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Autore: Chemical Lady    13/01/2017    4 recensioni
[[ Spoiler su tutto Tokyo Ghoul :re - Presenza di personaggi OC nella storia ]]
La figura che troneggiava su di lei sembrava un angelo.
Distinta, si stagliava verso il cielo possente, spezzando il buio notturno con la sua bianca presenza. Il cappotto candido cadeva fino al terreno, immacolato ad eccezione di qualche piccola ma visibile goccia di sangue. Una costellazione vermiglia, spaventosa, che impregnava il tessuto sovrapponendosi ad altre più vecchie, marroni e rapprese, ad alta velocità.
Il volto, invece, pareva quello di un demone. Gli occhi dall'innaturale sclera nera spiavano impassibili e annoiati il solo superstite della squadra Hidaishi.
Riversa sul marciapiede, in una pozza della sua stessa urina, c'era una ragazza dai capelli neri, che spuntavano arruffati da sotto il casco della divisa antisommossa del CCG. Teneva gli occhi ambrati fissi su quelli del ghoul dalla maschera rossa, incapace di distoglierli.
Sto morendo , si diceva in una lenta litania. Sto morendo.
Aiko Masa, vent'anni sprecati a compiere scelte inutili, stava morendo.
[[ Quinx Squad center ]]
Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Nuovo personaggio, Sasaki Haise, Sorpresa, Un po' tutti, Urie Kuki
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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saboteur

僕は孤独さNo Signal

Parte prima: il caso Embalmer

 

 

 

Capitolo uno.

 

Il corridoio nel quale stava aspettando non aveva niente a che spartire con quelli della sede centrale a cui era abituato. Era corto e ben arredato, con pareti di un cupo rosso scuro come il sangue rappreso  e delicati tendaggi blu notte bordati di oro e argento. Un vaso di vetro italiano lavorato a mano era appoggiato su un tavolino di ferro battuto e pieno di gigli bianchi e lilium profumati. Quell’odore delicato lo stava stomacando.

Era arrivato in anticipo di più di mezz’ora, ma né lui né Higemaru avevano chiuso occhio quella notte, quindi si erano avviati presto. Lo chateau era immerso in un silenzio tombale quando era sceso al piano di sotto, dopo essere tornato a casa da nemmeno venti minuti per vestirsi di tutto punto in vista di quella riunione straordinaria. Non aveva trovato Saiko ad attenderlo, ma Touma, con i capelli pervinca spettinati e il completo gessato nuovo e ancora mai messo. Faceva effetto in quella camicia inamidata, comunque meno pallida delle sue gote.

L’aveva portato con sé per non andare da solo, perché ci fosse qualcuno con cui scambiare uno sguardo di sostegno o un cenno appena visibile. L’aveva portato perché era consapevole che quella riunione non sarebbe potuta finire bene in nessun caso e, se qualcuno avesse tirato fuori un qualche asso nella manica, sarebbe potuto anche finire a marcire in una prigione.

Me lo meriterei. Urie ne era conscio. Me lo meriterei.

I primi ad aggregarsi alla loro attesa furono i classe speciale Ui e Aura, entrambi dal volto stanco di chi ha passato la notte a farsi interrogare esattamente come era successo al capo dei Quinx, avviliti per i fatti avvenuti nei sotterranei del quartier generale della prima circoscrizione e ancora un po’ increduli per aver permesso al loro zelo di offuscare il  loro sguardo e distoglierlo da Aogiri.

Poi arrivò Akira.

Anche lei aveva il volto segnato dall’assenza di sonno. Gli si era accostata, appoggiando una mano sulla spalla di Kuki in quel modo materno eppure distaccato che riusciva a trasmettere dalle iridi celesti e sottili. Lui non la ringraziò, né la salutò.

Rimase appoggiato coi fianchi a un termosifone, chiedendosi come fosse possibile che tutto il calore gli fosse stato portato via. Quando arrivò Hirako Take, per qualche secondo, Urie non riuscì a non guardarlo con disprezzo, che venne ricambiato con un’espressione ferma, anche se gli occhi del prima classe tradivano una certa tristezza. Insieme a lui, seppur non fosse richiesto, c’era anche Kuramato.

Lui rimaneva in disparte, alle spalle del suo ex patner e mentore, con il capo chino nascosto dalle scomposte ciocche bionde. Era presente, ma solo fisicamente.

Al gruppetto si aggiunsero solo secondariamente anche Hachikawa e Hogi e, solo dopo diversi minuti, anche Juzou fece il suo ingresso uscendo dall’ascensore senza il solito entusiasmo, seguito da Abara, che reggeva fra le mani una tazza di the e latte che ogni tanto passava a Suzuya, unita a qualche biscotto. Questi accettava di buon grado la colazione imposta dall’angolino nel quale si era seduto a terra, poco distante dal tavolino di ferro battuto, silenzioso e chiuso in un mutismo che lo rispecchiava poco.

