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Autore: thequeens    12/01/2017    0 recensioni
Questa è la storia di due anime sole che, incontrandosi, scopriranno valori di cui non avrebbero mai immaginato l’esistenza e diventeranno, l’una per l’altra, più importanti di quanto si aspettassero.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Chuuya colpì per l'ennesima volta il sacco da boxe davanti a sé, il quale oscillò avanti e indietro finché non fu bloccato da Dazai: "Andiamo, mettici tutto te stesso!" disse, per poi lanciarlo di nuovo verso Chuuya che lo colpì nuovamente con tutta la forza che aveva in corpo.
"Già ti sei stancato?" lo schernì Dazai.
"Tu non stai facendo niente da mezz'ora" gli rispose Chuuya stizzito.
"Sono in pausa."
"Sei solo un fannullone" detto questo gli allungò un pugno che Dazai schivò prontamente rubandogli il cappello: "E tu sei un brontolone."
"Ridammelo, idiota!"
"Se lo vuoi devi venire a prenderlo" gli sussurrò Dazai sorridendo malizioso e iniziando a correre per tutta la sala.
Chuuya accettò di buon grado la sfida, e i due si rincorsero a lungo, finché Dazai iniziò a rallentare, per poi fermarsi ansimante. 
"Che fai, ti fermi? Già ti sei stancato?" gli chiese Chuuya beffardamente.
Dazai portò il cappello in alto: "Prendilo, nano."
Chuuya non disse nulla, poi il suo corpo venne circondato da un'aura rossa, e iniziò lentamente a sollevarsi in aria, arrivando all'altezza di Dazai e afferrando il cappello rapidamente, rimettendoselo in testa: "Preso. Uno a zero per me, stronzo" disse pacatamente e si avviò verso il sacco, ma Dazai lo agguantò per il polso facendolo tornare bruscamente coi piedi per terra, poi gli bloccò le braccia dietro la schiena: "Preso."
Chuuya ringhiò in risposta iniziando a dimenarsi nel tentativo di sottrarsi alla sua stretta, il fatto che essendo a contatto con Dazai non potesse usare la sua abilità lo innervosiva e non gli veniva in mente nulla per liberarsi.
Smise, quindi, di muoversi, lasciando perplesso il suo amico, per poi tirargli un calcio sulla tibia, che fece allentare la sua presa per un momento, dandogli il tempo di ribaltare la situazione e tenerlo fermo.
"Ma complimenti, caro, una mossa molto intelligente!" 
Si voltarono entrambi di scatto e si trovarono Mori davanti, intento ad applaudire leggermente sorridendo: "La cosa migliore in un combattimento è usare l'intelligenza, io lo dico sempre."
I ragazzi si ricomposero, inchinandosi leggermente alla vista del boss e salutandolo timorosi.
"Direi che sei pronto, Chuuya" disse Mori in un tono che fece poco piacere al diretto interessato.
"Pronto per c-"
"Continuate pure ad allenarvi, ci vediamo nel mio ufficio stasera" lo interruppe l'uomo, congedandosi con un cenno della mano.
"Secondo te che vuole?" chiese Chuuya quando Mori se ne fu andato.
"Non ne ho idea. Ma, ad essere sincero, non penso prometta niente di buono" rispose Dazai, guardandolo cupamente, cosa che fece preoccupare non poco l'altro ragazzo.
"Speriamo bene..." mormorò quest'ultimo.
"Dai, non preoccuparti, piuttosto fatti sotto, signor cappello buffo!" esclamò Dazai dandogli dei piccoli colpi sul petto, provocandolo nel tentativo di fargli pensare ad altro che non fosse l'incontro col boss.
Chuuya gli lanciò uno sguardo di sfida e la lotta continuò.
Quando si fece buio i due si diressero da Mori dopo aver cenato velocemente insieme.
Chuuya bussò cautamente alla porta, e un invito dall'interno li incitò ad entrare nell'ufficio che, come si accorse presto Dazai, non era lo stesso squallido bugigattolo di qualche mese prima, ma una grande sala, la cui parete composta esclusivamente da vetri offriva un'ampia vista sulla città.
Era talmente affascinante che Dazai pensò assomigliasse più a un salone da ballo che ad un ufficio: anche da lì era evidente quanto Mori fosse diventato importante.
Chuuya si tolse il cappello in segno di rispetto: "Buonasera" salutò educatamente.
"Buonasera, cari. Venite pure qui vicino a me" fece segno Mori, facendo sporgere un braccio dalla comoda poltrona su cui si trovava, proprio davanti alla vetrata.
I ragazzi obbedirono e rimasero in attesa.
Chuuya si fece quasi sfuggire un gemito quando vide cosa c'era sul tavolino accanto alla poltrona.
