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Autore: Asimov4    05/01/2017    0 recensioni
-Sai da piccolo il mio colore preferito era l'acqua marino.- dissi.
-E perché?- chiese con un sorriso.
-Magari ora crederai che sono uno stupido, però per me era un colore diverso. Ricordo che da piccolo avevo questo astuccio pieni di colori che mia madre mi comprò per il primo giorno di scuola. Era suddiviso in diversi reparti. Uno per le penne, le matite, le gomme da cancellare e così via e un altro invece era composto solo dai colori. Quest'ultimo divideva a seconda della tonalità e così via e tra il blu e il verde c'era questa matita acqua marino. Non so perché ma mi affascinò. Non era né blu, né verde. Era diverso, e quindi lo presi subito in simpatia.-
-Hai preso un colore in simpatia?- disse un po' sorpresa, ma senza deridermi.
-Beh si, lo trovavo diverso. Hai presente quando sei al liceo e non riesci ad integrarti con nessuno? Non sei né un secchione, né uno di quelli fighi, né quelli che si fumano canne durante l'intervallo...insomma sei la classica di mezzo, né sei carne né pesce, sei acqua marino. Io mi sentivo proprio come quel colore.-
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Noto con piacere che c'è qualcuno che segue la mia storia, e vi ringrazio. In questo capitolo Alessandro finalmente si fa coraggio e prende in mano le redini della sua vita, dal prossimo capitolo la storia cambierà totalmente. Se potrò caricherò in giornata. Ancora grazie a chi mi segue (FATEVI VEDERE XD) e buona lettura a tutti :3

Dopo scrissi a Talia, a cui raccontai tutto, tranne dell'attacco. Mi disse che non dovevo preoccuparmi e che non dovevo farmi problemi per l'esame. Lei aveva molta fiducia nelle mie capacità e questo mi stupiva, ero abituato a non credere in me stesso. Infatti non ho concluso nulla di importante nella mia vita. Mi sento un normalissimo giovane, ma per lei ero incredibile, un supereroe. Mi fa sentire importante e bene con me stesso. Nonostante ciò non le raccontai del mio crollo nervoso, era una cosa mia, che non avevo intenzione di condividere. Dopotutto era lei che diceva che certi segreti devono restare tali. Non le parlai nemmeno di quella ragazza, quella che mi aveva lasciato il suo numero. Ci mancava soltanto un inutile scenata di gelosia. Il pomeriggio l'ho trascorsi a letto a leccandomi le ferite. Mi vergognavo terribilmente per quel che era successo durante l'esame, la figura di merda che ho fatto, e la mano che mi faceva ancora male per il pugno sferrato alle vecchie mattonelle del cesso universitario. Ascoltai della musica, roba sconosciuta trovata su YouTube. La musica faceva da sottofondo ai miei pensieri, ai miei pensieri di morte e a tute le cose peggiori. Guardo le mie mani, lo faccio così spesso, ho un vuoto e cerco di stringere qualcosa. Che significato ha la mia esistenza e qual è mio ruolo nel mondo? Ma che diavolo ci faccio qui? Apro la finestra, ma non volo via, resta qui nella mia camera mentre guardo il sole tramontare. Pensieri sparsi di un giorno come tanti. Mi infliggo del dolore per vedere se sono vivo, forse questa è la risposta ai miei attacchi. Oggi non avevo paura di non passare l'esame, era altro. Era l'idea di passarlo in quel modo che mi terrorizzava, l'idea di cosa io possa diventare. Un giorno potrei essere un avvocato con il bel vestito, un uomo senza scrupoli che difende assassini e uomini che in realtà detesta. La giustizia è solo un'invenzione umana, non esiste nessuna giustizia in questo mondo. Le cose succedono e poi non si può più rimediare. Su internet guardo cose a caso, ad un certo punto apro la pagina Wikipedia di Giles Corey, leggo la sua storia. Siamo negli Stati Uniti, Massachusetts, è l'età della caccia delle streghe, un periodo in cui se qualcuno ti stava sulle palle bastava accusarlo di stregoneria e gli avrebbero messo a fuoco sul rogo. Insomma c'era questo tipo, e lo avevano accusato di essere un mago e utilizzare la stregoneria, invocare demoni e robaccia varia. Lui ovviamente dice che non è vero, si difende da queste cose assurde e si proclama innocente. Però, a quanto pare, all'epoca vigeva ancora la tortura e quindi iniziarono a torturarlo. Avevano preparato una di quelle macchine da tortura dove ti legano mani e i piedi ed iniziano a tirarti contemporaneamente ad entrambe le estremità, ma per rincarare la dose gli hanno messo anche un grosso masso di pietra sull'addome, insomma non proprio un percorso alla Spa. Continuano a torturarlo, ma lui niente, non confessa, non cede di una virgola, fino a quando non muore schiacciato dopo che gli hanno messo un secondo sasso sulla pancia. Fatto sta che la leggenda racconta che le sue ultime parole furono una battuta sarcastica rivolta ai suoi torturatori “Forza mettetemi un altro peso sulla pancia”. La storia di Giles Corey mi fece ridere e allo stesso tempo intristire. Un uomo viene accusato falsamente, e nonostante la sua innocenza, muore. Che bel posto è il mondo. Odiavo casa mia, odiavo la mia camera, le quattro mura che mi circondavano, odiavo me stesso, odiavo il mondo, odio le mie mani, la mia faccia, odio Talia, odio mia madre, odio dover dare conto alle persone, odio dover raccontare bugie per far stare meglio gli altri, odio Andrea che mi invita a casa sua, odio di non volerci andare, odio odiare, odio i miei attacchi di ansia, odio il rumore che fanno i miei vicini, odio il mio gatto, il professore, Santi Romano, giurisprudenza, le responsabilità, odio tutto il peso che devo sorreggere, odio il fatto di essere debole, odio di essere felice e poi triste, l'odio è l'unica cosa vera che provo. Perché devo essere così depresso, perché devo farmi tanti problemi e non posso semplicemente fregarmene come fanno un po' tutti, devo uscire. Ma dove vado? Non ho nessun posto dove andare, non ho nessun luogo dove possa rifugiarmi, respiro affannosamente, mi chiude in me stesso, la porta è chiusa, alzo il volume della musica per non farmi sentire, cado sul letto e cerco di dormire.

