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Autore: silbysilby_    08/01/2017    2 recensioni
(dal testo)
"Quanti anni hai?" chiese Taehyung.
"Nove."
L'elfo posò una mano su quella più piccola aggrappata al suo polso. Il visino di Jungkook era immerso nella penombra, ma il luccichio dei suoi occhi la perforava.
Mise da parte i sorrisi, pronto a giurare.
"Tornerò ogni anno. Sempre. Te lo prometto."
Jungkook rimase in silenzio a guardarlo, il capo sprofondato nel cuscino. Dopo qualche istante liberò il biondo dalla sua presa per sollevare il pugno a mezz'aria, il mignolo dritto come un fuso.
Taehyung non esitò ad allacciare il proprio mignolo al suo.
Storia breve divisa in due parti solo per comodità. Un AU con Tae!Elfo e Jungkook!bambino
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccomi tornata con una nuova storia! Non lasciatevi ingannare, non si tratta di una ff. Sarebbe dovuta essere una one shot, ma era venuta di venticinque pagine e quindi ho pensato fosse meglio dividerla in due parti per renderla più comoda da leggere.
E niente, è natalizia. Sono consapevole del ritardo mostruoso, ma giuro che questa idea mi è venuta in mente il venti di dicembre e ci ho provato davvero a scrivere il più possibile. Era iniziata come una flashfic, una cosa brevissima da tre facciate, ma alla fine come al solito proprio non ci riesco ad essere breve. 
Spero vi faccia piacere riceverla comunque adesso!
(Non lasciatevi neanche ingannare dalla leggerezza di questo capitolo. La tristezza arriverà.)
Alle mie Kinderly,
anche se ogni volta che menziono la vkook mi ucciderebbero. 

Pinky Swear 
- A Christmas Tale - 

1/2
Il vento minacciava di portarsi via il berretto di Taehyung ogni volta che quest'ultimo si attentava a mollare la presa su di esso. Era costretto a tenerselo calcato sulla testa con una mano, i capelli biondo cenere che ne fuoriuscivano che gli frustavano sulla fronte. 
L'elfo doveva ringraziare la cintura di sicurezza che lo teneva ben ancorato al suo posto sulla slitta senza la quale avrebbe rischiato più e più volte di fare un bel volo nel vuoto. 
Non che si sarebbe fatto tanto male; stavano sorvolando un deserto e la sabbia delle cune avrebbe parato la sua caduta. 
In realtà era un fastidio maggiore dover stare attento a non perdere il prezioso copricapo fattogli dalla madre che l'aria schietta sulle orecchie a punta; ad una tale quota d'altezza, completamente avvolti dalla notte, isolati da tutto e da tutti, il freddo aveva ancora molta strada da fare per poter minimamente sperare di poter far beccare un raffreddore agli abitanti del Polo Nord. Il gelo con cui erano abituati a convivere non era paragonabile con quello di nessun'altro posto al mondo. E loro, di posti al mondo, ne visitavano parecchi. 
Era la fatidica notte di Natale ed il lavoro di tutto un anno avrebbe presto dato i suoi frutti.
Le decine di elfi seduti intorno a Taehyung, apparentemente composti solo perchè obbligati dalla cintura, si dividevano tra chi era eccessivamente entusiasta e chi si sarebbe morso un dito a forza di mangiarsi le unghie. Bastava un piccolo sbaglio, un errore grammaticale sulla Lista dei Buoni, un equivoco per rovinare la festa più dolce dell'anno a tanti bambini. 
L'unico ad essere calmo tra tutti quanti era proprio Taehyung. Il che era un paradosso. 
Se c'era una cosa per cui il ragazzo era conosciuto al Polo Nord era la sua goffaggine. Anzi, diciamo proprio che era quello che chiamano un disastro. 
Come tutti i giovani elfi, lavorava sodo dodici mesi su dodici alla produzione di balocchi seguendo le regole e la formazione che gli era stata data fin da piccolo. Usava i materiali che usavano tutti, gli stessi coloranti, gli stessi arnesi, ma per un motivo inspiegabile riusciva sempre a far andare qualcosa storto: i suoi robottini di latta parlanti si inceppavano sempre alla terza sillaba della quinta parola; le sue costruzioni giocattolo avevano sempre qualche buco di meno o qualche d'uno di troppo; i bavaglini dei suoi bambolotti finivano sempre cuciti insieme al colletto dei loro pagliaccetti. 
Taehyung ci provava a stare attento e a farsi dare lezioni da chi era più esperto di lui, ci provava davvero, ma sembrava una congiura. Finiva spesso per essere additato come sfaticato o buono a nulla. In una società ben compatta e scandita come quella che gli elfi avevano creato un operaio mal funzionante era solo d'impiccio. Preferivano dare gli incarichi a qualcun altro piuttosto che perdere del tempo e della voglia dietro a quello che ritenevano uno zuccone senza speranze. 
E a forza di sentirsi dire che era un disastro e che sarebbe sempre stato un sassolino nella scarpa, Taehyung aveva iniziato a crederci lui stesso. 
Ma se c'era una cosa per cui nessuno avrebbe potuto screditarlo quella era la consegna dei regali: non c'era nessuno più agile, più veloce e più pimpante di lui. Da quando era stato grande abbastanza per poter partecipare alla distribuzione senza dover rimanere ad aspettare al Polo Nord il ritorno della slitta in compagnia degli elfi più anziani, aveva battuto ogni record. Non solo riusciva a tornare alla slitta quando non era neanche passata la metà del tempo a disposizione, aveva anche un'incredibile capacità di memorizzare le strade e le vie assegnatogli. 
Taehyung teneva tremendamente tanto a quel record non ufficiale che deteneva da ormai una decina d'anni. Era il suo piccolo riscatto, il suo motivo d'orgoglio. Quando durante il resto dell'anno tutto andava male e si sentiva escluso dalle attività gli bastava pensare alla notte di Natale per poter tirare avanti. 
E finalmente era arrivata, ogni volta più trafelata. 
Era Natale, di nuovo, e Taehyung poteva dichiararsi libero. 
Libero dalle occhiate dei suoi superiori, libero di correre per i tetti, libero di essere un disastro. 
Inebriato da questi pensieri, respirò a pieni polmoni l'aria fredda. Era bastato non tenere gli occhi fissi sul paesaggio sottostante per perdersi una fetta consistente del globo terrestre. I centri abitati si facevano sempre più numerosi e agglomerati, le case più vicine. 
Con uno scossone la slitta atterrò in un grande parco innevato. Non fece neanche in tempo a fermarsi del tutto che Taehyung si era già strappato la cintura di dosso ed era saltato giù, il suo sacco di juta a penzoloni contro la coscia. 
