Anime & Manga > Inuyasha
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Autore: ___Darkrose___    04/01/2017    4 recensioni
Ci troviamo negli Stati Uniti, negli anni delle continue conquiste del territorio da parte degli americani a discapito dei nativi. Kagome è cresciuta in mezzo alla tribù Apache, mentre Inuyasha è un cowboy che condivide le idee espansionistiche dei suoi compatrioti. Nonostante le loro differenze i loro destini sono legati indissolubilmente.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Miroku, Sango, Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Inuyasha si era accorto già da un po’ che la piccola apache lo aveva seguito, ma cercò di fare finta di niente. Non aveva voglia di parlarle e tanto non si sarebbero capiti. Non aveva mai conosciuto nessun indiano che parlasse la sua lingua e quella piccola squaw non avrebbe fatto differenza.
La sentiva spostarsi dal fruscio che i suoi piedi emettevano sulle foglie secche. Avrebbe voluto girarsi a guardarla, ma trattenne quell’impulso. Se lo avesse fatto si sarebbe di nuovo fatto intenerire da quel bel visino che già lo aveva cacciato in troppi guai.
Kagome, invece, lo seguiva in silenzio. Non voleva avvicinarsi perché lo considerava un invasore, ma era la sua unica speranza di salvezza. Magari durante il loro cammino avrebbero incontrato qualche tribù della zona e a quel punto gli avrebbe chiesto la strada di casa. Non era mai uscita dai confini della foresta in cui viveva e mai si era avvicinata così tanto a un bianco.
Quando si fermarono era ormai notte. Inuyasha si prodigava per accendere un fuoco, mentre Kagome era rintanata su un abete.
Avevano camminato per parecchie miglia e si stavano avvicinando alla steppa. La cosa non la rassicurava, in quelle zone era difficile trovare acqua e cibo e senza un cavallo sarebbe stato difficile proseguire.
Il flusso continuo dei suoi pensieri fu interrotto dal suo stomaco che brontolava e l’odore della selvaggina che il ragazzo stava cucinando era davvero invitante, ma non si sarebbe abbassata a chiedergli del  cibo.
Si guardò intorno alla ricerca di qualche cespuglio di bacche commestibili, ma quella zona ne sembrava sprovvista e si accasciò sul ramo.
Le mancava terribilmente sua nonna. I suoi sorrisi sinceri, i suoi abbracci e addirittura l’odore di tabacco che emanava la sua pelle. Avrebbe desiderato averla con lei, ma ormai era lontana.
Cercò di consolarsi con quello che lei le ripeteva sempre quando da piccola sentiva la mancanza dei genitori. Ora Kaede era parte del mondo, il suo spirito era stato liberato dalla carne e poteva unirsi con la terra, gli alberi e il cielo. Non l’aveva lasciata, aveva solo cambiato forma.
Un piccolo soffio di vento le scompigliò i capelli e fu come se quello fosse un segno che su nonna la proteggeva. Un sorriso le comparve sul viso.
Sarai sempre con me
Nel frattempo Inuyasha mangiava di gusto la lepre che aveva appena cacciato, quando il suo sguardo volò verso la ragazza apache.
Se ne stava seduta sull’albero e sembrava serena. Non capiva perché fosse così tranquilla, era lontana dalla sua gente e sperduta in un posto che non conosceva. Non la sopportava!
- Piccola e inutile pellerossa – mugugnò ad alta voce.
Kagome udì quelle parole scontrose e lo fulminò con lo sguardo.
Inuyasha era scioccato, lo guardava come se avesse capito quello che aveva detto.
- Non mi dire che una come te comprende la mia lingua – la schernì.
La ragazza scese dall’albero infuriata e si diresse spedita verso quell’irritante cowboy.
Prese coraggio e provò a parlare.
- Io…io…capisco – mormorò titubante.
Per lei era difficile parlare la lingua degli stranieri, che era molto diversa dalla sua. In ogni caso si sarebbe sforzata in modo da potergli dimostrare che era migliore di quanto lui la reputasse.
Inuyasha rimase di sasso. Non riusciva a credere che lei lo comprendesse.
Cercò di riprendersi e si voltò dall’altra parte, per non guardarla. Quegli occhi scuri in qualche modo lo ipnotizzavano.