Lanciò uno sguardo sconcertato a Dazai, che già lo stava fissando da alcuni secondi: da buon osservatore qual era si era accorto prima di lui dei due oggetti di metallo che giacevano sul mobile, accanto a un bicchiere di vino.
"Ecco" disse Mori prendendoli in mano: "Sono per voi" disse consegnandoglieli.
I due si ritrovarono ognuno con una pistola in mano, tenendole delicatamente, come se fossero bombe pronte ad esplodere da un momento all'altro.
"Usciti dal quartier generale vedrete un mio subordinato ad aspettarvi in macchina, vi porterà in un posto un po' isolato dalla città, dove si erge solo un edificio fatiscente, quindi non potete sbagliarvi" fece una pausa, scrutando i due che lo guardavano dubbiosi.
"Appena arrivato" iniziò Mori spostando lo sguardo su Chuuya: "Troverai un gruppo di persone a fare da guardia, non so quante esattamente, ma non più di cinque o sei. Ti intimeranno di andartene, ma tu non dargli retta. Sono gli ultimi rimasti di una banda che ultimamente ci ha dato non pochi problemi, ma ora sono allo sbando, e non contano più nulla in questa città."
Dazai iniziò a capire dove volesse arrivare e continuò a spostare lo sguardo dal suo amico a Mori, sperando di sbagliarsi sulle sue previsioni.
"Ah, Chuuya, probabilmente ci sarà anche il loro boss, di sicuro rintanato nell'edificio come uno schifoso topo di fogna" disse Mori sfoderando un'espressione sprezzante: "Uccidili tutti, dal primo all'ultimo" concluse l'uomo, abbandonandosi sulla poltrona e bevendo un sorso dal bicchiere poggiato sul tavolino.
Chuuya rimase per alcuni secondi a boccheggiare, Dazai sgranò gli occhi: "Ma..."
"Tu, Dazai" lo interruppe Mori: "Va' con lui e assicurati che compia il suo dovere alla perfezione. Potete andare."
"Non posso farlo!" esclamò Chuuya.
"Certo che puoi. Sei perfettamente in grado di adempiere ad un compito simile ora" rispose Mori con calma disarmante.
"Boss..." tentò ancora il ragazzino: "Non ho mai fatto nulla di sbagliato, non può farmi questo!" cercò di convincerlo Chuuya.
"Non dovresti considerarla una punizione, ma una chance per migliorare" disse Mori con fare annoiato: "Questa è una prova in cui mi dimostrerai le tue capacità."
"Ma io non voglio uccidere! Non voglio essere un assassino, la prego!" continuò ad implorare Chuuya, non curandosi di apparire debole davanti a qualcuno. C'era in gioco la sua dignità di essere umano e del suo orgoglio gli importava ben poco.
"Quello che vuoi a me non interessa. Io so solo che ho bisogno di nuove reclute, e tu, mio caro, sei perfetto. Dentro di te arde una scintilla bestiale, l'ho vista mentre ti allenavi con Dazai. Ho visto un grande potenziale in te, e intendo sfruttarlo al massimo, che tu lo voglia o no. E ora va' e compi il tuo dovere."
Chuuya provò di nuovo a ribattere, ma ci pensò Dazai a zittirlo e a trascinarlo fuori dalla stanza.
"Ricorda, caro" riprese Mori, quando i due furono sul ciglio della porta: "Se te ne lasci sfuggire anche solo uno lo verrò a sapere, e a quel punto saranno affari tuoi" concluse voltando la testa verso il ragazzo, un ghigno disumano in volto. 
Il ragazzo annuì risentito, poi uscì, seguito a ruota da Dazai, che chiuse la porta e gli poggiò una mano sulla spalla: "Andiamo?" chiese il più delicatamente possibile.
Chuuya sentì una rabbia incontrollata esplodergli nel petto,
(togli quella cazzo di mano, bastardo) 
ebbe voglia di urlare,
(a te non tocca rovinarti la vita)
si sentiva come un animale in trappola.
Sospirò profondamente chiudendo gli occhi: "Andiamo" disse infine.
Salirono in macchina e circa un'ora dopo si ritrovarono in un vicolo di una zona dove non erano mai stati prima. Era notte fonda e l'aria era frizzantina, loro due erano fermi nello stesso punto, con la schiena poggiata contro il muro, da parecchi minuti ormai. 
Chuuya continuava a fissare la pistola che teneva tra le mani, profondamente turbato.
"Allora, entriamo o no?" disse Dazai, stanco di stare lì fermo ad aspettare e facendo abbassare di scatto lo sguardo all'altro.
"Non posso farlo..." sussurrò ancora una volta Chuuya.