Per ultimi, quando ormai il corridoio iniziava farsi claustrofobico, avvolti da un’atmosfera sospesa di tensione, arrivarono gli shinigami del ccg.

Il bianco e il nero, fianco a fianco come ogni volta, con negli occhi lo stesso sguardo e sulle labbra le stesse domande.

Gli occhi di Urie si scontrarono con quelli di Sasaki e ciò che vi lesse fu solo una grande, profonda delusione che gli seccò le labbra e gli chiuse lo stomaco.

Non aveva idea di come fosse successo, ma dall’istante in cui lui e Haise si erano incontrati la notte precedente, dopo aver visto la tragedia consumarsi davanti ai loro occhi, aveva percepito che l’altro aveva capito tutto.

Tutto.

Non si scambiarono nemmeno una parola, però. Non era quello il momento giusto. Arima aprì la porta dell’ufficio, scostandosi dall’uscio per lanciare un’occhiata impenetrabile a Hirako e per permettere a Sasaki di entrare per primo, poi lo seguì, chiudendo delicato la porta e lasciandoli sprofondare tutti in un silenzio carico di tensione.  

Aspettarono poco, però.

Il direttore Washuu riaprì la porta dopo qualche minuto, guardandoli attentamente uno ad uno «Coloro che sono stati convocati, entrino ora.»  disse con tono piatto, ordinando a Hachikawa di chiudere una volta entrato per ultimo.

Urie fu  il primo a varcare la soglia non appena il direttore si fu fatto da parte. Sotto lo sguardo di tutti sfilò fra le persone con risoluzione, come un condannato a morte verso la sedia elettrica, con le spalle basse e gli occhi stanchi volti all’interno della stanza.

Camminò per tutto lo stanzone, arrivando di fronte alla scrivania dove il presidente li stava aspettando tutti. Si mese proprio di fronte a lui, subito circondato da Akira e Ui, sapendo di non poter contare su Higemaru che avrebbe dovuto attenderlo fuori insieme a Ito, Hogi e Abara.

Nella stanza, col presidente, c’erano Arima, Sasaki e Marude, che doveva essere arrivato insieme al direttore molto prima di loro. «Qualsiasi cosa sia successa» disse proprio quest’ultimo, facendo gli onori di casa «Le circostanze legate alla morte del prima classe Aiko Masa sono poco chiare anche dopo aver interrogato ogni singola persona presente sul posto. Oggi siamo qui per parlare proprio di questo.»

«Il caso è di Haise» lo ribeccò subito Arima, con la solita calma nella voce, ma un tono che non ammetteva repliche «Sarà lui a condurre questa riunione. Noi che eravamo presenti verremo interrogati nuovamente e il direttore, insieme al presidente, decideranno se chiudere il caso, chiedere accertamenti o condannare qualcuno. Tu, Marude, sei solo un uditore, oggi.»

«Vorrei iniziare sentendo cosa ha da dire il prima classe Hirako» Haise, che aveva in mano un piccolo registratore grigio, lo accese, appoggiandolo al centro della scrivania. Guardò quindi la persona chiamata in causa, che fece un passo avanti «Non tralasci nulla di quello che è successo, per cortesia.»

Take annuì, portando le mani dietro alla schiena. Urie avrebbe tanto voluto usare Gishi per straccargli a morsi quell’espressione di penosa non curanza dal volto una volta per tutte.

«Erano circa le ventitré e trenta, quando ricevetti la chiamata...»

 

 

 

Dieci mesi prima.

 

L’odore del disinfettante ospedaliero era insopportabile.

Per quanto cercasse di non prestarvi attenzione, non ci riusciva. Aveva sempre avuto un problema con gli odori troppo forti, ma dopo l’intervento la situazione era peggiorata. Dato ancor peggiore, sembrava diventata incapace di abituarsi ad essi, come se costantemente una ventata intensa e acre le colpisse il naso.

Alzò gli occhi dallo schermo del cellulare, puntandoli sulla finestra e chiedendosi se da quella distanza sarebbe mai riuscita ad aprirla senza alzarsi, quando adocchiò un ospite inatteso a spiarla attraverso il doppio vetro.

Lo guardò, sentendosi a sua volta osservata.

L’obbiettivo mutò e, a quel punto, si domandò se sarebbe stata capace di afferrarlo senza stritolarlo. Come si poteva gestire una cosa del genere? Grande e mostruosa.

Le prime prove non erano andate poi così male, ma ancora non aveva idea di come potersi giostrare con quelle nuove abilità. Avrebbe dato tempo al tempo, non avrebbe aggiunto altre preoccupazioni alla sua mente.