Il divertimento poteva cominciare.  
 
Taehyung si sedette sul comignolo del quinto camino che gli era stato assegnato nella vecchia New York, le gambe rivolte all'interno. Si assicurò le braccia intorno al busto per evitare di graffiarsi con la pietra grezza e con una piccolissima spinta si lasciò cadere all'interno della canna fumaria.  
Da un umano ci si sarebbe aspettati stramazzi, ruzzoloni, tonfi, ma non da un elfo. Questi esseri erano per natura molto più leggeri degli uomini, così leggeri che bastava loro uno spiffero di vento ben cavalcato per librarsi nell'aria. Certo, approfittare delle correnti d'aria era comodo per spostarsi al Polo Nord, dove al massimo se ti andava male atterravi in un mucchio di neve, ma nelle città come quella che stavano visitando dovevano stare parecchio attenti a restare con i piedi ben saldi a terra; tra lampioni, strade, carri e tegole un paio di belle abrasioni erano assicurate. 
Era per questo che per gli elfi era così facile infiltrarsi nelle case. Nessun rumore allarmava i proprietari della loro presenza, sia che camminassero sul tetto sia che lo facessero sul liscio pavimento di una abitazione. Come se non bastasse sopra le scarpe erano soliti portare un soffice paio di babucce per ovattare definitivamente ogni passo.   
Quando Taehyung atterrò nel focolare e si ritrovò la cenere scura ed insidiosa fino alle caviglie però desiderò poter indossare un paio di pratici stivaletti in gomma. I resti di quel fuoco spento scricchiolarono sotto il suo peso pressapoco inesistente, appiccicandoglisi sotto la pianta del piede. 
Il nero bluastro della notte puntinato da una scarsità di stelle fù sostituito da un buio più intenso, caldo, formicolante. Quella che doveva essere la flebile luce di qualche candela accesa illuminava l'elfo dal bacino in giù, incorniciando le sue gambe tra i due piedritti del camino. Taehyung si chinò sulle ginocchia, il suo viso che veniva compreso nel quadro aranciognolo. Allungò le mani alle due estremità del focolare, smontando con le sue dita scaltre la griglia che gli bloccava il passaggio. Conosceva a memoria ogni tipo di aggancio o apertura, la maestria con cui operava una dote dovuta ai tanti anni di pratica. 
Con un rumore secco, il clangore che ci si sarebbe aspettati cammuffato dalla ruggine, Taehyung rimosse la griglia e chinò il capo per evitare di zuccare contro l'architrave, entrando in quello che doveva essere un salotto. 
Le luci calde e fioche di un terzetto di candele illuminavano l'ambiente spoglio, come si era aspettato. Si alzò in piedi, resettandosi le gambe sottili dalla cenere. 
Non seppe dire se era la stanza in sè ad essere piuttosto grande o se era la scarsità di mobilio a farla apparire tale. Le pareti erano completamente spoglie, salvo qualche credenza dall'aria austera. Non c'era nessun tappeto a ricoprire il pavimento, le piastrelle di ceramica lasciate nude. I due divani e le poltroncine che accerchiavano il camino erano visibilmente usurati dal tempo; addirittura in alcuni punti l'imbottitura dei cuscini sbucava dalle cuciture. 
L'elfo sapeva che non gli era di certo stata assegnata la zona più benestante di New York, ma non si era aspettato quella desolazione. E dire che, considerato il numero di regali che doveva consegnare a quell'indirizzo, si era immaginato di far visita ad una famiglia bella numerosa e di conseguenza la loro casa sarebbe dovuta essere accogliente e vissuta. 
L'unica cosa a corrispondere alle aspettative di Taehyung era l'albero di Natale: si trattava di un moncherino sbilenco posto in un angolo, pericolosamente vicino al camino. Nonostante l'aria triste, era talmente zeppo di decorazioni che quasi non si notavano i rami un po' spelacchiati dell' abete.
Taehyung si avvicinò all'alberello, allungando una mano verso di esso. Gli aghi verdi, quasi marroni alla luce delle candele, gli solleticarono le dita sottili mentre faceva dondolare docilmente gli addobbi. 
Non si trattava di pigne dipinte, fiocchi o nastri, come si poteva vedere comunemente nelle case più povere. Erano cartoncini spessi e ruvidi, ritagliati un po' grossolanamente e tenuti appesi ai rami da un anello di spago. Avevano le forme più svariate tra stelle, cuori e cerchi, ogniuna più storta e sgangherata dell'altra. 
Con i lumi delle candele filtrati dai rami che proiettavano le proprie ombre affilate sul suo viso, Taehyung strinse gli occhi per mettere a fuoco le parole scritte sopra di essi. Lesse di preghiere, canti, auguri, nomi. 
Avrebbe desiderato mettersi lì a leggerli uno ad uno, incuriosito dalla faccenda, ma il dovere lo chiamava. 
Sfoderò il suo sacco di juta ed infilò l'intero braccio attraverso l'apertura. Nonostante il sacco apparisse più che vuoto Taehyung fece emergere un pacco grande quanto la sua testa. E poi un altro. Ed un altro ancora. 
I regali vennero impilati uno sopra l'altro in equilibrio precario, tutti ricoperti di carte colorate e fiocchi di velluto. 
Taehyung arrotolò il sacco per la sua lunghezza e lo infilò stretto nel passante della sua cintura solo dopo averne tirato fuori un dodicesimo. 
Lo stava ponendo con gli altri quando le sue orecchie colsero il più lieve degli scricchioli. 
I biscotti rischiavano di cadergli giù ad ogni scalino sceso. Il piattino su cui li portava era di porcellana, troppo liscio per un'operazione così mirabolante. 
Le gambe di Jungkook erano ancora troppo corte, le sue mani troppo piccole e paffute per poter pretendere che scendesse quei gradini così alti senza potersi aggrappare al corrimano. Procedeva lento e a passi misurati, il fiato sospeso nel tentativo di fare meno rumore possibile. 
Ogni volta che il legno cigolava sotto di lui si immobilizzava, rimanendo in ascolto. Dalle stanze del dormitorio che si era lasciato alle spalle non proveniva nessun suono, per cui poteva procedere a scendere. 
Lo sbalzo di temperatura tra il mite legno della scalinata e le fredde piastrelle del salotto lo fecero pentire di essere partito scalzo. 
Jungkook non fece in tempo a tirare un sospiro di sollievo per essere riuscito a non spargere briciole ovunque che subito notò la catasta di regali sotto l'albero di Natale dall'altra parte del salotto.    
