non sono riuscito a prenderlo».
Il ragazzo balzò di nuovo sul Tappeto, rimanendo per un attimo sospeso nel vuoto- Helios sobbalzò per il pericolo della situazione. Quando si voltò verso di lui, credette che fosse arrabbiato, ma invece Aladdin aveva un lieve sorriso e si stringeva tra le spalle. «Non c'è problema. Però devi stare più attento a ciò che ti circonda».
Helios annuì, accarezzando la testa di Dumbo e cercando di non incrociare lo sguardo del ragazzo. Avrebbe dovuto ricorrere ad ore di altri pensieri per seppellire nella sua testa quanto fosse stato incosciente... un vero Buono non si comportava così.
Stava per sfilare dal berretto di Dumbo (quello non era caduto, almeno) qualche nocciolina da dare all'elefante come ringraziamento per la sua pazienza, quando un lampo verde sfrecciò su di loro con tale velocità da far arruffare ancora di più i riccioli di Helios.
«Che lenti che siete!». Peter Pan, per una volta senza Trilly- la fata era rimasta al castello- svolazzò con nonchalance tra l'elefante e il Tappeto, tagliando a entrambi più volte la strada. Dumbo indietreggiò, intimidito, mentre Peter compieva ridendo intere piroette attorno alle sue zampe. Il Tappeto frenò bruscamente (per un attimo di Aladdin si videro solo i piedi) e poi si infervorò contro il ragazzino, ammonendolo a gesti irritati. Peter rispose con una risata, tuffandosi sotto al Tappeto per punzecchiare sia lui, sia Aladdin, che cercò di protestare, ma si fermò non appena si rese conto di cosa Peter tenesse tra le mani. «È il mio cappello, quello?»
Ecco, Peter si che bravo. Era bravo a volare, un talento meraviglioso e naturale, ed era anche riuscito a recuperare il cappello di Aladdin, di sicuro senza alcuna fatica. Non come lui che... Helios si bloccò, portandosi inorridito una mano alla bocca. O cavoletti, era invidia, quella? No, no, no, era assolutamente sbagliato. Non si doveva permettere di provare cose del genere, specie nei confronti di ragazzi talentuosi come Peter. Era di Helios e di Helios soltanto la colpa di non essere bravo e...
Sfffr! Qualcosa lo colpì dritto in faccia e nella confusione generale, si ritrovò a stringere il cappello di Aladdin. Fece appena in tempo a osservarlo che Peter glielo strappò di mano, continuando a lanciarlo per poi riprenderlo all'ultimo. Aladdin partì al contrattacco con il Tappeto, ma Peter non aveva nessuna voglia di restituirgli quello che gli spettava. «L'ho trovato e me lo tengo!»
«Peter, andiamo!» Aladdin si sporse tanto da far sobbalzare Helios. «Dobbiamo insegnare... a... Helios!» gli ricordò a scatti, cercando di riprendersi il berretto che l'altro continuava a spostare nei luoghi più improbabili. «Allah, ma perché non c'è mai il Genio quando serve? Eddai, Peter, lo dirò a Trilly! E anche a Wendy!»
«E io dirò a Jasmine che invece di andare a lezione vai con i fratelli di Merida a fregare le torte in cucina!»
«Aspetta, aspetta, parliamone...»
Helios soffocò un sospiro, mordendosi le labbra, mentre i due cominciavano a volare sempre più distante. Doveva fermarli, doveva assolutamente fermarli. Poteva essere pericoloso un gioco del genere, così in alto... Lui era Buono e quindi doveva avvertirli e fare tutto il possibile.. cercò come meglio poteva di indirizzare Dumbo verso di loro, ma l'elefante gli indicò con la proboscide il proprio cappellino, richiedendo a gran voce- o meglio, barrito- la nocciolina promessa. «Subito, Dumbo, scusami». Helios armaneggiò con il cappello finché non riuscì ad afferrare il giusto premio per il suo amico. Fantastico, ora non riusciva quasi più a ricordare quello che doveva dare? Per poco non gli sfuggì una lacrima- e di certo non per il vento. Come poteva essere un Buono quando si comportava così?
Forse... forse dipendeva dalla tensione per lo scontro sempre più vicino. Qualunque cosa fosse, mentre tornava a seguire Aladdin e Peter, sperò con tutto il cuore che il resto della giornata andasse meglio.
Nel giro di poche ore, passò dall'azzurro del cielo al blu del mare. O meglio, delle acque create appositamente dal braciere nel Cortile della Luce.
Con un esercizio di magia che aveva imparato qualche tempo prima, era riuscito a creare un ambiente simile a quello marino, anche se le onde non sfioravano in modo naturale il pavimento, che, anziché diventare di sabbia o di sassi, era rimasto in mosaici. La profondità marina gli era riuscita, certo, ma si sentiva un po' in colpa per aver sbagliato e per essere stato anche un po' sollevato quando gli zii non se ne erano accorti. In quel momento, però, doveva cercare di concentrarsi al massimo sulla lezione- così almeno altri pensieri riguardo a un certo quindicesimo compleanno si sarebbero allontanati.
«Sbrigati, Helios!» esclamò Flounder poco più avanti, per poi gettarsi sott'acqua e scomparire alla sua vista. Helios annuì, il fiato corto, e cercò di non annaspare troppo mentre nuotava a rana. Certo, gli allenamenti tenevano i pensieri lontani, ma quanto avrebbe voluto rifugiarsi nel suo mondo di galassie viste attraverso uno schermo, standosene anche solo per un poco in camera sua o in biblioteca... oppure anche poter andare un'oretta a passeggiare vicino ai fiumi. Usare del mare evocato con la magia non era rilassante come starsene in silenzio a guardare l'acqua del fiume scorrere...
