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Autore: Fia Scott    11/01/2017    3 recensioni
"Una piuma bianca significa sangue. Una piuma bianca significa che giustizia sta per essere portata.
Una piuma bianca significa che un angelo bianco sta per colpire.
E' onore, è giustizia, è storia, è divenire,è cambiamento.
E' una promessa.
Tra le strade della moribonda Acri, le cose sono andate in maniera diversa rispetto a quanto raccontato, ma in fondo è un vizio dell'essere umano scrivere la storia in modo soggettivo: modificare ciò che non è "corretto", eliminare ciò che non è "esatto".
E' tutto dubbio, quello che sappiamo, è solo una probabilità ciò che ci giunge dalla bocca e dalla mano degli antenati.
E sebbene i ricordi tatuati nel DNA possano sembrare la pura realtà, ricorda bene, che anche un gioco di prospettive può ingannare la tua mente."
Genere: Avventura, Azione, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Al Mualim, Altaïr Ibn-La Ahad, Garniero di Naplusa, Guglielmo del Monferrato, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Violenza
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L'aria calda era piacevole, per la sua secchezza: non faceva sudare, non rendeva fiacchi, ma donava un leggero calore sulla pelle. E all'ombra di tettoie, tende e pergolati, tutto si faceva ancor più piacevole. Le case risultavano fresche anche per quelle finestre piccole che, certo, facevano passare poca luce, ma al contempo impedivano all'interno di risentire troppo bruscamente dei cambi di temperatura esterni.
Nelle vie principali, un via vai continuo di persone scorreva placido e calmo come acque di un fiume e giungeva il tintinnare di spiccioli, dell'acqua versata nelle anfore di alcune donne, delle armature di alcuni soldati saraceni che pattugliavano la zona, ancora in cerca di quell'Assassino.
Ma nessuno lo avrebbe mai trovato: Rah'el fece una camminata lenta per simulare tranquillità e lo fece con accortezza, evitando le strade principali e guardandosi bene attorno con la scusa di fare attenzione alle zampe del mulo che portava il suo carico. Nessuno ebbe il tempo di prestarle attenzione, al che passò senza problemi anche alcuni posti di sorveglianza in cui guardie in gran numero si erano concentrate per partire con le ricerche: si sarebbero mosse sui tetti, sapevano ormai come incastrare un Assassino, sapevano come preferisse muoversi, dove trovarlo. Ma mai avrebbero potuto immaginare che una giovane fanciulla lo avrebbe portato proprio nella sua dimora.

Talvolta si muoveva in un sonno agitato e Rah'el si allontanava con il timore che potesse svegliarsi e dare di matto, ma non riusciva a lasciare quella sorta di soppalco dove aveva il suo giaciglio. Per appurare che, anche nell'agitazione, stesse bene.
La ragazza si sentì divisa tra la voglia di aiutarlo come possibile e il rimanere a distanza, fare il minimo necessario perché egli si sentisse ringraziato - per poi lasciarlo andare di nuovo alla sua vita, per poi tornare alla propria. La veste bianca che l'angelo indossava - ed ora non più - era poggiata accanto a lui, con la tunica e la casacca rattoppate dal foro lasciato dalla freccia che gli aveva colpito la spalla - e la spalla era in quel momento fasciata, con diversi giri al di sotto dell'ascella e attorno al torace. Rah'el provvide a coprirlo con una coperta per la semi-nudità che metteva in imbarazzo lei e che senza dubbio avrebbe fatto lo stesso con lui, al risveglio che doveva ormai essere prossimo.
Ogni segno di sofferenza dell'angelo la agitava: lo scambiava per un mugugno confuso, di quelli che si fanno dopo una notte non proprio calma. Si aspettava di vederne finalmente gli occhi ben aperti come non era mai capitato, non ancora; ma le labbra erano inconfondibili, avevano un disegno che per qualche ragione era rimasto impresso come un bel ricordo nella mente della ragazza. Un particolare che avrebbe riconosciuto al di sotto di un cappuccio di qualsiasi tipo, di qualsiasi colore e in qualsiasi città, e la cosa non la faceva star bene: stringeva i denti, distoglieva lo sguardo, aggrottava le sopracciglia come profondamente disturbata da quel pensiero. Era profondamente disturbata da quel suo modo di ragionare, dal fascino che provava nei confronti di quel salvatore - arrivando alla conclusione che, certo, non lo avrebbe lasciato andar via ferito, ma avrebbe senza dubbio evitato di parlargli troppo, di essere gentile e accomodante.
Scosse la testa, per lasciar andare via un pensiero sciocco. Un altro.
Gli occhi mossero in direzione delle armi che aveva poggiato accanto ai vestiti, alcune sporche di sangue -ma che non osava toccare, per paura o con la strana e inspiegabile consapevolezza che, per un uomo, una spada fosse anzitutto un simbolo. E quella dell'Assassino era di nobile fattura - cosa che le fece temere di potersi disgregare, lei, un'umile sarta, al minimo contatto con la stessa.

