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Autore: jess803    04/01/2017    0 recensioni
In un mondo post-apocalittico, segnato profondamente dagli esiti di una distruttiva guerra nucleare, in cui le risorse idriche e i generi alimentari scarseggiano, si muove una donna, Hadiya De Wit, spia al servizio della Confederazione, ossessionata dai demoni del passato e legata da una catena invisibile ad un amore misteriosamente scomparso.
Ambientata nel torrido deserto nord africano, è una storia di spie, amicizie tradite, intrighi politici, ma soprattutto di un amore destinato, forse, a non finire mai.
"Erano come due anime in bilico sull’orlo dello stesso precipizio, che lottavano contro la stessa forza invisibile che cercava in tutti i modi di farle andare giù, che avrebbero potuto restare in equilibrio solo se fossero rimaste immobili a sostenersi a vicenda… due anime a cui sarebbe bastato solo il soffio di un alito di vento per precipitare sul fondo del baratro e restarci per sempre."
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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<< Quanto ci mette quella fottuta vecchia ad uscire da quella fottutissima casa?>>.
L’ennesima imprecazione dell’agente Cox disturbò irrimediabilmente il sonnellino di Hadiya, che, esasperata dalla noia, accese di nuovo la radio della vecchia auto cercando una stazione che non passasse solo pessima musica pop locale.
<< Dio Cox, ti hanno mai detto che come partner di appostamenti fai veramente schifo?>> disse poi, quando l’uomo cominciò anche a tamburellare le dita sul cruscotto, contribuendo con quel rumore assordante a peggiorare il suo terribile mal di testa.
<< Siamo fermi fuori a questa casa da quasi tre ore, la vecchia bastarda avrebbe dovuto uscire circa due ore fa. Mi chiedo cosa diavolo stia facendo ancora lì dentro…>>.
<< Forse ha solo deciso di restarsene in casa a rinfrescarsi con l’aria condizionata. Con il caldo che fa in questo paese, non stenterei a crederlo>> fece la donna, che dopo essere riuscita a trovare della musica decente, si lasciò scivolare sul fondo del sediolino e appoggiò le ginocchia sul volante, cercando di rilassarsi un po’. Cox lanciò un’altra occhiata furtiva alla elegante casa sulla collina abbassandosi gli occhiali da sole sulla punta del naso, poi sbuffò di nuovo alla vista della porta ben chiusa.
<< Ehi>> fece poi rivolgendosi alla collega con non chalance << cosa ti ha detto poi Huber quando ti ha convocata nel suo ufficio, dopo l’interrogatorio di Aguilar?>>.
Fino a qualche settimana prima, Hadiya avrebbe glissato la domanda senza grossi problemi rispondendogli di farsi gli affari suoi, ma dopo le numerose prove di lealtà che Kieren le aveva dato da quando erano tornati dall’Africa, non poteva più sottrarsi così facilmente alle sue domande. Alimentare i rapporti di fiducia era importante tra colleghi, soprattutto il quella particolare situazione; era una cosa che capiva perfettamente anche lei. Fece un sospiro profondo, si aggiustò il ciuffo castano con le mani e disse: << mi ha fatto una bella strigliata, giusto per usare un eufemismo. Credo che non mi abbia licenziato solo perché sono riuscita a farmi dare il nome di quel contatto dal vecchio. Se così non fosse stato, adesso sarei in qualche squallido motel della capitale a controllare la pagina degli annunci e a bere tequila>>.
<< Beh, considerando che ora sei chiusa in un’angusta auto sotto il sole cocente di Tripoli a far arrostire la pelle aspettando che una vecchia esca per fare Dio-solo-sa-cosa, forse la tequila e il motel non sarebbero stati così male. In ogni caso, non si può certo dire che non te lo saresti meritato... Il licenziamento, dico>> azzardò Cox, alzando gli occhi al cielo.
<< Già, beh… mi rendo conto di essere davvero una brutta gatta da pelare, a volte>>.
<< Una gatta da pelare a volte, sempre per usare un eufemismo>> la corresse lui.
