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Autore: TheREVolutionary    12/01/2017    0 recensioni
Il sole si è spento. Comodamente seduti in un jazz bar, due amici affrontano la questione sorseggiando cocktail particolari e sgranocchiando patatine.
Genere: Introspettivo, Mistero, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Vorresti farmi credere che quel giorno il sole si è spento sul serio? - chiesi per essere sicuro di ciò che il mio amico aveva appena affermato.

Quel giorno, quando lui mi chiamò, era perché sulla sua strada si era imbattuto in un fatto molto particolare, direi unico nel suo genere. Devo ammettere che io stesso, abituato ad ogni genere di notizia, mi mostrai abbastanza scettico riguardo la veridicità del suo racconto, visto che affermò di aver visto il sole spegnersi.

Non si tratta di una metafora, ma della pura e semplice realtà dei fatti, di ciò che un ragazzo di poco più di vent'anni giura di aver vissuto in prima persona. Vista la mia posizione, lo ascoltai volentieri; una mattina mi telefonò dicendomi di dover trattare una cosa importante, così gli diedi appuntamento nel jazz bar della nostra città per la sera stessa. Non ero un grande apprezzatore di quel genere musicale (prediligevo di più toni cupi e duri, o, all'esatto opposto, quelli dolci, melodici, strappalacrime), ma dovendo pensare in fretta ad un luogo dove poter intrattenere un dialogo serenamente pensai per riflesso a quel locale nel quale ero stato al massimo un paio di volte. L'atmosfera tranquilla, il brusio contenuto e la musica da ambiente sarebbero stati il contorno ideale per quel genere di serata, per poter far fluire le parole fuori dalle nostre bocche nel migliore dei modi possibili. Purtroppo, ogni tanto ho bisogno di espedienti di questo tipo per poter intrattenere una conversazione con qualcuno.

Ad ogni modo, la sera arrivò in fretta, ed insieme ad essa anche la tipica luce rossastra dei tramonti estivi. Mentre camminavo verso il bar provavo ad ipotizzare quale sarebbe stato il campo di analisi di quella serata: i pensieri del gatto di Schrödinger all'interno della famosa scatola? In che modo i canti dell'Inferno della Commedia del sommo poeta potessero essere reinterpretati sulla base della società contemporanea? Il concetto di “tempo” che dopo la morte viene ridotto al silenzio in quanto, non essendoci un qualcosa a scandirne la fine, verrebbe a mancare completamente di significato? In effetti sarebbe come avere un righello in un mondo totalmente piatto, nel quale non esistono figure da misurare.

Eccoci, mi stavo perdendo mentalmente. Fare ipotesi inutili sul futuro prossimo a realizzarsi è un pessimo vizio che avrei fatto meglio a perdere molto tempo fa.

Una volta arrivato entrai ed andai a sedermi al tavolo che avevo prenotato qualche ora prima. Davide (lo chiamerò così per una questione di comodità) non era ancora arrivato, ed essendo io quello in anticipo mi misi l'anima rimanendo ad osservare il locale. Era proprio come lo ricordavo: il piccolo tavolo davanti a me pronto ad accogliere due persone, le sedie di ottima fattura, il pavimento ambrato, la musica da ambiente, la luce soffusa al punto giusto, il grande balcone sul quale erano riposti alcolici e snack, la sala confortante ed intima senza risultare oppressiva. Avevo l'impressione che si stesse piano piano diffondendo un odore di pino nell'aria, ma poteva trattarsi di uno scherzo dei miei sensi.

Tutto era molto tranquillo, e a popolare la sala, oltre che a me, vi erano solo due camerieri pigramente indaffarati ed una giovane coppia a qualche tavolo di distanza dal mio. Il ragazzo stava bevendo una birra, mentre la ragazza qualcosa che associai al coca e malibù.

Non potevi osservare il drink di lei a lungo e capire cosa stesse effettivamente bevendo perché qualche istante dopo arrivò una persona che si sedette nella sedia davanti alla mia. Era lui, in perfetto orario come al solito, impeccabile nell'aspetto e nel modo di vestire. Portava una leggera camicia bianca con le maniche arrotolate fino ai gomiti ornata da bottoni scurissimi ed un paio di jeans corti, mentre io indossavo una semplice maglietta verde con un paio di pantaloncini di tessuto neri. Capitava che a volte la sua cura di sé mi mettesse a disagio, prendeva l'apparire ed il dare una buona impressione anche alla prima occhiata molto seriamente senza essere però superficiale: era la sola persona con la quale poter parlare concretamente di problemi singolari senza essere giudicati pazzi.