Ariel lo raggiunse con un guizzo, passandogli le mani sulle spalle, come ad abbracciarlo, e una fitta di rimorso lo attraversò. Lei stava sprecando il suo tempo per aiutarlo e lui voleva andarsene...?
«Tutto bene, Helios?» rise con la sua voce cristallina. « Ti vedo un po' in difficoltà».
Helios scalciò per restare a galla e in qualche modo riuscì anche a formulare un sorriso. «Si, tutto... tutto a posto. L'acqua è solo un po' fonda».
La risata della ragazza rieccheggiò ancora nel cortile diventato mare, attirando l'attenzione di qualche curioso venuto a bagnarsi i piedi. «Oh, andiamo», spruzzandogli la faccia, Ariel gli passò davanti. «Non saranno nemmeno dieci metri».
Helios si morse le labbra, le braccia impegnate in un'altra bracciata. «Ma io... ehm... io non ho la co-coda» sorrise infine, concentrandosi sui riflessi del sole sull'acqua piuttosto che su Ariel. Questa rise ancora, scuotendo la testa. Gocce d'acqua scivolarono dai suoi capelli fino ad Helios, che si ritrovò a rinforzare il suo sorriso. Non era mai certo di poter scherzare senza apparire maleducato o poco buono e quindi era stato bello e inaspettato che Ariel...
«No, no, no». Zio Sebastian emerse con un "pluff" alla destra di Helios. «Stiamo perdendo tempo qui, signorinella. Tu, Ariel» lo zio indirizzò una chela contro la sirena, «vedi di non distrarre Helios». La ragazza incrociò le braccia al petto e fece per ribattere, ma zio Sebastian la anticipò rivolgendosi ad Helios. «E tu vedi di muovere meglio quelle gambe, che sono tutto un mucchio confuso, al momento. Ecco, fa' come me». Si spostò per mostrargli meglio.
«Tutte le braccia devono essere sincronizzate, come gli strumenti in un'orchestra». Lo zio nuotò e nuotò fino a scomparire dietro di lui e a ricomparire alla sua sinistra. «È chiaro?» si indicò le zampette con le chele. «Tutto sincronizzato».
«Mi perdoni, signore». Un marcatissimo accento inglese precedette l'arrivo di zia Guendalina e zia Adelina, uno sciabio di onde confuse dove le loro piume sfioravano l'acqua. Helios vide distintamente Ariel scoccare loro un'occhiata e portarsi le mani alla bocca per nascondere un sorriso.
«Siamo qui per aiutarvi» spiegò zia Guendalina, scivolando al fianco destro dello zio Sebastian, mentre sua sorella occupava il fianco sinistro.
«Aiutarmi?» Il granchio scrutò entrambe, accigliandosi. «In che cosa dovreste aiutarmi? E che cos'è questa musica?»
Helios era talmente abituato alla musichetta che accompagnava le due zie nei loro spostamenti da non essersi nemmeno reso conto che non si trattava di un suo semplice pensiero collegato al loro arrivo. Sulla spiaggia a inizio cortile, si era formata quella che sembrava una vera e propria banda, che intonava la tipica canzoncina*11 delle zie. Ariel seguiva il tempo con la testa e Flounder, ricomparso accanto a lei, ne canticchiava addirittura il ritmo. «Tan taran tararan tan taraaa...»
«È la nostra colonna sonora» commentò zia Adelina. «Indispensabile per una buona lezione di nuoto». Detto questo, fece passare un'ala attorno ad una chela dello zio, mentre sua sorella, scivolata accanto ad Helios, faceva lo stesso con lui. Helios trasalì, colto alla sprovvista, e la zia ridacchiò, gettando la testa completa di cuffia blu all'indietro. «Non ti devi preoccupare, caro. Siamo professioniste».
«Ma certo» confermò l'altra. «Si può dire che sia un'attività in cui andiamo a gonfie vele» disse, cominciando a nuotare.
«A gonfie ali, vorrai dire». Scoppiarono entrambe in una risata. Helios era convinto che anche zio Sebastian sarebbe presto scoppiato, per com'era mezzo seppellito da zia Adelina.
«Ma acqua in bocca, mi raccomando» si aggiunse Ariel, guadagnandosi un'occhiataccia dallo zio è un'altra rumorosa risata dalle altre due zie. «Che sirena divertente» commentò zia Adina, il "divertente" distorto in modo strano a causa del suo accento.
Zia Guendalina, intanto, aveva condotto Helios accanto a Flounder e osservava critica il pesce. «Forse anche tu hai bisogno di qualche lezione, caro. Che ne dici, Adelina?»
La zia in questione sfrecciò su di loro con tale velocità che zio Sebastian dovette attaccarsi alla sua cosa per non finire scagliato via. Ariel sembrava trovare il tutto ancora molto divertente, canzoncina compresa. Helios invece stava cercando una soluzione, mordendosi di nuovo le labbra. Era certo che se non fosse intervenuto...
Zio Sebastian si staccò bruscamente da zia Adelina, sfoderando però un sorriso talmente grande da attirare l'attenzione anche dell'altra zia, che cessò di controllare la funzionalità delle pinne di Flounder. «Apprezzo molto la vostra gentilezza, signore» esordì lo zio, nuotando fino ad Helios e tirandolo via dalla zia. «Ma è a me il compito di aiutare Helios a nuotare, oggi».
Uno sguardo stupefatto intercorse tra le due zie. «Ma lei è in grado di nuotare?» chiese sinceramente preoccupata zia Adelina, tornando a guardare lo zio.
