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Autore: Echocide    04/01/2017    2 recensioni
Una piccola raccolta di missing moments dedicata alla serie 'Quantum Universe'.
01. Come Adrien e Rafael si conobbero...
A pelle, sentiva proprio che quella sarebbe stata una persona da tenere alla larga: troppo sicuro di sé, troppo sfrontato, troppo…tutto.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Quantum Universe'
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Titolo: Scene
Personaggi: Un po' tutti
Genere: slice of life, generale
Rating: G
Avvertimenti: oneshot, what if...?, raccolta
Wordcount: 1.179 (Fidipù)
Note: Nuovo appunamento con Scene e, stavolta, il capitolo sarà interamente dedicato ad Alex Simmons, il giovane hacker amico della banda di eroi che, in Miraculous Heroes, è stato per un po' dalla parte del male (inconsciamente, sia chiaro). Che posso dire? Con questo capitolo, ho cercato di dare una motivazione al perché Coeur Noir ha trovato un facile terreno per il suo cristallo nero e il suo attaccamento per Sarah durante i fatti di Miraculous Heroes: ricordo bene che, in molti, avevano pensato che fosse innamorato di Sarah ma...beh, in verità ho sempre pensato che i sentimenti di Alex per Sarah fossero sì, forti e profondi, ma con una connotazione diversa rispetto all'amore classico.
Beh, spero di aver dato una spiegazione e di aver messo l'ennesimo tassello mancante del Quantum Universe.
La collocazione cronologica di questa oneshot è, ovviamente, prima di Miraculous Heroes e direi anche dopo gli altri capitoli di questa raccolta.
Detto ciò, come sempre voglio ringraziarvi tutti quanti: grazie dei vostri commenti, grazie del vostro interesse alle mie storie, grazie del fatto che le leggete.
Beh, grazie di tutto cuore!