Hadiya si stava preparando a sferrargli un pugno sul braccio sano, quando si rese conto che la vecchia governante stava finalmente uscendo dalla porta principale della villetta. I due agenti si lanciarono uno sguardo di approvazione e, dopo aver aspettato che la donna svoltasse l’angolo, si avvicinarono cautamente alla porta di servizio, passando attraverso il giardino retrostante.
<< Resta tu di guardia, mi occupo io della porta>> le disse Kieren, mentre tirava fuori un borsello nero in pelle dalla tasca dei pantaloni.
<< E quella roba da scassinatore di quarto ordine da dove salta fuori?>> chiese Hadiya, non nascondendo un leggero sorriso alla vista degli attrezzi dorati che l’astuccio conteneva.
<< Questa roba da scassinatore di quarto ordine mi ha salvato il culo più volte di quante possa raccontare>> rispose Cox mentre infilava uno dei minuscoli aggeggi a forma di mazza da Hockey all’interno della serratura.
<< Immagino. Lo aggiungerò alla lista dei desideri per il mio prossimo compleanno, insieme allo yacht e il viaggio ai Caraibi>> aggiunse sarcastica Hadiya.
Dopo qualche minuto di lavoro, la serratura emise un click e la porta si aprì; Cox alzò i pugni al cielo in segno di vittoria. Attraversarono la bella cucina classica in laminato e, arrivati nel salone d’ingresso, fecero un rapido giro di ricognizione: erano soli. Presero le scale di marmo bianco con le fini venature nere che portavano al piano superiore e diedero un'altra occhiata in giro.
<< Quanto tempo hai detto che abbiamo?>> chiese Cox, varcando la soglia della stanza padronale, sul lato destro del corridoio.
<< La vecchia dovrebbe essere impegnata coi suoi corsi di yoga e pilates per almeno due ore, un’altra mezz’ora dovrebbe perderla a spettegolare con le amiche e impiegare altri venti minuti circa per rientrare a casa a preparare il pranzo. Per farla breve, dobbiamo essere fuori di qui prima delle dodici>>
<< Dio benedica le vecchie emancipate>> disse divertito Cox.
L’agente De Wit entrò con cautela all’interno dello studio del generale Essid, situato accanto alla camera da letto, e fece: << mi raccomando, nessuna traccia della nostra permanenza in questa casa>>.
Dopo circa quaranta minuti, l’agente Cox raggiunse Hadiya nello studio, dove, seduta a gambe incrociate sul tappeto persiano accanto alla libreria, stava spulciando con precisione chirurgica le pagine della montagna di libri disposte sugli scaffali di legno.
<< Nulla in camera da letto?>> gli chiese quella poi, stiracchiandosi le braccia ed emettendo un lungo sbadiglio.
<< No, come al solito. E’ la quarta casa che perquisiamo, perché non abbiamo ancora capito che nessuno tiene le prove di un alto tradimento tra le mutande? A proposito, la prossima volta comincio io dallo studio e vai tu in camera, sono stufo di rovistare tra la biancheria intima degli sconosciuti>>.
<< Smettila di lamentarti e aiutami con questi libri, ché di questo passo non finiremo neanche per domani mattina. Non ho neanche trovato la cassaforte; forse è in qualche altra stanza>> concluse seccata la ragazza.
Cox sbuffò rumorosamente e si mise al lavoro accanto alla collega, cominciando a rovistare tra gli effetti personali del Generale.
Nelle ore successive, i due agenti passarono al setaccio ogni centimetro quadro della stanza alla ricerca di elementi incriminanti; dai fogli volanti della scrivania, alle scartoffie dei libri contabili, ai DVD e CD di musica contenuti nei raccoglitori, fino alle foto all’interno delle cornici.
<< Niente anche qui, cazzo!>> gridò esasperato Cox dopo aver frugato nei luoghi più impensabili e non aver trovato nulla, << siamo sicuri che nel computer e nell’ufficio al lavoro non ci sia nulla?>>.
<< Tutti i dispositivi elettronici delle presunte talpe sono stati messi sotto controllo da settimane e i loro uffici perquisiti a fondo, non è saltato fuori nulla di compromettente. Se il nostro uomo ha qualcosa da nascondere, di sicuro la tiene in casa propria>>.
