Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |      
Autore: Zefslab    09/01/2017    1 recensioni
Monte Celestia si trova nel piano celestiale, dove il Grande Arconte governa nella sua prestigiosa accademia. Ogni dieci anni è eletto un nuovo Grande Arconte fra i diplomati dell'Accademia, a seguito di una severissima selezione.
Feral Soir è deciso a diventare il prossimo Grande Arconte, pur essendo un ragazzo di campagna iscritto in Accademia grazie ad una borsa di studio. Dall'altra parte del fronte trova però Zaleth Taidel-Draurny, nipote dell'attuale Grande Arconte, che a dirla tutta non diventerebbe Arconte se non fosse per la pressante ed altolocata famiglia a cui appartiene.
I due allora stringono un patto: Zaleth può facilmente aiutare Feral a divenire il prossimo Grande Arconte, ma una minaccia all'agguato stravolge i loro piani.
La fine di Monte Celestia potrebbe essere vicina, se non quella di tutto il piano celestiale.
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo I


Quando Feral mise per la prima volta piede nell’Accademia di Caerulea fu per cercare la segreteria.

Il palazzo era così grande e così antico che non perdersi sembrava il primo vero ostacolo da superare per testimoniare con quanta determinazione si desiderava iscriversi.

«Chiedo scusa, dove si trova la segreteria?»

I celestiali di guardia nel gabbiotto di informazioni del campus interruppero per un attimo la loro partita di Carta Azzurra.

Uno dei due alzò sul ragazzo uno sguardo seccato.

«Per quale corso di studi, matricola?»

Feral esitò. Non era ancora una matricola. Stava giusto cercando la segreteria per presentare la sua domanda di iscrizione.

«Legge Arcontea»

Il pensiero del celestiale nel gabbiotto fu piuttosto esplicito dalla sua espressione del viso. “L’ennesimo iscritto che non farà strada.”

«Studi per essere il prossimo Grande Arconte?»

«Sissignore.»

La guardia lanciò un’occhiata al suo collega nel gabbiotto e si alzò in piedi per avvicinarsi a Feral. Aveva l’aspetto di un giovane, in un’età imprecisa fra i venti e i trent’anni, ma Feral sapeva che doveva aver vissuto molti molti anni. Per un celestiale è facile riconoscere l’età di un altro celestiale: i loro occhi privi di pupilla diventano sempre più profondi e dalle tonalità scarlatte con il passare del tempo.

Feral aveva gli occhi di un chiarissimo grigio, di certo ben lontano dall’essere scarlatto.

«Allora ricordati di me quando ti riveleranno il Canto della Vita. La segreteria è al primo piano, a sinistra delle scale.»

Feral lasciò che l’ironia della guardia gli scivolasse addosso e rispose con un leggero cenno del capo.

«Grazie mille.»

L’Accademia era anche il posto più grande che Feral avesse mai visto nella sua vita.

Era un ragazzo di campagna e le pareti di casa sua erano modeste e sempre da riparare. Feral non aveva mai visto la raffinatezza delle colonne bianche, delle tessere di mosaico e il marmo blu dell’Accademia. E ovunque lo stemma e gli stendardi di Monte Celestia: una montagna dalla cima innevata su fondo celeste pastello, su cui splendeva una stella ricamata in filo d’oro.

La ricchezza e la finezza di quell’edificio era qualcosa di impensabile per il giovane celestiale, così come le uniformi degli studenti, che cominciava ad incontrare per le scale e nei corridoi.

Imboccò la scalinata principale. Gli era stato detto il primo piano.

Dannate scale. Feral non era esattamente un tipo sportivo e gli scalini erano alti. In più per ogni piano c’erano due rampe di scale da percorrere. Per un attimo il giovane si chiese se davvero esistesse un primo piano.

Di trovarlo di fatti lo trovò, e non era diverso da come l’aveva immaginato. Soffitto ampio, stessa raffinatezza dell’ingresso, molto meno frequentato dagli studenti e l’aria rarefatta. Si sentiva un forte sottofondo di chiacchiericcio, però.

Feral fece il suo ingresso al primo piano col fiatone. Si spostò i capelli chiari all’indietro.

A partire dalla sua sinistra una fila fitta ed infinita di persone attendeva, chi paziente e chi no. La fila continuava oltre un angolo, a destra.

Feral ebbe un brivido. Quanto tempo avrebbe aspettato? Quando era giunto lì in cerca della segreteria non aveva pensato minimamente di doversi prospettare un paio d’ore d’attesa.

Armiamoci di santa pazienza.

Individuò l’ultimo celestiale nella fila e si accodò. Per fortuna in borsa aveva sempre un libro o qualcosa da leggere: almeno avrebbe ammazzato il tempo.

Faceva così caldo lì dentro. Feral, che veniva dalla periferia, non aveva minimamente pensato che in città fosse più riparato dai venti. Per non parlare dell’edificio dell’Accademia, che oltre ad essere riscaldato era gremito di gente.

Fu una volta arrivato all’angolo che lo vide per la prima volta: un ragazzo con indosso l’uniforme bianca e azzurra della scuola, accompagnato da un gruppetto di amici. Conversava amabilmente con una delle due segretarie sedute allo sportello. La scena era facilmente intepretabile dalle espressioni e dai gesti del tizio: sorrideva e gesticolava in modo brillante. Sembrava abituato a far conversazione e in particolar modo a tenersi al centro della discussione. La segretaria, una giovane celestiale ad occhio e croce sua coetanea, la maggior parte delle volte rideva e commentava amabilmente. Stava facendo il cascamorto con lei? Non poteva trovare un momento migliore per corteggiarla?