Lasciò scivolare di nuovo le dita sul telefono, aprendo le chat. Più di una recava qualche messaggio non letto. La prima in cima all’elenco era quella di Ito. Sapeva benissimo che le augurava un buon ritorno a casa dall’ospedale e un buon ingresso nella nuova squadra.

Quando aveva chiesto il trasferimento, la scena era stata un po’ patetica. Si era sentita messa in discussione per due anni dal suo precedente caposquadra, non potevano biasimarla se aveva pensato di cambiare aria. Senza contare che non aveva di che giustificarsi. Lo faceva per più motivi, quasi tutti totalmente estranei al rapporto che aveva avuto con Take.

Poi c’era sua madre, che si lamentava come sempre perché non tornava mai a casa. Qualche altro collega della sua vecchia squadra e poi quel tipo strano. Il nuovo capo, che aveva visto tre volte e non era ancora riuscita ad inquadrare.

La sola persona da cui aspettava un segno di vita, però, non si era ancora fatta sentire. Si chiese se avesse  dovuto scrivere per prima, ma poi qualcosa la fece desistere. Una sorta di scarica elettrica lungo tutta la colonna vertebrale, che la portò a voltarsi.

Sull’uscio lasciato aperto c’era il dottore, con la cartella medica sotto al braccio e un sorriso serafico sulle labbra. «Vedo che ti sei già vestita, secondo livello Masa» le disse con tono pacato, andando verso di lei e porgendole la documentazione per le dimissioni, che lei prese nel mentre si alzava «Ogni settimana devi venire qui a fare gli esami. Ti prego di ricordarlo anche ai tuoi compagni di squadra, appena li conoscerai. La maggior parte di loro sembra dimenticarlo con facilità.»

«Sarà fatto, dottor Shiba

La giovane donna si inchinò leggermente all’uomo, sentendo la pelle della schiena tendersi in modo anormale poco più in alto delle reni, come se quel preciso punto si fosse fatto improvvisamente molto sensibile. Si chiese se fosse un effetto placebo, oppure se effettivamente la pelle laddove erano stati applicati i punti di sutura, ormai guariti alla perfezione, fosse più sottile.

Sentiva il suo corpo in modo nuovo, diverso. Si sentiva un fascio di nervi scoperti e la prospettiva di uscire dalla clinica per non tornarvi se non per le analisi era a dir poco meravigliosa.

«La ringrazio per tutto quello che ha fatto per me, dottore.»

«Sono io a ringraziare te. Allora, a buon rendere.»

Aiko si irrigidì, tenendo sempre il capo chino e non riuscendo a non sbarrare gli occhi. Fortunatamente, il dottore aveva lasciato la stanza.

Per puro istinto, andò a chiudere la porta, addossandosi poi ad essa mentre una leggerissima patina di sudore andava a inumidirle la fronte. Dalla tasca anteriore dei pantaloni neri prese una capsula piena di pastiglie. Ne ingoiò due senza nemmeno afferrare un bicchiere d’acqua, strisciando poi lentamente lungo la porta.

Lì, si afferrò il capo fra le mani.

Era libera, poteva uscire.

Poteva andare dove voleva dopo due mesi e mezzo di ricovero.

Come se qualcuno sospettasse già delle sue intenzioni, il telefono prese a trillare insistentemente. Aiko gattonò sul pavimento, arrivando ad appoggiarsi al materasso con i gomiti per afferrarlo.

A mala pena lesse il nome del mittente. Uzume.

«P-pronto

-Quando mi vieni a trovare, Aiko-chan?-

 

 

 

 

«Buongiorno, Midori

Haise Sasaki pareva di buon umore, nonostante fosse mattina. Non era famoso per essere una persona puntuale, quando aveva degli appuntamenti in ufficio centrale, ma il motivo per cui quel giorno era riuscito a non fare tardi era palese: non aveva portato con sé i Quinx.

La riunione era a porte chiuse, solo per agenti superiori alla prima classe.

«Buongiorno, Haise» rispose con tono civettuolo la ragazza alla reception, appoggiandosi con i gomiti al ripiano per poterlo squadrare come si deve «Cosa posso fare per te?»

«Mi chiedevo se il prima classe Hirako è già arrivato.»

Midori lo guardò stupida. Non dovevano essere in molti quelli che chiedevano di Take, sopratutto a quell'orario. Sopratutto perché se poteva, l'uomo sfuggiva ad ogni conversazione superflua. Haise però aveva bisogno di parlargli. Non con urgenza, ma aveva una questione da chiarire con lui che gli stava a cuore.

«Credo sia arrivato, sì.» rispose cauta la giovane «Solo che è molto... Silenzioso.»