Hadiya uscì dall’ufficio e fece un giro al piano superiore; delle cinque porte che si aprivano ai lati dell’ampio corridoio, le due sul lato destro immettevano nello studio e nella stanza padronale, quella sul fondo portava al bagno, tramite quella piccola sulla sinistra si accedeva alla lavanderia, mentre la porta della stanza accanto era chiusa a chiave.
<< E’ chiusa a chiave, pensi di riuscire ad aprirla?>> chiese a Cox, che l’aveva appena raggiunta, sfilando lentamente la pistola dalla fondina legata alla coscia.
L’uomo la guardò soddisfatto e compiacente, mentre tirava fuori il suo borsello di pelle dalla tasca dei pantaloni, << cosa dicevi, riguardo al tuo prossimo regalo di compleanno?>>.
Hadiya sferrò il pugno che aveva tenuto in serbo per il collega in auto e gli intimò di rimettersi al lavoro. Una volta aperta la porta, entrambi gli agenti rimasero piacevolmente sorpresi da ciò che vi trovarono all’interno: non un ostaggio imbavagliato, né una postazione riservata in cui condurre traffici illegali di informazioni, né un centralino criptato, ma la cameretta di una bambina. Al centro della stanza c’era un lettino bianco di legno verniciato, ricoperto da una trapunta a fiori colorati e diversi peluche dal pelo morbido, di fronte all’ingresso, una grossa finestra che illuminava giochi e bambole e, dalla parte opposta, una scrivania ordinata con delle penne e dei quaderni. Hadiya cominciò a frugare con attenzione tra le cose della bambina, restando in un religioso silenzio.
<< A cosa stai pensando?>> chiese Cox alla collega, accarezzando uno dei peluche a forma di cane poggiati sul lettino.
<< C’è qualcosa che non quadra qui. Abbiamo tenuto sotto controllo questa casa per giorni, appuntato chiunque entrasse o uscisse, segnato tutti gli orari e le attività dei suoi abitanti, dalla moglie del generale fino all’ultimo dei giardinieri, e non abbiamo mai visto nessuna bambina, neanche da lontano>> fece massaggiandosi il mento con l’indice e il pollice la donna.
<< Mah, forse hanno una figlia che studia in qualche collegio prestigioso fuori città, che ne possiamo sapere?>>, Cox mise a posto il piccolo barboncino e si accasciò sul lettino abbandonato.
<< Se anche fosse, perché non è tornata a casa per le vacanze estive? E perché la sua camera è chiusa a chiave? Questo letto è intonso da settimane, c’è ancora la coperta pesante sistemata sul letto e fuori ci sono almeno quaranta gradi!>>.
Cox rimase in silenzio, non riuscendo a trovare una spiegazione logica alle osservazioni della collega; rimise a posto il letto così come lo aveva trovato e chiese sospirando: << cosa facciamo ora?>>.
<< Tu per ora richiudi la stanzetta, contatta McIntyre e chiedigli di fare qualche ricerca sulla famiglia di Essid e controlla il resto del piano superiore. Io, intanto, scenderò di sotto a cercare la cassaforte>>. Kieren fece un cenno di assenso e tirò fuori il suo telefono satellitare dalla tasca.
Al piano sottostante, Hadiya cominciò con tanta pazienza a cercare la cassaforte a partire dal salone d’ingresso e dalla cucina; guardò in eventuali doppi fondi delle assi del parquet, dietro ai mobili, accanto alle porte e alle finestre, nei condotti di aerazione e persino nella cella frigorifera della cucina, senza risultato. Attraversò poi la sala da pranzo che affacciava a nord sul giardino con piscina, al centro della quale si trovava un elegante tavolo di legno intagliato, sormontato da candelabri dorati alle estremità, e agli angoli delle statue di marmo raffiguranti donne seminude. Sulla parete sud, invece, vi era una credenza che ospitava dei raffinati servizi di piatti e bicchieri di cristallo e, al di sopra di essa, un enorme quadro simil rinascimentale che occupava tutta la parete. “Ma no, vuoi vedere davvero che…?” pensò la donna, mentre sollevava il dipinto dal muro bianco calce. Una forte risata risuonò in tutta la casa, giungendo anche alle orecchie di Cox, che aveva appena sceso le scale.