Feral non poté far a meno di trovare il quadretto un bel po’ fuori luogo. Una fila infinita di persone in attesa e quel ragazzo faceva perdere tempo? L’altra collega segretaria, una celestiale con i capelli distrattamente raccolti e un paio di occhiali sul naso, sembrava fuori di sé mentre rovistava in una cartella di documenti.

Non ci credo.

All’assistere a quella scena, Feral si sentì ribollire di rabbia. Perché nessuno diceva niente?

Lui non era il tipo di persona che si sarebbe messo a far polemica. Di solito cercava di ignorare quello che non gli piaceva, ma quella gli sembrava un’ingiustizia ai danni di tutti. Possibile che quel celestiale e i suoi amici fossero così egoisti per capirlo?

Uscì dalla fila e si diresse verso la seconda segretaria: la fila andava solo dalla sua collega. Le aveva lasciato tutto il lavoro.

Una volta dietro il gruppetto di studenti, si schiarì la voce.

«Posso?»

Il gruppo di ragazzi continuò a chiacchierare a capannello, mentre il giovane casanova proseguì indisturbato la sua conversazione con la segretaria.

Feral si fece coraggio cercando la faccia più tosta che riuscisse a trovare. Si avvicinò al duo di piccioncini e cercò lo sguardo della segretaria, schiarendosi di nuovo la voce.

«Chiedo scusa, si può?»

Lei alzò finalmente gli occhi, sorpresa, come se non si fosse accorta di aver speso la metà della sua giornata di lavoro a parlare con un bel giovanotto che intendeva attaccare bottone.

Mise subito a posto delle carte che aveva davanti. Sembrò abbastanza in imbarazzo e abbassò gli occhi, ma subito dopo rivolse uno sguardo interrogativo al rubacuori.

«Oh, sì, ma certo...»

Feral stava per proporle il suo modulo di iscrizione compilato, sentendosi piuttosto fiero di essere riuscito nella piccola impresa. Ancora nessuno lo seguiva, ma quell’azione lo faceva sentire una specie di paladino della giustizia, forte dell’approvazione altrui.

Il ragazzo con l’uniforme però si raddrizzò, voltandosi verso di lui.

«Avanti, amico, non ti sembra sgarbato interrompere due persone che parlano?»

Feral riallineò i fogli per la sua domanda di iscrizione sul ripiano dello sportello, affiancandosi a lui.

«No.» rispose, in tutta sincerità. «Stavate occupando quella che sarebbe dovuta essere una fila per la segreteria. Potete parlare fuori dall’orario di servizio e davanti ad una tisana calda. Vi dispiace, adesso?»

Alla risposta di Feral, lui stesso poté sentire un silenzio di tomba impensabile in una stanza che conteneva così tante persone. Il gruppo di amici del giovane, l’intera fila di studenti, le segretarie, erano tutti ammutoliti. Aveva detto qualcosa di strano, forse?

Il ragazzo stesso parve sorpreso di sentirsi rispondere così, eppure dopo un attimo un sorrisetto di sfida gli apparve in volto.

«Qual è il tuo nome, ragazzo di campagna?»

Feral si chiese come facesse a saperlo.

«Ci conosciamo?»

L’altro si strinse nelle spalle, appoggiato con un gomito al ripiano dello sportello. Ascoltare le proprie parole in quel silenzio conferiva loro un peso inquietante.

«No, lo sento dall’accento.»

Stava cercando di farlo vergognare? Perché il fatto che avesse capito la sua provenienza dal suo modo di parlare lo faceva sentire piccato?

«Avete un bel coraggio a chiedere il nome di qualcuno senza presentarvi.»

Di nuovo Feral ascoltò ancor più silenzio di prima, se possibile. Il giovane in uniforme sembrò sorpreso ma divertito di sentirselo dire. Avrebbe dovuto conoscerlo, forse?

«Zaleth Taidel-Draurny» rispose. Finalmente il casanova aveva un nome.

Feral alzò un sopracciglio al sentire i due nomi di famiglia, e ne riconobbe immediatamente l’ultimo: Gworeslad Draurny era il nome dell’attuale Grande Arconte. Quel Zaleth era imparentato con lui?

Doveva essere quello il motivo per cui nessuno si azzardava a contraddirlo.

Al diavolo, sarò io il prossimo Grande Arconte.

«Feral Soir.» il suo nome non suonò affatto altisonante come era stato invece per Zaleth, ma lui non se ne vergognò per un solo attimo. Solo perché la famiglia Draurny era importante, non significava che avesse diritti diversi rispetto agli altri.

«Soir.» ripeté Zaleth. Ci fu un momento di pausa in cui sembrò pensare a quel nome. O forse era pura teatralità. Si raddrizzò e fece un cenno di saluto alla segretaria. «D’accordo, ci vediamo, Lysest. Un saluto anche a voi, signor Soir. Vi auguro un felice anno accademico.»

Detto ciò, Zaleth Taidel-Draurny si allontanò dallo sportello seguito dai suoi compagni, e si incamminò ripercorrendo la fila di studenti dalla parte libera del corridoio.

Feral li guardò allontanarsi sentendo un nodo di orgoglio e inquietudine nel petto. Quel saluto aveva avuto tutta l’aria di una minaccia.

L’iscrizione al corso di studi era stato il primo vero modo di testimoniare la sua determinazione nel diventare Grande Arconte.



  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Zefslab