«Lei ci sembra parecchio insicuro» confidò l'altra annuendo alle sue stesse parole.
«Abbiamo insegnato anche a un gatto, sa? Il signor Romeo».
«Non si deve vergognare se non è in grado».
«Per la miseria!» sbottò Flounder alle spalle piumate delle due sorelle. «È un granchio, sapete?»
Le due oche si fiondarono su un Flounder ora atterrito come attratte da una calamita, lasciandosi dietro una scia di piume. «Un granchio? Davvero?»
«Ne sei certo, caro?»
«Nella nostra Inghilterra sono totalmente diversi...»
Helios fu lieto di scorgere Ariel avvicinarsi loro. Zio Sebastian sembrava davvero, davvero irritato e lui non aveva la minima idea di cosa dire o fare- faceva già fatica a restare a galla. «Sebastian?» tentò la sirena, scambiando con Helios uno sguardo preoccupato. «Stai bene?»
«Mai stato meglio». Il granchio diede loro le spalle, dirigendosi verso la spiaggia. «Mi hanno dato dell'incapace e pretendono di saper fare il mio lavoro».
Ariel sfrecciò dietro di lui, senza sembrare neanche rendersi conto di quanto fosse veloce. Helios impiegò molto di più a raggiungerli e quando arrivò alla spiaggia improvvisata, senza fiato e con le braccia doloranti, Ariel era seduta sulla riva, preoccupata, e lo zio sembrava aver appena finito un importante discorso. «E inanzitutto per fare lezione in modo decente, bisogna avere la giusta atmosfera» terminò, per poi zampettare verso la banda poco distante, ignorando i richiami della sirena, che allora si rivolse ad Helios. «Riesci a farlo ragionare o a fermarlo? Devo aspettare il mese prossimo per avere le gambe e corrergli dietro!»
Helios annuì, troppo stanco per proferire parola, e uscì dall'acqua, le gambe traballanti. Non si era accorto di quanto quella specie di mare fosse caldo. Rabbrividendo, si strinse le mani al torace e cercò di raggiungere lo zio, saltellando per alcuni mosaici resi caldi dal sole in opposizione all'aria fredda. Stava gocciolando ovunque e l'acqua gli si infilava anche negli occhi, cadendo dai capelli, ma di sicuro non poteva fermarsi a chiedere ad Ariel dove poteva trovare un asciugamano (che pensiero egoista)- anche perché la sirene stava invocando l'aiuto di una decina di dalmata sul bagnasciuga.
Helios arrivò davanti alla banda, che continuava imperterrita a suonare, proprio per vedere zio Sebastian arrampicarsi sulla mano del direttore d'orchestra, un... un qualcuno infilato in una specie di saio che lui faticava a riconoscere. Anche la banda era un po' strana e non aiutava nell'identificazione del direttore. Era composta da tre dei sette nani, ma qualsiasi somiglianza con le altre bande musicali del White Castle terminava lì: c'erano personaggi insoliti, come due o tre topini che suonavano saltellando assieme una tastiera, come zia Billie*12, che teneva tra le mani un enorme trombone a forma di treno, o come Tigro, allo xilofono, e come Esmeralda, poco più in là con un tamburello.
Helios, leggermente intimorito, si avvicinò allo zio e a quella specie di frate, lasciando tracce bagnate del suo passaggio e arrossendo all'occhiolino che gli fece Esmeralda.
«Se mi lasci per un momento il comando, potrei creare una giusta atmosfera per...»
«Molto spiacente, amico».
La testa di Helios fece appena in tempo a rilevare di aver già sentito quella voce, che il monaco diede in una piroetta. Il saio volò via, andando a colpire qualcuno dell'orchestra (Helios sobbalzò) e al suo posto sbucò uno strambo e inconfondibile completo viola da giullare. «Tadaan!» ululò zio Clopin, facendo trasalire alcuni bagnanti. Altri si allontanarono, forse memori di quelle voci su di lui che accennavano a un passato da bandito... ma non era da Buono parlare alle spalle delle persone, né tantomeno fare pensieri del genere. Helios mise su un timido sorriso, mentre Clopin riceveva tra vari inchini un po' esagerati gli applausi degli spettatori rimanenti, applausi rivolti non tanto alla sua abilità nel travestimento, capì lui, quanto al riuscire comunque a condurre l'orchestra. Il tan-tan-tararan caratteristico delle zie Guendalina e Adelina risuonava ancora ben deciso nel cortile, quasi non subisse alcuna variazione dal comportamento dello zio Clopin.
A conferma di ciò, lo zio spiccò un salto.
Subito dopo, era in equilibrio sul piede sinistro, con il bastoncino da direttore infilato nelle dita di quello destro, e teneva tra le mani un zio Sebastian a metà tra l'irritato e l'atterrito. «Ti chiedo solo di lasciarmi per un attimo l'orchestra- e non è questo di certo il modo adatto per...»
Con un altro balzo, zio Clopin ribaltò letteralmente la situazione. Ora stava facendo la verticale, tutto l'equilibrio poggiato su un braccio, mentre con l'altro continuava a condurre. Zio Sebastian era finito poggiato sulle caviglie, in una posizione precaria che Helios osservava spaventato.
«Questa va meglio?» domandò zio Clopin, aumentando allo stesso tempo l'intensità della canzone, quasi non volesse sentire la risposta dell'altro zio. E prima che comunque questo proferisse parola, cambiò di nuovo le carte in tavola: ora zio Clopin stava sulle punte dei piedi, con addosso un assurdo tutù, teneva la bacchetta tra i denti e contemporaneamente faceva il giocoliere con due mele, una noce di cocco e- Helios saltò sul posto, portandosi le mani alla bocca- con zio Sebastian stesso.