<< Che diavolo ti prende?>> chiese quello inarcando le sopracciglia.
<< Guarda un po’ qui>>. Hadiya mostrò incredula la sua scoperta al compare: una luccicante ed ultra moderna cassaforte a manopola, in doppio acciaio rinforzato, di un pluridecorato generale africano dei servizi segreti, nascosta dietro ad un quadro della sala da pranzo.
<< Cavolo, credevo che queste cose si vedessero solo nei telefilm>> disse grattandosi la nuca Cox, che poi riprese << al piano di sopra non ho trovato nulla di interessante, ho rimesso tutto in ordine e richiuso la stanza. Per quanto riguarda la piccola, secondo i nostri dovrebbe essere l’unica figlia di Essid e della prima moglie, morta qualche anno fa in un incidente stradale. Mcintyre dice che dovrebbe avere circa dieci anni ed essere iscritta alla scuola elementare del quartiere. Non sono noti altri parenti in vita che potrebbero ospitarla, eccetto una vecchia zia malata che abita in un ospizio fuori città, e non si conoscono altre residenze del generale al di fuori di questa villa>>.
<< Che diavolo di fine ha fatto questa bambina, allora?>> chiese scuotendo il capo Hadiya.
<< Non lo so e di certo non lo scopriremo restando qui impalati a farci beccare. Abbiamo solo venti minuti prima che la vecchia torni, penso sia meglio non sfidare la sorte e andare via. Torneremo domani mattina con gli strumenti adatti per aprire la cassaforte>> le disse Cox tirandola per il braccio.
Hadiya si divincolò dalla sua stretta, portò l’indice al naso chiedendo al collega di fare silenzio, poi aprì lo zainetto che aveva sulle spalle e tirò fuori un fonendoscopio nero dalla campana luccicante; lo appoggiò contro lo sportello della cassaforte e infilò nelle orecchie l’altra estremità.
<< Fai sul serio? E poi sarei io lo scassinatore da quattro soldi?>> disse Cox strabuzzando gli occhi. Hadiya gli fece di nuovo cenno di restare in silenzio e cominciò con solennità a ruotare la manopola auscultando ogni singolo click che emetteva.
<< Bingo!>> disse dopo circa dieci minuti, quando, dopo aver inserito la corretta sequenza, lo sportello si aprì. Cox non poteva credere ai suoi occhi; era riuscita a scassinare una cassaforte rinforzata in appena dieci minuti.
<< E’ questo quello che vi insegnano in accademia?>> chiese, ancora sconcertato.
<< Non essere sciocco Cox, questo è il mio personalissimo passatempo domenicale>> rispose Hadiya divertita.
All’interno della cassaforte gli agenti trovarono circa due milioni in contanti, diverse decine di titoli di stato dei paesi più disparati, una pistola, un foglietto con diversi numeri ed infine un libro ingiallito: Anna Karenina.
<< Abbiamo appena trovato la nostra chiave!>> disse Hadiya soddisfatta sfogliando il libro.
<< Non capisco di cosa parli, come al solito>> ribatté seccato il biondo.
Hadiya corse veloce nello studio al piano di sopra, recuperò dalla agenda del generale un post-it volante ricco di quelli che apparentemente sembravano numeri di telefono, a cui prima non aveva dato grossa importanza, e, una volta ritornata nella sala da pranzo cominciò a cerchiare delle parole tra le pagine del romanzo russo.
<< E’ un messaggio cifrato. I malviventi gli recapitano per posta un foglio con delle cifre accoppiate a tre a tre e gli indicano qual è il libro da utilizzare; il primo numero della tripletta corrisponde alla pagina, il secondo al rigo e il terzo alla parola da evidenziare. L’insieme delle parole indica il luogo e la data dell’incontro. Capisci?>> disse la donna entusiasta. Cox rimase impalato con la bocca aperta e lo sguardo confuso per qualche secondo.
L’agente De Wit si appoggiò al tavolo della sala da pranzo, pescò una matita dallo zaino e prese a cerchiare tutte le parole indicate dal messaggio.
