I
BISCOTTI DELLA PACE
-oh,
cavoli!Sono in ritardo!-
In fretta e furia, Himeko si vestì, salutò il suo pupazzo Pokotà e scese le
scale. O almeno quella era la sua intenzione, infatti come al solito cadde
rovinosamente e le percorse col fondoschiena.
-Ahi, ohi, che male!-
Udendo questi familiari lamenti, Aiko e la madre le corsero incontro.
-Ti sei fatta male?- le chiese dolcemente la sorella, mentre l’aiutava ad
alzarsi.
-Quando imparerai ad essere più femminile?- la rimproverò la madre come al suo
solito.
Hime-chan non disse nulla, si limitò a ridacchiare e fece la linguaccia.
“E’ sempre la solita” pensarono all’unisono madre e figlia maggiore.
Ad un certo punto alla madre venne però
un dubbio.
-Un momento!Oggi è domenica come mai ti sei alzata così presto?Cos’hai?Stai
male?-
-Veramente sono le 10.30- rispose la figlia, sperando di farla franca.
-Appunto!Per te di domenica, è anche
troppo presto!-
-Sì, ma ho un appuntamento con i miei amici, andiamo al luna park visto che è
una bella giornata-
- Eh, per uscire con i tuoi amici allora sei capace di alzarti in tempo?- la
schernì la madre.
-Sì, come no, peccato che sono in ritardo e sono mi sbrigo prenderanno
l’autobus senza di me-
-Vai, vai- esclamò la madre. – Vedi però di non fare troppo tardi-
-Ok, a stasera- rispose Hime-chan, che nel frattempo era già fuori dalla porta
e stava correndo via.
Non stava più nella pelle. Avrebbe trascorso tutta la giornata i suoi amici. Fantastico!
Da un po’ capitava spesso che lei, Daichi, Manami , Tetsu e Icchan si trovavano
da qualche parte, anche solo per mangiare un hamburger e lei ne era
felicissima, così poteva stare tutto il tempo che voleva sia con le sue amiche
sia con Daichi.
A quel pensiero arrossì di botto. Lei e Daichi erano solo amici, ma ogni tanto
una parola o un gesto lasciavano trasparire un rapporto più profondo. D’altra
parte lei stessa aveva già dovuto fare i conti con il proprio cuore,che quando
lo vedeva iniziare a battere forte come un tamburo.
Ormai aveva ammesso a se stessa di essersi innamorata di lui, il problema era
dirlo al diretto interessato.
Sapeva che prima o poi avrebbe dovuto esprimere ciò che provava, anche perché
stava diventando sempre più evidente, ma non trovava mai il momento giusto.
Finivano sempre o per prendersi in giro o per litigare e finiva che non trovava
mai il coraggio di rivelarsi.
“Non importa, prima o poi glielo dirò” si rincuorò. La cosa veramente
importante per lei era averlo vicino, come ce l’aveva avuto finora e questa le
bastava. Arrossì a quei pensieri, fino a quando non guardò l’orologio al polso.
“Ommamma, mi devo sbrigare! Forza! altrimenti addio lunapark.” Si rimproverò da sola.
Per il lunapark, hip hip hip urrà urrà” e continuò a correre.
Finalmente
arrivò ansimando alla fermata degli autobus, dove trovò ad aspettarla Manami,
Icchan e Tetsu.
“Scusate per il ritardo” esclamò col fiatone.
“Non preoccuparti” la rassicurò dolcemente Manami. “Mancano ancora cinque
minuti prima che arrivi il bus e poi anche Daichi è in ritardo”.
“Cosa?Anche Daichi?E’ anche peggio di me!” disse un po’ sorpresa. E’ vero che
Daichi era un noto dormiglione e un ritardatario cronico, ma di solito aveva un
po’ più di sale in zucca di lei.
Tetsu si mise a ridacchiare. “Eh, eh. Mi dispiace Hime-chan, ma quando si
tratta di dormire non lo batte nessuno, neanche tu”
“Si, è vero, un dormiglione patentato” concordò lei, facendo scoppiare tutti a ridere.
Intanto,
di lì a poche centinaia di metri, l’oggetto delle loro battute stava correndo
velocemente verso di loro.