Kagome rimase in piedi, adirata per non aver ricevuto attenzione. Non era da poco quello che gli aveva appena dimostrato.
- Tu, tu… -, non riusciva a trovare la parola che stava cercando.
Il giovane cowboy si mise a ridere. – Come sospettavo, conosci solo qualche parola -.
Avrebbe voluto prenderlo a sberle, ma sarebbe stato controproducente, lui era armato e lei completamente indifesa.
- Uomini bianchi non comprendono -.
Inuyasha si voltò perplesso. – Cosa intendi con questo? -.
Kagome era frustrata, non riusciva a spiegarsi e rinunciò. Stava per andarsene, ma lui la fermò.
- Senti, non fa piacere neanche a me essere qui con te – cominciò. – Anche se mi hai trascinato in questo pasticcio, dobbiamo cercare di andare d’accordo -.
La ragazza si voltò verso di lui allibita. Lei aveva messo in quel pasticcio lui? Aveva solo cercato di difenderlo da morte certa!
- Io non ho messo nei guai, io ti ho salvato – ribatté furiosa.
- Ah sì? E da cosa? -.
- Voleva ucciderti! Io ti ho preso e poi caduti! -.
Inuyasha cercò di comprendere quello che aveva appena detto e ricollegarlo coi suoi ricordi. Lei gli si era avvicinata mentre lui era voltato di schiena e poi lo aveva tirato indietro. E se quella ragazza lo avesse veramente cercato di salvare da un attacco alle spalle?
La invitò a sedersi. Kagome era titubante, ma alla fine decise di accomodarsi, anche se sempre a debita distanza. Doveva cercare di essere il più prudente possibile per non cadere in qualche tranello del bianco.
- C’era qualcuno che mi stava per attaccare prima che cadessimo nel fiume? – le domandò.
Kagome annuì convinta. In quel momento le tornò alla mente il ricordo del suo sposo e si rese conto che lui sicuramente la stava cercando. Chissà se con i suoi lupi sarebbe riuscito a rintracciare il suo odore. Koga non le sembrava un tipo rinunciatario, sicuramente dopo che aveva messo in salvo Sango si era prodigato per cercarla e quel pensiero la rese subito più sollevata. Sarebbe tornata presto a casa.
Inuyasha era sorpreso da quella rivelazione. Non si sarebbe mai aspettato un comportamento simile da un pellerossa. Credeva che non si sarebbero fatti scrupoli ad uccidere chiunque attaccasse le loro terre, eppure quella ragazza aveva praticamente rischiato la vita per cercare di trarlo in salvo.
Si sentì un po’ in colpa per averla trattata in quel modo e decise di offrirgli un po’ di cibo.
- Mangia, ti serviranno le forze per camminare domani -.
Kagome osservò la carne che lui le stava offrendo e alla fine accettò. Dopotutto aveva ragione, se voleva tornare a casa doveva essere piena di energie.
 
Sango e Miroku cavalcavano a tutta velocità verso Forest County. Il giovane aveva intenzione di arrivare di notte, in modo da nasconderla nell’albergo e avvertire Lord Taisho della scomparsa del figlio. Era certo che quei maledetti uomini non avrebbero mai cercato il suo caro amico e la cosa più importante da fare in quel momento era avvertire suo padre. Un uomo di così grande potere avrebbe sicuramente avuto abbastanza conoscenze da trovarlo.
Era davvero in pena per la sua sorte e soprattutto aveva paura che gli indiani che avevano attaccato lo trovassero e lo uccidessero.
Cercò di calmarsi, Inuyasha stava sicuramente bene, aveva la pellaccia dura. E poi non era uno sprovveduto, sapeva nascondere le sue tracce e conosceva i pericoli dei boschi, era sicuramente vivo.
Come previsto arrivarono di notte e fece cenno alla ragazza di fare silenzio. Questa non se lo fece ripetere due volte. Era in terra straniera e in mezzo ai nemici, non poteva permettere che la scoprissero. Se lui voleva che nessuno la vedesse, le andava più che bene. Sarebbe stato più facile fuggire.
Quel posto non la impressionò. Aveva vaghi ricordi dei giorni in cui viveva in un posto come quello con i suoi genitori. Ripensò al fratello Kohaku, perso durante l’attacco di alcuni briganti alla carovana dei suoi genitori. Lei era stata portata via da sua madre, che venne colpita da un proiettile. Era rimasta con lei per tutta la notte, fino a quando non esalò il suo ultimo respiro.