Senza aver ancora aperto bocca, iniziò a giocherellare con un piccolo cucchiaio di legno incartato in una plastica trasparente uscito da chissà dove. Sicuramente si doveva già trovare sul tavolino al momento del mio arrivo, ma non notare la realtà evidente davanti ai miei occhi è un'altra nota dolente di questa persona intenta ad osservare l'amico utilizzare un cucchiaio come un babbuino utilizza un randello per far cadere delle banane dalla loro pianta.

Ad un certo punto, ancora senza esserci salutati, Davide interruppe i giocosi movimenti con la posata che tanto sembrava piacergli e mi esortò ad ordinare da bere.

- Tu che prendi? - mi chiese.

- Qui fanno un cocktail con rum, caffè, panna e pezzi di bacon. Lo vidi preparare ad un uomo di mezza età la prima volta che venni qui e mi ispirò tantissimo. Credo che lo proverò.

- Caffè, rum e bacon? - chiese con faccia al limite del disgusto.

- E panna – precisai.

- Oh, avanti, è rivoltante! - disse mantenendo coerenza tra parole ed espressione. Sembrò seriamente turbato dalla mia scelta, ma dopo essersi rassegnato di fronte alla mia convinzione fermò uno dei due camerieri ed ordinò un After Eigh (qualcosa a base di liquore alla liquirizia) per lui ed un Ellis Island (l'abominio con caffè e bacon) per me.

- Allora, dimmi – esordii dopo essere rimasti nuovamente soli, - che cosa ti è capitato di insolito questa volta?

- Non essere precipitoso, non avere fretta. Sai che forzando le cose queste vengono modificate in peggio, e non posso permettermi che la mia posizione venga scossa già a priori. – tagliò corto – Piuttosto, dimmi un po', alla fine hai risolto la faccenda con quel gatto?

Dovetti scavare un po' nella memoria per ricordare quale problema avessi avuto, di quale problema gli avessi parlato e soprattutto con quale gatto. Nel tempo libero (perché chiamarlo “tempo che dovrei utilizzare in modo costruttivo ma che, non facendolo, spendo per prendermi cura di animali o persone al fine di cercare di alleviare i miei sensi di colpa relativi al non realizzare nulla di concreto” mi faceva rabbrividire) collaboravo con una associazione di volontari che si occupa di fare da balia e fornire soccorso con cibo e protezione ai gatti randagi della zona. Di conseguenza le mie occasioni di contatto con quegli adorabili felini erano moltissime, e ricordare precisamente di cosa gli avessi parlato non era semplice. Lui, però, ne sarebbe stato in grado, quindi dovevo sforzarmi e pensare.

Scavai nella memoria, e ricordai. Come avevo fatto a non pensarci subito?

Un'anziana signora aveva un gatto, tigrato grigio, enorme, bellissimo, vecchio non più di cinque anni. Un giorno, però accadde una disgrazia: questo animale rimase coinvolto in un incidente stradale abbastanza serio e, dopo un intervento da manuale da parte del veterinario, perse la zampa posteriore sinistra. Un handicap non da poco al quale parve però abituarsi in fretta; cosa che invece la padrona non volle fare: vedendolo in quelle condizioni non ne volle più sapere nulla di riprendere con sé quel gatto, e così lo abbandonò nello studio. Dopo un giorno, non riuscendo in nessun modo a rintracciare la padrona, il veterinario ha telefonato alla nostra organizzazione, ed essendomi offerto di sistemare la faccenda ho conosciuto questo animale magnifico.

- Sì, l'ho risolta. All'inizio gli altri inquilini non erano molto entusiasti, ma ora che si sono conosciuti si piacciono a vicenda. - dissi lasciandogli intendere la mia decisione di tenere per me l'animale. Subito sul suo viso si disegnò un sorriso di ammirazione velato dall'orgoglio.