Dazai sospirò: "Quel maledetto..." inveì contro il boss: "Non credevo ti avrebbe chiesto di fare una cosa simile... credo che in parte sia colpa mia se ora ti trovi in questa situazione" disse mettendogli una mano sulla spalla per tentare di dargli un minimo di conforto.
"Non credo sia il momento più adatto per stabilire di chi sia stata la colpa" disse freddamente Chuuya, poi rimase silenzio per alcuni secondi, prese un lungo respiro e disse: "Andiamo."
Svoltarono l'angolo con le pistole puntate davanti a loro, guardinghi, le orbite di Chuuya schizzavano da un angolo all'altro del vicolo alla ricerca di una qualunque fonte di pericolo, quando si udì uno sparo, dopodiché accadde tutto velocemente: prima che potesse comprendere la situazione fu prontamente spinto a terra dall'amico, poi si udirono altri tre colpi di pistola provenienti, questa volta, dall'arma di Dazai, che aveva freddato il nemico al posto suo. 
Quest'ultimo si stupì della facilità con cui lo uccise: non aveva esitato nemmeno per un attimo a premere il grilletto e a togliergli la vita, tanto che si fece paura quando se ne rese conto.
(Che cosa sto diventando?)
Accertatosi che l'uomo fosse morto, si avvicinò all'altro prendendolo per le braccia: "Ascoltami bene, Chuuya... per questa volta ti ho coperto, ma non potrò farlo per sempre. È la tua missione e sono certo che anche Mori ci stia sorvegliando in qualche modo, quindi non posso più prendere il tuo posto!" gli disse con fermezza: "Mi dispiace essere così..." rimase per un po' a scuotere la testa, fingendo di non riuscir a trovare un aggettivo adatto: "Disumano" disse infine, arrendendosi: "Ma o loro o te. Io non voglio che Mori ti uccida, amico mio" concluse.
Si guardarono dritti negli occhi a lungo, finché lo scatto di alcune pistole che venivano caricate fece voltare entrambi verso il fondo del vicolo: alcuni uomini, in fila uno affianco all'altro, stavano puntando le armi contro i due giovani, chiedendogli cosa fossero venuti a fare lì e intimandogli, poi, di andarsene. 
Tutto secondo le previsioni di Mori.
Ovviamente non vennero ascoltati e Chuuya, ancora restio ad usare la pistola, si lanciò contro di loro. Non dovevano essere stati assoldati con molta cura, viste le loro capacità parecchio scarse, tanto che Chuuya riuscì a metterli al tappeto con qualche pugno e qualche calcio, senza nemmeno il bisogno di utilizzare l'arma che gli era stata conferita. Ci pensò Dazai a finirli, per evitare che si rialzassero dando loro altre grane mentre sarebbero stati impegnati ad occuparsi del leader. 
Rimasero solo loro due, in piedi, davanti ai cadaveri di cinque persone, il cui sangue si mescolava l'uno con quello dell'altro.
Dazai sgranò gli occhi improvvisamente: era stato lui. Aveva ucciso cinque persone nel giro di alcuni secondi, impassibile, come un animale.
Gettò la pistola in mezzo ai cespugli, tremante, si portò le mani alla testa e affondò le dita nei capelli, stringendoli con tutta la sua forza.
"Dazai..." lo chiamò l'altro flebilmente, tendendo una mano verso di lui.
Aveva fatto tutto quello per lui e preservato la sua umanità sacrificando la propria. Lo aveva protetto dalla peggiore delle colpe.
Chuuya fece per avvicinarglisi, quando Dazai gridò facendolo sussultare: "Chuuya! Dietro di te!" 
Il leader di cui gli aveva parlato Mori, attratto dagli spari e dalla confusione che si era creata fuori dal suo covo, si stava avvicinando silenziosamente alle spalle del giovane, il quale ebbe appena il tempo di voltarsi che se lo ritrovò a pochi metri di distanza, un coltello in mano; allora puntò la pistola contro di lui e caricò il colpo, ma rimase lì tremante a guardare il nemico con gli occhi sgranati senza trovare il coraggio di sparargli, quando improvvisamente questi si scagliò verso di lui.
"Spara!" gli gridò Dazai con tutto il fiato che aveva in corpo quando vide che l'amico si ostinava a non reagire nonostante il nemico gli fosse ormai addosso.
Qualche istante di esitazione in più, probabilmente, gli sarebbe stato fatale; Chuuya chiuse gli occhi, strizzandoli più che poteva in preda al terrore, e premette il grilletto. Udì il forte rumore dello sparo, violento come un tuono, poi il silenzio più totale.