“Certo che è il colmo. Riesco ad arrivare in ritardo pure per andare al
lunapark”si biasimò; seguì poi però uno sbadiglio. ‘Quanto avrei voluto dormire
ancora un po’,cavoli è proprio dura scegliere: dormire o lunapark, lunapark o dormire. Eh eh,
sono proprio irrecuperabile!Meglio accelerare, altrimenti Tetsu e Hime-chan
sono capaci di andarsene senza aspettarmi’.
Non poté fare a meno di sghignazzare al pensiero della solita Hime-chan,
incavolata come una iena con lui.
Con questo buon umore accelerò l’andatura e ormai era quasi giunto a
destinazione, quando…
“Che sorpresa caro! Che ci fai da queste parti?”
A Daichi per poco non venne un infarto nel vedersi comparire Hikaru davanti,
mentre lei si attaccò come sempre al suo braccio.
‘Oh no, ci mancava solo lei’ pensò infastidito. Proprio non riusciva a
sopportare le moine di quella smorfiosa. Si sforzò in ogni caso di essere
gentile.
“Mi dispiace Hibino, ma devo scappare, sono in ritardo pauroso” disse, cercando
di scrollarsela di dosso.
“Ah si?ma dove devi andare?” gli chiese con voce smielata.
La guardò un po’ spaventato: risponderle
che andava al lunapark, specie con Hime-chan, significava doversela subire
tutto il giorno, perché senza dubbio li avrebbe seguiti, senza contare che non
avrebbe rovinato la giornata solo a lui, ma anche agli altri, dato che l’unica
cosa che faceva era stargli attaccata; così decise di restare sul vago.
“Ho un impegno…ciao” e se ne andò. O almeno ci provò; ma Hikaru era decisa a
non mollarlo e lo abbracciò stretto.
“Che cattivo!Lasciarmi qui,dai fammi venire con te”
“Neanche morto!” rispose secco il ragazzo.
Hikaru a quel punto scoppiò in lacrime.
“Che crudele!Daichi!Sei cattivo!Come puoi dirmi queste parole così crudeli?No,
non puoi!”
‘Oddio!che razza di situazione!E per di più sono in ritardo, miracolo se il
pullman non è già partito” pensò rassegnato il nostro povero Daichi.
“Senti, mi dispiace, sì, forse ti ho risposto un po’ male” esclamò, tentando di
calmarla.
A quelle parole, gli occhi della giovane si illuminarono. “Lo sapevo che non
puoi resistere al mio fascino, il mio Daichi”. E lo abbracciò di nuovo.
Niente, non riusciva proprio a togliersela di torno, finché gli venne l’idea.
“ Guarda! ma quello non è Tiziano degli Smap?” gridò mostrandosi entusiasta e
indicò un punto preciso dietro di lei.
“Cosa?Dove?Dov’è?” strepitò Hikaru, giratasi di scatto.
Pronto, Daichi si allontanò all’istante.
Qualche minuto dopo la giovane si voltò dove prima c’era lui.
“Ma Daichi, ma dove l’hai visto?....”.
Daichi però non c’era più. “Un momento! Dove sei finito?Daichi!”
Compreso che l’aveva lasciata da sola, riprese a piangere a dirotto una seconda
volta.
Intanto
alla tanto attesa fermata degli autobus…..
“Ehi!” fece il ragazzo per attirare l’attenzione dei suoi amici.
“Alla buon’ora” disse Tetsu sorridendo.
“Fai con comodo, tanto possiamo anche andare a piedi” ribatté Hime-chan
evidentemente seccata.
“Ma perché?E’ già partito?” chiese il giovane.
“Secondo te?” domandò piccata la biondina. “Sei sempre il solito”
“Senti chi parla!” ribatté innervosito Daichi. “Non mi pare che tu sia la regina
della puntualità, non hai proprio il diritto di criticare”
“Ma almeno non faccio perdere tempo anche agli altri”
“Su, su, non litigate” intervenne Tetsu, vedendo che i due amici si guardavano
in cagnesco. “Il prossimo autobus arriva fra mezz’ora, non manca molto,
arriveremo al lunapark per le 11:30, non mi sembra tardi”
“Tetsu ha ragione, ragazzi, non c’è problema, prendiamo il prossimo che arriva”
concordò Manami.