Era arrivato troppo tardi. Babbo Natale era già passato. 
Gli venne voglia di piangere tanta la delusione. 
Quell'anno avevano incaricato lui, essendo tra i bambini più grandi del dormitorio, di portare la merenda a Babbo. Alle solite le cuoche si erano fermamente rifiutate di sprecare il loro tempo e i loro ingredienti per cucinare dei dolci che nessuno avrebbe mangiato, costringendo i bambini a ridursi al piano di riserva: tutti quanti avevano sacrificato un biscotto della loro già ristretta colazione e lo avevano messo da parte. Portare del cibo in camera era severamente proibito, ma i bambini avrebbero fatto di tutto pur di non lasciare a bocca asciutta Babbo Natale e le sue renne. 
Jungkook aveva tentato con tutte le sue forze di restare sveglio fino a quando le badanti non si sarebbero coricate, ma il sonno aveva avuto la meglio. Appena si era reso conto di essersi addormentato era balzato giù dal letto, ma evidemente non aveva fatto in tempo. 
Mogio mogio il bambino attraversò la stanza. Si alzò sulle punte dei piedi per poggiare il piattino sulla credenza che aveva concordato tempo prima con i suoi compagni. Come per sottolineare il suo fallimento, ad aspettarlo c'era una grande tazza che ormai non sarebbe stata riempita di latte.  
Tenendosi le mani, andò a sedersi su uno dei divani senza mettersi davvero comodo. I suoi occhioni scuri vagarono per la stanza, trovando altri indizi del passaggio di Babbo Natale; la cenere si era sparsa appena fuori il camino, la griglia non era stata riagganciata. Un paio delle decorazioni sull'albero parevano addirittura dondolare...
Lo sguardo di Jungkook si fece vispo, il sonno e la tristezza spazzati via in un istante. 
Le decorazioni oscillavano decisamente troppo. Se Babbo Natale fosse andato via da così poco tempo avrebbe dovuto sentito lo scampanellio della sua slitta, gli zoccoli delle renne sul tetto. 
Le fiammelle delle candele tremolavano, sfumando i contorni delle ombre. Tra le scintillanti carte regalo, gli addobbi e tutti quei piccoli spazietti tra un ramo e l'altro dove si sarebbe dovuta intravedere la parete di fondo, Jungkook avrebbe detto di aver visto qualcosa muoversi. 
Nascosto dietro l'albero di Natale, era il turno di Taehyung di trattenere il fiato. Non sarebbe stata la prima volta che un umano lo coglieva in flagrante. 
Teneva gli occhi serrati, le sopracciglia e la bocca tutte corrucciate in un'espressione buffa tipica di lui. Se lui non vedeva il bambino, il bambino non poteva vederlo. Questa era sempre stata la sua strategia vincente. 
O forse non così vincente dato che il soggetto si era alzato dal divano e si stava pericolosamente avvicinando. 
Taehyung, già silenzioso per natura, provò con tutto sè stesso a spostarsi verso la direzione opposta dalla quale l'altro veniva senza muovere una particella d'aria. Jungkook, sempre più sospettoso, continuava a scrutare l'albero di Natale con il naso all'aria. 
"Babbo? Sei tu?" sussurrò, la sua voce tanto fioca quanto la luce. 
Jungkook mosse qualche passo avanti, Taehyung ne mosse qualche d'uno indietro. 
Quest'ultimo fu costretto ad aprire gli occhi, ritrovandosi il primo molto più vicino di quanto si aspettasse. L'unica cosa che poteva fare era saltare fuori e sgattoiolare su per la cappa fumaria in un lampo. 
Il bambino stava scavalcando il mucchio di regali con le sue gambette, inoltrandosi dietro l'abete. Taehyung scattò di lato con un balzo, senza tenere conto della griglia del camino che gli finì tra i piedi. Nel giro di due secondi l'elfo si ritrovò con le gambe all'aria, l'albero che per poco non gli cadeva addosso. L'unica spiegazione possibile al perchè non avesse perso i sensi dopo aver sbattuto la testa così violentemente sul pavimento era da cercare nella sua natura sovrannaturale. 
Tutto quell'improvviso trambusto fece sussultare Jungkook. Istintivamente acchiappò l'albero per i rami, mantenendolo in equilibrio. Fece il giro da dove era arrivato, pronto a soccorrere Babbo Natale. 
Il suo faccino trafelato assunse un'espressione bianca quando nella figura a terra non riconobbe le caratteristiche di cui aveva sentito parlare da tutta la vita. Prima di tutto non si trattava certamente di un uomo anziano e panciuto; da sotto la griglia poteva chiaramente vedere un fisico giovane e smilzo, vestito da una giubba dalle tinte verdi. Non vedeva nessuna lunga barba, nè bordi di pelliccia bianca. 
Taehyung, un po' frastornato, si sollevò sui gomiti, il berretto troppo largo che gli era calato sugli occhi. 
La preoccupazione di Jungkook si volatilizzò nell'aria, sostituita dalla seconda delusione della nottata. Incrociò le braccia al petto, facendo labbruccio. 
"Tu non sei Babbo Natale." disse in tono lamentoso. 
L'elfo sorrise. Ovviamente adorava i bambini, anche quelli capricciosi. In fondo lavorava trecentosessantacinque giorni all'anno solo per farli felici. 
Protese alla cieca un braccio in avanti per farsi aiutare a rialzarsi. "Non si aiutano più le persone in difficoltà?" 
Jungkook ignorò la sua mano e si piegò su Taehyung per tirare verso l'alto un lembo del berretto, scoprendogli un occhio solo. 
"Perchè non sei Babbo Natale?" 
Il suo viso paffuto, tutto guance, occhioni e una zazzera scura già folta, entrò finalmente in modo chiaro nella visuale dell'elfo. 
"Perchè lui non può far tutte le consegne di persona." 
"Perchè no?" 
"Perchè è vecchio e pesante, non passerebbe per un camino neanche se prima lo imburrassimo." 
"E perchè?" 
Taehyung ritirò la mano e si alzò a sedere da solo. Sollevò la griglia dalle proprie gambe e la risistemò contro un piedritto. Rimase seduto con le gambe divaricate dalla caduta, il suo viso all'altezza del petto del bambino in piedi di fianco a lui. 
Se c'era una cosa che all'elfo non mancava era esperienza con i marmocchi come lui. Doveva essere nel bel mezzo della fase dove ogni cosa provocava una serie di domande infinita. Se Taehyung gli avesse dato corda non ne sarebbe più uscito. La soluzione migliore in questi casi era fare addormentare il bambino e andarsene. 
