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Autore: Fenice_blu    07/01/2017    0 recensioni
«Allora… che ne dici Bea? Ti andrebbe di uscire con me?»
Ci riflettei un attimo e lo guardai. I capelli un po’ scompigliati, gli occhi verde smeraldo che mi fissavano speranzosi in attesa di una risposta, il sorriso caldo e gentile…
Sorrisi e dissi «sì, mi piacerebbe molto Ale».
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Salve a tutti! Innanzitutto buone feste passate e buon anno nuovo! Spedo che questo nuovo anno sia iniziato bene per voi! Qui voglio limitarmi a dire che ho preso alcuni versi della canzone "Talking to the moon" di Bruno Mars. Spero che il capitolo vi piaccia! Buona lettura!


Strano a dirsi ma non finimmo uccisi dai nostri genitori.
Ovviamente quella sera dopo cena, ci fecero una ramanzina di quelle che non si dimenticano. Noi ci difendemmo cercando di fargli capire che non era stata colpa nostra, perché il freno si era rotto all’improvviso, ma alla fine hanno deciso “solo” di vietarci di uscire per un giorno intero.
Per fortuna non dovemmo fare nulla per il risciò distrutto, perché alla fine zio riuscì a trovare, non so come, un accordo con il proprietario del noleggio.
«Ringraziate che zio sia riuscito a non farci pagare quel risciò altrimenti vi assicuro che avreste subito una punizione coi fiocchi!» ci guardò mamma con uno sguardo pieno di biasimo.
«Zia non è stato...» iniziò di nuovo mio cugino.
«Taci e ascolta Vincenzo! Avete rischiato di farvi male sul serio, quindi niente scuse!» disse con voce tonante mio zio.
«Inutile, non ascoltano» dissi a mio cugino.
«Stasera niente festa a Minori! E domani non metterete piede fuori di casa! Adesso filate tutti in camera vostra!» sentenziò mia madre.
«Ma papà!» si lamentò mia cugina.
«Niente ma! Io sono d’accordo con zia! Andate di sopra, senza discutere!»
Ci ritrovammo tutti in camera di Ceci, ognuno col proprio umore nero.
«Non ci posso credere… ci hanno trattato come dei mocciosi qualunque! Porca miseria, ho 18 anni!» esclamò indignata mia cugina.
«È inutile che ti scaldi tanto. Non gliene importa un fico secco di quanti anni abbiamo…» rispose Vincenzino con la sua calma.
«Beh per me non affatto giusto! Insomma il freno non l’abbiamo mica rotto noi!» feci io arrabbiata per la nostra punizione.
«Esattamente! Io non ho fatto niente non stavo nemmeno guidando! Sono io quella che si è fatta male!» piagnucolò Ceci massaggiandosi la caviglia.
«Con questo cosa vorresti dire?» la guardò torvo il fratello.
«Non intendeva dire che è colpa tua Vincenzino…»
«A me sembrava proprio di sì… Lasciamo perdere non ho voglia di litigare, anche perché domani dovremo convivere qui dentro tutto il giorno!»
«A me non sembra una punizione così brutta!» fece Cecilia.
Strabuzzai gli occhi «Tu scherzi vero?»
«Mi sa proprio che ti sei bevuta il cervello…» concordò mio cugino.
«Perché scusate?»
«Perché sembra una punizione piccola! Ma, tanto per iniziare, voglio vedere se troverai piacevole stare in casa, con il caldo che c’è in questi giorni, moriremo annegati nel sudore… insomma stare chiusi in casa, d’estate, tutto il giorno è un delitto!» iniziò Vincenzo.
«E poi non venirmi a dire che domani sera, non volevi uscire perché non ti credo!» dissi io.
«È vero! Domani poi volevo chiedere di uscire alle mie amiche!» si ricordò lei all’improvviso.
«Quanto meno è solo per domani…» sospirai, ormai rassegnata.
«Ormai non mi stupisco più delle punizioni subdole che escogitano i nostri genitori! Più di un giorno non sarebbe stato possibile comunque, non so voi, ma io mi sarei opposto in tutti i modi!» sentenziò Vincenzo.
«Mah, non ne voglio più parlare, sono troppo stanca! Vado a lavarmi i denti» disse lei avviandosi in bagno.
«Vengo anch’io» la seguì mio cugino.
In quello stesso momento vibrò il mio telefono sul letto. Era Alessandro, che puntuale come un orologio mi inviava la canzone del giorno (o meglio della sera).
Rimasta sola, presi le cuffie per sentire la canzone.
Le prime note del piano forte mi fecero identificare subito la canzone: “Talking to the moon” di Bruno Mars. Quando la riconobbi mi spostai vicino alla finestra, da dove potevo vedere la luna crescente illuminare la notte.
I know you’re somewhere out there
Somewhere far away
I want you back
I want you back
My neighbors think
I’m crazy
But they don’t understand
You’re all I have