“E va bene” cedette seccata Hime-chan.
Daichi, calmatosi dopo la brusca reazione della ragazza, si sentì un po’ in
colpa per essere arrivato così tardi, soprattutto vedendo che l’amica, benché
non dicesse nulla, lo stava fissando ancora con rimprovero.
“Mi dispiace tanto, ragazzi” si scusò sinceramente. La frase era rivolta a
tutti, ma lo sguardo era ben fermo su Hime-chan, che arrossì all’istante.
Come si fa a prendersela quando qualcuno ti guarda così? Era evidente che era
pentito.
“Va bene, dai non preoccuparti” lo rassicurò in tono fintamente rassegnato. “In
fondo non è successo nulla di grave”. Finì la frase con un sorriso tanto dolce,
che Daichi non poté fare a meno di ricambiarlo.
“Bene, ora non ci rimane che aspettare” affermò Icchan, notando che la
situazione si era rilassata.
“Visto che abbiamo tempo, possiamo andare a prendere qualcosa al bar” propose
Daichi.
“Si, però visto che devi farti perdonare, offri tu vero?” azzardò Hime-chan.
“mmm” mugugnò un po’ irritato, ma lasciò perdere tanto con lei non c’era niente
da fare.“Ok, però non esagerare”
“Come sarebbe?”
“Bè si sa che tu pensi sempre a mangiare” la schernì.
“Oh, insomma!” ribatté piccata e tutti quanti scoppiarono a ridere.
L’atmosfera allegra non durò però a lungo.
Stavano per avviarsi al bar, quando sentirono una voce stridula e ben
conosciuta.
“Daichi!Ti ho scovato finalmente, non si fanno questi scherzi. Piantarmi in
asso quando stavamo programmando la nostra domenica!”
Senza badare al fatto che c’erano altre quattro persone, Hikaru andò subito
verso il povero ragazzo.
“Eh lasciami! Non starmi appiccicata!” esclamò duro lui, ma come sempre la
giovane lo interpretò come un segno di timidezza e non lo ascoltò.
Hime-chan si stava veramente irritando di fronte a quella scena. Come si
permetteva quella smorfiosa di stargli così addosso, ignorando lei e gli altri
in quel modo.
“Senti un po’, guarda che ci siamo anche noi!”
Hikaru si voltò verso di lei, senza però lasciare il giovane.
“Ciao, voi che ci fate qua?”
“Abbiamo da fare, perciò vedi di darci un taglio”
“Se avete da fare, andatevene allora, che cosa restate qui a fare?Noi abbiamo
già un appuntamento”
“Piantala di dire stupidaggini!” la rimproverò la biondina.
“Non sono affatto stupidaggini, ci siamo accordati una decina di minuti fa”
rispose Hikaru tranquilla.
“Cosa?” esclamarono in coro tutti i presenti.
“Ma che stai dicendo?” chiese infastidito Daichi. “Non mi pare affatto di
averti chiesto di uscire”
“Eh, ma lo so che non lo fai perché sei timido, però…”
“Smettila con queste sciocchezze!Se non ti ho invitato, è perché non voglio
uscire con te, chiaro?” dichiarò il ragazzo con voce forse un po’ troppo alta.
A quelle parole, Hikaru scoppiò a piangere come una bambina.
“Perché?Perché mi tratti male?Non ti ho fatto nulla!Non è giusto!”
E continuò così a lamentarsi e a frignare.
Hime-chan
e gli altri stettero in silenzio non sapendo come comportarsi. La biondina a
dire il vero era un po’ preoccupata: è vero che a Daichi Hikaru non piaceva, ma
aveva paura che avrebbe ceduto se lei continuava a piangere in quel modo e
anche se si rendeva conto di essere un po’ egoista, non voleva la ragazza tra i
piedi in quella giornata in cui dovevano divertirsi lei e i suoi amici.
-Dai su Hibino, sì, ok forse ho esagerato, dai, smettila- disse Daichi,
abbassando il tono di voce, per cercare di calmarla e in effetti ebbe l’effetto
sperato: la giovane smise di piagnucolare e si riattaccò al suo braccio, gli
richiese:- allora dove mi porti?-
Nel l’udire quella domanda, Hime-chan non ne poté più.
