Be careful making wishes in the dark
~ Can’t be sure when they hit
their mark ~
02. Your blood like ice
Kentin sentì urlare nella propria testa una vocetta
fastidiosa – che assomigliasse inquietantemente a quella di
Alexy era un dettaglio trascurabile – intimargli di
smetterla, che era un colossale coglione e che tutto quello non avrebbe
portato nulla – nulla – di buono.
Era comparsa da quando Ambra l’aveva scoperto giù
nel sottoscala, nascosto dagli scatoloni contenenti le decorazioni
natalizie con cui la preside Shermansky voleva addobbare
l’istituto. Accovacciato a terra, con le gambe raccolte al
petto e la testa nascosta lì in mezzo, proprio come il
ragazzino che mesi fa si era trasferito.
In cosa era cambiato, esattamente? Se bastava soltanto un rifiuto a
ridurlo allo stato primordiale, allora tutto il training psico-fisico
dell’Accademia Militare poteva andare a farsi benedire.
La verità era che aveva rovinato tutto con lei –
inutile dare la colpa alla propria avventatezza – e adesso
non sarebbe più riuscito a guardarla in faccia.
Cosa avesse avuto in mente in quel momento non sapeva spiegarselo
neanche lui stesso. Soltanto che gli era scattato qualcosa, dentro, nel
profondo, dove quella scena da dimenticare e le parole di Ambra avevano
trovato terreno fertile, attecchendo e prosperando fino al primo,
fatale, sboccio.
Solo il migliore amico.
Per lei era solo il migliore amico. Quello intelligente, quello che
adesso poteva vantare anche un fisico niente male, quello goloso di
biscotti, quello che c’era sempre nel momento del bisogno,
quello con cui parlare liberamente di tutto, quello che lasciava il
cellulare acceso di notte per lei, per i suoi messaggi.
Quello e nient’altro.
Quello che le moriva dietro da… be’, da sempre! Un
sempre trascorso a illudersi, a fantasticare e sperare
un’evoluzione del loro rapporto – perfetto,
sì, ma malsano per lui, per quei sentimenti tenuti chiusi a
chiave, soffocati nella gola e tra i denti quando la vedeva sorridere.
Qualcosa era cambiato da molto, ormai, ma non l’aveva mai
voluto vedere, né ammettere.
In quelle condizioni disperate, debole e stanco, Ambra
l’aveva trovato. Come avesse fatto non importava –
probabilmente stava cercando qualcun altro e poteva facilmente
immaginare anche chi. Importava soltanto che non aveva la forza di
affrontarla, né di fingersi qualcos’altro
– come aveva sempre fatto da quando era tornato –,
né di respingerla quando se l’era trovata
accucciata sui talloni, proprio davanti ai suoi occhi.
Ambra gli aveva sorriso amaramente, uno strano modo di approcciarsi a
lui, nuovo e pericoloso. E, fatto insolito, nessuna battuta era uscita
dalle sue labbra schiuse.
Poi gli si era avvicinata a poco a poco, con studiata lentezza.
E lui non aveva fatto nulla: non aveva mosso un muscolo per
allontanarla, né uno sguardo, né un suono.
Si era lasciato baciare e avrebbe potuto opporsi, di tempo gliene aveva
lasciato.
Ma non voleva.
Al diavolo! Non era un santo e quel bacio era più vicino a
un anestetico che a un nuovo coltello sguainato per fargli del male.
Forse domani se ne sarebbe pentito, ma era ancora pomeriggio e gli era
sempre piaciuto vivere nel presente. E il presente era lo scantinato,
l’odore di cartone invecchiato e la polvere sottile che
respiravano.
Quel bacio che sapeva di falsa compassione.
Ambra baciava male – le aveva detto la verità quel
giorno. Baciava male per la sua sciocca presunzione di saperlo fare,
per non mostrarsi meno abile dell’avversario.
Con lei non esistevano i compromessi: non vedeva nessuno come amico
– neppure Li e Charlotte. Tutto partiva e finiva con lei,
sciocca bambina troppo cresciuta.
«Segui me» le disse, quando ripresero fiato.