Jungkook e i suoi grandi occhi non smisero di studiarlo mentre si metteva a frugare in una tasca della giubba. 
Se quel tipo faceva le veci di Babbo Natale non poteva che essere un elfo. O uno gnomo. Non ricordava mai la differenza. 
Eppure era strano. Vestita un po' eccentrica a parte, Jungkook non avrebbe distinto quello che aveva davanti da un comunissimo ragazzo umano. Forse i suoi denti erano un po' più bianchi del normale, le labbra un po' più scure, ma per il resto non vedeva differenze. 
Ma se davvero si trattava di un elfo c'era un solo modo per appurarlo. 
Taehyung era finalmente riuscito a trovare quello che stava cercando quando il suo berretto rosso gli venne sfilato dalla testa. I capelli biondo cenere gli si erano attaccati alla testa, mettendo ancora più in risalto le orecchie appuntite. 
Subito le manine di Jungkook si posarono su di esse, una per orecchio, tastando la forma insolita con aria critica. Sembravano autentiche.
"Ahia..." si lamentò Taehyung quando gli venne tirato un orecchino.  
"Sei un elfo." appurò Jungkook con tono professionale, come se gli avesse rivelato chissà che cosa. 
"Mi fai male, piccolo." 
Lo sguardo in tralice del bambino si posò sul suo, le sopracciglia corrugate in quella che doveva essere un'aria minacciosissima. 
"Io non sono piccolo. Ho otto anni." 
"Cosa? Otto anni? Solo?" 
Lo sbigottimento di Taehyung si riflesse ingenuamente sul suo viso, indispettendo ancora di più Jungkook. Non poteva sapere che la sorpresa dell'altro era più che lecita.
Gli elfi avevano una vita molto, molto più lunga comparata con quella degli uomini; non continuavano a invecchire all'infinito, semplicemente le fasi della loro vita venivano potratte per più tempo. Taehyung in primis aveva una trentina d'anni ma era in tutto e per tutto un adolescente. Nel corpo e nella mente. 
Per questo era così stupito dalla risposta di Jungkook. L'avrebbe detto un quindicenne. 
Nel frattempo l'altro aveva iniziato a tastare contemporaneamente anche il proprio orecchio, concentrato nel sentire con le sue dita tozze tutte le piccole differenze. 
Per quanto amasse ritrovarsi faccia a faccia con i bambini, Taehyung doveva tornare al punto d'incontro dove la slitta sarebbe passato a prendere lui e i suoi colleghi. 
Sfilò con delicatezza la mano di Jungkook dal suo orecchio, inglobando quel pugnetto nel suo palmo ampio. 
"Senti, piccolo, resterei volentieri a chiacchierare con te, ma i regali non si consegnano da soli." 
Se il castano avesse ignorato appositamente il resto della frase o semplicemente si fosse concentrato sull'unica parte che gli interessasse, Taehyung non lo capì. 
"Non mi chiamare piccolo." 
L'elfo sapeva di dover mettere davanti a tutto le sue priorità, ma questo non significava che doveva essere brusco e sgarbato. Mettendosi a sedere sui talloni, pronto ad alzarsi in qualsiasi momento, era il turno dell'altro di arrivargli al petto. "E allora come ti posso chiamare?" 
Qualcosa sembrò attraversare gli occhi dell'interrogato, una macchiolina di luce d'orata, un pensiero sfuggente. Per un attimo parve rattristarsi, ma quando pronunciò il suo nome lo scandì per bene. 
"Jungkook. Kookie per gli amici." 
Taehyung regalò un vivace sorriso al bambino, felice di fare la sua conoscenza. Erano così carini quando erano ancora piccoli. 
Fù una lampeggiante luce azzurrognola proveniente dalla tasca della giacca a ricordargli i suoi doveri. 
"Okay, Kookie," disse, la voce calma. " io ora devo proprio andare. Mi dispiace." 
Gli occhi già immensi di Jungkook parvero farsi ancora più grandi, le virgolette delle sue sopracciglia si arcuarono tutte. Le sue dita si chiusero sulla manica dell'elfo, i filamenti di lana che gli tiravano le pellicine delle unghie. 
"Davvero vivete al Polo Nord? Non avete freddo?" 
Taehyung si alzò in piedi, costringendo Jungkook a sollevare il mento verso il soffitto per poterlo guardare in faccia. "Rischio di far tardi." 
Mosse due passi verso il camino ma il castano lo pedinò subito.
"Come sei arrivato fin qui? Dove avete lasciato la slitta? Le renne magiche come le usate per il resto dell'anno?" 
Al biondo non rimaneva altra scelta. Diede le spalle a Jungkook e sfilò dalla sua tasca una tipica sfera di Natale, la luce azzurra ora limpida. La percosse un paio di volte per far smuovere la neve al suo interno, poi con una mano afferrò il piedistallo mentre con l'altra la parte tondeggiante; le mosse come se si trattasse di un macinapepe, con tanto di rumore sgranocchiellante. Parte della finta neve fu incanalata dentro un piccolo camino in miniatura e fuoriuscì asciutta direttamente da sotto l'oggetto. L'elfo la raccolse tutta in un palmo, stando attento a non sprecarla facendola cadere. 
Si voltò verso Jungkook, ancora impegnato a sommergerlo di domande, e gli soffio sul viso i granellini bianchi. 
La voce del bambino si spense. Per un attimo parve frastornato mentre continuava a fissarlo dal basso. Poi il sonno lo colpì facendolo cadere all'indietro, ma Taehyung lo sostenne prontamente. 
Prendendolo in braccio lo adagiò su uno dei due divani, il suo corpicino così incredibilmente corto rispetto al suo. Lo avrebbe coperto con un panno, ma non ne vide. 
Gli scompigliò la frangia in segno di saluto prima di infilarsi dentro il focolare del camino e riagganciare la griglia di ferro. 
Con un unico balzo verso l'alto, sparì nella notte. 
 
 
 
* * *
 
 
Taehyung aveva considerato l'incontro con Jungkook uno dei suoi tanti piccoli incidenti di percorso, nulla di grave. Si era limitato a non menzionare con nessun collega l'accaduto, giusto per non compromettere la sua già malfamata reputazione. 
Poteva capitare di essere beccati dagli umani. Di certo non gli faceva onore, ma a tutti gli elfi migliori era capitato almeno una volta in tanti anni di carriera. 
Infatti l'anno successivo Taehyung si lasciò cadere nella cappa di quello stesso camino a cuor leggero, sicuro che la sua strada e quella di Jungkook non si sarebbero più incrociate, se non tramite i regali. 
Invece, quando atterrò nel focolare, il bambino si trovava già nel salotto, seduto composto sul divano. 