Dopo un attimo di sbigottimento, Helios avanzò per fermare zio Clopin, che sembrò intuire le sue intenzioni. Gli si avvicinò con una piroetta aggraziata e... e un granchio volante dopo, Helios si ritrovò a stringere lo zio Sebastian tra le mani, mentre l'altro zio accoglieva con un inchino le ovazioni e le preoccupazioni del suo pubblico.
La banda aveva smesso finalmente di suonare, ma Helios desiderò davvero essere ancora intontito da quella musichetta piuttosto che starsene nel silenzio, in cui la legittima sgridata di zio Sebastian rimbombò più forte che mai. «È davvero... inamissibile!» gridò, agitandosi tanto da rendere difficile tenerlo in mano.
Quasi immediatamente Helios percepì gli sguardi di tutto il cortile puntarsi su di loro, con tale intensità da sentirsi le guance andare a fuoco. Ariel li fissava dal bagnasciuga mordendosi le labbra, circondata da una vasta quantità di dalmata, mentre alle sue spalle zia Adelina e zia Guendalina stavano raggiungendo la terraferma, con uno stremato Flounder appresso. I musicisti della banda sfoggiavano una gamma di variegate espressioni stupite. Perfino Tigro aveva smesso per un attimo di ridacchiare e i suoi saltelli sul posto erano decisamente sottotono. Una situazione così imbarazzante portava Helios a desiderare di andarsene nel suo mondo o nella sua stanza il prima possibile- e di conseguenza si sentiva in colpa.
Esmeralda intervenne a placare l'ira di zio Sebastian. «Senti, amico...»
«Amico?» Zio Sebastian sembrò farsi tre volte più grande di quanto non fosse e tre volte più rosso. «Io non sono vostro amico, ragazzina. Sono il Primo Consigliere di Atlantide...»
«Dipende da quale Atlantide intendi» sottolineò Esmeralda, facendo sogghignare l'altro zio. «Kida non ha bisogno di te».
«... e di re Tritone» continuò zio Sebastian. «E dato che sono anche un valido direttore d'orchestra, ho ottenuto di fare lezione ad Helios. Voi, signorinelli, ci state disturb-...»
«Aye». Zio Clopin affiancò la sua protetta con una ruota. «Ma noi abbiamo ottenuto di fare lezione di acrobazie e agilità non appena avreste finito».
«E ora avete finito».
Helios ebbe l'impressione che zio Sebastian stesse per esplodere. Provò a cercare qualcosa da dire, ma proprio in quell'istante, zia Adelina e zia Guendalina comparvero accanto a loro, salutando tutti e avvicinandosi a Esmeralda (Ariel nel frattempo stava soccorrendo Flounder, che pareva avere perfino qualche piuma tra le pinne).
«La lezione è stata interrotta» disse da denti stretti zio Sebastian.
Una piroetta dopo, zio Clopin si presentò davanti a loro con occhiali, cravatta e un grosso dizionario che sfogliò attentamente mentre ricominciava distratto a dirigere l'orchestra- la musichetta delle zie invase nuovamente tutti loro. «Lezione: attività didattica svolta da un docente con uno o più allievi in un tempo determinato». Il tonfo del libro che si chiudeva fece sobbalzare Helios sul posto. «Visto che non stai più svolgendo alcuna attività didattica...» Zio Clopin scivolò dietro a Helios, intrecciandogli un braccio sulle spalle, «ora è il nostro turno!»
Zio Sebastian esibì il suo miglior sguardo da granchio contrariato. «Questo è un cavillo che, tra parentesi, non ha alcun senso. E smettetela di suonare, per amor di mia mamma crostacea» sbottò in direzione dell'orchestra.
«Ma è un così gradevole motivetto» si intromise zia Adelina, che a quanto pareva aveva terminato il suo colloquio privato con Esmeralda.
«Concordo appieno» approvò l'altra zia. «Il signor Clopin e la cara Esmeralda hanno ottimi giusti in fatto di musica».
«E anche in fatto di acqua, oserei dire».
«Assolutamente! Il lago qui di fronte dove ci avete indirizzato era di ottima temperatura».
Zio Clopin rispose agli elogi che fece tintinnare il suo cappello e ridere le sue zie, ma ad Helios non sfuggì l'espressione un po' tesa di Esmeralda- e in effetti forse c'era qualcosa che non tornava in tutta quella storia. Spostò lo sguardo su zio Sebastian, che, facendolo sobbalzare, zampettò fin sopra alla sua spalla per poi spiccare un salto e atterrare sul vicino zio Clopin. «Davvero interessante. Hai mandato tu loro due a interromperci?»
L'elaborato e svolazzante gesto della bacchetta che lo zio stava compiendo per aizzare i suoi musicisti venne troncato bruscamente a metà, così come la canzone. Le due zie si scambiarono un'occhiata perplessa, mentre Esmeralda faceva qualche passo in avanti, forse per capire che cosa fare. La tensione e il pericolo erano tornati ad alleviare nel cortile più forti che mai, tanto che Helios fu assolutamente certo che perfino Ariel, Flounder e gli altri sulla riva li avessero percepiti.
«Abbiamo un permesso firmato dallo stesso Topolino» disse infine Esmeralda, sfoderando una pergamena dalla sua cintura, in un tentativo che Helios si sentì in colpa a definire vano.
Prima che zio Sebastian potesse esplodere in un'altra giusta sgridata, zio Clopin, dopo averlo guardato con un'espressione quasi gentile, lo lanciò direttamente via, verso l'orchestra. Helios si sentì mancare.