In questa nube di pensieri, non s'accorse che gli occhi dell'ospite erano aperti. Leggermente, nel tentativo di capire. Il suo volto si girò un momento in direzione della ragazza e non ebbe alcuna reazione particolare, ma rimase calmo anche al vederla, come se non aspettasse un volto diverso.
Nel momento in cui anche Rah'el se ne rese conto, si immobilizzò un momento e prese a fissarlo senza neanche rendersene conto: l'istinto di un animale che punta un pericolo, pronto a scattare al minimo segno. O forse, ancora, fascino.
No, non esiste.

L'angelo si mosse e sentì evidentemente dolore. Strinse i denti e aspirò aria tra questi.
«...!!» tese una mano, Rah'el, in sua direzione. E trattenne un respiro fino a quando egli non decise di riposare di nuovo sul giaciglio morbido, con i cuscini sotto la testa.
La mano di lui mosse in direzione del torace e il suo sguardo si fece interrogativo, nel momento in cui sentì la fasciatura.
Rah'el si morse le labbra.
«Siete stato colpito da una freccia...» sussurrò lei. «Non...» e ancora, un morso alle labbra, la mano mossa con cautela verso di lui e lasciata a mezz'aria, palmo in giù. «Non muovetevi.»
Passarono lunghi attimi di silenzio, da quel dire, e Rah'el posò la mano a terra. Se ne stava seduta un po' distante da lui.
«Ricordo. Ricordo un... dolore lancinante.» affermò lui.
La stessa voce calda di quel giorno.
Non era cambiata di una virgola, seppur sofferente, pur esprimendo parole ben diverse.
«Sì. Immagino sia questo, che si prova.»
«...»
«...»
Rah'el distolse lo sguardo e del silenzio fece ancora capolino.
«Chi siete?»
Lo disse all'improvviso, senza neanche pensarci e senza guardarlo, non subito. I suoi occhi azzurri si posarono sull'Assassino solo successivamente, quando la risposta non arrivò immediata: immaginò un'espressione contrariata e severa, ma altro non trovò che tranquillità e confusione.
Egli sbuffò un momento.
«Ciò che mi chiedono solitamente è cosa sei.»

Nel tegame sul fuoco, posizionato in un piccolo caminetto al piano terra - in un angolo - qualcosa emanava un profumo non delizioso, ma di certo in grado di attirare l'attenzione, soprattutto quando la fame è all'ordine del giorno.
Rah'el lo spostò dal fuoco e quel tegame venne scoperchiato facendo uscire un po' di vapore. Il contenuto venne versato poi in due scodelle, che portò su per le scale senza troppi problemi: fece il tutto in fretta, senza perdere tempo. E quando tornò sul soppalco, l'Assassino si era seduto, piegato un po' in avanti, per provocare nella ragazza una reazione piuttosto contrariata - oltre che stupita di non aver sentito il minimo grido: lontano dalle vie affollate, non c'era molto rumore a disturbare, né pareti a separare le stanze di quell'ambiente.
«Non ho nulla da offrire, se non una zuppa di cereali.» abbassò un momento il volto, ma lo rialzò quasi subito come stesse ingaggiando una lotta con sé stessa. «Le provviste scarseggiando, in città, per questa... questa insulsa...»
«Guerra.»
«Sì.» aggiunse lei, per avere l'ultima parola. «Non capisco, non capisco davvero cosa vogliano...» strinse poi i denti, alterata da quel pensiero.
Diede la scodella all'uomo, che l'accettò di buon grado - annuendo, molto più di quanto non ci si possa aspettare da lui, cosa che Rah'el non comprese. Difatti, ne fu stranita.
«Questa città è un importante porto. Molto vicino a Gerusalemme. Chiunque, lo vorrebbe...» disse a voce bassa lui, guardando poi la ragazza.
«Le bandiere cambiano, le persone muoiono. Vogliono un porto senza vita, ad abitarlo... la disperazione.» aggrottò la fronte, arricciando le labbra fino al voler prendere una cucchiaiata.
«Sì, ma in fondo non può che essere un compito dei sapienti, quello di tenere le redini della società. Ma...» rimase a labbra schiuse e la guardò. «...i sapienti sono governatori e guerriglieri.»
«Ditemi, voi siete qui per questo? E dalla parte di chi?» domandò lei, guardandolo negli occhi.
Egli rimase un momento in silenzio reggendo lo sguardo, e fece un lieve sorriso verso Rah'el - forse sorpreso della sua determinazione e del coraggio. O forse, dell'ingenuità - questo era ancora da stabilire.
«Io sto dalla parte della pace.»
«...»

