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Autore: Mordekai    14/01/2017    0 recensioni
-La Prima Fiamma ritornerà a bruciare. Splendente, magnifica e devastante. E il mondo ritornerà alla sua era originale-
Qualcosa di terribile sta per abbattersi su Huvendal, qualcosa che va oltre il potere della Regina di Ghiaccio. Solo Arilyn e Darrien potranno salvare il loro regno e quello della Città Desolata dall'imminente catastrofe.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Un nuovo sole sorse sulla Città Desolata, illuminando la distesa sabbiosa e il legno nero delle baracche, rendendo il paesaggio bello e lugubre allo stesso tempo. I granelli di sabbia sembravano piccole gemme incastonate nel vetro opaco, risplendendo sotto i raggi del nuovo mattino. L’oscurità svanì e il torpore accolse le gelide mura spoglie del palazzo, i quadri scoloriti e strappati, le colonne crepate e il soffitto che trasudava di muffa e umidità. Nel rifugio nascosto agli occhi del Re Malinconico, la donna andò a svegliare gli ospiti ma ne contò solo tre:

‘’Dov’è finito quel ragazzo?’’- domandò a gran voce svegliando di soprassalto tutti. Spaesati e con occhiate rapide si domandavano cosa volesse la donna.

‘’Ragazzo? Intendi Darrien? E’ lì che…Oh per le Anziane!’’- imprecò Orphen osservando la brandina vuota. L’anziana donna corse verso il portone della stanza, ma era chiuso dagli immensi cardini, seguita da Arilyn allarmata per l’improvvisa scomparsa del suo amato. Neanche nello studio c’era, come se si fosse volatilizzato nel buio.

La donna stava per togliere il catenaccio e aprire gli immensi lucchetti, finché un sinistro rumore di pietra che batteva contro l’altra la fece girare di scatto e brandire il bastone, come arma di difesa. Anche il Titano evocò la sua spada. Si aprì un porta secondaria vicino l’immensa vasca e dalla penombra uscì Darrien, con un grosso fagotto di lana tra le mani:

‘’Placate le vostre armi, sono io. Ho scoperto delle varie provviste nella cucina del palazzo. Non so come sia stato possibile, ma è come se le mie gambe si muovessero da sole. Come se conoscessi già il luogo.’’- disse il ragazzo posando il fagotto sul bordo della vasca. Arilyn gli corse contro e lo strinse forte a sé, un gesto che venne ricambiato dal ragazzo e accompagnato da un lungo bacio sulle labbra:

‘’Ragazzo, posso vedere la ferita che hai sulla spalla? Quella provocata dalla creatura che vi attaccato intendo.’’- esordì la donna anziana avvicinandosi. Il giovane, un po’ perplesso abbassò il colletto della camicia fino alla spalla ferita e mostrò un taglio verticale con tre punte sui lati, ormai cicatrizzato. La donna osservò ancora per qualche secondo quel bizzarro taglio per poi sospirare spaventata:

‘’Non è possibile. Non può essere!’’

‘’La ferita è guarita in meno di un giorno ed è straordinario, perché affermare il contrario?’’- chiese la ragazza incerta sul comportamento della donna.

‘’Quel particolare tipo di taglio potevano farlo solo poche persone ed erano le nostre Guardie Reali. Questo significa che i soldati di pietra che ha il Re Gallart sono tutti i nostri soldati al suo servizio. Forse qualcosa del soldato che avete sconfitto si è posata sulla pelle squarciata e, durante la tua convalescenza, deve essersi fusa con te e…’’

‘’Ma tutto questo è insensato e praticamente impossibile. Come possono dei resti di un soldato fatto interamente di pietra e alimentato dalle fiamme a fondersi con il mio corpo?’’- domandò il comandante donando dei pezzi di formaggio e dei datteri alla sua amata e a Narwain.

‘’Perché la maggior parte di loro erano creature impressionanti e potevano donare parte della loro anima a coloro che erano in grave difficoltà o sul baratro dell’oscurità.