Vincenzino tornò dentro la stanza e cercò di dirmi qualcosa poi si accorse che avevo le cuffie, gli feci segno di aspettare un attimo.
At night when the stars
light up my room
I sit by myself

 
Talking to the Moon
Try to get to You
In hopes you’re on
the other side
Talking to me too
Or am I a fool
who sits alone
Talking to the moon

L’ascoltai fino alla fine, trasportata dalle note, dalle parole e dalla voce del cantante hawaiano. Rimasi a guardare la luna  «Tranquillo Ale, sono dall’altra parte…» dissi sottovoce.
«Ehi ci sei?» chiese Vincenzo.
Io lo fissai, rendendomi conto di essermi completamente dimenticata della sua presenza «Oh sì! Certo dimmi pure!»
«Ti volevo solo dire che domani dovremo prepararci a sopportare Cecilia tutto il giorno, sono certo che dopo un po’ diventerà intrattabile» fece lui roteando gli occhi.
Stranamente, non mi sentivo più tanto seccata per la punizione. Come se avessi avuto il cuore più leggero «Dai non essere troppo negativo! Troveremo il mondo di non annoiarci, senza scannarci a vicenda.» sorrisi.
Lui mi guardò stranito «Fino a due minuti fa eri nervosa quanto me… devi essere proprio impazzita!»
Sorrisi «Lo credo anch’io»
Lui fece un sospiro. Si girò di spalle e prima di uscire si fermò sulla porta «Quanto meno, lui sembra avere un effetto positivo su di te»
«Sciocchezze!» gli gridai dietro, senza riuscire a togliermi un sorriso idiota dalla faccia.
 
 
 
