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Autore: Rumenna    10/01/2017    0 recensioni
[BOYS LOVE] Ivan studia disegno ed è innamorato di Tina. Tuttavia il suo look lascia molto a desiderare. Si farà consigliare dall'esperto Rosemund. Ma cosa potrebbe accadere se un consiglio dopo l'altro i due si avvicinassero sempre di più?
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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«Hai sentito?»
Cos’era quel lamento?
«Ivan, vieni qui, andiamo a vedere insieme.»
Mi sono voltato verso di lui, che ad ampi passi continua a guardarsi intorno preoccupato, per poi accucciarsi dietro un trio di bidoni dell’immondizia, lasciando che la coda del lungo cappotto marrone cada sull’asfalto gelido.
«Oh, Jesus… Ivan, vieni qui!»
Che cosa sarà?
Mi sono avvicinato ad osservare: una gatta maculata è sdraiata a terra con una cucciolata. Non ho idea di quanto tempo dev’essere passato dal parto, ma accanto a lei e ai gattini ci sono degli insetti che non promettono nulla di buono.
«Ivan, resta a controllarli per un attimo per favore.»
Con il viso provato, Rosemund chiama un veterinario, tornando poi ad accucciarsi verso i gattini, con il viso preoccupato, bisbigliando nel conteggio dei piccoli.
«Sono sette… ma non a tutti riesco a vedere il corpo muoversi per la respirazione...»
«Ci sono degli insetti qui intorno… credi che sia troppo tardi…?»
Uno dei cuccioli, dal manto completamente grigio, si è debolmente voltato verso di noi, miagolando in maniera stridula e dolce allo stesso tempo. Sembra ferito all’occhio sinistro. Vederlo mi fa stringere il cuore.
«Non toccarlo, Ivan. Aspettiamo il veterinario.»
«M-ma… che stai facendo?»
Rosemund si è sfilato la giacca, sistemandola accanto alla famigliola per tenerla al caldo. I suoi capelli volano via sotto le raffiche di questo vento gelido, le sue mani sfregano le braccia per darsi calore, ma nonostante questo, il suo sguardo è estremamente espressivo, emanando gentilezza, amore e calore, seppure sia preoccupato.
Probabilmente prima mi sono sbagliato riguardo all’ambiguità della nostra amicizia, lui è così dolce e premuroso con tutti... inoltre è la prima volta che ho un amico, quindi non sono abituato a fare certe cose con un coetaneo.
Anche io mi sono sfilato la giacca, imitando i gesti di Rosemund, rimanendo accucciato al suo fianco.
«Posso appoggiarmi? Così sentiamo meno freddo.»
«…S-sì, certo.»
Siamo rimasti in silenzio per un paio di minuti, finché non è arrivata sul posto Anna.
«Oh, cielo! Che ci fate qui con questa neve?»
Neve? Ho alzato gli occhi al cielo: sta iniziando a cadere qualche piccolo fiocco.
Mentre raccontavamo ad Anna della cucciolata, i soccorsi sono arrivati e usando i mezzi pubblici, insieme abbiamo raggiunto lo studio medico del veterinario, che ha immediatamente dato la precedenza alla gatta, lasciandoci attendere nella sala d’attesa, dov’è calato un silenzio imbarazzante.
La sala è intrisa dell’odore di medicinali e dell’odore della gomma dei giocattolini di gomma mista a croccantini.
«Ragazzi, con questo freddo starvene lì da soli… Ivan, come va? Quell’arpia di tua madre ti ha fatto tanto male, vero?»
«No, non così tanto. Sei troppo protettiva con me...ee…eeetctiù!» Credo di essermi raffreddato.
«Ivan!»
Anna posa amorevolmente le labbra sulla mia fronte per controllare la mia temperatura, ma non ho la febbre! Mi fa soltanto mettere in imbarazzo davanti a Rosemund…
«Sei un po’ caldo, per un paio di giorni resta a casa mia a riposarti sotto le coperte, va bene?»
«Sì.» Ormai sono come un vagabondo, dormo a casa di chiunque sia abbastanza affettuoso con me. Non che sia la prima volta che resto a casa di Anna.
Dopo aver parlato dell’accaduto e del tempo che continua a peggiorare, il dottore ci ha fatto passare.
Lo studio del veterinario bianco e pulito, e da quel che vedo sembra un uomo sulla trentina, è alto, moro e ha gli occhi scuri.