Essere lì le riempì il cuore di dolore, ma cercò di non mostrarlo. Non voleva che quel bastardo depravato la vedesse debole.
Scacciò il ricordo e tenne gli occhi bassi, cosicché la vista di quei luoghi familiari non le riportassero alla mente la sua vecchia vita e la sofferenza provata.
Fu condotta dentro una casa in legno su per delle scale, fino ad una soffitta nella quale c’era solo un letto dismesso e vecchio. In tutta la stanza c’era solo una piccola finestra ovale che illuminava la stanza con la luce della luna e delle stelle.
- Ora ti slego – le sussurrò l’uomo.
Lei non aspettava altro e nel momento in cui lui la liberò prese il coltello.
- Pagherete per quello che avete fatto alla mia famiglia – sibilò.
Miroku era impietrito. Quella ragazza non era così indifesa come pensava, anzi era pronta ad ucciderlo.
Stava per attaccarlo, ma lui fu svelto e con il cuscino del letto bloccò il suo colpo, strappandole il coltello di mano. Dopodiché si butto sopra di lei, schiacciandola con il suo peso.
Questa si dimenava e cercava di scappare e lui le mise una mano sulla bocca. Se i clienti avessero sentito quel baccano si sarebbero insospettiti.
Sango cominciò a sentire il panico invaderla. Non voleva che quell’uomo la sfiorasse neanche con un dito, fino a quando lui non la incatenò nei suoi profondi occhi azzurri. Si sentì terribilmente frustrata nel dover ammettere che quegli occhi erano i più belli che avesse mai visto.
Cercò di continuare a scalciare per scappare, ma questo la teneva saldamente e premeva di più la mano sulla sua bocca.
- Ti prego fai silenzio, non ti voglio fare del male – la supplicò.
La ragazza sembrò calmarsi e lui levò la mano dalle sue labbra.
– Io capisco la tua lingua, non ti permetterò di toccarmi neanche con un dito -.
- Un momento, tu mi capisci? Parli la mia lingua? Ma com’è possibile? – esclamò.
Le loro parole furono interrotte da un bussare sulla botola della soffitta.
- Miroku sono Rin, se sei con una delle donne del Saloon ti pregherei di fare piano! Io e i clienti vogliamo dormire! -.
Si calmò non appena sentì la voce della sorella e tornò a guardare la giovane indiana. Era sollevato dal fatto che lo potesse capire, almeno sarebbe stato più facile spiegarle tutto. Ora ovviamente aveva altre cose per la testa e quindi cercò di essere chiaro e coinciso.
- Non ti voglio fare del male, te lo assicuro – le sussurrò vicino all’orecchio.
Sango scrutò attentamente il viso del ragazzo e non vide bugie nei suoi occhi. Era sincero e questo la lasciò non poco sorpresa. Per natura non era così diffidente nei confronti di tutti i bianchi, dopotutto faceva comunque parte di quella gente e ricordandosi dei suoi genitori, non riusciva a considerarli tutti malfattori. Kaede le aveva sempre ripetuto che non doveva perdere quella fiducia e di trasmetterla il più possibile alla sorella.
- Perché mi aiuti? – gli chiese, mentre questo allentava la presa sulle sue braccia.
Rendendosi conto che ormai era tranquilla si alzò e si pulì i vestiti impolverati.
- Perché quegli uomini ti avrebbero fatto subire le peggiori barbarie e non potevo permetterlo – rispose serio.
Sango continuò a guardarlo spiazzata. Si era messo in mezzo alla sua gente per evitare che le venisse fatto del male e questo era un gesto che in pochi si sarebbero concessi.
- Miroku, rispondi o sfondo la porta! – gridò Rin, che era ancora fuori ad attendere una risposta.
Il ragazzo le fece cenno di fare silenzio e aprì.
- Se è un’altra delle tue scappatelle giuro che… -, fu bloccata dalla mano del fratello che le tappò la bocca.
Si passò una mano tra i capelli e sospirò. – Rin, abbiamo un problema -.
 
Il giorno dopo i due ripresero a camminare, continuando comunque a tenersi a distanza. Kagome nel frattempo ripassava mentalmente la lingua del cowboy.