-dai, andiamocene- disse rivolta a Tetsu, Manami e Icchan.
-ma che dici?- esclamò Manami.
- mi pare di capire che siamo di troppo, è il caso che non disturbiamo e che
passiamo la giornata per conto nostro-
-Ma Hime-chan…- iniziò Icchan.
La ragazza non l’ascoltò nemmeno e cominciò a incamminarsi con l’intenzione di
tornare alla fermata del bus.
-Ehi ,aspetta un attimo- la fermò Daichi, staccandosi di botto Hikaru.
-Che cosa vuoi?- gli chiese,
evidentemente innervosita.
-Si può sapere che ti salta in mente?-
- Ti sto solo dando l’opportunità di stare con la tua ragazza, dovresti
ringraziarmi- disse provocatoriamente.
-Ti ha dato di volta il cervello?- ribatté, anche lui abbastanza spazientito. Come riusciva Hime-chan a farlo
arrabbiare non ci riusciva nessuno, ma si sforzò di restare calmo, almeno uno dei
due doveva rimanerlo.
- Lasciamo perdere- disse, prendendole un braccio. –Ora torniamo al bar e ci
diamo una regolata tutti e due-
Hime-chan però si arrabbiò ancora di più. Diede una gomitata alla mano di
Daichi su di lei e urlò: -Una regolata te la devi dare tu!Usciamo tutti quanti
insieme, ma se tu vuoi andare con Hikaru, tanto meglio!Stiamo benissimo anche
senza di te!”
Aveva proprio esagerato. Daichi non ne poteva più di stare zitto. Lo avevo
proprio fatto uscire dai gangheri
-Ma davvero? Perché non la dici tutta e non lo ammetti di essere gelosa?- la
sfidò.
A quelle parole verissime, ma così fredde, Hime-chan arrossì di botto
imbarazzata, ma reagì prontamente mollandogli un sonoro ceffone.
-Io gelosa?Come osi?Sei un cafone!-
gridò fuori di sé e corse via.
Daichi rimase fermo, nero di rabbia.
Gli altri rimasero in silenzio, allibiti dalla furibonda litigata dei due
amici, mentre la solita Hikaru si avvicinò a Daichi.
-Quella Hime-chan! Come ha potuto dare uno schiaffo al mio Daichi, gliela farò
pagare cara. Dai tesoro, non preoccuparti, ora ti curo la guancia da questa
brutta botta, vedrai- disse il solito tono svenevole.
Ma come gli tocco la guancia, Daichi sbottò: -Ora basta Hibino, mi hai proprio
stufato!Tutto questo è successo per colpa tua!Non ti sopporto più!-
Così dicendo corse via anche lui.
Tornata a casa, Aiko e la madre furono sorpresi di vedere Hime-chan così
presto.
-Ma non dovevi andare al lunapark?-
-Non è arrivato l’autobus- s’inventò lei.
Era una scusa assurda,ma il capo chino e
lo sguardo triste indussero le due donne a lasciar stare.
-Hai pranzato?Ti va di mangiare qualcosa?- chiese Aiko con gentilezza.
-No, grazie- rispose fredda la sorella più piccola. –Vado in camera mia-
Richiusa la porta della sua stanza dietro di lei, Hime-chan si buttò sul letto
a pancia in giù senza dire una parola.
-Himeko!Ma che è successo?- chiese Pokotà, nel vederla così giù.
-Cosa ci fai qua a quest’ora?-
Hime-chan non rispose, ma scoppia a piangere.
-Himeko!- la chiamò il leoncino
preoccupato. Era brutto vederla tanto triste, lei che era sempre piena
di entusiasmo e gioia di vivere.
-Non…mi.. va…di ….parlarne- rispose la
ragazza fra i singhiozzi.
-Himeko, non fare così, se ti sfoghi sono sicuro che starai meglio-
-Non saprei…- ma guardando negli occhi grandi e sinceri del suo amico, non potè
trattenersi oltre e gli raccontò tutto quello che era accaduto.