«Tre dei cuccioli erano già deceduti e la madre è troppo debole, non credo passerà la notte. Ma quattro di loro sono salvi, grazie all’assistenza termica che gli avete procurato, e per questo vi devo ringraziare. Poi ci sarebbe un'altra cosa da dirvi riguardo al piccolo con il manto grigio: il suo occhio sinistro non è stato recuperabile, gli insetti l’hanno danneggiato permanentemente.»
«Oh…»
«Adesso devo farvi una domanda: conoscete qualcuno che possa prendersi cura di loro o posso metterli in adozione?»
Ho guardato Rosemund con un fare molto perplesso: quell’arcigna di mia madre ha tutti i difetti di questo mondo, ha persino l’allergia al pelo e quindi non posso fare nulla in questa situazione. Al contrario di me, Rosemund sembra perso nei suoi pensieri.
«Posso fare qualche telefonata? Conosco qualcuno che potrà prendersi cura di almeno uno di loro… ma sia chiaro che il piccolino grigio è mio.»
Quindi Rosemund ha deciso di prendere con sé quel gattino…?  Chissà perché mi sento così emozionato per lui… credo che Rosemund sia piuttosto adatto per allevare un gattino: la sua immagine accanto ad una morbida e tenera palla di pelo sembra che gli calzi a pennello… ah, avrei tanto voluto anche io un micio, io adoro i gatti! «Anna, non puoi prenderne tu uno?»
«Non posso Ivan, sono tutto il giorno al lavoro, non saprei come occuparmi di lui e certamente non posso portarlo a casa Peperone!»
«…uffa…» E se chiedessi a Tina di prenderne uno? Credo di riuscire a ricordare il suo numero di cellulare, farò un tentativo! Chiedendo il telefono in prestito ad Anna, ho composto il numero ed ho aspettato pazientemente.
«Pronto?» È la voce di un uomo.
«P-pronto, sono Ivan Peperone, u-un amico di corso di Tina…»
«No, non voglio comprare nessun peperone, arrivederci!»
… Questa mi mancava. Ho riprovato a chiamare, sperando che sia la volta buona…
«Ho detto che non compro niente!»
«M-Ma non sono un venditore! Sono un compagno di corso di Tina, Tina Mancini!»
«Mancini? Hai sbagliato numero, qui è casa Ancona!»
«S-scusi…» Che figura… sono davvero pessimo a memorizzare nomi e numeri…. «Rosemund, a te com’è andata?»
«Stanno arrivando i miei genitori a prenderne un paio, a quanto pare vogliono approfittarne per fare un regalo di Natale ad Ashley...»
Quindi tre su quattro sono sistemati… porca vacca, anch’io voglio un gattino!!! «Anna, non posso provare a ricattare mia madre con la storia dell’amante per farmi tenere il gattino?»
«Oh! Ma non pensarci nemmeno! Che ragazzaccio! Non ti bastano i guai? Non voglio più sentire una cosa del genere, capito?»
«S-sì… Ehi! Io so a chi possiamo chiedere! Al signor Gennaro! Non ha il panificio proprio dietro l’angolo?» 
Il viso di Anna è diventato rosso all’improvviso:
«Oh... beh, possiamo provare a chiedere a lui, ma non so se possiamo disturbarlo, lui avrà le sue cose da fare, e poi ha il negozio, non può portare il gatto in negozio e non può nemmeno lasciarlo a casa da solo per tutte quelle ore…»
«Ma i fatti del signor Gennaro li sai così a memoria da sapere se può occuparsene oppure no?»
«Oh… n-no, certo che no! Figuriamoci! Facevo solo supposizioni!»
«Come no… comunque, se non vuoi andare tu a chiederglielo ci vado io!»
«No, no! Tu sei senza cappotto, ci andrò io!»
«Ah… adesso ho capito tutto… vuoi andare a trovarlo, vero? Vai, vai!»
«Ma no! È solo per necessità!»
«Va’ pure, Anna! Ad Ivan ci penso io, non preoccuparti!»
Rosemund posa amichevolmente la sua mano sulla mia spalla, poi guardando il dottore, chiede quando potrà portare via i gattini.
«Beh, ci vorranno due o tre giorni, ma l’ambulatorio è rimane aperto anche di notte, quindi non preoccuparti! Adesso potete aspettare in sala d’attesa? Ho un appuntamento adesso!» Il campanello è suonato proprio mentre terminava la frase.
Mentre ci siamo voltati per uscire dallo studio ed aspettare nella sala d’attesa, ci siamo trovati davanti ad un ragazzo con un’enorme teca tra le mani.
«Oh… chiedo scusa.»