Inuyasha invece continuava a pensare a cosa fare. Arrivati nella steppa avrebbero sicuramente trovato una ferrovia e seguendola avrebbero raggiunto la cittadina più vicina; o almeno così sperava. La vicinanza di quella ragazza lo stava agitando e non ne capiva il motivo.
Scacciò quelle idiozie dalla sua testa e continuò a camminare. In quel momento il suo unico pensiero doveva essere quello di sopravvivere e tornare a casa.
Quando arrivò la sera vide la ragazza sparire nella foresta e la seguì incuriosito. Questa preparò una trappola e si appostò dietro ad un cespuglio in attesa.
Era affascinato dalla sua intraprendenza e capacità di reagire alle difficoltà. Molte donne di città si sarebbero lamentate per la lunga marcia e per la mancanza di cibo, ma lei no. Lo seguiva in silenzio senza lamentarsi e tenendo un buon passo. Questa era una cosa che apprezzava molto, non aveva mai amato le ragazze piagnucolose e viziate di città e per questo non si era mai voluto impegnare. Preferiva vivere una vita libera e avventurosa, anche se era per colpa di quel desiderio che si era cacciato in quella situazione.
Una lepre cadde nella buca che l’indiana aveva scavato e lei si avventò sull’animale e lo uccise con velocità e senza farlo soffrire.
Inuyasha a quel punto si avvicinò per prenderla e cucinarla, ma lei lo fermò.
- Si ringrazia – gli disse.
Lui si accucciò e la guardò perplesso. – Cosa? -.
- Ringrazia lo spirito che ti nutre – rispose sorridente.
Si lasciò scappare un sorriso sincero. La cultura indiana era più magnanima di quanto pensasse. Aveva sempre creduto che fossero cacciatori spietati. Eppure guardando quella ragazza capiva che non tutti erano così. Aveva preso l’animale con una grande delicatezza e lo aveva messo a terra come se fosse ancora vivo.
La vide accovacciarsi vicino al corpo della lepre e pronunciare sottovoce parole a lui incomprensibili. Eppure le diceva con una tale enfasi che ne rimase comunque affascinato.
Mentre tornavano alla radura dove si erano accampati si rese conto che non conosceva ancora il suo nome.
- Come ti chiami? – le chiese, mentre arrostiva la lepre sul fuoco.
La ragazza si destò dai suoi pensieri e lo guardò. – Kagome -.
- Io sono Inuyasha -.
Dopo quelle poche frasi tra i due calò di nuovo il silenzio. Mangiarono e si misero a dormire, ma questa volta Kagome non si ritirò su un albero, rimase vicino al fuoco.
Stava cominciando a fidarsi del ragazzo di nome Inuyasha. Non le sembrava malvagio come all’inizio, solo non capiva. Come gli indiani non capivano la cultura dei bianchi, lui non capiva la sua. Spesso quello che non si conosce spaventa e da una parte non poteva biasimarlo. La sua gente aveva ucciso padri e figli bianchi e nessuno aveva mai provato a comunicare, a raggiungere un accordo.
Forse se solo gli avesse insegnato sarebbe potuto cambiare.
Ogni volta, però, le tornava alla mente la ferocia con cui quegli uomini avevano attaccato e distrutto la sua casa e le sue speranze e sicurezze vacillavano.
Si sentiva sospesa su un filo e non sapeva cosa pensare. Da una parte non voleva tradire la cultura che l’aveva allevata, ma dall’atra non poteva negare che Inuyasha l’aveva salvata da morte certa.
Si ricordò di quello che le diceva sempre sua nonna:
I lupi si mascherano da agnelli, in questo modo nessuno li riconosce e loro possono mangiarli senza che se ne accorgano
Quella frase la tormentò per tutta la notte. Che fosse lui il lupo di cui le aveva parlato? Che tutta quella gentilezza in realtà mascherasse un uomo malvagio?
 
Miroku si diresse spedito verso la camera di Lord Taisho. Aveva lasciato Rin con la ragazza indiana, lei sarebbe sicuramente riuscita a calmarla. Il suo spirito dolce e sincero avrebbe consolato la poveretta e l’avrebbe aiutata. Sua sorella era sempre riuscita a placare gli animi irrequieti di tutti con i suoi sorrisi, era una delle sue doti più speciali.