Anonimo sarebbe stato il termine adatto, ma non sarebbe stato educato mancare di rispetto a un veterano di quel calibro. Take Hirako era diventato una macchina da guerra perfetta, sotto le direttive di Kishou Arima, del quale era stato il secondo per molti anni prima della promozione.

«Allora penso che salirò a parlare con lui subito, buona giornata!» con un sorriso serafico, Sasaki si avviò agli ascensori. Quarto piano, stanza A4. L'ufficio di Take era uno dei primi sul corridoio. Non era spazioso come quelli delle classi speciali, adiacenti al suo, ma era molto caratteristico.

Non per merito suo.

Ito aveva attaccato alla parete dietro alla sua scrivania qualsiasi cosa gli fosse capitata per le mani. Ricevute di pagamenti, biglietti del cinema, fotografie vecchie o recenti e bigliettini con su segnati numeri di telefono e nomi utili. In un certo senso, spezzava un po' la monotonia delle pareti bianche attorno ai cubicoli degli agenti.

«Haise!» fu proprio il braccio destro del capo squadra a notarlo dalla porta lasciata aperta.

«Ciao, Kuramoto

Il caposquadra alzò gli occhi dal giornale che aveva aperto sulla scrivania e dopo aver appoggiato la tazza piena di caffè al ginseng nel solo spazio vuoto che trovò sulla superficie di legno, fece cenno al capo dei Quinx di entrare e chiudere la porta. Pensò che se non l'avesse fatto, quello sarebbe rimasto fermo sull'uscio come un allocco tutto il giorno. Tipico di Haise.

«Cosa posso fare per te, prima classe Sasaki?» domandò col solito tono neutrale, recuperando di nuovo la tazza e cercando di smacchiare con un tovagliolino un documento dall'aria importante, che si era macchiato su un lato.

«Volevo sapere-»

«Sarà venuto a chiedere com'è Aiko, non pensi, Hirako

Ito aveva colto nel segno, ma l'aveva fatto in quel suo solito modo irriverente e leggero che aveva fatto arrossire pesantemente il giovane investigatore. Haise s'era imbarazzato parecchio e per riflesso, aveva fatto ciò che faceva sempre in quei casi. Si era inchinato alla scrivania dietro la quale sedeva Hirako.

«Non metto in dubbio uno dei tuoi uomini, prima classe Hirako!» si era affrettato a dire, come per dissipare ogni dubbio «Ero solo...Curioso di sapere perchè

«Perchè un agente con un’ottima posizione in una squadra di primo piano si sia sottoposta a un intervento chirurgico così rischioso per cambiare equipe? Già. Appena lo scoprirai, prima classe Sasaki, vorrei che lo facessi sapere anche a me.»

Messa giù così sembrava ancor più interessante di come l'aveva percepita Haise quando Akira glielo aveva comunicato. Quel trasferimento non sembrava così ingiustificato, a dirla tutta: i Quinx percepivano uno stipendio superiore, una migliore polizza assicurativa e costanti controlli medici. Per non parlare del fatto che, in caso sospensione del servizio per qualsiasi motivo, sarebbe il CCG a provvedere al mantenimento dell'agente. Il che è molto più di quanto potesse vantare qualsiasi altro dipendente.

Non tutti pensavano che il gioco valesse la candela, ma i vantaggi oggettivi c'erano.

Per questo Haise non aveva pensato che il seme della discordia potesse essere il trasferimento in sé. Voleva solo sapere cosa aspettarsi.

Nervoso, prese a torcersi le mani.

Kuramoto ridacchiò, allungandosi per dare un leggero buffetto sulla spalla di Take «Haise sicuramente voleva solo sapere qualcosa di più preciso su Aiko

«Sì, è vero» concordò ancora imbarazzato il ragazzo, grattandosi nervosamente la nuca mentre sulle guance, quell'alone rosso, non pareva intenzionato ad andarsene. «Volevo solo sapere cosa devo aspettarmi dal mio nuovo sottoposto, parlandone in modo confidenziale con voi.»

Take, inspiegabilmente, parve concordare sul fatto che non era una mossa poi così stupida. Strano, Haise si sentiva un vero cretino. Forse sarebbe stato meglio parlarne prima con Arima, ma il pensiero di poterlo in qualche modo disturbare lo assillava.

«Non c'è molto che posso dire sull'agente di secondo livello Aiko Masa» iniziò Hirako, dopo aver preso un piccolo sorso dalla bevanda che si stava inesorabilmente raffreddando «Non è particolarmente acuta o brava sul piano tattico, anche se non l’ho mai fatta lavorare da sola su casi ad alto profilo. Non spicca in bravura nell'utilizzo della quique, anche se nel corpo a corpo è abbastanza brava. Per concludere, non sa fare gioco di squadra, come se la sua mente funzionasse solo in totale autonomia, smettendo di cooperare nei lavori di gruppo. Ma non solo. Ho sempre pensato che preferirebbe mandare avanti gli altri al macello che macchiarsi la camicetta.» fece una piccola pausa, spiando il viso sconcertato di Sasaki «Detto questo, sappi che qualsiasi ordine le darai, verrà eseguito. Penso sia molto brava a fare quello che le viene detto.»