-Bè
Himeko- la sgridò Pokotà. –Sei stata impulsiva!-
-Come sarebbe?-
-hai fatto tutto tu Himeko- le spiegò tranquillamente il leoncino.
-Che dici?E Daichi allora?Prima dice che esce con noi e poi si fa abbindolare
da quella strega e accusa me di essere gelosa e sono io quella che ha
torto?- sbottò la giovane.
-Perché?Non è vero che sei gelosa?- domandò l’amico con sorriso sornione.
Himeko reagì subito arrossendo.
-Ma che dici?Ti ci metti anche tu?Io gelosa di quell’arpia?Sei impazzito?-
Pokotà non disse nulla, si limitò a guardarla con aria da compatimento,
espressione che fece inalberare la ragazza ancora di più.
-Insomma!Perché dovrei essere gelosa?E’ assurdo!-
-Facile!Perché sei innamorata di lui- disse lui con calma.
Ormai Hime-chan era rosse come un pomodoro maturo, ma all’improvviso si
intristì.
- Tanto non gli potrò mai piacere, come invidio Hikaru!-
Pokotà la guardò sorpreso: -Che cosa stai dicendo?Daichi non la sopporta e lo
sai benissimo-
-sarà vero?- domandò lei a bassa voce,quasi non volesse farsi sentire. Quando
doveva parlare dei propri sentimenti era sempre così: il maschiaccio diventava
una ragazzina timida e fragile.
Benché era stato solo un sussurro, il peluche la sentì.
-Himeko- iniziò stancamente. –Lo sai che Daichi non sopporta le sue smancerie e
da quello che hai detto stamattina non è stato diverso, se gliene avessi dato
il tempo o meglio ancora una mano sono sicuro che sarebbe stato più che felice
di liberarsi di Hikaru-
La ragazza non parlò consapevole che tutto ciò che stava sentendo era vero.
-E poi – continuò il leone. -chi te lo dice che lui non provi nei tuoi
confronti i tuoi stessi sentimenti?-
- Ma dai! Ma se non fa altro che prendermi in giro perché sono un maschiaccio-
-però è stato lui a dirlo prima di partire, quando suo padre è stato
trasferito-
Himeko distolse lo sguardo dall’amico a quel ricordo. Come poteva dimenticarlo?
Quella mattina lei era andata da lui per salutarlo e per rivelargli i suoi
sentimenti e invece era stato lui a rivelarle che gli piaceva. Poi se ne era
andato e dopo che era tornato a scuola, nessuno
dei due aveva più toccato l’argomento; però l’aveva detto e non stava
scherzando in quel momento. Chissà…era davvero possibile che lei, il ragazzaccio
per eccellenza potesse far breccia nel cuore del più carino e popolare fra i
ragazzi della scuola?
Le tornò in mente la sfuriata che gli aveva fatto solo qualche ora prima e il
comportamento di lui. Non era sicura che lui la ricambiasse, ma di una cosa era
certa: Hikaru non l’avrebbe mai avuto. Conosceva il ragazzo abbastanza bene da
poter capire, nonostante le sue paure, che non era il tipo da andare dietro ad
una smorfiosa come quella.
Tirando le somme, forse aveva davvero esagerato.
- quindi alla fine se non siamo andati al lunapark è colpa mia?-
-Se ti può consolare le tue amiche sono abituate ai litigi fra di voi, perciò
sono quasi sicuro che sono andati lo stesso- rispose dolcemente l’amico.
- Dici?-
-si, fidati- la rassicurò. –Ora però la cosa che conta è che tu chieda scusa a
Daichi, non ti pare?-
Himeko lo guardò preoccupata. – Hai ragione, ce l’avrà a morte con me, come
faccio?-
-Oh andiamo, ne hai combinate talmente tante che ormai c’è abituato-
- Già, ma andare a parlare con lui, significa che devo chiedergli scusa per
essermi ingelosita. Non è facile-
Aveva una gran paura che non capisse o peggio che capisse troppo,che si rendesse
conto di quanto teneva a lui; però era anche vero ciò che aveva detto Pokotà:
non era la prima volta che litigavano e che lei doveva scusarsi. Si sforzò di
ricordare,di trovare qualcosa nelle sue memorie che potesse esserle utile, fino
a che le tornò in mente un episodio di nessuna importanza. Lei e Daichi avevano
portato i rispettivi fratellini al parco per farli conoscere e lei aveva dovuto
confessare al ragazzo che un tempo si era trasformata nella sorellina per
spiarlo, per evitare che scoprisse il segreto del fiocco; per farsi perdonare
aveva preparato dei biscotti e lui benché un po’ scocciato per quanto era
venuto a sapere, aveva ceduto a quelle dolcezze, con un uscita quasi
rassegnata: “Uffa, quanto combini un guaio, mi porti del cibo per farti
perdonare”.
