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Autore: Afaneia    07/01/2017    2 recensioni
In seguito agli eventi narrati nell'Episodio Delta di Pokémon Rubino Omega, Max ha deciso di sciogliere il Team Magma e di ritirarsi a vita privata, recidendo volontariamente ogni rapporto con tutti coloro che hanno fatto parte del suo piano per servirsi di Groudon. Persino un uomo della sua genialità non è più sicuro di sapere come reinventarsi, dopo aver scoperto di aver inseguito una chimera per quasi tutta la sua vita.
Forse Ivan non ha scelto esattamente il momento più adatto per rivelargli di avere una figlia.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Ivan, Max (Team Magma), Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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Buonasera a tutti!

Capitolo brevissimo, lo riconosco, e che forse non aggiunge neppure molto al precedente: ma è stato anche uno dei primi a venire scritti, ed era assolutamente fondamentale allo sviluppo dei prossimi, ma non c'era alcun modo in cui potessi accorparlo ad altri.

Sono davvero, davvero dispiaciuta di non aver pubblicato prima: ammetto che avevo sperato di riuscire a pubblicare durante le feste, ma poi l'ansia per gli esami mi ha letteralmente assalita, e non ho più avuto in minuto libero senza un libro aperto davanti.

Non posso davvero che ringraziare di tutto cuore cristal_93 e Persej Combe per le loro recensioni e per le loro carissime parole. Siete un sostegno grandissimo, sotto tutti i punti di vista.

Grazie a chiunque di essere arrivato anche solo fin qui, e, anche se in leggero ritardo, buon anno!

A presto

Afaneia


Capitolo VI – Il Grande Sole Rosso.


Per far confessare i bambini, Max ha stabilito che la cosa migliore da fare è coglierli di sorpresa. Perciò, mentre Hyra sta disegnando con aria concentrata un grosso obbrobrio sproporzionato che, secondo l'ipotesi più plausibile, dovrebbe voler rappresentare lo Sharpedo di suo padre, Max si china su di lei e le chiede senza preavviso: «Tu te lo ricordi il grande sole rosso?»

È sabato, per fortuna, e Hyra non ha trovato nulla d'inusuale nel rimanere a casa loro per tutta la mattina, anche se soltanto con lui. Del resto, è abituata al fatto che suo padre lavori di sabato, e non sa che Ivan oggi ha preso un giorno di permesso per accompagnare Aima in ospedale.

»Il grande sole rosso? Che cos'è?» cinguetta Hyra per tutta risposta, senza peraltro distogliere gli occhi dal foglio, dove si comincia a intravedere quella che, almeno secondo le sue intenzioni, dev'essere una pinna dorsale. Preoccupato dai movimenti un po' troppo entusiastici e irregolari del suo gomito, Max allontana l'inconsapevole bicchiere di succo di pesca che aspetta con aria apparentemente innocua in un angolo del tavolo.

«Non te lo ricordi?» insiste piano, scrutandola attentamente per saggiare le sue reazioni. «È stato qualche mese fa. Non ti ricordi che c'era un po' troppa luce, e il sole era troppo caldo, e...»

«Di che colore è la pancia degli Sharpedo?» lo interrompe Hyra, che dev'essersi evidentemente già scordata del fatto che egli, in quel preciso momento, le stava parlando.

«Bianca» risponde asciuttamente Max, guardando il disegno con un certo disappunto. Non che si capisca che è uno Sharpedo, comunque. «A ogni modo, tornando a noi...»

«Oh, no!» esclama Hyra, cacciandosi disperatamente le mani tra i capelli. «Stai scherzando?»

Max non impiega molto tempo a trasferire il suo disappunto dal disegno a lei.«Cielo, non hai visto abbastanza volte lo Sharpedo di tuo padre?»

«Ma guarda!» proclama Hyra tragicamente, porgendogli l'astuccio delle matite con lo stesso spirito di sacrificio di una moderna Ifigenia avviata al martirio. Con un'occhiata compassionevole alle matite mordicchiate e perlopiù spuntate, a Max non occorrono più di un paio di secondi per capire qual è il problema. Non c'è una matita bianca. «Come potrò finire il mio disegno, adesso?»

Gli accenti melodrammatici di questa bambina risulterebbero dannatamente irritanti, se solo Max non potesse fare a meno di trovarli suo malgrado divertenti. Il fatto di non possedere una matita bianca deve sembrarle un problema mortalmente serio, in questo momento, e in fin dei conti è giusto così. Istantaneamente, Max decide che non è da lei che potrà sanare i suoi dubbi e mettere in pace la sua coscienza, e semplicemente lascia perdere. Non sa per quant'è che Hyra potrà essere ancora serena, e rubarle questi ultimi giorni di quiete apparente sarebbe un crimine peggiore di quello ch'egli ha commesso nei confronti di sua madre.

«Perché non fai finta che sia sott'acqua e lo colori di azzurro chiaro?» propone, aggiustandosi gli occhiali sul naso con l'aria di esporre la conclusione di un lungo e complesso studio scientifico. «Sai, i colori cambiano sott'acqua. Può funzionare.»