Forse è per questo che riesci ad ambientarti così nel palazzo senza averti fatto da guida.’’- replicò la donna grattandosi la tempia. Il ragazzo sospirò confuso e si sedette, prendendo una manciata di datteri e mangiandoli uno per uno; fin troppe sorprese avevano ricevuto i giovani guerrieri e questa aveva dell’incredibile, se non assurda per dei comandanti. Nel mentre, Huvendal venne avvolta da un misterioso alone di nervosismo tra i soldati e Aithwen era sempre più strana, portandola a distrarsi o non rendersi conto di quello che la circondava. Searlas, notando quello stato di allerta costante, le chiese di seguirla nel suo studio per discutere. Dopo essersi messi comodi sulle poltrone imbottite, il Re esordì:

‘’Aithwen, mia cara allieva, ultimamente sto notando strani comportamenti da parte tua. Sei sempre vigile, in allerta. Come se ci fosse un pericolo dietro l’angolo nonostante viviamo in pace da due anni. Cosa ti turba così tanto?’’
La bambina scrutò con la coda dell’occhio se la porta fosse chiusa saldamente, così da non poter essere interrotti da ospiti indesiderati e con un sospiro disse:

‘’Mio Signore, credo che Ryre nasconda qualcosa di losco. Dubito che le sia ancora fedele dopo esser stato degradato da capo medico a capo sala. Ho il sospetto che si sia alleato con…come si chiamava l’uomo che avete nominato giorni fa?’’

‘’Intendi Gallart.’’- sentenziò Searlas all’udir di quel nome.

‘’Esatto. Un paio di giorni fa, se non di più, l’ho visto uscire dal vecchio sgabuzzino dove custodiamo provviste in eccesso e aveva la spallina della divisa strappata e bruciata, mentre la sua spalla era completamente rossa e piena di vesciche. Inoltre sentivo un pungente odore di zolfo, legno bruciato e stoffa. Giuro sul mio onore che quello che ho visto è vero.’’- finì di dire Aithwen portandosi le mani sul cuore, con gli occhi lucidi e l’espressione innocente. Il Re si lisciò la barba sul mento, riflettendo sul possibile tradimento reale di Ryre. Il suo labbro inferiore tremava e sentiva torcersi lo stomaco dal disgusto e il sangue ribollire, come se mancasse poco ad esplodergli nelle vene. Si tolse la corona dal capo, diventata improvvisamente pesante da sorreggere e disse:

‘’Non posso prometterti nulla ma vedrò di attirarlo in una trappola e di fargli dire la verità. A costo anche di rimetterci la mia vita.’’

La ragazzina dalla chioma riccia si alzò, fece e un lieve inchino e ringraziò il Re, avviandosi verso la porta per uscire. Searlas poggiò la fronte contro il freddo vetro della finestra e chiuse gli occhi. Un turbine vorticoso di pensieri oscuri gli affliggevano la mente, si sentiva mancare e salirgli la bile per il tremendo fastidio che Ryre potesse essere un vile traditore. La porta del suo studio si aprì nuovamente, mostrando una figura femminile poggiata sull’uscio e vestita in un abito comune, fatta eccezione per la corona: Sindar.

‘’Qualcosa ti tormenta, Searlas?’’

‘’Per anni mi sono fidato di Ryre ma…credo che il suo rancore nei miei confronti sia diventato un tutt’uno con la sua anima. Aithwen mi ha detto tutto sul suo conto. Alto
tradimento. Chi lo avrebbe mai detto…’’

L’amata consorte si avvicinò cauta al suo Re, al suo grande amore e compagno tormentato da quella nube di delusione. Gli prese la mano e la portò sul cuore, cercando di infondere calore al solo sentir il battito. La mano di Searlas tremava al contatto con la pelle fresca della sua consorte, mentre nei suoi occhi balenava il bagliore di terrore:

‘’Non temere. Qualsiasi cosa riservi il futuro, io resterò al tuo fianco. Un semplice traditore non potrà dividerci.’’- disse la donna stringendogli la mano e guardandolo negli occhi, rassicurandolo, proprio come la prima volta contro la Regina di Ghiaccio. Searlas sorrise debolmente e sostenne il suo sguardo:

‘’Un traditore non potrà dividerci.’’- ripeté l’uomo, prendendo la sua corona e posandola sul capo. Prima di uscire dal suo studio, un pensiero si fece largo sventrando quell’oscurità che lo affliggeva poco prima:

‘’Spero che quei due ragazzi stiano bene.’’