Sorrise nel ricordare quella frase….forse qualche speranza c’era.
-Ma certo!- pensò. -Preparerò dei biscotti così buoni che non potrà far altro
che perdonarmi-
Ridacchiò finalmente di buon umore, facendo incuriosire Pokotà che un minuto
prima l’aveva vista in lacrime e un minuto dopo sprizzante di gioia, così gli
spiegò la sua idea.
Il leoncino si mise a ridere- eh eh, lo vuoi prendere per la gola, né?-.
Senza aspettare oltre, Himeko scese in cucina, determinata a portare a termine
la sua idea.
Ad un certo punto però l’animale chiese dubbioso: -ma sei sicura che in questo
modo riuscirai a sistemare tutto?-
La giovane ridacchiò e arrossì. -Sì, ne sono sicura-
Pokotà la guardò perplesso. -E come mai sei così convinta?-
-Bè….perché questi non saranno biscotti normali-
-in che senso?-
-Ci metterò tutti i ricordi dell’anno che abbiamo passato insieme…..per questo
sono sicura che verranno alla grande- rispose ferma della sua decisione.
L’amico nel vederla così decisa non ebbe più nulla da obiettare; perciò insieme
iniziarono a cucinare questi biscotti
“speciali”.
“Sono biscotti speciali soprattutto perché nell’assaggiarli si potrà sentire
tutto quello che provo per lui” pensò, arrossendo
Ci volle tutto il pomeriggio per prepararli, ma Himeko non si schiodò dalla
cucina fino a quando non ebbe finito e mentre impastava, mescolava, aggiungeva
gli ingredienti e alla fine infornava, si perse completamente nei ricordi…..la
domenica in cui lei e Daichi si erano conosciuti….sorrise al pensiero del
calcio che gli aveva dato. “ però mi aveva fatto proprio arrabbiare”; quando
lui scoprì il suo segreto e non si tirò indietro, anzi s’impegnò ad
aiutarla……..quando si era trasformata in Ilaria e aveva creduto di non poter
più tornare se stessa….in quel momento era a pezzi,ma il ragazzo l’aveva
consolata e l’aveva abbracciata, Dio! Quanto calore c’era in quelle braccia,
anche se era passato tanto tempo lo avvertiva ancora….e poi quando lei aveva
creduto che lui fosse innamorato di Yuka, ricordava ancora la gelosia che aveva
provato e anche il sollievo quando aveva capito che non era vero…e ancora le
vacanze passate assieme,le giornate al luna park, in campagna, in piscina, come
si erano divertiti! …e infine il momento più brutto e più bello allo stesso
tempo: il giorno della partenza di Daichi; quanto aveva sofferto! La sola idea
di non rivederlo più l’aveva completamente buttata a terra e l’aveva spinta, in
lacrime, a rincorrere la macchina della famiglia che si allontanava da
casa,dagli amici,da lei.
Il pomeriggio trascorse così, pieno di ricordi e di emozioni, proprio come i
biscotti che si erano ormai impregnati di quell’anno così prezioso.
Senza esitare appena ebbe finito, la giovane avvolse i biscotti in un
tovagliolo e uscì, incoraggiata da Pokotà che le augurò buona fortuna.
Con il cuore che le batteva forte, arrivò ai giardinetti, vicino alla vecchia
casa di Daichi. Lo conosceva bene e sapeva che il ragazzo prima di tornare a
casa, appena poteva tornava nel posto in cui era cresciuto ed era sicura che
anche quel giorno era lì.