«P-prego…»
Ha la voce sottile e non è molto alto, ha una pelle scura e dei capelli neri come l’inchiostro. Anche i suoi occhi sono scuri, ed il suo naso è abbastanza largo, come tipico dei ragazzi del sud. Dopo averlo lasciato passare, ci siamo seduti nella sala d’attesa, uno accanto all’altro.
Rosemund è rimasto a fantasticare per un po’ da solo con un piccolo sorriso sulle labbra, poi mi ha rivolto la parola:
«Era carino lui.»
«Uh?» “Era carino lui”?? È la prima volta che Rosemund fa apprezzamenti ad un altro ragazzo quando siamo insieme! Oh, finalmente si è aperto con me! Che bello! O forse più semplicemente non gli garbava nessuno dei visi incrociati per strada fino ad ora. Quando ci siamo visti al negozio le prime volte mi aveva detto che avevo un bel viso nascosto molto in fondo, non credevo che gli piacessero i ragazzi di colore.
«Oh… b-beh, sì, non era così male… era abbastanza proporzionato: spalle piccoline, viso abbastanza dolce… sì, era decisamente proporzionato.»
«Scusa, ma di chi stai parlando?»
«D-del ragazzo giovane che è appena entrato… n-non parlavi di lui…?»
Rosemund è scoppiato a ridere, facendo una delle sue espressioni calde e luminose che catturano sempre la mia attenzione.
«No, no! Io parlavo del veterinario!»
«DEL VETERINARIO??»
«Shhh! Abbassa la voce!»
«S-scusa, ma credevo che… i-insomma…ehm… ma non avrà trent’anni? Tu scusa,non mi ricordo, quanti anni hai?»
«Ventiquattro. Ma comunque perché fai quella faccia rossa ed imbarazzata? Nemmeno ti avessi detto che mi sposo…»
«Vuoi sposarti?? M-m-ma non sei troppo giovane?» Non devo dimenticare che dalle sue parti i matrimoni gay sono cosa comune da molti più anni che da noi in Italia.
«No, io non credo nel mio matrimonio.»
«Oh… credevo di sì. I tuoi genitori sembrano una coppia fantastica, credevo fossi cresciuto con questo genere di valori, e poi sembri credente.»
«Infatti sono credente. Credo anche nell’amore eterno, ma non credo nell’atto fisico del matrimonio. Troppe rogne da spartirsi, per non parlare dei beni… troppo faticoso.»
«…Sei davvero uno spilorcio, lo sai?»
«Sì, me lo dicono spesso! Ma sinceramente non mi importa!»
«Avevo notato anche questo…»
I genitori di Rosemund sono arrivati insieme ad Ashley, ma di Anna non ci sono tracce. Deve davvero piacerle tanto parlare con il signor Gennaro. Quasi quasi dopo vado a fare un’ispezione.
«Ivan, cos’hai fatto alla mano, tesoro?»
Miriam appena si è avvicinata per salutarmi mi ha preso la mano e l’ha accarezzata con premura.
«N-niente di particolare, davvero…»
«Ivan, non hai un bell’aspetto, stai davvero bene?»
Sentire la voce dolce di Ashley così premurosa e veder quanto i suoi occhi castani siano così in pena per i miei due graffietti, proprio lei che sta soffrendo per la fine di amore importante, mi fa sentire davvero in colpa in questo momento.
«E l’altra mano? Come sta?»
Ashley mi ha preso la mano illesa imitando le carezze di sua madre, che continua a massaggiarmi la mano fasciata. Mi sento leggermente un imbecille in questo momento. Ma giusto un po’. Proverò a cambiar argomento: «Rosemund, ma non ti daranno fastidio i peli di gatto sui vestiti?»
«Assolutamente no! Basta tenerli in ordine nell’armadio, no?»
«Caro, dimmi la verità! Com’è che ti sei fatto male?»
«È vero Ivan, queste non sembrano ferite da incidente comune, soprattutto quel bernoccolo...»
S-si vede?? Oh no, il vento mi ha spostato i capelli! E io che credevo di essere riuscito a coprirlo bene…
A salvarmi dall’imbarazzo arriva Anna, e la chiamata del dottore che ci invita ad entrare nello studio.
«Allora, avete preso una decisione, signori?»
Simon, con il suo aspetto da brav’uomo, si fa avanti mostrando la sua affidabilità:
«Ascolti dottore, io sono assolutamente pronto ad allevare una gatto randagio: ho allevato per un anno mio figlio da solo, gli ho dato il biberon, gli ho cambiato i pannolini e gli ho insegnato la buona educazione!»