«Sta' attento» brontolò Brontolo subito dopo, in prima fila con una specie di chitarra e ora anche con un granchio furioso appeso alla barba.
Helios avrebbe voluto controllare che lo zio stesse bene, ma quasi immediatamente si ritrovò stretto tra Esmeralda e zio Clopin e trascinato via. «Ora inizia la nostra lezione di danza e agilità, ne hai proprio bisogno!» spiegò con allegria il principe degli zingari, mentre si lasciavano dietro un pubblico sbigottito, uno zio arrabbiato e altre due perplesse. Il senso di colpa di Helios, invece, lo seguì per tutto il giorno.
Ben presto, Helios si ritrovò a convivere con quella sensazione con più difficoltà del solito, specie per lo strano comportamento degli zii. Mancava davvero poco al fatidico giorno, quello in cui avrebbe dovuto combattere ed essere solo e totalmente il Prescelto. Sarebbe bastato quel singolo pensiero a farlo stare male, e il comportamento degli zii peggiorava tutto.
Quasi tutti sembravano in preda ad un'agitazione quasi febbrile e finivano quasi per strappare lui da quella o da quell'altra lezione per cercare di prepararlo al meglio in tutt'altra cosa. Helios sospettava che nessuno di loro volesse sentire di aver dato troppo poco: tutti volevano dare il massimo, in un qualcosa di frenetico che faceva impazzire zio Topolino e soprattutto irritare un sacco zio Merlino. Il mago sosteneva che un simile comportamento non solo fosse isterico, ma anche rischiasse di far perdere loro parte dei progressi ottenuti.
Helios non aveva detto nulla agli zii al riguardo, ma dava ragione a zio Merlino. Si sentiva spesso sbatacchiato qua e là e al senso di colpa per dover abbandonare tale zia o zio si univa l'ansia per il così tanto sapere che lo aspettava ad ogni ora. Gli sembrava quasi di trovarsi davanti a una montagna fatta di libri, pergamene e nozioni, ed era una montagna che ogni giorno diventava sempre più lata e che ogni sera, a fine lezioni, doveva essere entrata tutta nella sua testa.
Il rimorso diventava maggiore quando si rendeva conto di non riuscire ad immagazzinare tutto di ogni cosa. Gli zii erano già nervosi e cercavano di dargli tutto ciò che sapevano e perdevano il loro tempo, e lui li ringraziava in un modo tanto da non Buono...
Fu quasi una benedizione l'arrivo della settimana prima del fatidico scritto. Alcuni zii avevano notato che era dimagrito e che faceva fatica a dormire, la notte; perciò avevano insisto che si riposasse e i giorni seguenti erano stati molto migliori. Helios aveva letto tanto, era addirittura riuscito a scrivere qualcosa e a fare due passi ad Amity, ma era bastato l'arrivo del mercoledì a farlo ritornare nervoso, in cuor suo spaventato.
Aveva perfino rischiato di rispondere male a zia Minnie, e per la tensione aveva cominciato a mangiarsi le unghie e a spellarsi le labbra, stretto nell'ansia di non farcela contro quella Prescelta, quell'altra Prescelta che era lì ad aspettarlo, al varco dei suoi- dei loro- quindici anni. Quella data, che anni prima gli era sembrata una soglia nuvolosa, indefinita e lontana, si stava avvicinando con una velocità impressionante ed Helios cominciava a sentirsi sempre più male, più in ansia, perché, nonostante tutte quelle lezioni e il caos recente che ne era nato, i sembrava di non sapere davvero nulla, che cosa fare o cosa aspettarsi. Nel White Realm, tutto era sempre stato certo, chiaro, ogni cosa era quasi sempre programmata co. Mesi di anticipo (come accadeva per i concerti, ad esempio), e tutti sapevano perfettamente che cosa sarebbe successo.
Ma per quello... per quello no. Tutti si aspettavano che il Bene vincesse, perché il Bene vince sempre, ma Helios non sapeva nulla. E forse era proprio quel pensiero, assieme alla paura costante di deludere gli zii, a spaventarlo. Come poteva, poi, una battaglia con un'altra Prescelta coincidere con il fare qualcosa di buono, con il comportarsi bene? Una battaglia significava combattere, colpire, provocare dolore, fare... fare del male. E lui aveva sempre voluto e dovuto fare il bene, comportarsi bene.
Ma, a quel punto, era davvero certo di sapere che cos'era il Bene?
Era tutto questo che si agitava dentro di lui, ora che era già venerdì sera. Lo scontro tanto atteso sarebbe stato di lunedì.
Avrebbe quasi voluto essere lasciato da solo, a leggere, a scrivere, anche solo ad annoiarsi, così d'avere l'impressione che il tempo scivolasse via più piano...
Ma zio Topolino era ritornato dalle Terre Centrali quella mattina assieme a zio Paperino e a zio Pippo, dopo aver visitato parte dell'Arena dove lui, dove i due Prescelti, avrebbero dovuto... compiere il loro dovere, in un modo o nell'altro. Era stato quasi d'obbligo organizzare una festa per il loro ritorno.
Helios in parte sperava di parlare almeno con zio Topolino per farsi un'idea di come sarebbe stata quella tanto famosa e tanto attesa Arena, ma si era reso conto che sarebbe stato scorretto da parte sua cercare di sapere più del dovuto. Lui doveva essere ed era un Buono.
Così aveva salutato quelli che, insieme agli zii, erano arrivati a visitare il White Castle dalle Terre Centrali, fremendo dentro di sé. Poi si era allontanato un po' ai margini della festa, a sorseggiare il suo succo preferito.