Il giorno seguente, per fortuna, fu meno orribile di quanto aveva immaginato Vincenzino. La mattina la passammo ognuno in modo diverso: Ceci decise di restare in camera sua, a rifarsi lo smalto e a stare al cellulare, i miei genitori uscirono con gli zii e Gabriele chissà dove, mentre io e mio cugino, eravamo stesi sull’erba in giardino, decidendo cosa fare.
«Ho voglia di un ghiacciolo»
«Ma se abbiamo appena fatto colazione!»
«E quindi? Alla fine un ghiacciolo è solo ghiaccio, mi disseterebbe!»
«Se hai sete, vai a bere»
«Con questo caldo, credo che tra due ore mi sarò sciolto…» continuò Vincenzo imperterrito.
«Dai  pensiamo a qualcosa di divertente da fare! Basta lamentarsi!» cercai di incoraggiarlo.
«D’accordo, però se inizio a delirare per il caldo, non esitare a buttami nel congelatore»
Risi «Che soluzione drastica!»
Alla fine iniziammo a giocare a carte, dopo un po’ recuperammo da un armadio una vecchia scacchiera. Mancavano un paio di pezzi, così ci adattammo come potevamo: un tappo di bottiglia prese il posto di una delle torri bianche, e una nocciola che avevamo recuperato dalla cucina divenne un pedone nero. Vincenzino fece la prima mossa con i suoi pezzi bianchi, e la partita iniziò. Era incredibilmente divertente giocare con lui, oltre ad essere molto stimolante. Era bravissimo con gli scacchi, abile a trovare nuove tattiche di gioco, ed era estremamente attento a studiare la situazione sul campo e ad adottare la strategia giusta per battere il suo avversario. Zio lo chiamava scherzosamente “Lo stratega”.
«Scusa ma il mio tappo ha troppa voglia di mangiare quella nocciola» disse lui a un certo punto della partita spostando la sua torre e prendendomi il pedone-nocciola.
«Che spiritoso» dissi io ridendo, prima di prendergli uno dei pedoni con il cavallo.
Proseguimmo così per un po’ fino a quando mi resi conto di potergli fare scacco.
«Meglio se inizi a mettere al sicuro il tuo re, caro il mio stratega» lo avvisai io «Scacco» dissi spostando la mia torre.
Spostò il re, togliendolo dalla portata della mia torre «Non precipitarti all’attacco senza riflettere, potresti finire in trappola»
Io lo guardai di sottecchi, cercando di capire se voleva solo distrarmi, o se stava effettivamente cercando di darmi un consiglio «Sei stai cercando di spaventarmi posso assicurarti che non funziona»
«Non ne dubito» disse lui sorridendo.
Sicuramente aveva architettato qualcosa, ma decisi di concentrarmi sul campo. E poi notai che avevo la possibilità di fare scacco matto in un paio di mosse, così senza parlare portai avanti la mia regina mangiando il suo alfiere, e iniziando a chiudere il re.
Lui fece un mezzo sorriso «Beh senz’altro non è una brutta mossa… ma temo che tu ti sia distratta»
«Cosa vuoi dire?»
Continuando a sorridere prese la sua regina «Voglio dire che non hai fatto attenzione… Scacco matto»
 «Ma come? Non è possibile»
«Dici? La mia torre non è d’accordo!» mi prese in giro lui, indicando il suo pezzo, che avrebbe mangiato il mio re se si fosse mosso. «Ti sei concentrata solo sull’attacco, dimenticando la difesa. Nel momento esatto in cui hai mosso la regina, hai lasciato scoperto il tuo re firmandone la condanna. Inoltre ha anche il problema del mio alfiere qui, vedi?»
Era vero, se avessi mosso il re a destra il suo alfiere era pronto
«Maledizione» sospirai.
Lui intanto iniziò a mettere in ordine i pezzi«Io ti ho avvertito che stavi sbagliando strategia. Ma eri focalizzata solo su quello. Non dimenticare mai: non lasciarti distrarre, perché rischi di farti sfuggire le cose importanti sotto gli occhi»
«È solo una partita a scacchi, come mai tutta questa serietà?»
«Non sottovalutare ciò che ti ho detto… molte cose degli scacchi sono applicabili in altri campi, se così si può dire»
«Va bene, lo terrò a mente. Ce ne facciamo un’altra?»
Continuammo a giocare fino all’ora di pranzo, quando gli altri rientrarono. E per fortuna almeno alla seconda partita riuscii a batterlo.
Il resto del pomeriggio fu piuttosto tranquillo, e quando finalmente Cecilia uscì dalla sua camera, si unì a noi, per fortuna senza scannarsi con il fratello.
A un certo punto squillò il mio telefono e constatai con sorpresa che era Andrea.
«Pronto?»
«Ciao Bea! Mi senti?»
«Sì sì ti sento Andrew! Come stai?» dissi sorridendo felice.
«Bene! Aspetta ti metto in viva voce, ci sono anche gli altri che ti vogliono salutare!»
Dopo un attimo sentii la voce di Daniele «Ciao Bea! Come stai?»
«Benissimo Dani! Come ve la passate?»
«Bene! Qui c’è anche Lorenzo, però non ti vuole salutare!» quasi urlò nel telefono.
A quel punto intervenne anche Lorenzo «Ma sei cretino?! Che figure mi fai fare!? Non è vero Bea, è solo che adesso Andrew preferisce che ci teniamo il più lontano possibile dal suo telefono!»
«Sì esatto, però non tu Lorenzo, quindi fatti più indietro Daniele»
Io risi di gusto. Mi erano mancati «Ragazzi, vi prego non vi ammazzate! Piuttosto Nicoletta e Alessandro? Non sono lì con voi?»
«No, non sono venuti. Adesso siamo in giro, e Nicoletta aveva da fare con i suoi, mentre Alessandro, non so che doveva fare con suo fratello. Hanno detto che ci raggiungeranno dopo. Forse viene anche Jasmine!»
«Ah ecco, che bello! Voi invece? Che state facendo?»
«Stavamo facendo un giro insieme e abbiamo pensato di chiamarti!» rispose allegro Daniele.
«Ad Alessandro manchi tanto! E manchi anche a noi!» disse Andrea.
«Che carini! Ma non vi preoccupate, tanto tra qualche giorno torno e ci rivediamo di nuovo!»
«Puoi star certa che ci vediamo! Adesso scusa ma dobbiamo staccare! Altrimenti finisco tutti i soldi sul telefono» rispose Andrea.
«Ma perché non ti fai una promozione come tutta la gente normale?» lo rimproverò scherzosamente Lorenzo.
«E perché tu non ti porti appresso il telefono come tutta la gente nomale!»
«Ti ho detto che me lo sono dimenticato, va bene! Bea tranquilla, adesso ti lasciamo in pace, io intanto devo dare una lezione al nostro spilungone»
«Come no! Lasciamo perdere! Ciao Bea! Ci sentiamo presto!» mi salutò infine Andrew.
«Ciao ragazzi! Mi raccomando fate i bravi!»
«Ciao Beaa!» per ultimo sentii il saluto allegro di Daniele, poi chiusero la chiamata.
«Ehi, chi era?» chiese Vincenzino.
«Alcuni miei amici. Se venite ad agosto, te li faccio conoscere!»
«Perché no! Però mi raccomando, niente giri in risciò!»
 