Praticamente sta dicendo che suo figlio è come un gatto randagio, sciatto e che si ficca sempre nei casini…
«Ah! E gli ho anche insegnato a farla nel vasino!»
Che figura… mi sento imbarazzato al posto suo…! Mi sono voltato e la sua faccia ha cambiato colore almeno due volte… poveretto.
«Io posso prendermi cura di un cucciolo… ma in quel caso non rimarrebbe un trovatello?»
«Anna, e Gennaro che ha detto?»
«Oh, beh… il signor Gennaro è impegnato, non può tenerlo come ti avevo già spiegato…»
E ci ha impiegato tutto questo tempo per dirle di no?
«Adem, mi aiuti a portare i gattini? Il piccolo ferito dovrà restare da me per un po’, ma gli altri potete portarli via anche adesso se vi premunite di biberon.»
Simon con aria da saccente, inclina la testa imitando un presuntuoso nobiluomo d’altri tempi: «Lo allatterò con piacere, dottore.» Tutti abbiamo trattenuto una risata.
Il veterinario rientra con i due cuccioli, uno bianco con maculato marrone e l’altro bianco con qualche macchia nera sul muso e sulla spina dorsale: «Queste due sono femminucce… Adem, ti sbrighi?»
Il ragazzo più giovane, a passi lenti tiene tra le braccia un gattino dal pelo rossastro.
«E questo qui è l’altro maschietto.»
«Suvvia dottore, non siamo al mercato della frutta! I bambini- ehm… i gattini non si scelgono in base all’aspetto! Vero?»
«È assolutamente così, ma sa, siccome i gatti sono generalmente creature diffidenti che cercano le coccole quando gli pare e piace, a volte è meglio lasciarsi scegliere dal gatto.»
Il dottore ha detto una cosa risaputa, eppure sarò io l’unico scemo che crede che i gatti siano molto creature molto affettuose?
Un debole miagolio cattura l’attenzione di tutti: il gattino tra le braccia del ragazzo in disparte, agita la zampina nella nostra direzione.
«Adem, vieni avanti! Scusatelo, mio fratello non è molto socievole! Vieni, avanti!»
A passi lenti e pacati, il ragazzo di nome Adem si è avvicinato ad Ashely, e le ha porto il gattino, che si è lasciato poggiare sulle sue gambe, rilassandosi come se volesse dormire.
«Dovevi poggiarlo sul tavolo, non sulle gambe della signorina!»
«Ma è da lei che voleva andare…»
Ashley gli ha rivolto uno dei suoi sorrisi alla Julia Roberts:
«Non preoccuparti, anzi, grazie mille. Mi prenderò cura io di lui.»
«Signori, prego.»
Miriam decide di prendere la situazione in mano: «Ci dia quello che si muove di più, adoriamo i birbantelli!»
E così i genitori di Rosemund hanno preso il gattino pezzato marrone.
«Signori, se non avete già un veterinario di fiducia, mi occuperò io dei vostri piccoli amici, che ne dite?»
Salto sull’attenti e con decisione inizio ad esclamare come un soldatino: «Sì! Sì!» Voglio che Rosemund possa parlare più spesso con lui, ed incontrarlo molte volte d’ora in avanti.
«…Mio. Miao.»
Il ragazzo proporzionato ha preso tra le braccia l’ultimo gattino rimasto sul tavolo, quello bianco a macchie nere.
«Sei sicuro di quello che dici e che fai? I gatti non puoi tenerli semplicemente nei terrari!»
«Lo so.»
«Ah, se non hai paura che ti rovini i tuoi preziosi modellini portatelo pure a casa.»
«…Sì.»
Questo ragazzo sembra un po’ come un salame. Credo che un po’ mi somigli.
«Voi due di qua, prego. Vi faccio vedere il gattino che sta riposando dopo la medicazione.»
Dice a noi? Ma non è solo Rosemund l’interessato? Comunque, l’abbiamo seguito fino al luogo in cui la piccolissima palla di pelo è raggomitolata quasi mimetizzandosi tra le coperte, per via della pelliccia grigia. Rosemund sembra completamente rapito dal micio, continua a fissarlo senza nemmeno sbattere le palpebre.
«Prendersi cura di un animale non è un gioco, sei davvero sicuro di poterti prendere una tale responsabilità? Sembri con la testa tra le nuvole, sei ancora indeciso? Vuoi pensarci un altro po’?»
«Alastor.»
«Alastro? Rosemund, ti senti bene?»
«Non devo pensarci un attimo di più, è stato un colpo di fulmine fin dalla prima volta in cui i nostri sguardi si sono incontrati... il suo nome sarà Alastor.»
   
 
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