Il tempo era un po' strano ultimamente. La notte era un mantello di stelle che si riusciva a intravedere anche da lì, quando non era nemmeno troppo vicino alla terrazza, e il vento sussurrava forte al castello; ma Helios aveva caldo e la lunga veste che gli zii avevano insisto che indossasse era molto bella ed era stata un regalo più che sentito è gradito, ma davvero gli faceva molto, molto caldo. Anche se si sentiva in colpa a pensarlo e ad ammetterlo.
Controllò velocemente la gente attorno a sé: gli ospiti, nei loro vestiti variopinti e diversissimi gli uni dagli altri, conversavano tra di loro o danzavano. Forse non si sarebbero nemmeno accorto del suo gesto- certo, sapeva che era un po' da maleducati, ma davvero gli sembrava di star morendo di caldo, e se nessuno lo avesse visto...
Si portò una mano al collo, sempre con gli occhi che saettavano da un angolo all'altro della sala e si azzardò ad allentare un poco il colletto. Poco dopo però, si ritrovò a rinunciare. Si sentiva troppo in colpa.
Sospirò piano e si portò il bicchiere alle labbra, per un altro sorso di spremuta d'ortensia, ma si trovò ad annaspare quando qualcuno lo colpì tra le scapole con una forte pacca. Per poco non si rovesciò tutto addosso- quello si che sarebbe stato un guaio. Si girò, aspettandosi quasi di trovare zio Baloo, e invece si ritrovò a fissare Nonna Fa, con un bel hanfu blu, tanto lungo da ricoprire parte della groppa di Margaret*13, detta da tutti Maggie, che a quanto pareva fungeva sia da accompagnatrice che da mezzo di trasporto. Helios salutò con un mezzo inchino e un sorriso impacciato, ma ebbe il sospetto che le due lo avessero a malapena notato per come stavano ridendo.
«A momenti gli schizzano fuori anche budella» rise zia Margaret, scambiando un colpo di zoccoli con il bastone che Nonna Fa aveva evidentemente usato per attirare l'attenzione di Helios.
«Non ti preoccupare che non ci servi morto, piccolo» si aggiunse la nonna, ammiccando con un sorriso quasi privo di denti.
«Già» tossì zia Maggie, sottovoce. «Per quello basta aspettare lun-» si interruppe con un colpo di tosse brusco di cui probabilmente i piedi della nonna premuti sulla sua pancia erano responsabili. «Allora, scricciolo, sei solo per scelta o stai evitando qualcuno a cui devi dei soldi?»
«Cosa?» farfugliò Helios un poco disorientato. Zia Margaret parlava spesso con un gergo un po' confuso.
«Sembra riflessivo alla stregua di mio figlio. Rifletti su ciò che vuoi ma non andare a chiedere aiuto agli antenati o agli alberi in fiore come lui» sottolineò Nonna Fa, trovando il consenso della sua amica mucca e lanciando un'occhiata a metà tra l'esasperato e il divertito a suo figlio- quest'ultimo pareva impegnato in una serissima conversazione con zio Geppetto.
Helios sorrise, più rilassato. Tra Nonna Fa e Mama Odie non sapeva chi fosse quella più... particolare. «Mi sono solo fermato un po' a pensare, ma prometto che non parlerò di fiori» disse, non riuscendo a evitare di sentirsi un po' a disagio per quell'osservazione.
«Bè, ma non vorrai farci credere che ti stai seriamente divertendo» ribatté Nonna Fa.
«Questa festa è una lagna» annuì zia Maggie masticando a piene mandibole una mela.
Il disagio di Helios aumentò. Spostò lo sguardo dall'una all'altra, cercando di capire come e soprattutto che cosa rispondere- qualcosa di educato o la verità?
«Salta su, ragazzino» lo levò d'impiccio zia Maggie, affiancandolo. «Ora ti portiamo noi in un posto che non assomiglia a un funerale».
Helios fece appena in tempo a salire che zia Maggie avanzò a passo sicuro per la sala, dondolando il suo campanello e le mammelle al ritmo di una musica che decisamente non poteva essere il valzer in corso in quel momento.
«Madre» zio Fa Zhou sbucò dal nulla, alla loro sinistra, l'aspetto severo evidenziato ancora maggiormente dallo splendido abito da cerimonia arancione. Helios si chiese come facesse a non star morendo dal caldo. «Dove stai andando a bordo di una...» si interruppe, a fissare zia Maggie un po' perplesso. «... di un bovino? Avevo intenzione di presentarti a dei conoscenti».
Mentre zia Maggie si limitava ad arricciare il naso («Bovino?! Ma lo sai che questa mucca è stata tre volte vincitrice del premio "Poppa d'Oro" e del concorso "Miss Giovin giovenca"?»), Helios e Nonna Fa si voltarono contemporaneamente verso il luogo accennato da zio Zhou, dove Zio Geppetto e il dottor Doppler accennarono loro un saluto, a cui solo Helios rispose.
«Interessante. Magari mai, figliolo» commentò la nonna, tornando in posizione da agguerrita cavallerizza.
«Madre» sospirò l'altro con un accenno di preoccupazione che fece preoccupare anche Helios. «Sei molto attiva, ultimamente. Forse dovresti fermarti un po'...»
«Schiocchezze! Starò ferma quando sarò morta!» E prima che suo figlio potesse dire altro, diede di speroni e zia Maggie partì con molta più fretta verso la porta, tanto che preso lo zio fu solo una lontana macchia arancione.