Pregò che nessuno scoprisse che la stavano nascondendo, altrimenti avrebbero rischiato il linciaggio. Gli abitanti di Forest County non gradivano per niente i pellerossa.
Bussò forte alla porta e sentì i rumori del molle del letto che cigolavano per i movimenti dell’uomo.
- Chi è? – domandò una voce imperiosa.
Non aveva mai parlato con Lord Taisho e quell’uomo imponente un po’ lo intimoriva. Era così simile ad Inuyasha, eppure molto più solenne e controllato. Nel suo animo si mischiavano entrambi i caratteri dei due fratelli.
Quando aprì la porta rimase per qualche secondo ad osservarlo e alla fine lo riconobbe.
- Lei deve essere Miroku, l’amico di mio figlio -.
Non gli ci volle molto a leggere la paura negli occhi del giovane e subito guardò dietro le sue spalle per cercarlo.
- Credo che lei abbia già capito perché sono qui – esordì Miroku, prendendo un profondo respiro.
Lord Taisho corse dentro e si infilò la giacca, richiudendo dietro di sé la porta.
- Ora spiegatemi cosa è successo – gli domandò serio.
Miroku lo condusse nello studio che aveva al piano di sotto, in quel modo avrebbero avuto un po’ di privacy e nessuno li avrebbe sentiti.
Chiuse la porta e lo fece accomodare sulla sedia davanti alla scrivania in legno. Si sentì in imbarazzo nel mostrare tutto quel disordine, ma ora c’erano cose più importanti a cui pensare.
- Suo figlio è stato ingaggiato per un lavoro da un certo Naraku. Con noi sono venuti sette banditi dall’aspetto parecchio discutibile e quindi ho deciso di accompagnarlo. Ad un certo punto si è buttato in mezzo alla battaglia per salvare una ragazza del posto, purtroppo non sono riuscito a seguirlo. Da quello che ho capito i due sono caduti nel fiume che costeggia quella zona -.
Il padre del suo amico mantenne la sua solita compostezza, anche se nei suoi occhi era ben distinguibile la preoccupazione che lo stava attanagliando.
- Ha una mappa di questa zona nel suo studio? – domandò.
Il ragazzo si alzò dalla sedia e si mise a cercare nei cassetti. Tirò fuori tutto di corsa e nella furia del momento non si accorse che aveva tra le mani degli indumenti femminili che erano rimasti nascosti lì da chissà quanto tempo.
Lord Taisho lo guardò contrariato. – Non chiederò – mormorò tra il divertito e il preoccupato.
Miroku si fece paonazzo, ma continuò a cercare.
Quando finalmente la trovò buttò a terra tutte le carte del tavolo per fare spazio.
- Questa è la foresta dove si trova il villaggio e questo è il fiume – gli disse, indicando i punti sulla cartina.
L’uomo la studiò attentamente e alla fine indicò il lago. – A meno che non sia riuscito ad uscire prima dall’acqua la corrente lo avrà trascinato fino a questo lago -.
- Certo, ma come facciamo a sapere se… -, le parole gli morirono in gola.
Lord Taisho alzò lo sguardo dal foglio e lo fissò negli occhi. – Un padre lo sa, Inuyasha è vivo e noi lo troveremo -.
Miroku annuì convinto. Inuyasha era forte e sicuramente era sopravvissuto.
- Verrò con voi – esclamò. – Devo aiutarvi a trovare il mio amico -.
Lord Taisho scosse il capo. – Noi non possiamo fare niente, non conosciamo abbastanza bene quelle zone che pullulano di tribù indiane. Comunque conosco già degli uomini che fanno al caso nostro -.
 
 
Ciao a tutti!
Intanto voglio augurarvi un felice anno nuovo e spero che il vostro Capodanno sia stato bellissimo! Spero che l’anno nuovo vi riserverà molte e meravigliose sorprese ^.^
Insomma, ormai le storie dei nostri personaggi cominciano ad intrecciarsi e si continua a parlare sempre di più di questo fantomatico “Naraku”. Ma che ruolo avrà nelle avventure dei nostri eroi?
Tutto alla prossimo capitolo (ahah…che battuta scontata xD).
Mando un bacione enorme a tutti quanti e ribadisco i miei auguri a tutti!
Un bacione!
Silvia
   
 
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