 

Ormai è febbraio, fa ancora freddo e per le strade si sente l'odore di dolci mentre passo vicino alla pasticceria. C'è un telefono a gettoni, che nostalgia, un'opera d'arte ormai. Mi guardo in giro mentre penso un po' a me stesso e un po' a Talia. Sono uscito di casa senza un motivo in particolare e Andrea mi ha scritto ancora, mi aspetta impaziente. Chissà che effetto gli ho fatto per reagire con tanto affetto, chissà perché vuole tanto vedermi. Magari sarà perché gli ho ricordato i tempi in cui eravamo innocenti e dove tanti problemi non esistevano, forse è per questo. Oggi sono nostalgico e vivo nel passato, c'è una panchina che mi ricorda il primo anno di liceo e un'altra che mi ricorda un giorno a scuola saltato perché scendeva la neve. Eravamo seduti su quella panchina io, Chiara e Roberto. Loro parlavano, io non ascoltavo, avevamo fatto filone a scuola e ce ne stavamo lì ad aspettare che il tempo passasse, guardavo il cielo cupo e triste di dicembre e all'improvviso dal nulla un fiocco di neve si poggia sulla mia guancia e poi inizia delicatamente a nevicare. Chiara e Roberto ridono, sono contenti, la neve gli rende felici, io caccio la lingua e aspetto che un fiocco si posi su di essa. La neve rende felice anche me, ma mi ricorda anche di quando è morto mio nonno. Ma questa è la vita e le persone a cui più o meno vogliamo bene prima o poi muoiono. Talia mi manca e oggi la amo più del solito, questa mattina siamo stati a telefono e glielo ho detto che l'amo da impazzire e che senza lei non ci posso stare. Che bello se adesso fosse qui con me, che bello se ora ci fossimo solo io e lei, come due pesci rossi in una boccia di vetro. Sto pensando di lasciare l'università, ne sono davvero convinto, da quando ci penso non ho più attacchi, ma non saprei come dirlo ai miei. Alla fine dei conti mi manca solo un anno e mezzo e sarebbe un peccato lasciarla così, diciamo che mi ci vorrebbe più che altro un anno di riflessione, un anno in cui devo occuparmi solo di me stesso e non di stupidi esami. Ci sono i Joy Division nelle mie cuffie, le ho comprate dal cinese, l'audio è distorto, come il mio umore, mi piace. La società sa essere così brutale, non ci da secondo possibilità. Uno studente fuori corso viene bollato come nullafacente, ad un criminale invece viene giustificato anche un omicidio. Se il tipo ha ammazzato qualcuno perché aveva un disturbo è ok, se invece il ragazzo non studia perché ha ansia è un debole, ipocriti. Chiamo Andrea, vedo che ha da dirmi. Compongo il suo numero e mi risponde