«Sei stato incredibilmente crudele.» Kuramoto si concesse una lieve scrollata di spalle, prima di tornare a sorridere al collega più giovane «Aiko è una persona molto particolare, con un carattere originale. Amichevole, se la si sa prendere, ma bisogna un po’ abituarsi al fatto che è lunatica! Secondo me si troverà molto bene fra voi che siete tutti molto strambi.»

Haise si chiese se quello fosse o meno un insulto, ma non ebbe il coraggio o il tempo di indagare più a fondo sulle reali parole del collega. Una chioma immacolata sbucò dalla porta, fissando silenziosa gli occupanti della stanza, prima di schiarirsi la voce per attirare l'attenzione.

«Classe speciale Arima! Ma buongiorno!» fu il trillo allegro di Kuramoto, i cui occhi sarebbero potuti brillare di ammirazione, se solo li avesse aperti in quell'incontrollabile entusiasmo.

«Buongiorno, Arima» fu il più dimesso ma altrettanto sentito saluto di Haise, che gli sorrise.

Take riabbassò semplicemente gli occhi sul giornale, sperando di scamparla.

«Sono passato perchè devo parlare a Take, ma visto che sei qui, Haise, preferisco dirti un paio di cose prima della riunione. Take, tieniti libero per pranzo.»

No, non sarebbe scappato.

«Come vuoi» fu la sua sola risposta, che però non venne minimamente tenuta in considerazione. Arima era già uscito, seguito da uno scodinzolante Sasaki, lasciando i due partner da soli a guardarsi in faccia.

«Cosa hai fatto di sbagliato?»

«Stai zitto, Ito

 

 

 

 

Haise si rendeva conto di perdere colpi.

Il semplice fatto che avesse passato due ore in una stanza con il nuovo membro della squadra Quinx, quando era andato a trovarla appena superato l’intervento chirurgico per l’installazione del kakuhou, parlandole dello chateau senza però darle l’indirizzo, ma solo la fermate della metro, ne era un esempio.

Nemmeno la nuova leva sembrava un’aquila, però.

Sasaki non si sentiva di giudicarla dopo la pessima figura fatta, ma anche lei non si era mostrata molto organizzata quando l’aveva chiamato dicendo di essere all’uscita della stazione indicata senza idea di che strada prendere.

Fortunatamente, era vicina.

Era uscito avvertendo di sfuggita Mutsuki, che se ne stava seduto al tavolo della cucina con gli occhi incollati alla lista della spesa incompleta, senza nemmeno curarsi del fatto che addosso aveva un paio di pantaloni del pigiama di un grigio spento e un paio di pantofole blu scuro sotto al trench di servizio.

Aveva zompettato vivacemente per un paio di isolati, arrivando a destinazione in poco più di due minuti. Ad attenderlo, come da aspettativa, c’era una ragazza.

La prima cosa che Haise notò in lei, erano le gambe. Erano lunghissime, sottili e avvolte da un paio di jeans chiari dall’aria vissuta. Secondariamente, era una fumatrice. Se ne stava infatti in piedi accanto a una valigia piuttosto voluminosa nera, con il cellulare in una mano e una sigaretta nell’altra.

Sembrava diversa.

L’aveva vista qualche volta, in giro per gli uffici o durante le missioni, ma in quel frangente gli sembrava diversa. Eppure non aveva nulla di strano. I capelli neri erano come sempre tagliati corti e spettinati in una zazzera scomposta. Le unghie, smaltate di nero tremavano appena a causa dell’aria gelida di gennaio, mentre la pelle bianca d’alabastro le si arrossava sulle guance per il medesimo motivo. Gli occhi grandi, color ambra, avevano sempre la solita espressione perennemente malinconica, triste.

Solo quando le fu di fronte, Haise realizzò; ad essere diverso era il suo odore.

Come era normale che fosse, dopotutto.

«Masa!» la chiamò allegramente, ricevendo come risposta quelle iridi accese dentro alle sue. Si rese conto che lo metteva un po’ a disagio. Sembrava vedere qualcosa dentro di lui che lo stesso Haise non poteva cogliere. Come facevano sempre anche Akira e Arima, in realtà.

Non si sarebbe mai abituato a quella sensazione.

«Mi dispiace» si scusò quindi, portando una mano al capo per l’imbarazzo «Dovevo mandarti almeno un messaggio.»