<< Dunque, vediamo un po’, questo dovrebbe essere l’ultimo numero. Centodiciotto… undici… quattro… Eccolo!>> urlò soddisfatta.
<< Allora? Che dice sto’ coso?>> chiese interessato Cox.
<< L’incontro si terrà alle dodici davanti alla moschea della piazza centrale, non lontano da qui>>. Guardò l’orologio da polso che segnava le undici e quaranta, << merda! Ci dobbiamo muovere o lo perderemo! Rimettiamo tutto in ordine e usciamo alla svelta>>.
L’agente Cox, ancora frastornato per l’enorme quantità di informazioni apprese nell’arco di cinque minuti, annuì e seguì le indicazioni della collega senza batter ciglio. In un tempo che parve ridicolmente breve anche a loro, furono fuori dalla villa del Generale, seduti in auto pronti a raggiungere la piazza centrale.
<< Cazzo, di questo passo non arriveremo mai!>> Cox fece un gesto di stizza battendo i pugni sul clacson, che risuonò insieme a quelli degli altri automobilisti paralizzati nel traffico della capitale.
<< Hanno scelto l’ora di punta per l’incontro proprio per mescolarsi alla folla>> disse Hadiya mordendosi le labbra e guardando preoccupata l’orologio, che continuava a ticchettare incessante.
<< Io continuo a piedi>> disse tutt’ad un tratto la donna, << tu parcheggia appena puoi e poi raggiungimi>>. Scese in fretta dall’auto e controllò che la pistola nella fondina fosse a posto.
<< La piazza dista almeno 2 Km, non arriverai mai in tempo De Wit!>> urlò Kieren disperato dal finestrino. Hadiya si voltò a guardarlo e poi allargando le braccia verso l’alto gli gridò: << lo so, ma devo almeno provarci>>.
Cox vide la collega scomparire nel fiume umano che intasava i larghi marciapiedi di Tripoli. Hadiya cominciò a correre più forte che poteva, scontrandosi continuamente con le donne dai vestiti colorati e i capelli racchiusi in un velo. Cominciò a non sentire più le gambe, il respiro si fece affannoso e un dolore urente cominciò ad irradiarsi dal fianco sinistro a tutto il torace quando mancavano appena cinque minuti a mezzogiorno. Se fosse arrivata in ritardo, se non fosse riuscita ad individuare il generale in mezzo alla folla, il loro lavoro sarebbe stato vano. Solo quando arrivò ai piedi della piazza, qualche minuto dopo, si fermò un attimo piegandosi con le mani sulle ginocchia a riprendere fiato. Le goccioline di sudore le scendevano copiose sulla fronte arrossata e le fitte al torace cominciavano a farsi così insistenti da impedirle di respirare. Alzò lo sguardo verso la piazza e l’immagine che vide contribuì ulteriormente a toglierle il fiato.

Martyrs’ square era una enorme piazza a pianta circolare che fungeva da raccordo per due delle quattro strade principali della città. Al centro di essa sorgeva la più grande moschea del paese, un edificio rettangolare con diversi gazebi e tendaggi annessi, decorato con splendide pietre nere e dorate e colonne di finissimo marmo bianco, che sostenevano archi a sesto acuto. Il pavimento era una distesa di marmo bianco luccicante, interrotto da diversi disegni di fiori azzurri e rigogliose piante rampicanti. Le ventiquattro cupolette sul tetto, disposte in quattro file da sei, erano rivestite da lamine di oro puro, che, riflettendo il caldo sole libico, accecavano gli spettatori anche a centinaia di metri di distanza.
La più orribile delle sue previsioni si era rivelata fondata. La preghiera di metà mattino stava richiamando frotte di fedeli alla moschea e gli uomini e le donne praticanti, disposti in lunghe file davanti ai due ingressi separati, avevano occupato gran parte del perimetro circostante. Scorgere il generale in mezzo a tutta quella gente sarebbe stato difficile quanto trovare un ago in un pagliaio.
Cercando di farsi strada tra le centinaia di fedeli, con strattoni e spinte poco cortesi, Hadiya cominciò la sua impossibile ricerca, sperando che Cox la raggiungesse quanto prima e la aiutasse.
