L’intero
Parco Giochi era immerso nel silenzio della notte.
Nell’hangar l’oscurità circondava ogni
cosa, anche il bus era silenzioso.
Silenzioso. Skye distolse per un momento gli occhi dal suo portatile e
chiuse
gli occhi, quel silenzio le riempiva la mente. Quanto tempo era passato
dalla
prima volta che era salita su quell’aereo, non avrebbe mai
dimenticato quel
giorno, e come avrebbe potuto?.
E in tutto quel
tempo l’unica cosa che non aveva mai
percepito a bordo della loro casa era il silenzio. C’erano
sempre state risate,
urla, parole. Anche di notte il rumore dei motori le facevano compagnia
facendole pensare a May che nella cabina di comando li portava a
destinazione.
Ed ora tutto sembrava un ricordo lontano, un ricordo che faceva davvero
male.
Lentamente
riaprì gli occhi e si ritrovò di nuovo nel
presente. Erano passati sette giorni da quando erano arrivati sani e
salvi
nella nuova base segreta. Sette giorni davvero frenetici. Sette giorni
assurdi.
Sette giorni folli e stancanti. Sette giorni in cui non era mai
riuscita a
chiudere occhio. Ogni notte dopo cena Skye salutava gli altri e si
ritirava
nella sua stanza, rimaneva a fissare il soffitto per qualche ora, poi
sgattaiolava nel buio e raggiungeva la sala operativa del bus per
leggere e
rileggere sempre il solito file.
Anche in quel
momento erano sotto i suoi occhi. Righe su
righe. Eventi su eventi che riguardavano solo una persona, Grant Ward.
Nonostante tutto Skye ancora non riusciva a credere che il pericolo
peggiore
per le loro vite era stato al loro fianco sin dall’inizio.
Rileggeva quei
fascicoli ogni notte per cercare di trovare un senso a ciò
che era accaduto.
Per trovare una spiegazione che avesse dato pace a quel cuore che
lentamente si
stava aprendo a quel ragazzo che l’aveva ingannata.
– Perché? – continuava a
ripetersi, giorno dopo giorno, riga dopo riga. Ma quella risposta forse
non
sarebbe mai arrivata.
D’un
tratto qualcuno alle sue spalle allungò una mano e
chiuse il portatile facendola sobbalzare. Ma prima che potesse girarsi
per
capire di chi si trattasse si sentì stringere in un
abbraccio che riconobbe all’istante.
– Tu sai sempre quando ne ho bisogno- disse avvicinando la
tempia alla sua – Di
che cosa? – sussurrò in risposta, - Di un
abbraccio -.
– Come sapevi che ero
qui? – chiese dolcemente con la lieve ombra di un sorriso sul
volto mentre
sollevava le braccia per ricambiare l’abbraccio di Jemma. Lei
non rispose,
rimase li a stringerla da dietro, guancia a guancia con lei.
- Intuito?
– disse ridendo Simmons mentre si separava e si
affiancava a lei per guardarla in viso. Era stanca, erano tutti
stanchi, ma la
preoccupazione per Fitz la stava sfiancando anche se non
l’avrebbe mai ammesso,
perché lei era così, voleva essere forte non solo
per se stessa o per Fitz, ma
per tutti loro.
- Non dovresti
continuare a leggere quelle cose sai? – disse Jemma
dopo un po’ – Ti fai solo del male Skye –
continuò con un tono preoccupata
mentre le prendeva la mano. Skye ricambiò la stretta e
abbassò lo sguardo –
Cerco solo di trovare un po’ di pace. Di capire come
Ward… - ma non finì quella
frase.
Restarono in
silenzio per un po’, - E’ incredibilmente
frustrante sai? – disse Simmons respirando a fondo. Skye la
guardò confusa –
Cosa? – chiese. Jemma le riservò lo sguardo
più serio che avesse mai visto –
Sono una biochimica, e anche piuttosto brava direi, ho due dottorati di
ricerca
e sono preparata anche in campo medico, inoltre sono stata addestrata
all’accademia
dello SHIELD -. Skye scoppiò a ridere –
E’ frustrante allora essere un genio
Simmons, non l’avrei mai detto –
continuò a ridere ma lei rimase seria.
- La cosa
frustrante… - iniziò dopo qualche istante
– E’
avere tutte queste nozioni importanti nella mia testa, e non poter fare
nulla
per aiutarti -. La semplicità e la dolcezza con cui
pronunciò quelle parole
colpirono Skye nel profondo, - Insomma l’unica cosa che posso
fare è starmene
inerme mentre… - ma non le permise di terminare.
Scattò
dalla sedia, le gettò le braccia al collo e la strinse,
e come sempre accadeva Simmons ricambiò il suo abbraccio e
questo la faceva
sentire a casa. – Non ho bisogno della brillante dottoressa
Simmons per stare
meglio – disse – E’ di Jemma Simmons che
ho bisogno -. Si separò lentamente da lei e
incrociò i suoi occhi – Credimi,
non c’è bisogno che tu faccia altro -. Simmons le
sorrise e per quei pochi
istanti, quella pace che sembrava inafferrabile, le riempì
il cuore.
Quando Skye
riaprì gli occhi si ritrovò ancora nel bus, su
uno dei divani con Jemma Simmons che dormiva al suo fianco. Dovevano
essere
crollate insieme mentre parlavano. Era la prima notte che riusciva
davvero a
dormire, e sorrise mentre guardava la sua amica che era ancora nel
mondo dei
sogni, - Grazie
dottoressa Simmons –
sussurrò mentre si preparava ad affrontare una nuova
giornata da Agente dello
Shield.