«Non mi credete, forse?»
L'alzata di sopracciglio di cui la ragazza non s'accorse neanche suscitò un po' di calore, nella reazione dell'Assassino, che si era fermato con il cucchiaio di legno a mezz'aria in attesa di un suo dire.

«Tutti dicono di operare per la pace.»
«Ma operano in maniera sbagliata. Il Saladino la persegue cercando un impero da unificare sotto il suo potere, così come i Crociati, che oltre a ciò vogliono eliminare chiunque non creda nel loro stesso Dio.»
«...» si ammutolì lei «Capisco. Credo...» distolse poi lo sguardo. «Sento tanti nomi, girando per la città. Sento troppi Credo di cui a volte non capisco le diversità. Non apprezzo troppo la politica, mi interessa solo la serenità.»
L'angelo annuì.
«E comunque non avete risposto alla mia domanda.»
Ed egli sbuffò una mezza risata e la guardò.
«Altair.»
«Altair...» annuì lei. «Rah'el.»

«Rah'el. Sei coraggiosa, per osare quanto hai fatto fino ad ora in questa città distrutta.»
«Forse sono semplicemente disperata. E comunque, gli abitanti di Gerusalemme sembrano ancora apprezzare ciò che è racchiuso dentro queste mura.»
Altair alzò un sopracciglio, piuttosto perplesso. Era una domanda, anche se non espressa a parole.
«Sono giorni, che gente di Gerusalemme varca la porta a nord. In una processione lenta, diretta verso la zona est.»
E l'uomo non rispose, lasciando la scodella nella mano sinistra a scaldargli la pelle, mentre l'altra reggeva il cucchiaio immerso a prendere l'ultimo boccone. Rah'el aveva già finito, invece, e poggiato tutto da una parte - sul pavimento, non fatto soltanto per i piedi a giudicare dalle sue abitudini.
Da una finestrella laterale passava un po' di luce, ma non abbastanza da risultare fastidiosa.
«Sembrate quasi un monaco. Ma non lo siete, non è vero? E' un travestimento.»
«No.» schiuse le labbra lui, pronto a rispondere. «Non è un travestimento. E' una divisa.»
«Divisa di cosa...?»
La guardò un momento ma in maniera intensa, con la chiara impressione che stesse pensando al da farsi di lì a poco.
«Devo andare.» fece per alzarsi in piedi, con non poche difficoltà.
Ovviamente, ella si ribellò anche se in maniera non proprio concreta: fece per convincerlo a rimanere un altro po', almeno fino a quando non sarebbe parzialmente guarito, ma Altair insistette per rivestirsi. E a quel punto, Rah'el non poté far niente, occupata a tenere lo sguardo voltato altrove.
Sentiva il suono delle vesti smosse e quindi indossate per diversi minuti, finché non giunse il momento delle armi: un cozzare di ferro, un tintinnio e poi i suoni delle fodere in cuoio, qualcosa di ovattato e quasi piacevole. Gli stivali pesanti batterono forti a terra, facendo tremare leggermente quella piattaforma in legno pochi palmi dal tetto a spioventi.

La ragazza fece un sospiro rassegnato verso di lui, e l'Assassino sorrise a malapena.
«Sei stata gentile.»
Ella scosse la testa con umiltà, occhi socchiusi e un mezzo sorriso sulle labbra serrate. Nel frattempo, l'uomo cercò in uno dei suoi borselli. Ne estrasse una piuma bianca. La giovane ne restò affascinata ma senza fiato.
«Quando avrai bisogno di me, mettila sul davanzale di questa finestra.» indicò quella nella stanzetta. «Non curarti che io possa confonderla con il biancore della pietra, non succederà. Ho buon occhio.» assicurò.
Rah'el non fece che annuire, anche se con lentezza. E con lentezza, prese la piuma che Altair le porse: come per quelle monete, ma senza tintinnio. Egli andava di fretta e lei lo rallentò per timore.
Ma come la presa sulla piuma si fece presente, Altair si mosse e scese le scalette che conducevano al piano inferiore, voltandosi solo un momento per rivedere la ragazza - affacciatasi un poco dal soppalco - e quindi uscire tra la folla, mescolandosi con sorprendente velocità in essa.

Come sparì, Rah'el si mosse a sua volta a ritrovare una delle sue vesti appese e frugando nella tasca: in mano, ora, aveva due piume.

   
 
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