Dai corridoi immensi del castello nero di Gallart si potevano udire dei lamenti di dolore e rumore di carne strappata insieme a della stoffa; quei lamenti erano così forti che attirarono persino il Re e alcune Guardie verso l’alloggio del Duca. Senza alcun permesso, la creatura di pietra e fuoco sfondò la porta rivelando una scena disgustosa: quel vecchio uomo aveva la schiena ricoperta di squarci che sanguinavano copiosamente, mischiandosi al pus di vesciche grosse quanto un occhio umano che erano esplose dalla nuca e dalla zona lombare. Gallart, disgustato perché il suo prezioso pavimento era stato sporcato dal quel sudicio essere, gli sferrò un poderoso calcio sul fianco, facendolo rotolare sulla schiena e lo vide boccheggiare mentre della schiuma usciva dalla bocca:

‘’Non hai scelto un momento opportuno per suicidarti, che cosa ti prende?’’- domandò digrignando i denti il Re del Fuoco afferrandogli il bavero della tunica ormai sporca di sangue raggrumato.

‘’L’ho vista…Lei…La bambina…’’- replicò boccheggiando il Duca, cercando di tenersi alla veste del Re, imbrattandogliela. Gallart gli sferrò un potente gancio sul naso facendolo svenire:

‘’Portatelo nella sua residenza sul confine e sapete cos’altro fare.’’- disse lui alzando il corpo del Duca privo di sensi come se fosse un sacco di patate e lanciandolo contro i suoi soldati. Dalle sue mani divampavano lingue di fuoco che colpivano il pavimento e bruciavano la pozza di sangue scuro, andando poi a scontrarsi contro i brandelli della veste e poi schiantarsi contro il vetro della finestra, spaccandolo e facendo piovere schegge trasparenti:

‘’La Madre del Globo è qui e quel lurido cane cerca di suicidarsi. Una volta compiuto il rituale, sarò contento di ridurlo in comuni ceneri.’’- sentenziò il Re del Fuoco, mentre la sua lucente armatura veniva avvolta da possenti lingue di fuoco, alimentate anche dalla rabbia e dal disgusto, che si riversarono sulla pozza di sangue e sui frammenti della finestra esplosa precedentemente.

L’Eclissi era imminente e il catalizzatore per attingere ad un vasto e infinito potere era ormai realtà per Gallart, sempre più nervoso e con la brama di potere che gli divampava negli occhi. Il bagliore delle sue fiamme fu così accecante da poter essere visto anche dal palazzo dove i giovani avventurieri erano rifugiati. Darrien era nello studio della donna che li ospitava, intento a studiare l’immenso arazzo dettagliato e colorato; quel che lo sorprese maggiormente era vedere la vastità di fiumi che un tempo riempivano tutta la terra del Nord e adesso ridotti a piccoli ruscelli e laghetti. Mentre i suoi occhi vagavano per l’enorme mappa, le sue dita sfioravano le fredde impugnature dei pugnali che aveva sulla cintura, quasi ansioso di lanciarli contro il primo nemico che lo avrebbe sorpreso. Fato volle che l’anziana donna entrò nella sala senza annunciarsi e il giovane comandante sferrò il primo pugnale con un movimento così rapido che ad occhio nudo non poteva essere visto; il pugnale si conficcò nella parete di fianco invece che andare sul bersaglio:

‘’Hai una mira pessima con le armi da lancio, ma il tuo istinto è impressionante.’’- esordì la donna facendo cadere il pugnale dal legno della credenza con un movimento del bastone, cercando di trattenere una risata. Si riprese e continuò a dire:

‘’Toglimi una curiosità ragazzo.’’

‘’Parla.’’- replicò freddo Darrien, posando il pugnale nel fodero, sentendo le gote incendiarsi per l’umiliazione. La donna, una volta sedutasi sulla sua poltrona chiese:

‘’Perché l’avete riportata indietro? Lo spirito della Madre l’ha guidata fin nel vostro regno e voi la riportate dai suoi futuri carnefici? In questo regno Gallart e quel maledetto Duca dei Bambini Scarlatti vogliono a tutti i costi rapirla per usarla come…’’

‘’…Catalizzatore per l’Eclissi del Sole Arcano. Sono a conoscenza di quel rituale e dell’immenso potere che ha Narwain, ma anche a costo della vita la proteggeremo. E ora, concedi a me una domanda.’’

La donna rimase alquanto stupita dalla freddezza del giovane e gli concesse l’opportunità:

‘’Ho notato che c’è uno strato secondario sul bordo di questo arazzo, come incollato. Sapresti spiegarmi il perché?’’

‘’Oh…Quell’arazzo è stato in realtà cucito su un vecchio ritratto reale. Due formidabili artisti di strada vollero ritrarre il Re e la Regina perché emanavano energia positiva ed erano soggetti adatti per le loro opere. E devo ammettere che il talento non gli mancava.’’