 
 
 
I giorni successivi passarono veloci, e per fortuna riuscimmo a non metterci più nei guai. Così arrivammo a giovedì, il giorno prima del mio compleanno. Io, Ceci e Vincenzo eravamo il camera di quest’ultimo, e mentre loro due erano intenti a discutere, io scorrevo la mia nuova playlist, dove avevo messo tutte le canzoni che mi aveva mandato Alessandro. Dopo le prime due che mi aveva mandato, ne erano seguite altre, una più bella dell’altra: “You’ll be in my heart” Di Phil Collins, “Black is the color of my true love’s hair” cantata da Avi Kaplan e Peter Hollens, “Losing sleep” di John Newman.
«Ehi Bea? Tutto ok? Ti vedo pensierosa»
«Sì sì tutto ok.»
In realtà mia cugina aveva ragione. Avevo mandato diversi messaggi ad Alessandro, eppure continuava a non rispondermi.
«Ragazzi a tavola!» ci chiamò dal piano di sotto zia Eva.
«Arriviamo!» urlò di rimando Vincenzino.
Entrammo in cucina e fummo investiti da un profumo invitante, che mi fece venire l’acquolina in bocca.
«Vincenzo! Ti vieni a sedere vicino a me?» domandò Gabriele che era già seduto a tavola.
«Certo campione!» rispose sorridendo Vincenzino. Così andò vicino a mio fratello, a capotavola, io mi sedetti vicino a lui, e infine Cecilia affianco a me.
«Oggi sul menù abbiamo gnocchi alla sorrentina!» annunciò allegro mio zio.
«Mamma non li facevi da una vita! Finalmente ti sei decisa!» esclamò contenta Cecilia.
«Beh ho avuto il valido aiuto di tua zia! Quindi dovete ringraziare lei!» disse lei con modestia, sorridendo a mamma e portando quella prelibatezza  a tavola.
«Oh è stato divertente! Non c’è bisogno di ringraziare» sorrise lei di rimando.
«Beh io direi basta convenevoli, passami quegli gnocchi, sto morendo di fame!» si sporse Vincenzo per prendere da zia la teglia.
Ognuno ebbe la propria porzione, ed erano così buoni, con il basilico fresco e la mozzarella filante, che quasi mi fecero dimenticare la preoccupazione per Alessandro. Quasi.
«So che non ti ha ancora risposto…» mi disse sottovoce Vincenzo «Ma è inutile continuare a rimuginarci sopra»
«Lo so, ma non è mai successo prima…»
«Esattamente! È la prima volta che succede, quindi non stargli troppo addosso. Magari ha da fare e semplicemente non può dirtelo»
Aveva ragione, probabilmente mi stavo preoccupando per nulla. Non potevo sapere cosa stava facendo Alessandro, e mettergli pressione per messaggio non sarebbe servito a nulla «Hai ragione. Non mi devo preoccupare! Sicuramente appena potrà, mi risponderà» dissi io sorridendo.
«Ecco! Adesso sì che ti riconosco! Pensa a mangiare e non stressarti!»
 