Poche cose riuscivano a mettere di cattivo umore Alex Simmons: fare colazione con suo padre, era una di queste.
Sbuffò, osservando il genitore seduto al tavolo della cucina, con il New York Times aperto davanti, e si mise seduto dalla parte opposta, pregando quasi che il giornale lo nascondesse alla vista del genitore: «Quella pagliaccia ne ha combinata un’altra.» dichiarò il sergente Simmons, chiudendo il quotidiano e posandolo sul tavolo con un gesto stizzito: «Ai miei tempi non c’era bisogno di questi buffoni che si spacciano per supereroi…»
«Forse perché, ai tuoi tempi, non c’erano supercattivi.» sentenziò Alex sottovoce, adocchiando la prima pagina del New York Times e sorridendo alla foto sfocata dell’eroina della Grande Mela: Bee, la protettrice della giustizia e del bene.
Nonché sua migliore amica.
«Hai detto qualcosa, Alexander?»
Alex sbuffò per la seconda volta: in tutto l’universo, conosciuto e non, solo una persona lo chiamava con il suo nome per intero.
Suo padre, ovviamente.
«Niente.»
«Niente?»
«Niente, signore.» si corresse immediatamente il ragazzo, sistemandosi gli occhiali e afferrando la scatola di cornflakes, versandosene una generosa dose, riempendo poi la tazza fino all’orlo con il latte: suo padre aveva tanti difetti, uno fra i quali quello di credere di essere perennemente in una caserma.
Sentì lo sguardo del Sergente addosso e cercò di mangiare senza far notare quanto questo lo mettesse a disagio: si portò alla bocca una generosa cucchiaiata di latte e cereali, adocchiando il giornale ripiegato vicino al genitore: «Cosa è successo?» domandò poi, cercando di fare un po’ di conversazione e, allo stesso tempo, informarsi di quello che il New York Times aveva scritto.
In verità sapeva benissimo cosa era successo: la supercattiva aveva attaccato di nuovo e Bee era entrata in azione.
«Se tu la smettessi di smanettare ventiquattro ore su ventiquattro sul tuo pc e ti tenessi informato…»
Alex si riempì nuovamente la bocca, masticando lentamente: perché aveva sperato di fare una conversazione decente con il genitore? Perché?
Eppure lo sapeva che suo padre era un eccellente oratore, quando c’era da parlare male di lui.
Velocemente finì la colazione e, recuperato lo zaino, bofonchiò un saluto al genitore – ovviamente non ricambiato. Fosse mai che il Sergente si abbassasse a salutarlo – e raggiungendo la porta di casa: «Vai già?» domandò sua madre, facendo capolino dal salotto con un sorriso pacato sulle labbra: «Mettiti la sciarpa. Fa freddo oggi.»
«Sì, mamma.» dichiarò Alex, afferrando l’indumento e buttandoselo sulle spalle, sorridendo alla donna: «Oggi faccio un po’ tardi.» dichiarò, avvicinandosi e chinandosi per baciarla sulla guancia.
«Esci con Sarah?» gli domandò la donna, illuminandosi un poco in volto.
Alex annuì, osservando la madre da dietro le lenti quadrate degli occhiali: era certo che la donna aveva mandato a monte la sua relazione con Annabelle Zhao perché, segretamente, sperava che lui si mettesse con Sarah.
«Sì, vado con Sarah.» bofonchiò Alex, scuotendo il capo e uscendo velocemente dall’appartamento, addossandosi contro la porta: sarebbero bastati pochi secondi e…
«E’ colpa tua se è così.» tuonò la voce del padre dall’interno, facendolo sospirare: ecco, come ogni mattina. Il copione di ogni sua giornata.
Rimase ad ascoltare i suoi genitori discutere ancora un po’ e poi si allontanò dalla propria abitazione: suo padre lo ignorava o, al massimo, gli faceva notare quanto distante dalla perfezione era; sua madre riversava su di lui tutto l’amore che il marito non voleva, preoccupandosi per ogni singolo momento della sua vita.
Una famiglia modello, proprio.
Alex sospirò, grattandosi malamente la testa e scendendo le scale del proprio condominio, arrivando alla porta a vetri e notando la ragazza all’esterno: Sarah Davis. La sua migliore amica.
C’era stato un tempo in cui si era creduto innamorato di lei, ma era volato via molto velocemente.
Sarah era la sua migliore amica, la conosceva da una vita.
Era la ragazza con cui si era scambiato il suo primo bacio e, proprio in quell’occasione, aveva capito che non ci sarebbe stato altro che amore fraterno per la bella biondina che era una costante rassicurante della sua vita.
«Buongiorno!» esclamò Sarah, con un sorriso che sparì alla vista della sua faccia lugubre: «Che cosa è successo?»
«Oh. Nulla di che. Il solito in casa Simmons.» dichiarò Alex, con un’alzata di spalle: «Mio padre mi ha fatto notare che non faccio altro che smanettare al pc, secondo mamma oggi fa talmente freddo che ho bisogno della sciarpa e poi…beh, il solito. Papà ha accusato mamma della mia inadeguatezza e via dicendo.»
«Mi dispiace.»
«Non preoccuparti.» dichiarò Alex, carezzandole il capo biondo, stando ben attento a non toccare il pettinino a forma d’ape: «A te come è andata?»
«Mamma mi ha detto di non stare troppo ai videogiochi.»
«E quando mai ci stai?»
«Occhiaie.» dichiarò la ragazza, indicandosi il volto: «Non si notano perché ho usato un quintale di correttore, ma facevo paura stamattina.»
«Il male non dorme mai.»
«Ecco. Coeur Noir sembra averlo preso alla lettera…»
«Mi dispiace.»
«Non è vero che ti dispiace.» borbottò Sarah, guardandolo male: «Tu ci godi, invece.»
«Oh sì. Tanto.» dichiarò Alex, sorridendo con fare maligno: «La mia intera esistenza gioisce sapendo che non dormi per dare la caccia a quei cosi…»
«Guerrieri.»
«A quei guerrieri neri che imperversano per tutta New York.»
Sarah lo fissò, scuotendo poi il capo: «Sarebbe più facile se…»
«Sarebbe più facile se mi permettessi di darti una mano.» dichiarò Alex, passandole un braccio attorno alle spalle e stringendola a sé: «Insomma, per cosa ho creato quel programmino bello bello su cui sto smadonnando da giorni?»
«No, Alex.»
«Sì, Alex.» la parafrasò lui, facendole l’occhiolino: «Dai, ogni supereroe ha bisogno di una mano. Sarò il tuo Alfred! Me ne sto alla Bee-Caverna e faccio le mie magie al pc…»
«No.»
«Oh andiamo! Ma perché? Ti sarei utile! Altrimenti per cosa mi avresti rivelato il tuo segreto?»
«Per avere qualcuno che mi copre con mia madre?»
«Vedi? Ti sono utile per questo, potrei esserti utile anche per…»
«Potresti essere in pericolo, Alex!»
«Beh, se uso il mio nome sì, però potrei avere uno pseudonimo e…»
«No.»
«Pensi che il tuo no mi fermerà?» le domandò Alex, fissandola in volto: «Ne sei veramente convinta?»
«Lo spero.»
«Ah! Illusa.»
Sarah sospirò, scuotendo il capo e facendo ondeggiare la coda bionda: «Non ti voglio in pericolo, Alex. Davvero. Sei il mio migliore amico e…»
«E sono una persona comunemente normale.» decretò lui, chinando la testa e sospirando: «Cosa posso fare io, senza poteri? Giusto.»
«Fidati, tu sei tutto che comunemente normale.» mormorò Sarah, posandogli una mano sulla spalla e sorridendogli: «Sei un ragazzo fantastico, Alex. E lo so che vorresti darmi una mano per dimostrare a tuo padre che sei in gamba ma, fidati!, non ce n’è bisogno. E se tuo padre non se ne accorge…beh, problemi suoi!»
Alex annuì, osservando l’amica negli occhi e poi lasciando andare un nuovo sospiro: come rinfrancata da ciò che aveva visto, Sarah s’incamminò seguita dallo sguardo dell’amico.
No, lui non era fantastico.
Era Sarah quella fantastica.
Lui era solo Alex: un ragazzo comunemente normale, un po’ fissato con i pc e con i supereroi.

   
 
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