-Pronto...chi è?- dice con una voce assonnata

-Idiota non guardi chi ti chiama prima di rispondere? Sono Alessandro.-

-Ah...Alessandro, scusa ma dormivo.-

-Scusa tu se ti ho svegliato, non devi lavorare oggi?-

-No, sono in malattia.-

-Già ti sei preso qualche giorno di riposo? Ma questo lavoro non te lo vuoi tenere?-

-Nah...non mi piace, si sgobba troppo. Allora Ale dimmi, quando mi vieni a trovare? Mi sento solo qui, pensa che con questi ancora non sono riuscito a fare amicizia.-

-Di un po', ma te hai spazio la per un coinquilino?-

-OH!- urlò spaccandomi i timpani -Vuoi venire a vivere qui?! Cazzo si che c'è spazio amico!-

-Bene...beh non ne sono sicuro, solo che ci sto pensando, va bene? Quindi non farti prendere troppo dall'entusiasmo, sarebbe solo un pit stop. Perché diciamocelo francamente, che cavolo ci farei io a Civitavecchia?-

-Ma noi andiamo a Roma, amico o che ne so a Milano, Napoli, Trieste o dove ti pare che questo posto nemmeno a me piace. Non fraintendermi, è carino, ma no.-

-Va bene, allora ti tengo aggiornato- ci salutammo, stavo davvero pensando di mollare l'università per per cazzeggiare inutilmente? E con quali soldi poi? I miei sicuramente non avrebbero finanziato in questa “avventura”. Avevo bisogno di parlarne, anche con Talia e con mio fratello.

Tornai a casa e mio fratello lavorava al pc, lo fissai per un po' mentre mi mettevo la tuta per stare più comodo. Lui è una persona molto importante nella mia vita, un punto di riferimento, ci portiamo quasi otto anni, ma nonostante ciò abbiamo giocato e avuto una infanzia insieme. Smanettava qualcosa alla tastiera, mentre si dannava l'anima per risolvere non so quale problema

-Senti...ma tu la faresti una cosa per te che allo stesso tempo fa stare male gli altri?-

-Che hai combinato?- dice lui subito

-No, niente. Però rispondi alla domanda.- gli dico

-Hmmm...- fa lui, mentre io mi sfilo le scarpe e mi infilo le pantofole da pensionato color marrone -Non è facile rispondere- dice – Dipende, c'è cosa e cosa. Se tu per stare bene devi lasciare una persona, ma allo stesso tempo fai soffrire la persona che lasci non c'è niente di male, dopotutto le relazioni hanno un inizio e una fine. Se invece per un tuo capriccio, totalmente futile, tu debba far star male le persone a cui tieni, evidentemente non ci tieni poi più di tanto. Ma che vuoi che ti dica? Un uomo deve far quel che si sente di fare, prendere una decisione e fare ciò che ritiene più opportuno. Detto questo torno a smadonnare per l'antivirus.- risposta chiara, era quel che cercavo, ora toccava a me pensarci e avrei voluto sentire anche l'opinione di Talia. Questa sera l'avrei chiamata. Pensai al discorso di mio fratello, alla questione dell'uomo che deve fare ciò che per lui è giusto, pensai anche al dolore che avrei dato, ma che dico, alla fine dei conti era solo una pausa universitaria, mica mi arruolavo per andare in Iraq.

Eravamo a tavola, era ora di cena, e io cercavo il momento esatto per parlare della mia decisione di prendere una pausa, mangiavamo affettati mentre in televisione c'era l'ennesimo game show condotto da qualche mummia. Mi spaventava da morire spiegare ai miei la mia decisione, mi spaventava la loro reazione, ma soprattutto la delusione nei loro occhi. Ma io non ero intenzionato ad abbandonare completamente l'università e non sapevo se si trattasse di un anno sabbatico, magari era una cosa di qualche mese e poi me ne sarei tornato con la testa sui libri, però ora avevo bisogno di trovare qualcosa nella mia vita, e quindi presi parola

-Mamma...Papà....ho deciso di prendermi una pausa dall'università- dissi, ma lo dissi davvero convinto, con un tono di voce così convincente che sorprese persino me

-Cosa?- rispose sconvolta mia madre, mentre mio padre incrinò le sopracciglia

-Avete capito bene...voglio prendermi una pausa. Voglio fare altro oltre studiare, voglio stare per conto mio e vedere cose. So che suona stupido ma voglio fare qualcosa di spirituale.- mio fratello non disse una parola, continuava tranquillamente a mangiare.