- Hai proprio un debole per le cose inusuali, tu – ribadì.

- Sentivo che quell'animale aveva bisogno di aiuto, che aveva bisogno di me. Gradualmente ho iniziato a guardare dentro di lui ed ogni volta notavo un qualcosa di nuovo ed affascinante. Occupandomene mentre gli cercavo una sistemazione cominciò a farsi largo un sentimento che mai prima d'ora avevo sperimentato, e col senno di poi sono giunto alla conclusione che forse ero io ad aver bisogno di lui e non il contrario.

- Già, amare gli animali è una cosa molto bella. O almeno, così dicono. Purtroppo non ho mai provato il desiderio di possedere un animale domestico, neppure da bambino quando tra amichetti si parlava di cani, gatti, coniglietti, pappagalli e tartarughe. Apprezzavo quelli altrui, molti mi affascinavano ed altri mi spaventavano, ma non ho mai provato dei sentimenti simili per un animale.

Il cameriere che aveva preso l'ordine tornò, appoggiò davanti a noi i rispettivi bicchieri assieme ad una coppetta con patatine e mais tostato offerti dal locale, e si allontanò con una professionalità quasi eccessiva per due tipi come noi. Adesso il tavolo aveva acquisito un po' di colore, passando da tonalità marroni e rosee dalla mia parte per arrivare al nero pece del drink di Davide. Il mio Ellis aveva davvero un aspetto magnifico.

- Parlando di quel gatto ti sei illuminato, sono davvero felice di avertelo chiesto – disse, legando l'ultima parola della frase col primo sorso. A giudicare dall'espressione che fece, le sue papille gustative apprezzarono ciò che le raggiunse.

- I miei occhi hanno cambiato espressione, immagino, – risposi lasciandomi sfuggire una risatina – Io ho avuto il mio da fare con quello che cattura i miei sentimenti. Che mi dici, invece, di quello che cattura i tuoi? - conclusi, assaggiando per la prima volta quel liquido davanti a me dal colore così rassicurante e dalla consistenza viscosa. Era buono come sembrava, il caffè si legava divinamente col bacon, ed il tutto veniva ammorbidito dalla tenacia del rum. A quanto pare non sempre le apparenze ingannano.

- Non mi piace evitare i discorsi, ma questa volta devo proprio farlo. Se ti ho chiamato per incontrarti stasera non è certo per parlare del mio sesso occasionale. Quello è sempre la stessa cosa, cambiando le persone, le circostanze, gli ambienti, ma tutto si riproduce seguendo sempre il medesimo andamento. La natura funziona così, è una banalità ed un cliché, ma noi non siamo altro che piccoli uomini inermi di fronte al suo ciclo, – dette queste frasi, fece una breve pausa – e questo mi è stato ricordato da poco, con l'avvenimento che sto per raccontarti.

Infine eravamo arrivati. Stavamo per affrontare il motivo del nostro incontro in quella tiepida serata estiva, comodamente seduti in un jazz bar sorseggiando cocktail particolari e buttando giù, di tanto in tanto, qualche patatina.

- Ti ascolto – dissi come per spronarlo, visto che dopo un incipit così fiero si era arrestato ed era rimasto in silenzio, lasciando nell'aria un senso di vuoto. Quello spazio bianco fluttuante fu presto colmato nuovamente dalla sua voce, la quale mi presentò la frase probabilmente più assurda che io avessi mai sentito.

- Il sole si è spento, – disse. Notando la mia perplessità, aggiunse – sono serio, non è uno scherzo.

- Non ti seguo – risposi. Mi ero preparato ad ogni genere di evento e novità, ma una cosa del genere era troppo. O forse no, forse ero io ad avere un problema, ma in questo caso accantonai la possibilità.

- Che cosa può esserci mai da capire? Ti concedo di non credermi, ma non di non aver capito. Una persona come te poi, figuriamoci. Non ci sono possibilità d'errore, so esattamente che cosa ho visto. So cosa ho visto, sentito, pensato ed anche ipotizzato.

- Vorresti farmi credere che quel giorno il sole si è spento sul serio? - chiesi per essere sicuro di aver capito ciò che il mio amico aveva appena affermato.