Quel suo sguardo assente volò subito sull'elfo, destato dal cigolio della griglia che veniva aperta. Mentre Taehyung ne usciva Jungkook si spinse in avanti e scese dal divano ancora troppo alto per la sua statura minuta. 
Ad una prima occhiata la stanza gli parve immutata in ogni singolo particolare, solo rischiarata da un maggior numero di lumi. Non avrebbe saputo dire se erano quest'ultimi a dare un effetto leggermente più sfilato al viso tondeggiante di Jungkook o se era merito della crescita. 
Nel momento in cui non ci fu più niente a dividerli e i due poterono guardarsi direttamente in faccia, Taehyung rimase perplesso nel vedere il visino del più piccolo così serio. 
Non che si aspettasse chissà quale sorriso smagliante, dato che sospettava di non stargli particolarmente simpatico. Va bene che doveva essere rimasto parecchio deluso per non aver visto Babbo Natale in persona, ma di sicuro non avrebbe dovuto guardarlo in quel modo. 
Sperò di sbagliarsi di grosso quando in quegli occhioni scuri intravide una qualche sorta di timore nei suoi confronti, gli angoli della bocca che pendevano pericolosamente verso il basso.
Le sue teorie parvero confermarsi quando Jungkook parlò, la voce così insicura rispetto a quella spigliata ed intraprendente che ricordava.
Il bambino puntò un dito verso la parete alla sua destra, indicando un mobiletto nello specifico.  
"I biscotti." disse. "Ci sono i biscotti, vedi?" 
L'elfo non capiva cosa c'era che non andasse. 
"Si, li vedo. Tu non dovresti essere a letto?" 
"Volevo farti vedere i biscotti. C'erano anche l'anno scorso, non è colpa mia se tu non li hai notati." 
Jungkook lo trattava con una freddezza adulta che faceva a pugni con la sua immagine; continuava a starsene lì in piedi, le braccia distese lungo i fianchi, la testa bassa. Sembrava accusarlo di qualcosa. 
Scusarsi parve a Taehyung l'idea migliore. "Non è che non li ho notati, è che non ne avevo voglia. E poi ero già in ritardo, non potevo fermarmi a mangiare." 
Jungkook alzò appena il capo, le fiammelle delle candele riflesse nei suoi occhi lucidi. Tirò su con il naso, la voce che andava assottigliandosi man mano che parlava. 
"Erano vecchi? E' per questo che mi hai messo nella Lista dei Cattivi?" 
Taehyung rimase interdetto. 
"Ma tu non sei nella Lista dei Cattivi, Kookie." 
Avrebbe di nuovo perso minuti preziosi, ma non importava. Doveva capire cosa c'era sotto quella storia. Cosa poteva essere cambiato in un anno?
Il biondo si chinò sulle ginocchia, ponendosi alla stessa altezza di Jungkook. Voleva che l'altro capisse il suo non ritenersi superiore, che interpretasse il suo atteggiamento come aperto e confidenziale. Mai e poi mai un bambino avrebbe dovuto temere un elfo. 
Forse quel gesto ebbe un significato ancora più profondo per Jungkook. 
Taehyung lo fissava tutto serio, evidentemente intento a cercare di intuire quale fosse il problema.
Non gli era mai capitato. Di solito la gente si limitava a tenerlo buono con la prima distrazione o ad imporgli di fare silenzio. Da quando non si dava per scontato che i problemi dei più piccoli fossero meno gravi di quelli degli adulti?
Lacrime calde iniziarono a colare giù dalle guance rotonde di Jungkook. Un mare di tristezza sbocciò dal suo sguardo duro, come se iniziando a piangere ne avesse rotto uno strato superficiale. 
Con finalmente un'espressione infantile e un tono lamentoso che gli si addicessero, il castano ritrovò la voce. "E allora perché mi hai messo a dormire sul divano?" 
L'elfo continuava a non cavare un ragno dal buco. Jungkook era rimasto arrabbiato per un intero anno perché aveva preso freddo? Era stato scomodo? Non gli era sembrato quel tipo di bambino. 
Da una parte Taehyung si scervellava per capire cosa volesse dire con quelle parole, quale parte del ragionamento non stesse cogliendo, dall'altra voleva prima di tutto consolarlo. Peccato che Jungkook fosse un giocattolo mal funzionante di cui non conosceva gli ingranaggi; come poteva attentarsi ad aggiustarlo senza rischiare di romperlo? 
"Ti ho dato il regalo sbagliato? Non è quello che avevi chiesto?" 
I capelli del più piccolo seguirono il movimento della sua testa quando fece segno di no, deglutendo.
"Il mattino dopo mi hanno trovato fuori dal letto e si sono arrabbiate tantissimo con me. Sono stato in punizione senza mangiare per tutto il giorno di Natale." 
Ci si sarebbero potute aspettare tante cose, ma non questo. 
Le mani di Taehyung, che fino ad un attimo prima erano rimaste sospese a mezz'aria, indecise se abbracciare Jungkook, accarezzargli i capelli o dargli qualche pacca sul braccio, trovarono istintivamente spazio sui suoi zigomi. I guanti senza dita che indossava si frapponevano tra i suoi ampi palmi e la pelle morbida e vellutata del bambino. 
Dire che era mortificato non era abbastanza. 
Il Natale era il giorno più felice di sempre, la festività dedicata a rendere felici tutti i bambini di tutto il mondo, nessuno escluso, e Taehyung lo aveva rovinato a Jungkook con un gesto a cui non aveva dato assolutamente peso. Desiderò mettersi a piangere pure lui tanta era la rabbia nei propri confronti. 
Con la punta del pollice rincorse con tutta la delicatezza che aveva in corpo l'ennesima lacrima dell’altro. 
"Non ci credo che i tuoi genitori siano stati così crudeli con te. E' ingiusto." 
A questa frase Jungkook parve riscuotersi. Smise immediatamente di piangere, come se avesse chiuso un rubinetto dimenticato aperto. Scostò le mani di Taeyung per strofinarsi le guance con la propria manica, arrossandole ancora di più. 
O questo bambino era meno bambino degli altri bambini, o Taehyung aveva perso il tocco. Eppure era stato piccolo anche lui per così tanto tempo, come mai non riusciva a capire cosa gli passasse per la testa?  
Tante cose presero un senso quando Jungkook disse: "Sono orfano. Lo siamo tutti, qui." 
Ecco spiegato l'insolito numero di regali da consegnare ad un singolo civico. Ecco spiegata l'assenza di cognomi sulla Lista. 