-E questa cosa come ti è venuta in mente, dimmi?- disse sarcasticamente mio padre

-Non lo so, è solo che sono tanto confuso in questo periodo.- gli parlavo con il cuore in mano, come non facevo da tantissimo tempo -ho pensato di vivere un po' insieme ad Andrea, trovarmi un lavoretto, una cosa qualsiasi e poi vedere che succede.-

-E l'università? Sono soldi buttati quelli che abbiamo spesi per libri e tasse?- aggiunse mia madre.

-Ma certo che no. Ho ancora intenzione di finirla, è qualcosa che ho cominciato e mi sento in dovere di finire, per me e per il rispetto che ho per voi.-

-Se ci rispettavi non ci dicevi questo.- mi fece male sentire queste parole uscire dalla bocca di mio padre.

-E invece vi rispetto, perché non vi prendo in giro. Non ho mai fatto cazzate, non ho mai fatto nulla che vi abbia fatto pensare che io sia un irresponsabile, sono una brava persona e un ragazzo con la testa sulle spalle. Avrò anche io miei problemi, le mie fobie e così via, però ci ho pensato a lungo e questa è una cosa che davvero voglio fare.- i miei volevano rispondere quando vennero interrotti da mio fratello.

-Se è questo quel che desidera davvero...dovete lasciarglielo fare, è un uomo adulto e ha deciso di fare così. Ci sarà un motivo, ed è giusto che lo faccia.- poi ci fu un silenzio, mia madre era arrabbiata, glielo leggevo nell'espressione, mio padre ero più tranquillo e fu lui a prendere la parola

-Va bene...sappi che noi non siamo d'accordo e che non ti appoggiamo in questa scelta. Per noi la cosa più giusta è che continui l'università. Se vuoi fare questo, bene, ma da noi non avrai un soldo, dovrai cavartela da solo e ricorda quello che ci hai detto ovvero che l'università non è abbandonata, questa è solo una pausa momentanea.- l'aria si ammorbidì, non c'era rabbia, certo della frustrazione da parte dei miei, ma ero contento che mi avessero capito.

-Grazie- gli dissi -non vi chiederò nulla, se ho capito di aver fatto una cavolata, tornerò qui immediatamente e tornerò a studiare, ma grazie per avermi capito.-

La sera stessa chiamai Talia, in preda a un po' di euforia e un po' di spavento, ero in camera mia sul letto e non fissavo con gli occhi vuoti il soffitto.

-Talia ho una grossa novità.-

-Che succede?-

-Verrò a vivere a Roma per un periodo con Andrea.-

-Come?- disse sorpresa, quasi non ci credeva e poi -Quando? Perché? I tuoi ti lasciano venire? E quella storia delle responsabilità e i doveri? Mi stai prendendo per il culo?-

-No no, sono serio! In questi giorni ci ho pensato su un sacco, anzi in realtà sono mesi che ci penso. Ho deciso di prendermi una pausa dagli studi, diciamo che andrò alla ricerca del mio vero io, so che suona come una stronzata, però per me ha senso. Cioè all'inizio non erano d'accordo con me, ma poi mio fratello ha fatto un discorso sulle decisione e sull'essere uomo e bla bla bla...e niente si sono ammorbiditi ed eccomi qua.-

-E con i soldi come fai? Ti daranno qualcosa?-

-No, niente, nemmeno una lira. Infatti prima di venire devo trovarmi un lavoro altrimenti il progetto va a farsi benedire.- e poi per tutta la serata abbiamo parlato e parlato, dei nostri progetti e dei nostri sogni, abbiamo parlato così tanto che era davvero tanto che non mi sentivo così bene, era come se fossi un ragazzo che ha appena compiuto diciotto anni. Era un passo di maturazione, che ormai dovevo fare tanto tempo fa.

Vi linko come sempre il mio canale gaming. Sono arrivato a 20 iscritti (pochini), spero di vedervi anche su Youtube :)
https://www.youtube.com/channel/UCvkpPeA-HstCI1IVRhQaxkQ
   
 
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