Lei non pareva scocciata. Tirò un lievissimo sorriso, che parve quasi di cortesia visto che svanì quasi subito «Belle pantofole.»

Haise avvampò, prendendo a ridacchiare «Lo so, è solo che sono uscito di fretta. Ma vieni! Lo chateau è proprio qui dietro! Ti aiuto.»

«Non è necessario.»

«Insisto!»

Nonostante la ragazza sembrasse molto decisa sul fatto che non voleva una mano, Sasaki non si fermò, afferrando il manico della trolley e iniziando a tirarla. Per le dimensioni, sembrava incredibilmente leggera. Sbatté le palpebre sorpreso, osservando anche la sacca che Aiko portava sulla spalla, scendendo poi fino alla valigetta metallica della quique, che teneva nella mano destra.

«Devi passare a prendere altre cose? Possiamo usare la mia macchina.»

«Non occorre, ho tutto qui con me. Non ho molti oggetti personali.» Si avviarono lungo il viale fianco a fianco e la mora non attese nemmeno un istante prima di riprendere a parlare «Volevo parlarti di una cosa, Sasaki

«Puoi chiamarmi Haise, se lo desideri.»

Lei lo guardò di sfuggita, prima di puntare nuovamente lo sguardo sulla strada, per memorizzarla «Dicevo. Volevo scusarmi con te, Sasaki

Haise decise di accantonare per qualche istante la questione ‘nomi’, improvvisamente perplesso. In una frazione di secondo iniziò al motivo per cui Aiko si stava scusando. Per averlo fatto uscire? Per non aver chiesto la via? Per averlo disturbato?

«Non capisco cosa-»

«Per averti trafitto con la mia lancia nello stomaco, alla fine dello scontro con il Serpente.»

Ah.

Così come era avvampato poco prima, l’investigatore di prima classe di ritrovò a sbiancare. Era in compagnia del nuovo membro della QS da cinque minuti scarsi e ci stava già rimettendo in salute. La pressione doveva essergli crollata improvvisamente al solo pensare a quell’episodio.

Aveva perso il controllo di sé, messo in pericolo altri investigatori e i suoi uomini.

«S-stavi facendo solo il tuo lavoro.»

«Sì, è vero. Però il pensiero di avere ripetutamente penetrato il mio capo squadra con la mia quique mi fa pensare che forse è meglio chiarire subito. Quindi accetta le mie scuse, così possiamo iniziare.»

«Scuse accettate» volenteroso di cambiare velocemente discorso, Haise alzò una mano e indicò la villetta di fronte a loro «Siamo arrivati!»

«Che posto carino.»

Che fosse seria o meno, Haise non seppe dirlo. Ito aveva ragione, era una persona da capire. Le fece comunque strada, scostandosi dall’uscio solo per farla entrare per prima. Lei si sfilò velocemente gli stivali, mentre il primaclasse si vedeva costretto ad abbandonare le pantofole umide di terriccio, lasciando le valigie lì nell’ingresso.

«Cerchiamo gli altri, così te li presento.»

Non ce ne fu bisogno. Tre teste sbucarono dal divano.

Cinque occhi e una benda scrutarono avidamente la nuova arrivata oltre lo schienale e Haise si sentì padre di quattro piccole pesti. Solo tre erano presenti, però. Si chiese dove potesse essersi cacciato il figlio ribelle.

«Ti presento i Quinx.» commentò divertito, mentre Masa passava lo sguardo da un volto all’altro. «Ragazzi, lei è il secondo livello Aiko Masa, come sapete da oggi è una di noi»

Alzò una mano, per salutare «Un paio di volti li conosco già. Ciao Shirazu  l’altro ricambiò il saluto, ma lei non lo guardò. Si sollevò sulle punte, guardando oltre il divano mentre lei e Haise si avvicinavano «Quello con i capelli viola, i nei sotto gli occhi da serial killer e il muso lungo non c’è, oggi?»

Sasaki e Mutsuki la guardarono sorpresi, mentre Saiko e Shirazu ci davano dentro a ridere. «Arriverà» rispose proprio il capo gruppo, passandosi un dito sotto all’occhio per asciugare una lacrima solitaria «Non c’è mai, di giorno.»

«Si allena da solo» le fece sapere Mutsuki, scrollando le spalle esasperato «Difficilmente rimane allo chateau se non abbiamo nulla da fare.»

«Teoricamente» si intromise Haise «Abbiamo ancora aperto il caso della Lavandaia.»

«Che caso?» si informò Masa immediatamente, sedendosi con lui sul divano parallelo a quello dove i Quinx osservavano, chi convinto e chi meno, la nuova compagna.

«Probabilmente ti affiderò qualcosa di diverso, domani» le fece presente Haise, così da non mettersi a spiegarle un caso che a cui non avrebbe partecipato «Hai più esperienza sul campo e so che è un cold case.»