Quando ormai mancavano pochi minuti all’incontro e aveva perso ogni speranza di trovarlo, vide da lontano il generale, come un miraggio in un’oasi del deserto, vestito con dei semplici abiti tradizionali bianchi, che si dirigeva verso una delle colonne posteriori.
L’uomo si guardò intorno con fare circospetto, poi lasciò all’interno di una scanalatura della colonna una busta bianca delle dimensioni di un foglio A4. Senza più guardarsi indietro, si allontanò come se nulla fosse dal luogo dello scambio ed entrò insieme agli altri uomini in fila all’interno della moschea. Hadiya si nascose dietro ad una delle colonne a decine di metri di distanza da cui godeva di un’ottima visuale del pacchetto, tanto più che con l’inizio della preghiera la piazza stava cominciando lentamente a liberarsi. Il telefono cominciò a vibrare nella sua tasca; rispose senza mai perdere di vista la busta.
<< Dove sei? Io sono appena arrivato in piazza>> le disse Cox annaspando; doveva aver corso forte anche lui.
<< Sono dietro ad una delle colonne della moschea, quella più bassa col capitello d’ottone scolorito. Il nostro uomo ha appena infilato una busta bianca in una scanalatura a sud-est e se n’è andato a pregare>> rispose Hadiya, coprendosi le labbra con il palmo della mano.
<< Probabilmente passerà qualcuno a recuperarla a momenti, così da non avere alcun contatto diretto con il Generale. Cosa facciamo ora?>> incalzò di nuovo il collega, che stava ricominciando a prendere fiato.
<< Aspetto che si presenti il galoppino dei terroristi e poi lo seguirò ad una certa distanza per vedere se ci porta dai suoi mandanti. Tu sbrigati ad arrivare che essere in due renderà la cosa più semplice>>.
<< Va bene, dammi due minuti e arrivo>> tagliò corto Cox, poi riagganciò.
Come previsto, dopo circa cinque minuti dalla fine della telefonata, un tizio ordinario, vestito con un jeans e una camicia bianca a righe blu e un berretto, prelevò con un gesto rapidissimo la busta lasciata dal generale e la infilò all’interno di una ventiquattro ore nera. Dopo aver dato una fugace occhiata in giro, l’uomo si allontanò a passo svelto attraversando la parte posteriore della piazza, ancora piena di gente nonostante l’inizio della preghiera. Hadiya comunicò a Cox la descrizione dell’uomo, che dall’aspetto pareva essere del posto, e cominciò a seguirlo ad una distanza di almeno venti metri. Il tizio si fermò tutto ad un tratto nel centro del piazzale, rispose al telefono con aria annoiata, e poi riprese il suo cammino. Il suo passo si fece sempre più svelto, attraversò la strada trafficata che lo divideva dal corso principale della città e imboccò la direzione del mercato.
Hadiya aggiornò Cox sulla direzione intrapresa dal sospettato e riprese il suo inseguimento destreggiandosi tra bancarelle di frutta, abiti e cianfrusaglie varie, donne con carrozzini e passanti in bicicletta. La città nell’ora di punta era un vero e proprio inferno. Cox spuntò dall’altro lato della strada dopo aver tagliato attraverso un vicoletto stretto laterale.
<< Se quel maledetto arriva al mercato o si infila in un’auto, lo abbiamo praticamente perso>> disse Hadiya preoccupata al telefono.
<< E’ già abbastanza difficile stargli dietro così, dannazione>> aggiunse l’altro stringendo i pugni.
Dopo circa cinque minuti, il tizio attraversò la strada raggiungendo Cox dall’altra parte, poi svoltò in una piccola stradina collaterale, che si inseriva ad angolo retto sulla principale, si tolse il cappellino e la camicia bianca, restando solo con una t-shirt sottile, e li gettò in un bidone poco distante. Quando l’agente della confederazione, mantenutosi a distanza di sicurezza, svoltò l’angolo, non vide più l’uomo. Cominciò a correre lungo la stradina, a guardare in ogni negozio e bazar, ma del sospettato non c’era più traccia: si era apparentemente dissolto come neve al sole. Tornò indietro in direzione di Hadiya, arrabbiato con sé stesso per essersi fatto sfuggire l’uomo come il peggiore dei pivellini e pronto a sorbirsi la meritata lavata di capo della donna.