Dire che gli dispiaceva sarebbe stato inutile. Chissà quanta gente ogni giorno compativa Jungkook e i suoi compagni senza mai aiutarli veramente. Di certo non sarebbero state delle belle parole a sistemare la situazione. 
Taehyung lasciò che l'altro si ricomponesse, deciso a rispettare i suoi spazi. 
Sapeva che non sarebbe riuscito a fare ammenda al precedente sbaglio, ma provare a rallegrare il castano non gli sarebbe costato niente se non un altro paio di minuti.
Slacciò il suo vecchio sacco di juta dalla cintura, lisciandone la stoffa contro le gambe. 
"Ti va di aiutarmi con i regali?" propose a Jungkook, testando il terreno con un sorriso. 
L'altro squadrò prima lui poi il sacco, le ciglia ancora bagnate di pianto. 
"Ma è vuoto." 
Il sorriso bianco di Taehyung si amplificò. Infilò una mano all'interno dell'apertura e ne uscì stringendo due colorati bastoncini di zucchero; uno se lo portò alla bocca, con l'altro bussò gentilmente sul nasino di Jungkook.
"Solo se lo guardi. Lo metti in soggezione." 
Aspettò fino a quando il bambino non si decise ad afferrare il proprio dolciume, analizzandolo con i suoi occhietti sospettosi. Diede una leppatina di prova, insicuro se mangiarlo o meno. 
L'elfo, assicurandosi di avere la sua attenzione, con un gesto teatrale rinfilò tutto il braccio nel sacco, rovistando tra la stoffa piatta. Poco dopo porse a Jungkook un grande pacco abbellito da un vivace fiocco giallo. 
Il bambino non si capacitava di quello che stava vedendo. Quel sacco era evidentemente vuoto, non c'era alcun tipo di spessore a gonfiarlo dall'interno. Da dove provenivano i regali? 
Divertito dalla sua espressione meravigliata, quella che aspettava dall'inizio, Taehyung aprì il sacco per bene e lo mostrò a Jungkook. Come presumeva, era vuoto, nessun luccichio, nessun regalo. 
Eppure Taehyung tirò fuori un altro regalo. 
"Non è possibile..." sussurrò Jungkook. Un guizzo si stava accendendo nei suoi occhi. 
Tuffò anche lui il braccio nel sacco, tastando le ruvide pareti di tela. Niente. 
Senza darsi per vinto aggiunse l'altro braccio, cercando allibito la tasca che nascondesse i doni. Taehyung approfittò dell'occasione per far scivolare tutto il sacco sopra la testa di Jungkook, inglobandolo fino alle caviglie. La risata argentina che il bambino cacciò risuonò per il salotto mentre l’elfo strofinava il punto in cui doveva trovarsi la testa, spettinandolo tutto. Si unì alle sue risa quando lo fece riemergere, una miriade di lustrini colorati che gli si erano appiccicati un po' ovunque che catturavano la luce delle candele, le ciocche della frangia tutte sparate in direzioni diverse. 
Quando si misero a tirare fuori tutti i regali per i bambini dell'orfanotrofio leggendo i loro nomi uno per uno, Taehyung si disse che forse non era poi così malaccio con i più piccoli. In fondo era riuscito a mettere di buon'umore Jungkook con un gioco così semplice. 
"Kookie." disse senza aver bisogno di leggere, stringendo in mano l'ultimo pacco. Al posto di aggiungerlo alla catasta di regali sotto l’albero lo porse al diretto interessato che lo ringraziò con un sorriso timido. Quest’ultimo lo prese con entrambe le mani, facendo ammiccare la scintillante carta rossa.
Alzò lo sguardo su Taehyung, intento a riallacciarsi il sacco in vita. Da sotto il cappello erano ben visibili le orecchie a punta, un’attrazione irresistibile per Jungkook. Perfino i suoi capelli biondi sembravano fatti apposta per essere tirati. 
Fù in quel momento, perso a fissare gli strani lineamenti del più grande, che realizzò una cosa.
"Non mi hai detto come ti chiami." 
L'elfo parve sorprendersi di una domanda così banale. Si indicò con l'indice. "Io?" 
"E chi altri?" 
Quasi imbarazzato, il biondo abbassò lo sguardo e accennò ad un sorriso, mettendo in mostra quei suoi denti innaturalmente bianchi. 
"Mi chiamo Taehyung." 
Jungkook annuì, come se trovasse che quell'insieme di suoni gli si addicesse. 
"TaeTae." rispose. 
Il sorriso che rivolse al più grande sapeva per la prima volta di affetto. Una morsa piacevole strinse il petto dell'elfo che si trovò a ricambiare il gesto.
Un soprannome era una cosa seria. Era un modo diverso con cui chiamarsi, un richiamo immediato alla confidenza. Taehyung non poteva che sentirsi un pizzico orgoglioso nell'essersene fatto affibbiare uno dallo stesso bambino che un minuto prima sembrava temerlo. 
Nell'immediato non pensò a come quel gesto si riflettesse su di lui. Quando nei mesi successivi si ritrovò sempre più spesso a rivolgere i suoi pensieri al bambino dell'orfanotrofio di NewYork in parte lo infastidiva farlo usando un nomignolo che non fosse una sua esclusiva. 
Jungkook interruppe il contatto visivo per dirigersi verso la credenza appoggiata alla parete; alzandosi sulle punte afferrò come poté da sopra di essa un piattino identico a quello dell'anno precedente. Scelse uno dei biscotti meno sbriciolati e si voltò verso Taehyung, porgendoglielo. 
Notò subito la palla di vetro che l’elfo stringeva in una mano, l'altra che ancora lisciava la tasca da dove 
l'aveva sfilata. Tra le feritorie delle sue dita lampeggiava una luce turchese. 
"Te ne vai?" 
Taehyung alzò lo sguardo sul viso del bambino. Gli era rimasta la bocca socchiusa, la fronte distesa, il colorito della pelle che ad intermittenza passava da dorato ad azzurrognolo. Il tono con cui Jungkook aveva parlato era piatto, improvvisamente distaccato. 
Scrollò le spalle, come a voler minimizzare la cosa. "Già. E' arrivata l'ora." 
"Ma non hai ancora fatto merenda..." 
L'elfo appoggiò la mano libera sulla spalla del più piccolo, chinandosi su di lui. "Li prendo con me e li mangio quando arrivo a casa, va bene?" 
Celando male la sua delusione, Jungkook ripose il biscotto nel piattino, la testa bassa e le manine che lo tenevano saldamente da entrambi i lati. 
Vedendo che non gli rispondeva, con un gesto leggero dell'indice Taehyung sfiorò la folta frangia del bambino facendone dondolare le punte. 