Infatti
dopo pochi istanti vide un ragazzo sdraiato su una panchina….il suo Daichi.
Si avvicinò silenziosamente, ma aveva paura che il forte battere del suo cuore
già da solo si sarebbe sentito.
Lo chiamò piano. “Daichi, Daichi”.
Il ragazzo aprì gli occhi,disorientato, ma appena la vide tornarono seri.
-Ah sei tu?che diavolo vuoi?- esclamò, evidentemente ancora arrabbiato.
-Chiederti scusa- rispose lei sinceramente.
Il suo tono di voce era basso e calmo e fece desistere il ragazzo dal
provocarla ulteriormente.
-Ti ascoltò- si limitò a dire lui, con lo stesso tono di voce.
-Ho esagerato, ho fatto una scenata penosa e ho rovinato la giornata a tutti,
mi dispiace moltissimo-
-Tutto qui?- domandò Daichi.
-E….- continuò un po’ imbarazzata. – lo ammetto: mi sono ingelosita- finì la
frase arrossendo.
- ma dai?- la schernì lui. – Non ci avevo fatto proprio caso-
- Non mettere il dito nella piaga!-
ribattè lei.
- Ah, ah e perché no?mettiamocelo questo dito nella piaga!-
Daichi si stava divertendo un mondo a torturarla, lei l’aveva capito: non
voleva stare al suo gioco, ma d’altra parte se lo meritava.
- Che vuoi che ti dica, io Hikaru non la sopporto e…insomma avevamo deciso di
divertirci, ma quando l’ho vista, mi sono immaginata la giornata con lei,
attaccata al tuo braccio, che buttava frecciate a tutti e mi sono innervosita,
poi notando che tu non te la scrollavi di dosso, non ci ho visto più!- disse
tutto d’un fiato, rossa come un peperone, ma conscia di essersi tolta un gran
peso.
- non me ne hai dato il tempo. Andiamo Himeko,
mi conosci, in tutta onestà come puoi aver creduto che io volessi andare
in giro con lei?-
Lo guardò dritto negli occhi per potergli rispondere in modo adeguato, ma dovette
distogliere subito lo sguardo, perché aveva paura di perdersi in quegli occhi
castani, che l’avevano stregata.
- Sì, hai ragione, sono stata una stupida- ammise.
-Meno male che lo riconosci!-
- ehi! Non devi darmi tutta questa corda-
Continuarono a prendersi in giro e a ridere per un bel po’, fino a quando
Daichi non si accorse del piccolo fagotto che Himeko teneva fra le mani.
-Cos’hai lì?-
-Ah questi?Sono dei biscotti, li ho fatti per te, tieni- esclamò, mentre glieli
porgeva.
-Biscotti?Sei sempre la solita! Ma è mai possibile che quando hai qualcosa da
farti perdonare da me, tu mi porti sempre dei dolci?- domandò fintamente
avvilito, anche se intanto il nostro amico si erano seduto, aveva aperto il
tovagliolo e aveva iniziato a mangiarli.
“Ancora quella frase” pensò Hime-chan.
-Bè, visto che funziona, te li preparerò ogni volta che sarà necessario-
-ma che manipolatrice!Così non vale!-
-Che ci posso fare io, se ti fai abbindolare per così poco!- lo prese in giro
lei per una volta.
- Io non mi faccio mai abbindolare, sei solo tu che ci riesci così bene-
ribatté tranquillamente, ignorando
l’ennesimo rossore che aveva provocato all’amica.
Non dissero più nulla, restarono seduti sulla panchina a mangiare i biscotti e
a godersi l’arietta fresca della sera, fino a quando non si resero conto che
ora di rincasare. Daichi la ringraziò gentilmente per i biscotti e fece per
andarsene e così s’appresto anche lei. Ad un certo punto, però si bloccò e si
voltò verso di lui.
-Daichi!- lo chiamò.
-Che c’è?-
-Sai…prima ti ho detto che mi ero ingelosita……bè il vero motivo è che tu mi
piaci moltissimo!-
Detto corse via rossa e imbarazzata, lasciando un Daichi sorpreso e ma anche
molto felice di sapere che a Himeko piaceva lui, tanto quanto a lui piaceva
lei.