«Un caso tutto per lei?» chiese con tono lamentoso Shirazu «Non è molto giusto!»

«Non sarebbe sola, naturalmente! » si difese il prima classe, portando avanti le mani, prima di sospirare pesantemente «Non parliamo di lavoro, adesso. Dobbiamo spiegare a Masa come funzionano le cose in questa casa. Magari finire anche la lista della spesa così dopo ci vado io con Mutsuki

«Lista della spesa?»

Cogliendo lo stupore negli occhi della nuova arrivata, Shirazu si sentì in dovere di fare il caposquadra e spiegarle al meglio le dinamiche «Condividiamo tutto, qui.» fu il suo modo di esordire, attirando l’attenzione generale su di sé, mentre si sporgeva con il solito sorriso sornione in avanti per poterle parlare quasi in confidenza «Laviamo i vestiti insieme, ci alleniamo insieme, mangiamo insieme. Sasan cucina per noi tutti i giorni!»

Masa a quel punto, si voltò verso il prima classe, con lo stupore negli occhi. Poi gli sorrise, decidendo di esternare ciò che le passava per la mente con straordinario candore.

«Cucini tu, nonostante tu sia un ghoul? Che cosa incredibilmente bizzarra, ma carina.»

Calò il gelo più totale.

Nessuno ebbe il coraggio di dire niente in risposta.

Aiko registrò immediatamente di avere esagerato, notando come il viso di Haise si fosse fatto granitico e come gli altri avessero trattenuto il respiro, nemmeno avesse intenzione di sparare al povero capo.

«Oh, ma non è un’offesa!» si affrettò a mettere avanti le mani la mora, appoggiandogli una mano sulla spalla e stringendo la presa, solidale «Un complimento, piuttosto. Io adoro i ghoul

Da lì si aprì una spirale che non ebbe fine tanto presto.

Shirazu, mentre la ascoltava sproloquiare, si chiese perché. Perché non si apriva una voragine nel pavimento per inghiottirli tutti, meno il povero Haise Sasaki, vittima dell’entusiasmo di quella folle.

Perché questo sembrava.

Folle.

«Sono contraria a quel pensiero retrogrado e incivile che metà degli investigatori hanno riguardo i ghoul. Per esempio, io credo che possano amare. Avere una famiglia. Diventare persone di spicco come il nostro capo!»

«Aiko ti mostro la tua stanza!»

La situazione andava presa di petto e visto che Mutsuki si era ammutolito, mentre Yonebashi aveva avuto la faccia tosta di chiudersi dietro lo schermo del cellulare, stava a lui farlo. Lui, che era il caposquadra.

Per gentilezza, le portò anche la valigia al piano di sopra, fino alla stanza libera, la prima del corridoio che dava sulle scale. Masa entrò per prima sotto invito di Shirazu, esaminando l’ambiente tutto in legno.

Era più grande del suo vecchio monolocale, quasi.

«Ho esagerato, vero?» domandò retorica, appoggiando la sacca e la valigetta sulla scrivania, mentre l’altro chiudeva la porta e si sedeva sul materasso nudo, ondeggiando appena il capo.

«Noi non ne parliamo.» le rispose tranquillo, facendole così notare che nessuno ce l’aveva con lei per quello che era successo, ma che sarebbe stato saggio evitarlo «Sasan è molto sensibile sull’argomento e noi non vogliamo farlo sentire diverso.»

«Però lo è.»

Per l’ennesima volta, Masa riuscì a lasciarlo completamente senza parole. La guardò sedersi accanto a lui, con le mani in grembo e gli occhi piantati sulle sue stesse unghie, laccate di nero.

«Lui è diverso. Un mezzo ghoul. Forse è anche meglio di noi.»

Un brivido attraversò la schiena del caposquadra, che si limitò a schiarirsi la voce, accarezzandosi la nuca, a disagio.

Che strana ragazza.

«Non voglio dire che quello che hai detto sia sbagliato ma-»

«Ma lo pensi?» domandò Aiko con un sorrisetto consapevole.

A quello, Shirazu non rispose. Piuttosto, si limitò a scrollare le spalle «Non voglio entrare nel merito, semplicemente. Solo, ti chiedo di non parlarne mai davanti a Uriko. Quello potrebbe incazzarsi sul serio.»

Eccome se si sarebbe incazzato. Gli pareva già di vederlo, col kagune estratto alla carica, contro la povera Aiko che però non sembrava rincitrullita come il prima classe Hirako l’aveva dipinta a Sasaki.

Era solo parecchio strana.

Il pensiero che forse avrebbe dovuto ricoprire il ruolo di patner di Urie – visto che Haise si trovava così bene con Mutsuki e lui ormai si era preso a carico di motivare Saiko- gli fece venire i brividi.