La disperazione di Hyra si tramuta in un tripudio di gioia, non tanto all'idea dell'azzurro, quanto alla prospettiva di poter trasporre il suo aborto di Sharpedo non più sull'anonimato di un foglio bianco, ma su uno scenario esotico e concreto e in quache modo esotico. «Oh, ma è fantastico! Grazie, Max, grazie! Allora voglio farci anche uno sfondo blu e una stella marina e... tu sai dirmi com'è fatta un'alga?»

Ma ora neanche Max la sta più ascoltando. È sorto qualcosa, in quella conversazione, che sta pungolando la sua coscienza nel profondo del petto, e non saprebbe dire cos'è – o forse non vuole soffermarsi a riflettervi – ma ora per qualche strano motivo parlare con lei a quel modo lo sta mettendo tremendamente a disagio. Non vuole che Hyra gli chieda niente. Non vuole aiutarla, non vuole consigliarla e non vuole, assolutamente non vuole che lei lo ringrazi mai più!

Alzandosi in piedi, dice forzatamente: «Se ti vesti, ti porto a finire il tuo disegno al Museo Oceanografico. Così potrai guardare tu stessa che cosa c'è in fondo al mare. Sai, è proprio quello che fanno i pittori. Corri a cambiarti.»


«Hyra mi ha detto che siete stati al Museo Oceanografico.»

Ogni volta che Max lo guarda, malgrado tutte le sue speranze, Ivan è così... distrutto, e stanco. Ogni singola volta, vederlo così è un dolore.

A giudicare dal suono rassicurante di personaggi che s'inseguono tra ridicole minacce irrealizzabili e suoni onomatopeici tanto da suonare irreali, Hyra è tornata a guardare i suoi cartoni animati subito dopo aver salutato suo padre. Bene così.

Ivan si accascia sul divano in una profusione di sospiri. Continua a parlare, certo, ma senza guardarlo, e Max ritiene che sia più prudente non fare domande, per un po'.

«Già. Hyra stava disegnando un fondale marino, e pensavo che...»

Ma Ivan non lo sta veramente ascoltando, e non perché non gli interessi. Ha gli occhi vacui, perdutamente infissi nel vuoto, e forse non sa neppure lui a che cosa precisamente stia pensando. Semplicemente, è stanco. Max però continua egualmente a parlare, perché di solitudine, e di silenzio, e di stanchezza e di pensieri orribili, la mente di Ivan dev'essere anche troppo piena.

«Dice che vi siete divertiti un sacco.» Sono parole meccaniche e fiacche, remote e fredde come provenienti da un universo lontanissimo. Ivan sta ancora fissando il vuoto, eppure Max fa finta di niente.

«Beh... Hyra si è divertita. Ha fatto un bel disegno.» Hyra ha fatto la brava per tutta la mattinata. Durante la lunga passeggiata al museo ha chiacchierato ininterrottamente, colmando il vuoto con le sue parole, ma non si è data peso dei suoi silenzi, e Max gliene è stato grato. Ha parlato del mare, della spiaggia, degli Wingull, e gli ha anche fatto sentire un campionario del suo vasto repertorio di imitazioni dei versi dei Pokémon, alcuni dei quali non sono neppure tanto male, per dirla tutta. Ma si è comportata notevolmente bene durante la coda d'ingresso al Museo, senza disturbare nessuno; e poi, non appena sono entrati nelle vaste sale luminescenti di bagliori d'acqua che si specchiavano sul pavimento, lo ha trascinato per il braccio lungo l'intero edificio, raccontandogli tutto quello che sapeva delle stelle marine e dei Magikarp e di tutto il resto, e poi, finalmente, con buona pace dei suoi sensi stanchi e della sua coscienza rimordente al centro del petto, si è messa a sedere, ha tirato fuori il suo disegno e ha ricominciato a disegnare. In silenzio, che era una cosa della cui esistenza Max stava dubitando ormai da diverse ore. «Credo che sia in camera sua. Se vuoi te lo vado a prendere...»

«Max.» La voce di Ivan è profonda e non lascia adito a obiezioni. Per una volta, Max si lascia interrompere senza protestare. «Grazie.»

Max non vuole dare a questo grazie un significato più profondo di quello che può attribuirgli Ivan. Si sforza di trovare in fretta qualcosa da dire per sdrammatizzare un poco la situazione. «Di niente. In fondo, beh, quella bambina ha bisogno di un adulto che l'avvicini un po' al mondo della cultura, no?»

«Non parlavo di... cioè, certo. Sei stato gentile a portarla al museo, l'hai fatta distrarre. Ma volevo dire... grazie di cercare di stringere un rapporto con lei, Max. Io credo...»

«Che cosa credi?» chiede Max, quando l'esitazione di Ivan diventa silenzio e troppo carico di tensione, ed egli sente che potrebbe urlarne.

«Credo che Hyra dovrà passare moltissimo tempo con noi, d'ora in poi. Aima non potrà più prendersi cura di lei molto a lungo, e vorrei che si trovasse bene con te, e che vi voleste bene, se dovrà vivere in questa casa.»

Oh.

   
 
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