- Non “fartelo credere”, ma che “tu ci creda”. Ti racconto come sono andate le cose. - e bevve un abbondante sorso dal suo bicchiere, siccome si stava preparando a parlare per un po'. Deglutì con gusto, ed iniziò a raccontare.

- Da quel che ricordo è accaduto esattamente una settimana fa, dunque era lo scorso giovedì, una giornata come tante altre, con il cielo azzurro, l'aria limpida ed il vento che scompigliava le foglie degli alberi. Tutti erano presenti all'appello del mattino: esseri umani, animali, oggetti, il pianeta, l'atmosfera, sicuramente anche qualche supernova lontana chissà quanti anni luce dalla nostra galassia. Tutti, tranne il sole. Lui mancava, non era presente, e questo era un dato di fatto, perché quando ho alzato gli occhi al cielo semplicemente non era al suo posto. Non aveva lasciato nessuna scritta, nessun sostituto, si era alzato e se n'era andato. Ma ti rendi conto? - era una domanda retorica, naturalmente, - la stella più importante del nostro sistema, dalla quale prende perfino il nome, dalla quale dipende la nostra vita e quella di tutti gli esseri viventi della terra, un bel giorno ha deciso di sparire. È disastroso, non trovi? - questa volta si aspettava da me una risposta, invece.

- Disastroso è dir poco. Proprio come hai detto tu, dal sole dipende la vita, e senza di lui il delicato equilibrio che si è creato tra tutti i viventi sarebbe distrutto. Senza pensare alle conseguenze sull'immaginario collettivo. Infatti non capisco in che modo nessuno si sia accorto di un evento tanto apocalittico quanto evidente.

- Direi che i motivi sono principalmente due. Il primo, che è forse quello più importante, è il fatto che l'assenza del sole è stata relativamente breve. Non saprei quantificarla in secondi o minuti perché non avevo con me l'orologio, però, proprio perché nessuno se ne è accorto e perché non ha avuto ripercussioni sull'ecosistema terrestre, ho motivo di pensare che la sua fuga sia durata poco. Il secondo motivo, invece, si trova nelle persone.

Questa frase mi disorientò, e notando la mia espressione Davide si affrettò a continuare il racconto.

- Non so il motivo, ovviamente, ma nel frangente nel quale il sole è mancato la sua luce ha continuato ad esistere. Lui non c'era più, ma lei era sempre presente ed irradiava di vita qualsiasi cosa ricadesse sotto il suo sguardo, proprio come ha sempre fatto. E per questo le persone non si sono preoccupate di nulla e non ci hanno fatto caso: vedevano la sua luce e quindi davano per scontata la sua presenza.

- Tu però te ne sei accorto, - dissi - che cosa ti ha portato a cercare il sole?

- Ma è ovvio, - rispose - il caso. Ho alzato casualmente gli occhi ed ho notato che mancava. Tutto qui. Spesso le cose non accadono per un motivo, ed ancora più spesso mancano di una spiegazione. Ma che posso dirti di più? Questo black out è stato davvero minimo, non ha fatto danni di alcun tipo e nessuno oltre a me sembra essersene accorto, per quanto ne so, - fece una breve pausa per poi riprendere – sono contento di avertene parlato, però. La mia paura è che questo evento così unico nel suo genere un giorno possa andare dimenticato, perso tra le intricate erbe infestanti dell'oblio. Ma grazie a te, forse questo non accadrà.

Feci una piccola risata guardandolo dritto negli occhi.

- E se anche lo raccontassi ad altre persone non pensi ti crederebbero, giusto? - chiesi.

- Già. Ed una storia alla quale non credi è come una fiaba breve e poco interessante: ti annoia e viene subito dimenticata.

- Chissà, però. Magari qualcuno ci avrebbe fatto un saggio a riguardo, oppure avresti ispirato qualche grande regista per realizzare il film del secolo. Ma non lo sapremo mai. - dissi con un tono di triste ironia riprendendo il bicchiere tra le mie dita.

Presi dal raccontare e dall'ascoltare quell'interruzione del sole dal suo ruolo di supervisore del sistema ci eravamo un attimo discostati dai nostri cocktail, così, in silenzio, ognuno riprese a mandar giù lentamente ciò che aveva davanti. Si trattasse di alcol o verità incredibili. 

  
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