«Non dire a Sasaki che è un ghoul e non parlare di quanto sono belli i ghoul di fronte a Urie Kuki. Posso farcela, caposquadra.» si scambiarono un sorriso incoraggiante, quasi a suggellare una promessa che Shirazu se lo sentiva, lei non avrebbe rispettato «Avanti!» proseguì quindi Masa, dandogli una pacca giocosa sulla coscia «Spiegami tutto ciò che devo sapere su come funzionano le cose in questa casa.»

Passarono le successive due ore a parlare di allenamenti, schemi di indagine e regole casalinghe, da quelle serie a quelle meno importanti. Come non lasciare dolci in giro quando Saiko è libera per il salotto e non offrirne mai a Urie.

Alla fine Shirazu arrivò a pensare che Masa poteva essere strana finché voleva. Non si sarebbe sentita fuori posto.

Kuramoto Ito aveva ragione. Erano tutti strani, i Quinx.

 

 

 

Continua….

 

 

 

 

 

 

---------N.d.A--------

 

Quando ho iniziato a scrivere questa storia mi sono detta ‘al massimo dieci capitoli’.

Dopo aver plottato cinque casi, ancora non mi sono fermata, anche se le linee di margine le ho tratteggiate già nel pezzettino iniziale (nel quale ovviamente non si capisce niente).

Come sempre, non manterrò la mia promessa di ‘soli dieci capitoli’, ma dopo tutti i consigli ricevuti da diverse amiche mi sono detta che non importa. Fare bene una cosa è gratis.

 

Dopo questa premessa di cui nessuno sentiva davvero il bisogno (io davvero non le so fare le note finali di un capitolo, che schifo, ignoratele), passiamo alle cose serie.

Per modo di dire. La serietà mi schifa.

 

Ho deciso di scrivere su questo fandom per differenti motivi, anche se purtroppo vedo che è poco popolato.

Principalmente perché è una figata. No davvero, io ne leggo di manga, ma Tokyo Ghoul credo sia il mio preferito.

Ha così tanti scenari, personaggi e colpi di scena da cardiopalma che non è possibile riassumerli.

Adoro ogni personaggio, per questo selezionarne una parte e basta non è stato semplice.

Ho scelto i Quinx perché sono troppo ignorati purtroppo.

 

Ci saranno più di un OC, chi mi segue su altri fandom sa che li amo, ma Aiko Masa è in tutto per tutto la protagonista.

E io ho deciso di iniziare a pianificare tutto dalla sua morte.

Povera ragazza, sono stata infame, ma lo faccio sempre. Su di lei c’è ancora poco da dire, questa è solo una piccola introduzione.

 

Detto questo, passo brevemente a spiegare come pensavo di impostare il lavoro; sarà diviso per casi e ci saranno anche tutte quelle cose strane e compromettenti che si chiamano flashback e flashforward. Cercherò sempre di farvi capire il senso, se deciderete di seguirmi, promesso.

Ho inserito i personaggi che maggiormente toccherò, ma è una storia improntata sul ccg. Ci sarà un sacco di  Ito, un sacco di Take, e qualche accenno soft alla Arima x Haise, ma solo per chi vuole vederli, visto che ho deciso di scrivere una het e a questo mi attengo.

Insomma, chi vuole intendere intenda, non forzerò la mano.

Ma li shippo, ecco.

Quel ‘sorpresa’ fra i personaggi è una grossa sorpresa, non posso anticipare ora.

Sorry a tutti.

 

Passo a ringraziare gli angeli che mi hanno aiutata nella stesura, a iniziare da Virgy che ha letto e sentito le mie mene che…. Le hanno spoilerato tutto :re.

Scusami ancora.

Luna, che mi ha dato una mano nella pianificazione, in particolare nella creazione di una caso in cui appare la protagonista della storia che sta scrivendo lui. Come per snk, scriveremo intrecciate.

La cosa migliore che possa succedere a una fanwriter. Escono delle perle.

In ultima, ma non in ordine di importanza, la mia coinquilina  (madonna) Maia che ha betato e fatto questo bellissimo banner che io non saprei nemmeno come partire per farlo (ps, trovate anche la mia pagina autrice nel link e no, non è un caso.)

 

Ok, detto questo, smetto di scrivere.

Non avrete voglia di leggere altro. Manna se avete avuto la pazienza di arrivare qui.

Vi invito solo a scribacchiarmi un commentino se avete gradito o se avete odiato il primo capitolo.

Avere un riscontro sarebbe un massimo, ma ultimamente su efp tira un po’ un’aria solitaria.

Si sente nel vento (?).

 

Grazie ancora, a presto.

C.L.

 

 

 

  
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