Jungkook seguì con lo sguardo la punta del suo dito quando l'altro disegnò una grande virgola nell'aria, come se i suoi capelli fossero corde di un’arpa da strimpellare. I suoi occhi atterrarono su quelli spensierati dell'elfo. 
"Non andartene via, TaeTae. Possiamo giocare a tante cose insieme." 
Ormai la luce emanata dalla sfera era sempre più insistente. Se avesse voluto raggiungere la slitta in tempo avrebbe fatto meglio a darsi una mossa. 
Con una manciata di granellini bianchi stretti nel pugno, Taehyung sorrise affabile. 
"Tipo a cosa?" 
 
Taehyung per una volta dovette dar ragione agli elfi più grandi di lui: avrebbe veramente dovuto imparare a pensare di più prima di agire d'impulso. 
Se lo avesse fatto non si sarebbe ritrovato in un orfanotrofio di cui conosceva unicamente il salotto con un bambino insonnolito tra le braccia e la benché minima idea su dove si trovasse la sua camera da letto. Sempre che ne avesse una. 
I piedi scalzi di Jungkook gli sfioravano le ginocchia, le braccia gli circondavano mollemente il collo e la testa, dopo aver ciondolato avanti e indietro per un po’, era piombata sulla sua spalla.
Prima di affrontare la scalinata, il suo unico punto di partenza sicuro, Taehyung lo fece sussultare di pochi centimetri per poterlo afferrare più saldamente dietro alle gambe. 
A quanto pare aveva anche fatto male i conti con la polvere di ghiaccio. Jungkook sarebbe dovuto crollare sul posto dal sonno, invece era finito in dormiveglia; continuava a borbottare qualcosa d'incomprensibile contro la sua giubba. 
L'elfo iniziò a salire i gradini in legno, il suo proverbiale silenzio nel muoversi guastato dal peso aggiuntivo di cui si era fatto carico. Arrivato in fondo, non senza rischiare più di una volta di sbilanciarsi e rompere la testa ad entrambi, si ritrovò in uno ampio corridoio. 
Taehyung dovette ringraziare l’innato spirito creativo degli elfi per avergli suggerito di prendere una delle candele che rischiaravano il salotto ed infilarla all'interno della tazza da latte che gli era stata lasciata insieme ai biscotti; ovviamente il resto dell'edificio non era illuminato a quell'ora della notte e quel corridoio non faceva eccezione. Così arrangiato almeno poteva concentrarsi sul trovare la stanza giusta e sul non svegliare nessuno senza doversi preoccupare di far prendere fuoco al pigiama di Jungkook.
L'ambiente che stava attraversando continuava ad essere un mistero scandito da una serie di porte tutte uguali messe a intervalli regolari. Dei pesanti tendaggi proiettavano le loro ombre contro le pareti spoglie. Come per il salotto, l'atmosfera generale era quella di desolazione e trascuratezza. Chissà se illuminate a giorno quelle mura parevano più accoglienti. 
Taehyung si risistemò Jungkook contro il petto, il suo corpicino caldo e sempre più inerte che gli scivolava giù. 
Fortuna volle che quest'ultimo avesse precedentemente lasciato la porta del proprio dormitorio socchiusa. Taehyung la vide e ci si avvicinò di soppiatto, sollevando la tazza vicino alla targa appesa di lato per farla emergere dal buio. 
5 - 10 
m
Taehyung spinse la porta con delicatezza, sperando che la sua interpretazione sull'indicare che la stanza fosse occupata da bambini maschi dai cinque ai dieci anni d'età fosse giusta. 
Sentendosi un ladro posò un piede davanti all'altro con estrema accuratezza, le orecchie tese per cogliere ogni minimo movimento. Due fila di letti erano disposte ordinatamente sulla sinistra e sulla destra, ad occhio e croce una dozzina. 
Trovò un lettino vuoto, le coperte scostate di lato. L’elfo sperò che Dio gliela mandasse buona e si trattasse di quello di Jungkook. 
Appoggiò la tazza sulla comò apposita, controllando con un'occhiata fugace che l'alone della candela non puntasse sulla faccia del bambino del letto a fianco. 
Quando provò a posare Jungkook sul materasso quelle sue manine fecero presa sui capelli del biondo, già infiltrate da prima sotto il berretto. Taehyung allora si sedette sul letto, portando il busto in avanti per appoggiare la schiena del bambino su di esso. Avendo così riacquisito la libertà di muovere le braccia si portò le mani dietro al proprio collo, slacciando le dita di Jungkook dalla sua nuca.
Il bambino si lamentò quando gli rimboccò le coperte ormai fredde fin sotto al mento. 
Ancora non si era addormentato, sembrava solo parecchio stordito. Forse era dovuto al fatto che era cresciuto; Taehyung aveva utilizzato più o meno la stessa quantità di polvere dell'anno prima, per cui non era da escludere che il suo fisico ponesse più resistenza. 
"Io vado, Kookie. Buon Natale." sussurrò. 
A Jungkook ci volle un po' per realizzare che l’elfo si stava congedando. 
Subito le sue braccia annasparono per trovare una via d'uscita da sotto le coperte pesanti. Andando a tentoni riuscì a stringere un polso di Taehyung. 
Il modo di parlare di Jungkook, così preciso e articolato per essere quello di un bambino, era ridotto ad un borbottio assonnato. 
"TaeTae, resta..."
"Non posso, mi dispiace. Ma torno l'anno prossimo."
Una scintilla di speranza divulgò nella voce del più piccolo. "Davvero?" 
"Quanti anni hai?" chiese Taehyung.
"Nove." 
L'elfo posò una mano su quella più piccola aggrappata al suo polso. Il visino di Jungkook era immerso nella penombra, ma il luccichio dei suoi occhi la perforava. 
Mise da parte i sorrisi, pronto a giurare. 
"Tornerò ogni anno. Sempre. Te lo prometto." 
Jungkook rimase in silenzio a guardarlo, il capo sprofondato nel cuscino. Dopo qualche istante liberò il biondo dalla sua presa per sollevare il pugno a mezz'aria, il mignolo dritto come un fuso.  
Taehyung non esitò ad allacciare il proprio mignolo al suo. 
Sorrise a Jungkook, intenerito. 
"Non solo ho promesso durante la notte di Natale, ma me l'hai pure fatto fare in due modi diversi. Tu sì che sai come incastrare la gente."
"Perchè?" chiese Jungkook strofinandosi un occhio. 
"Ssshhh..." mormorò Taehyung, rimboccandogli nuovamente le coperte in un paio di mosse. 
Doveva proprio andare. Un altro secondo in quell'edificio e sarebbe stato lasciato a piedi. 