 
 
 
 
«Uffa! Ma perché non si è fatto vivo!» dissi buttandomi sul letto di Ceci.
«Calmati, magari è stavo fuori tutto il giorno» cercò di tranquillizzarmi Vincenzo.
«A mio parere non è una giustificazione. Che ci vuole a mandare un messaggio alla sua ragazza, aveva di meglio da fare forse?» disse mia cugina.
«Non dare retta a quest’arpia, ama mettere zizzania» fece Vincenzino lanciandole un’occhiataccia.
«Questo non è vero! Dico solo che Bea avrebbe tutte le ragioni di essere arrabbiata!»
«Non sono arrabbiata… non ancora almeno. Mi chiedo soltanto dove sia finito»
«Io non lo so, ma non serve disperarti nel frattempo»
«Mi sono stufata di sentirti dire che devo stare calma!»
«Oh! Diglielo Bea! Vorrei vedere lui al posto tuo!»
«Io sarei calmissimo! E non inizierei di certo a farmi mille complessi mentali come voi!»
«Sì sì, e nel frattempo gli asini voleranno e io inizierò un tour per il mondo insieme a Taylor Swift!»
«Certo Taylor Swift non sarebbe la mia prima scelta per un tour» feci io, distraendomi per un attimo dal problema “Alessandro”.
«Non è questo il punto: il punto è che è impossibile restare calmi e fingere che vada tutto bene in una situazione simile»
«Questa è solo una tua opinione sorella» fece spallucce Vincenzo.
«Non vedo l’ora di rinfacciarti questa conversazione!» rispose Cecilia con un sorriso malefico stampato in faccia. Intanto mi vibrò il telefono e corsi a prenderlo per sbloccarlo.
Era Alessandro, ma non era un messaggio, ma era un’altra canzone. La feci partire per vedere qual’era, e constatai che era “I’m a mess” di Ed Sheeran.
«Chi è? Mica è lui?» chiese Cecilia, guardando il cellulare.
«Sì ma… mi ha mandato una canzone...» poi arrivò un altro messaggio. C’era ascritta una sola parola: fidati.
Iniziai a mandargli messaggi a raffica, chiedendogli dove fosse e perché non mi aveva risposto. Ma lui li ignorò come aveva fatto con i precedenti.
«Accidentaccio! Davvero non capisco!» esclamai frustrata, alzandomi di scatto dal letto.
«Mi sembri leggermente alterata Bea» notò mio cugino.
«Davvero? Invece sto benissimo!»
«Non credo proprio. Ma prova a…»
«Se dici ancora una volta che devo stare calma, ti butto giù dalla finestra» lo fulminai con lo sguardo.
«Va bene! Direi che si è fatto tardi! Buonanotte a tutte e due!» disse lui, uscendo in fretta dalla camera.
«Accidenti… forse sono stata troppo dura» dissi rivolta a Ceci.
«Non ci pensare, tanto lo sa che non ce l’hai davvero con lui.»
«Ok… Direi che è davvero il momento di andare a dormire»
Dopo che ci mettemmo a letto e ci augurammo la buonanotte, aspettai che Cecilia si fosse addormentata, poi mi alzai e andai alla finestra. Era una notte limpida, senza nuvole, con la luna che splendeva e rischiarava il paesaggio notturno.
Mi persi ad ammirarla, chiedendomi se in quel momento, anche Alessandro la stesse guardando.
 
 
 
Ancora una volta ciao a tutti!  
Non voglio tediarvi con un lungo discorso, voglio solo ringraziare chi è arrivato a leggere tutto il capitolo! Questo dovrebbe essere il penultimo capitolo di questa storia, e devo dire che mi sembra ancora impossibile! Ringrazio di cuore chi ha messo tra le preferite, seguite o ricordate la mia storia, e in particolare chi l'ha recensita! Vi auguro una buona giornata! A presto! ☺
 
   
 
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