<< L’ho perso, mi spiace>> fu l’unica cosa che riuscì a dirle quando la vide corrergli incontro.
La donna lo superò, si avvicinò al bidone della spazzatura retrostante e tirò fuori gli indumenti del tizio lasciati sui rifiuti; tirò un calcio ad una lattina caduta da una busta.
Si avvicinò al biondo e, mettendogli una mano sulla spalla, gli disse: << non è stata colpa tua Cox, hanno organizzato lo scambio a quest’ora proprio per permettere al tizio di confondersi con la folla. Se l’avessimo marcato troppo stretto ci avrebbe notati e non avremmo più potuto contare sull’effetto sorpresa>>.
Kieren inarcò le sopracciglia, sorpreso dalle parole gentili della collega, << cosa facciamo ora?>>.
<< L’unica cosa che possiamo fare è andare a fare quattro chiacchiere con il nostro generale. Anche se sono convinta che non sappia nemmeno per chi lavora, ci potrà di sicuro comunicare il luogo e l’ora del prossimo scambio. A quel punto, non ci faremo trovare impreparati>>.
<< E se invece dovesse rifiutarsi di collaborare?>>.
<< Non lo farà. Ha un’accusa di alto tradimento pendente sulla testa, farà di tutto pur di non essere giustiziato… O almeno lo spero>> rispose quella, senza essere troppo convinta delle proprie stesse parole. Hadiya si allontanò per riferire gli ultimi sviluppi al Capitano, poi lei e Cox, ancora deluso e amareggiato, tornarono all’auto, pronti a ideare una nuova strategia per incastrare definitivamente la talpa africana e attraverso essa arrivare agli ideatori dell’attacco al presidente.
Quando quella sera il generale Essid uscì dal quartier generale dell’intelligence Nord-africana, non troppo distante da Martyrs’ square, per dirigersi alla sua auto posteggiata nel parcheggio sotterraneo, non si aspettava di certo che due agenti della Confederazione gli facessero una visita di cortesia. Entrò come suo solito nell’ascensore che lo portava ai piani inferiori, mostrò il badge di riconoscimento alla guardia, che lo salutò con un lieve cenno della mano, aprì col comando a distanza la sua costosa berlina a tre volumi tedesca e prima che potesse inserire la chiave nel cruscotto e mettere in moto, si sentì puntare una pistola alla tempia da qualcuno che era rimasto tutto il tempo lì, acquattato in silenzio sui sedili posteriori.
<< Che cosa volete da me?>> balbettò l’uomo alzando le mani, << se è il denaro che volete, ho il portafogli nella valigetta…>>.
<< Non sono i soldi che cerchiamo, generale>> disse Hadiya fissandolo con occhi accusatori attraverso lo specchietto retrovisore, << ma solo qualche notizia sulla gente a cui passa informazioni riservate da qualche mese a questa parte>>.
L’uomo strinse gli occhi e inspirò profondamente, consapevole che prima o poi il momento della resa dei conti sarebbe arrivato; si allentò il nodo della cravatta, si girò con cautela in direzione dei due aggressori e disse con un filo di voce, prima di crollare in un pianto disperato, << hanno preso la mia bambina>>.
Hadiya e Cox si guardarono negli occhi cercando sostegno l’uno nell’altro, non sapendo bene cosa fosse giusto fare; poi la donna infilò di nuovo la pistola nella fondina, mentre Cox tirò fuori un fazzoletto dalla tasca e lo porse all’uomo, i cui singhiozzi erano diventati talmente forti da impedirgli quasi di respirare. << Ora si faccia forza Generale e mi ascolti attentamente>> fece l’agente De Wit con tono gentile ma deciso, << mi racconti tutta la storia sin dall’inizio e le prometto che andrà tutto bene>>.
L’uomo annuì e cominciò il lungo racconto dei mesi più spaventosi della sua vita.
   
 
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