Appena usciti, zia Maggie si precipitò nel corridoio di sinistra ad una velocità sempre alta che però ben presto si attenuò. Arrivati al grande salone dell'area sud-ovest, aveva raggiunto un passo normale, gli zoccoli che rimbombavano un ritmo costante sui pavimenti in tessere di legno di quella zona. Il valzer della festa arrivava loro distante, come anche le risate degli invitati, e la luce delle candele, volteggianti in piccole sfere simili a bolle di sapone, proiettava le loro ombre sui muri e sui vetri colorati delle alte finestre.
Helios proiettava disagio, anche. Per quanto avesse trovato il clima della festa un po' noioso, forse non avrebbe dovuto lasciarla in quel modo: era pur sempre una festa in onore degli zii ed era suo dovere esserci, anche se avesse voluto annoiarsi in un libro ed evitare gli sguardi di pura... pura aspettativa che ormai calamitava sempre più intensamente.
Avrebbe voluto chiedere alla zia e alla nonna di riportarlo alla festa, ma non trovava il coraggio necessario né per esprimere ad alta voce i suoi pensieri, né per interrompere l'imbarazzante conversazione che le due stavano intrattenendo.
«Si, non sai quanta gente me lo chieda! Però no, non sono rifatte».
«Sei fortunata. Anche io ho avuto i nei miei tempi con un davanzale, ma poi l'età rischia di farle cadenti...»
«Nah, non sei presa troppo male. La povera Odie invece... bè, fortuna che è cieca».
«Meglio di Nonna Salice di sicuro».
Le loro risate risuonavano con maggior forza degli zoccoli di zia Maggie sul pavimento- in cui Helios avrebbe voluto sprofondare, in quel momento. Per fortuna poco dopo zia Maggie intraprese la scalata di una scalinata e il suo fiato si fece troppo corto per parlare. Helios le offrì di scendere e di farsela a piedi, ma Nonna Fa scosse la testa e disse che zia Maggie considerava ogni scalata come un traguardo personale- e che soprattutto avevano fatto una scommessa.
Qualcosa come dieci gradini dopo, a scendefe furono sia lui che Nonna Fa, ma zia Maggie non ne fece una questione di stato, accettando velocemente le consolazioni di Helios e pagando una mela a Nonna Fa.
Dopo la scalinata, svoltarono a destra, poi presero altri corridoi un po' più secondari per giungere infine a una scala più piccola e stretta, di semplice legno. Helios avrebbe voluto che anche il suo senso di colpa potesse diventare così piccolo, ma continuava a sentirsi a disagio e le sue due accompagnatrici sembrarono coglierlo in pieno.
«Qui starai meglio» lo rincuorò Nonna Fa, prima di sorpassarlo e di spalancare l'unica porta a fine scala. Una stanza buia, illuminata da sprazzi di luce colorata si aprì davanti a loro, accompagnata da una musica dance fortissima e coinvolgente.
Zia Maggie lo spinse dentro, la porta si chiuse dietro di lui ed Helios si ritrovò circondato da ballerini sconosciuti che si agitavano ovunque.
Cercò di salvare parte del mantello del suo vestito (era un regalo di chi gli voleva bene), ma fu presto catturato dall'atmosfera. La luce colorata si riversava dal soffitto, precisamente da una grande sfera fatta di specchi tutto diversi e colorati: al suo interno, ballavano quelle che sembravano fate. La musica, si accorse, cambiava a seconda del proprio stato d'animo e scivolava ovunque, senza che si riuscisse a vedere la banda o l'orchestra in questione.
Era tentato di farsi da parte e di cercare di capire cosa fare- cosa fosse meglio fare- ma come era successo per il suo mantello, si scordò tutto quando i ballerini (che riconobbe essere ragazzi e ragazze di ogni età e di ogni parte del White Realm) lo coinvolsero nel loro vortice di danza e allegria.
E quando il colletto dell'abito si disfece da solo, quasi non se ne accorse.


L'Arena risplendeva attorno a lei. Ne era consapevole, pur non guardandola in modo diretto. Non le interessava minimamente chi ci fosse tra gli spalti, né chi facesse tutto quel casino.
Principessa bastada, sembrava quasi che qualcuno stesse fracassando intere botteghe dei piatti di zia Tremaine per terra...
Ma a lei non interessava. Non le interessava quello stupido casino, nè chi ci fosse su quegli stupidi spalti (e il fatto che parte di lei volesse sapere di zio Uncino era una cosa da stupidi e lei era perfetta). Le interessava solo uccidere.
Uccidere quello stupido Prescelto e andarsene a casa.
A casa alla Jolly Roger, a casa nel Black Castle, non le importava nemmeno quello.
Doveva solo uccidere.
Improvvisamente, quello stupido rumore cessò. L'Arena piombò nel silenzio più che totale, quasi irreale. Addirittura peggio del rumore.
Quasi in contemporanea con quel pensiero, si accorse di essere ancora a fissare gli spalti.
Cosa? E perché?
Con uno scatto rabbioso tornò a guardare verso il centro dell'Arena e...
E lui era comparso. L'altro Prescelto.
Se ne stava lì, in un'armatura candida come la neve e come l'Arena, l'elmo chiuso, immobile, una statua.
Sentì l'aria sfrigolare di potenza attorno a lei. All'improvviso, la sua spada fu parte del braccio destro, il sinistro che anelava la magia.
Prese la rincorsa, un urlo che si faceva strada nei suoi polmoni, alzò la spada, spiccò un salto, si preparò a colpire.
La visiera dell'elmo esplose in un lampo di luce che la accecò.
Ruzzolò malamente a terra, sentendo qualcosa che si rompeva- la spada? Le ossa?
