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Autore: _Kiiko Kyah    05/01/2017    8 recensioni
Sesshoumaru pensa di essere molto bravo a nascondere il suo affetto per sua cognata. Non lo è. (Post-canon)
{ dal testo... }
- Fai come vuoi. - disse, e Kagome aveva imparato da tempo che significava Sì, grazie nel linguaggio dei demoni cani. O in quello di Sesshoumaru. Uno dei due.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kagome, Sesshoumaru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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/ storia originariamente scritta in inglese e pubblicata su fanfiction.net (x) /

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Udendo un fruscio di foglie, Kagome si voltò per accogliere il demone cane vestito di bianco.
- Il grande Lord Sesshoumaru dell’Ovest! - esclamò in torno sornione, ma gentile.
Se Sesshoumaru fosse stato meno composto, probabilmente avrebbe roteato gli occhi al cielo. Invece, continuò semplicemente il suo cammino, e fu solo quando l’ebbe superata che parlò.
- Mi sarei aspettato che percepissi la mia aura ben prima di così. Stai forse battendo la fiacca, sacerdotessa? -
La donna si trattenne dall’arricciare il naso; il fatto che il demone avesse una buona opinione dei suoi poteri, anche se solo un po’, la fece sentire quasi fiera.
Oltretutto, che avesse fatto rumore appositamente per avvertirla della sua presenza? Di certo non era una cosa che era solito fare. Prima d’ora, non si sarebbe fatto problemi ad apparire dal nulla, rischiando di spaventarla, e ad ignorarla, per continuare indisturbato il suo tragitto.
A ben pensarci, aveva cominciato a fare parecchie cose nuove da quando Rin si era stabilita da Kaede e Sesshoumaru era costretto ad avere a che fare con degli esseri umani (Kaede e Kagome in particolare) per poterla vedere.
- Chi ti dice che non l’ho percepita? - replicò Kagome con un pizzico di orgoglio, raggiungendolo per camminargli affianco.
Lui non rispose, limitandosi a guardarla di sottecchi. La donna sapeva bene cosa stava implicando nell’ammettere di non essersi mossa pur sapendo che sarebbe arrivato: significava che si trovava a suo agio alla sua presenza.
Era un’idea bizzarra persino per lei, non voleva neanche immaginare quanto sembrasse stupida ad uno come lui.
Rimasero in silenzio per un momento, poi Sesshoumaru parlò di nuovo. - Per quale motivo quel disgraziato di mio fratello permette alla sua compagna di vagare da sola per la foresta? -
Questa volta, la sacerdotessa arricciò davvero il naso. - Guarda che non ho bisogno del suo permesso. - Girò la testa da un lato con fare indignato, - E posso benissimo occuparmi di me stessa. -
Dopotutto era una sacerdotessa, no? ...Okay, si stava addestrando per diventare una sacerdotessa. Era comunque piuttosto potente!
- Non lo sa, vero? - La schiena di Kagome si irrigidì, rispondendo alla sua domanda per lei.
La donna esitò un attimo. - Questo non è importante. - disse, evitando il suo sguardo. Non che le desse particolare noia che lui la guardasse come se fosse un’idiota. In realtà, le provocava una certa nostalgia. - E in ogni caso, è uscito a fare esorcismi con Miroku. - continuò, anche se non era necessario, né tantomeno apprezzato. - Non posso starmene tutto il giorno con le mani in mano ad aspettarlo. Anch’io ho delle cose da fare, sai? -
Sesshoumaru lanciò un’occhiata alla cesta che la donna reggeva delicatamente contro la propria vita. Era piena di fiori. Kagome lesse sul suo viso la sua silenziosa domanda, anche se sapeva che, a voce, il demone avrebbe probabilmente negato ogni interesse.
- Ho pensato di raccogliere questi - spiegò, sorridendo e voltandosi di nuovo verso di lui, - per aggiungere un po’ di colore in casa. -
Prese un fiore dai petali rosa dalla cesta e se lo rigirò fra le dita, ridacchiando dolcemente. Allungò la mano per offrirglielo, e ingoiò una risata più fragorosa quando vide la sua espressione mista tra l’incredulo e l’accigliato.
Si sarebbe offeso molto se gli avesse detto che somigliava leggermente ad Inuyasha quando faceva quella faccia? ...Probabilmente sì.
- No? Come ti pare. - disse, ostentando offesa, ma fallendo nel contenere la sua risata mentre intrecciava il fiore fra le proprie ciocche nere.
Rimasero ancora in silenzio, e presto raggiunsero il limite della foresta, che combaciava quasi con quello del villaggio.
- Vuoi che chiami Rin? - offrì la sacerdotessa, sapendo che il demone avrebbe preferito essere raggiunto dalla bambina piuttosto che attraversare il villaggio umano. Certo, avrebbe sempre potuto volare fino alla casa di Kaede, ma Kagome aveva voglia di risparmiargli la fatica: oggi si sentiva generosa.
Sesshoumaru chiuse le palpebre. Lei pensò nuovamente che se non fosse stato altrettanto composto (snob e pieno di sé, suggerì una voce nella sua testa che somigliava stranamente a quella di suo marito, e lei si costrinse a non ridere di nuovo), forse si sarebbe stretto nelle spalle.
- Fai come vuoi. - disse, e Kagome aveva imparato da tempo che significava Sì, grazie nel linguaggio dei demoni cani. O in quello di Sesshoumaru. Uno dei due.
Sollevò la cesta e decise di tentare la propria fortuna. - Sicuro di non volere che te ne intrecci qualcuno nei capelli? Scommetto che a lei piacerebbe. - propose con simpatica malizia, pur non osando ridere.
Sesshoumaru aprì gli occhi e le rivolse uno sguardo gelido, ma non torvo, e la donna considerò questa come una speciale, piccola vittoria personale.
- Sei fastidiosa. - commentò il demone, freddo e serio.
- Oh, ma se mi adori! - rimbeccò lei immediatamente, sorridendo largamente e con fin troppa convinzione.
Passò abbastanza tempo da farle quasi pensare che non l’avrebbe negato. Tuttavia, lo sentì rispondere, privo di sentimento: - Ridicolo. -
Kagome sorrise ancora di più. - Continua pure a mentire a te stesso. - stuzzicò di nuovo, crogiolandosi nel suo evidente fastidio.
Si ricordò all’improvviso di un passato in cui era stata terrorizzata di lui e un’altra volta le venne da ridere, anche se i ricordi non erano affatto divertenti.
- Beh, vado a chiamare Rin. - disse, quando si accorse che adesso il demone la stava effettivamente guardando di traverso. Girò sui propri tacchi e si incamminò, sollevando una mano per salutarlo da dietro. - Ci vediamo dopo, cognatino. -
Percepì il suo sguardo indignato sulla propria nuca e sorrise fra sé e sé: per quanto si mostrasse sempre seccato del soprannome, non le aveva mai chiesto di smettere di usarlo.



Angolo di _Kiiko
Volevo cominciare l’anno con qualcosa di dolce – dunque, salve!
Dato che l’ho scritta prima in inglese, non so come sentirmi nei riguardi della traduzione.
Spero però che questa piccola shot sia stata di vostro gradimento, e di non essere l’unica a cui interessa molto il possibile rapporto fraterno tra questi due ^^
Non ho molto da dire, quindi corro via.

Love,
Kiiko. 
  
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