Lesse confusione nel suo sguardo, ma non voleva perdersi in chiacchiere
e perciò glielo mostrò con un altro bacio;
d’altronde, se dovevano divertirsi, che almeno fosse
piacevole.
Ambra comprese allora le sue parole, ma fece in tutt’altro
modo – un modo che comunque non gli dispiacque: stava
migliorando.
«Cosa ti avevo detto?» soffiò lei.
«Non si innamorerà mai di te».
Kentin le prese il volto tra le mani e fece scontrare di nuovo le loro
bocche affamate: sfogò la rabbia e il dolore mordendole le
labbra. Non si preoccupò di chiederle scusa o di smettere:
era Ambra. Ambra!
«Che mi dici di Castiel?» le sussurrò,
vendicativo. «Da quanto gli vai dietro?»
Sapeva che stava facendo la figura dello stronzo, un ruolo che non gli
apparteneva, eppure i sensi di colpa per averla ferita non si fecero
sentire: con lei aveva scoperto il lato meschino che non aveva mai
lasciato uscire.
La ragazza assottigliò lo sguardo, irata. «Non
sono affari tuoi» sibilò.
Kentin sorrise crudele. «Chi mai vorrebbe una come
te?»
Quella provocazione non la toccò e Ambra stese le labbra in
una linea di sardonica soddisfazione. Le umettò con la punta
della lingua prima di replicare: «Basta mostrarsi
disponibili, a quanto pare», alluse con malizia.
Lui sembrò riprendersi in quel momento dall’apatia
con cui si era crogiolato e la spinse via in un gesto nauseato.
«Sei stata tu a baciarmi».
«E tu ne hai approfittato» rispose lei.
«Forse non sei poi così tanto innocente come vuoi
far credere».
Il ragazzo socchiuse gli occhi, stringendo forte i pugni. Non era vero,
si ripeteva. Non era vero, eppure l’aveva accettato come
fosse l’antidoto migliore al letale veleno che sentiva in
circolo – e un antidoto non deriva forse dal veleno stesso?
«Siamo molto simili, in fondo». Ambra gli si
avvicinò con l’intenzione di continuare da dove si
erano interrotti.
«No» mormorò secco.
«No» ripeté, spingendola via dalle
spalle. «È stato un attimo di debolezza»
sussurrò come se stesse parlando tra sé, gli
occhi verdi fissi in quelli di lei, quasi la stesse vedendo per la
prima volta. «Non si ripeterà mai più.
Stai lontana da me! Hai avuto ciò che volevi: mi hai
spezzato il cuore» le intimò duro.
Ambra sbuffò annoiata: «Quanto sei melodrammatico.
Io non ho colpa: è stata quella sciacquetta a-»
Kentin la interruppe, stringendole le spalle in una morsa. Un gemito di
dolore le uscì dalle labbra, ma non se ne curò.
«Non ci provare» sibilò, fuori di
sé. «Non paragonarla a te».
Inaspettatamente lei lo baciò con veemenza, aprendo le sue
labbra per scontrarsi con la sua lingua. Lo sentì perdere un
attimo il controllo, ma poi si scostò da lei come scottato.
«Adesso basta» disse e si alzò.
Ambra lo seguì con lo sguardo mentre usciva, sorridendo
machiavellica.
“Sarai tu a cercarmi, perché io sono disponibile e
lei… lei no” pensò, passando la lingua
sulle labbra rosse e gonfie con manifesta soddisfazione.
Rieccomi ^^
Le cose sono abbastanza prevedibili, ma come ho già detto è una fanfiction senza alcun impegno di originalità e contenuti. Anche il prossimo sarà abbastanza “tranquillo”, poi… Chi lo sa? ;)
Sarà che ho consumato tutta l’originalità nel volere accoppiare Ambra e Kentin ahahah
Volevo aggiungere giusto una cosina: Alexy non è innamorato di Kentin (ci mancava solo questa xD glielo risparmio, va’!).
Un sentito grazie a chi ha messo questa storia tra le seguite e chi ha recensito lo scorso capitolo ♥
Alla prossima!
Calime