Riaprì lentamente gli occhi e vide il corpo ormai senza vita dell'uomo stramazzare a terra.
Il respiro si fece sempre più corto, lasciò andare la pistola che cadde ai suoi piedi con un tonfo sordo e si accasciò in ginocchio sulla fredda e umida strada del vicolo. Ansimante, il cuore sembrava volergli uscire dal petto e la testa iniziò a girargli.
Dazai si accovacciò vicino a lui e tentò di supportarlo accarezzandogli la schiena e sussurrandogli parole di conforto, cercando di dimenticare momentaneamente il senso di colpa e dedicandosi esclusivamente all'amico, come a volersi redimere per quello che aveva fatto.
Ma a Chuuya le orecchie pulsavano così tanto da ovattare tutti i suoni circostanti non permettendogli di sentire nulla, nemmeno i suoi stessi pensieri. La mente gli si stava annebbiando, una violenta stretta allo stomaco lo costrinse a vomitare tutto quello che aveva in corpo e Dazai gli tenne prontamente la fronte con una mano, mentre con l'altra gli scostava alcuni ciuffi che gli ricadevano davanti al viso. Tirò fuori un fazzoletto dalla tasca e glielo porse, ma Chuuya scansò la mano dell'amico con veemenza, si rialzò da terra e corse via. 
Corse a perdifiato per le strade di Yokohama, non conosceva la zona ma aveva un buon senso dell'orientamento e alla fine riuscì a trovare la via di casa. Suonò insistentemente alla porta, non curandosi del fatto che fossero le due e mezza di notte, e che probabilmente Kouyou e gli inquilini degli appartamenti limitrofi stavano dormendo. La donna impiegò un po' ad andargli ad aprire e non fu affatto stupita dall'aria sconvolta che aveva Chuuya: sapeva che prima o poi Mori gli avrebbe fatto uccidere qualcuno.
Tentò di accoglierlo tra le sue braccia per tranquillizzarlo, ricordava bene quanto fosse stata male lei la prima volta che uccise qualcuno, ma venne allontanata prepotentemente dal ragazzino che corse verso il bagno, chiudendosi lì e rimanendoci per tutta la notte.
Non aprì la porta nemmeno la mattina dopo, quando Kouyou bussò nel tentativo di parlargli e di dargli sostegno morale, siccome lo aveva sentito piangere sommessamente tutto il tempo nonostante avesse cercato di camuffare i singhiozzi con il rumore dell'acqua corrente, e si preoccupò quando vide che il ragazzo si ostinava a non aprirle. 
Dazai, nel pomeriggio, bussò alla sua porta per vedere come stesse Chuuya, e la donna chiese aiuto a lui per farlo uscire da lì.
Il ragazzo rimase con l'orecchio poggiato alla porta in ascolto, bussando solo dopo alcuni secondi.
"Chuuya" lo chiamò: "Sono io. Volevo solo vedere se stavi bene" tentò, ma non ottenne risposta. Tirò fuori dalla tasca una forcina, pronto a scassinare la serratura ma si bloccò; pensò che non fosse propriamente corretto fare irruzione in quel modo violando la sua privacy, oltre alla sua dignità: se l'amico ne avesse avuto bisogno sarebbe stato lui ad aprirgli. Il filo dei suoi pensieri si interruppe quando sentì la chiave venire girata nella toppa e poi lo scatto, segno che la porta era stata aperta. Si scambiò una rapida occhiata con Kouyou, la quale gli parve leggermente delusa, forse perché lei era stata rifiutata più volte, mentre a lui aveva aperto quasi subito, poi abbassò la maniglia ed entrò richiudendosi la porta alle spalle. 
Lo trovò seduto a terra su un fianco, con la testa poggiata al muro, gli dava le spalle e non si voltò a guardarlo nemmeno quando lo sentì entrare. Gli si avvicinò lentamente e si inginocchiò davanti a lui, così da poterlo guardare in faccia: solo allora notò quanto fosse divenuto pallido, aveva gli occhi rossi per il pianto e solcati da profonde occhiaie a causa della mancanza di sonno. Gli poggiò una mano sulla spalla scuotendolo lievemente, come per verificare che fosse ancora in grado di reagire. Chuuya sussultò al contatto improvviso e dopo alcuni lunghi istanti di silenzio le lacrime presero a sgorgare nuovamente, e mettendo da parte orgoglio e dignità, si gettò tra le braccia dell'amico che lo strinse in un piacevole e tranquillizzante abbraccio, mentre lui continuava a piangere come mai ricordava di aver fatto. 
A Dazai si strinse il cuore quando sentì il viso caldo dell'amico premuto contro il suo petto, che riversava tutta la disperazione di una vita spezzata per sempre. 
   
 
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