Posò leggere le labbra sottili sulla fronte di Jungkook e soffiò sulla tazza, spegnendo la candela.  
Nel giro di una manciata di secondi Taehyung aveva già lasciato il dormitorio e si stava precipitando al Central Park, pronto per partire verso la città più vicina.
Il viaggio in slitta fu brevissimo, ma trovò comunque il tempo di sgranocchiare un paio di biscotti che si era infilato in tasca. 
 
* * *
 
Più Jungkook cresceva più gli anni sembravano passare velocemente.
Taehyung, deciso a mantenere la sua promessa ad ogni costo, si era accertato di essere incaricato degli stessi civici di anno in anno, senza mai farsi passare di turno. Ogni Natale, appena i suoi polmoni si riempivano dell’aria di New York, l’elfo sgattaiolava giù dalla slitta senza aspettare il cenno concordato, bruciando tutte le tappe che precedevano l’orfanotrofio in tempo record. Dopo di che non gli rimaneva altro da fare se non passare il resto del suo tempo con Jungkook, ritardando ogni volta l’orario di andare via un po’ di più. 
L'elfo non poteva evitare, nell'istante in cui i suoi occhi incontravano la figura di Jungkook, di notare tutte le piccole cose che lo differenziavano dalla volta precedente. Fino a quando si trattava di una manciata di centimetri in più non si sorprendeva, ma quando cambiò voce, sostituendo quella sua vocina affabile con una più solida, passò tutto il tempo che avevano a disposizione a cercare di ascoltarlo parlare per registrarne le varie inclinazioni. Non gli piaceva l'idea di non saperlo riconoscere ad occhi chiusi.
Tae, d'altro canto, rimase sempre lo stesso. 
Dopo aver promesso a Jungkook di tornare ogni anno, Taehyung si era prefissato per il Natale successivo di introdurlo al mondo in cui viveva, spiegargli come funzionassero le cose al Polo Nord e raccontargli aneddoti. Voleva dargli una spolverata generale di come fosse la sua esistenza quando non era impegnato a consegnare regali, e così fece. 
Prima di tutto gli parlò delle promesse. Il loro era stato un gesto affrettato, forse dettato dall'atmosfera del momento, ma normalmente Taehyung ci avrebbe pensato due volte prima di giurare sotto Natale. Nella comunità degli elfi, in generale molto più rigida, moralista e dottrinale di quella degli umani per via del loro singolare lavoro, era considerato un vero e proprio disonore non essere coerenti a sé stessi e alle proprie affermazioni. Una promessa era una promessa, e in quanto tale andava rispettata.
Il fatto che poi loro l’avessero stretta a Natale amplificava il tutto: il Natale era sacro agli occhi degli elfi, la notte più importante dell'anno, e ciò rendeva il loro giuramento una promessa infrangibile. 
Accontentando per una volta Jungkook, i due stavano bevendo una tazza di latte insieme quando Taehyung gli parlò di Babbo Natale e del perché non svolgesse il lavoro per cui era famoso. 
L'uomo dalla barba bianca, così come ogni elfo, dimostrava parecchio anni in meno rispetto alla sua età effettiva. Erano decenni che ormai non saltava da un tetto all'altro, giù e su per i camini. Si limitava a fare la sua parte guidando la slitta trainata dalle renne, scaricando gli elfi più giovani in tutte le città. Lasciava loro esattamente un quarto d'ora di tempo ad ogni tappa mentre lui accompagnava un secondo gruppo da qualche altra parte, tornando poi a prenderli. In questo modo nel giro di sei ore tutti i regali erano stati consegnati a tutti i bambini del mondo. 
Tutti gli anni Taehyung non faceva neanche in tempo a varcare il focolare del camino che subito le sue gambe venivano abbracciate strette strette. L'elfo si chinava in avanti con il busto, avvolgendo la schiena del bambino.
Con il tempo quelle stesse braccia gli arrivarono al bacino, poi al petto, fino a quando a Taehyung non bastò semplicemente allungare il collo verso il basso per poter poggiare il mento sul capo di Jungkook.
All’inizio, quando Jungkook non aveva ancora compiuto dodici anni, l'elfo tornava al Polo Nord dalle sue escursioni Natalizie pieno zeppo di disegni e biglietti che il bambino gli aveva fatto durante l'anno passato. Li teneva tutti, dal più brutto al più riuscito, che fossero scarabocchi o ritratti. 
Una volta per ricambiare aveva portato a Jungkook un berretto identico al suo, ma lui lo aveva rifiutato. Se le donne che gestivano l'orfanotrofio, le così dette badanti, avessero notato che possedeva oggetti di cui loro non conoscevano la provenienza gli avrebbero dato del ladro e non l'avrebbero più fatto uscire. 
Taehyung fu tentato più di una volta di andare a curiosare negli archivi destinati alle lettere dei bambini per cercare quelle di Jungkook. A volte, quando il Natale sembrava non arrivare mai, gli sarebbe bastato un pezzo di carta, una linea d'inchiostro, qualsiasi cosa purché fosse prima passata per le mani del castano. Ma lui era un elfo di parola, e non sarebbe mai andato oltre quelle porte. 
Con il tempo questo bisogno prese a tormentarlo sempre più frequentemente. 
Da quando aveva iniziato ad estendere le sue visite fino al limite massimo del tempo concessogli, Taehyung aveva perso quel primato di velocista che lo caratterizzava agli occhi degli altri elfi. 
Se almeno prima poteva usarlo per scusare la sua imbranataggine nella fabbricazione di giocattoli adesso non aveva più neanche quello. I commentini e le battute non divennero più una novità per le sue orecchie, ma il biondo aveva imparato a ripetersi di lasciarseli scivolare addosso. 
Aveva pensato se confidare agli altri elfi di quella strana relazione che stava mantenendo, ma trovò che fosse meglio non farne parola. Non che stringere amicizia o mostrarsi ai bambini fosse vietato dalle regole, ma diciamo che non era visto di buon occhio. Se per un qualsiasi motivo avessero deciso che la cosa non andava bene e gli avessero impedito di incontrare Jungkook, Taehyung non sapeva cosa avrebbe fatto. Era molto meglio tacere il tutto e accettare le critiche. 
Alla fine valeva sempre la pena di stringere i denti trecentosessantaquattro giorni per quel trecentosessantacinquesimo. 
Taehyung era così abituato ad essere considerato e a considerarsi uno dei tanti, sia al lavoro che in famiglia, che essere accolto con una tale gioia da qualcuno che lo aspettava così tanto ripagava sempre di ogni cosa. Era bello sentirsi insostituibili. 
 
   
 
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