Cercò di rialzarsi, ma presto il Prescelto fu su di lei e la costrinse sulla polvere, premendole un piede nello stomaco. Si divincolò, cercò di colpirlo. Il Prescelto si voltò a guardarla dall'alto e dentro il suo elmo non aveva viso, ma pura e limpida luce, la stessa che l'aveva accecata.
Doveva scagliargli un incantesimo, pensò in preda al panico, ma il suo corpo non rispose, non si mosse. Il Prescelto alzò la sua spada. Una lunga risata folle perforò l'Arena, una risata che sapeva di una fuga di notte in un bosco senza luna.
Spugna, pensò incoerentemente Nerissa e il suo grido di terrore si mischiò alla risata, mentre la lama calava inesorabile a mozzarle la testa.

Con un tonfo, Nerissa si ritrovò a fissare il soffitto annerito della sua camera. Il suo cuore batteva come a spasmi, sempre più forte, come se stesse cercando di farsi strada dentro di lei per scappare. Ma a parte quello, la stanza e quell'intera parte del castello sembravano immerse nel silenzio.
Si sedette, scostando via le coperte. I piedi nudi rimasero a penzoloni, creando uno stupido contrasto tra il pavimento scuro e il biancore della sua pelle. Era da un po' che tutto il suo corpo stava impallidendo. Fece flettere il braccio sinistro, che diede in un bruciore nel punto dove era stato impresso il nuovo tatuaggio. Nessun altro segno di magia.
Si alzò in piedi, scoprendosi addirittuta simile a qualcosa di debole, e si avvicinò all'unica finestra al lato opposto della stanza. Aprì le imposte e la salutò luce chiara dell'alba.
Il cuore diede in uno spasmo nel petto. Avvertì la stessa sensazione che aveva avuto nel suo stupido incubo l'attimo prima che le tagliassero la testa.
Era il suo quindicesimo compleanno: il giorno dell'Arena era arrivato.


Note
*1) zio Rudy: Rudy Radcliffe, da "La Carica dei Centouno". Mi ha sconvolto che fosse quello il suo cognome.
*2) alcuni termini sono ovviamente inventati, per rimarcare alcune caratteristiche dei personaggi e delle loro personalità.
*3) zio Dolce: Joshua Strongbear Dolce, da Atlantis.
*4) Penny: non si parla di The Big Bang Theory, ma si tratta della bimba di "Bianca e Bernie".
*5) Sis: coniglietta maggiore di "Robin Hood".
*6) Vanellope: ovviamente Vanellope von Schweetz, da "Ralph Spaccatutto" (spero che la conosciate, è un personaggio fantastico!).
*7) Signor Topus: Walter Topus, da "Le Avventure di Ichabod e Mr. Toad". Ho preferito tenere il nome in italiano, ma mi sono affidata, come sempre, alla Disneypedia inglese. Ah, e nel mio headcanon lui e Basil sono veramente cugini.
*8) Oneiron: altro regno di cui la serie tratterà in seguito.
*9) DOR-15: da "I Robinson- una famiglia spaziale". Non essendo alla fine l'Uomo con la Bombetta da considerarsi un vero e proprio cattivo (non faccio spoiler riguardo al film, non voglio prendermi questa responsabilità), sono stata a lungo in dubbio su come procedere, decidendo infine di accogliere come Villains solo il robot.
*10) si tratta di uno degli scagnozzi di Malefica. Li trovate qui, ma purtroppo non è accreditata alcuna informazione maggiore su di loro. Se volete avere un'immagine più completa di lui, è il secondo, partendo da sinistra, di quest'immagine.
*11) canzoncina delle zie Guendalina e Adelina: si tratta della colonna sonora che precede l'arrivo delle due oche. La trovate qui, a inizio video.
*12) zia Billie: Billie Robinson, da "I Robinson- una famiglia spaziale".
*13) zia Margaret/Maggie: una delle tre mucche da "Mucche alla Riscossa", precisamente questa. Si fa chiamare da tutti Maggie, ma Helios è imbarazzato nel storpiare così il nome di qualcuno.
Non so bene come cominciare queste note. Cercherò di essere più breve possibile dopo un tempo infinito, sono riuscita a ritrovare l’ispirazione. Il capitolo è lungo circa 40 pagine word- e spero che questo spieghi la mia decisione di dividerlo in due parti. L’ultima parte è pronta, si tratta solo di trascriverla (mi sono resa conto che non sono in grado di scrivere al computer senza distrarmi e sono perciò tornata al buon vecchio cartaceo) e dovrebbe arrivare tra questa e la prossima settimana, poi mi dedicherò al seguito di PR (già in produzione, tra l’altro) e alle mie altre fanfiction in corso.
Il mio stile ha subito un grande cambiamento, credo sia stato influenzato molto anche dalla lettura del Trono di Spade… non so quanto sia un bene ahah
Comunque, si, Nerissa sta diventando pazza. No, Helios non è gay. Si, Tommy Pig è stato ucciso da Nerissa qualche capitolo fa- svegli i Buoni, eh? No, non vi farò spoiler sui prossimi avvenimenti, ma se drizzate bene le vostre orecchie, antenne, quello che sia, avrete la possibilità di decidere la sorte di un personaggio a voi caro (sempre che non abbia un ruolo particolare nei miei progetti) attraverso una sorta di domanda legata a una shot che pubblicherò poco dopo l’ultimo capitolo.
Che altro dire, le note belle lunghe, con tutti i ringraziamenti arriveranno con l’ultimo capitolo molto presto, ma ci tengo comunque a ringraziare chi, in questi mesi, mi ha incoraggiato (MissVillains, Relie, sto parlando con voi) e chi magari ora si fermerà a leggere e a lasciarmi i suoi pensieri.
Baci e a presto,
Nox

  
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