‘’Ricordi i loro nomi?’’- domandò Darrien iniziando a togliere lo spago che legava le due tele; con la lama del pugnale tagliava con un colpo secco il materiale e lentamente l’arazzo venne giù, mostrando un dipinto maestoso e un Re e una Regina che esprimevano serenità e fierezza, nella loro semplicità. Colori magnifici, sfumature ben definite e quello che colpì il ragazzo fu il colore degli occhi dei regnanti: un verde smeraldo splendente per la Regina e una sfumatura azzurra nel grigio del Re. I loro abiti sembravano quasi fuori uscire dalla tela, da poter sfiorare e sentirne la morbidezza. In basso a destra c’erano le iniziali dei due artisti:

‘’L’espressione di stupore che hai sul volto la fecero tutti molti anni fa, soprattutto la mia Signora che si commosse. Vennero pagati profumatamente nonostante quella coppia rifiutasse perché il denaro storpia l’arte. E l’arte è felicità. Oh, è vero i nomi. Galaverth Joenos Arlar e Allin Tylledha Saavick. Nomi del popolo dei…’’

‘’…Thandulircath! Un momento, Arlar e Allin… Arilyn.’’

‘’Darrien che succede?’’- domandò la ragazza sentendo nominare il suo popolo. Entrò anche lei nella stanza e, come ipnotizzata, si avvicinò all’immenso dipinto.

‘’Questo dipinto! Sono stati i tuoi genitori a farlo. Galaverth Joenos Arlar e Allin Tylledha Saavick erano i tuoi genitori. Il tuo nome è parte dell’unione di Arlar e Allin, Saavick è il cognome di tua madre. Loro sono stati qui anni e anni fa. ’’- esordì il comandante stupefatto. Quando non erano impegnati in allenamenti, Arilyn e Darrien parlavano delle loro discendenze e la ragazza pensava che il ciondolo al collo fosse l’unica prova dell’esistenza della sua stirpe, ma ora con la scoperta del quadro tutto cambiava.

‘’Quando è stato fatto questo ritratto?’’- chiese la ragazza trattenendo la commozione e stringendosi il medaglione che aveva al collo. Per anni quel medaglione è stato il suo unico ricordo e testimonianza di un popolo ormai scomparso. La donna dalla chioma argentea strofinò il legno del suo bastone, sforzandosi di ricordare quando fu dipinto, ma le labbra serrate e il movimento della testa indicarono un vuoto di memoria. Seppur il periodo fosse ignoto, la ragazza si sentì sollevata nel sapere di essere nata da genitori con un talento straordinario.

‘’Credevate che i Thandulircath e i Varg fossero dei comuni popoli come descritti dagli antichi e perduti tomi di storia? Qualcuno invidioso deve averli scritti, dato che nel corso della mia vita ho conosciuto
menestrelli, cavalieri, negromanti e anche i più umili contadini che provenivano da questi due regni. E ora che ci penso, sono stata fin troppo scortese con voi ospiti.’’
Con quelle parole, si tolse il cappuccio che le aveva coperto il capo per troppo tempo e, sorreggendosi con il legno freddo si alzò dalla sua poltrona:

‘’Io sono Helartha, consigliera del Re Malinconico della Città Desolata. Vi prego di perdonare la mia insolenza nei vostri confronti, ma nelle ultime settimane i pochi abitanti hanno cercato in tutti i modi di derubarci per poter guadagnare qualcosa dai mercanti erranti. Ma il Titano? Dove è?’’- domandò Helartha, constatando che per tutto questo tempo c’erano solo i due ragazzi e la piccola Narwain. Impallidì quando un cupo pensiero le si materializzò nella mente: il Titano doveva essere nel salone principale del palazzo. Corse scattando e imprecò quando notò la grande porta spalancata e il lucchetto sul pavimento:

‘’Quell’impiccione di un Titano!’’- disse rabbiosa la donna mentre corse sulla scalinata seguita dai giovani. Una volta all’esterno, nella sala centrale le piccole cascate continuavano a far fluire acqua nei fossati rettangolari, illuminati da alcune luci blu rimaste accese tutta la notte e che, ormai con il chiarore del sole, avevano perso il loro alone spettrale. In lontananza si scorgeva il piccolo bagliore del Titano d’Onice, intento ad osservare curioso il Re che dormiva sul suo spoglio e pietroso trono.

‘’Orphen!’’- esclamò Narwain sotto voce, ma da poter essere udito. Il Titano si voltò di scatto ma si rese conto troppo tardi di aver urtato dei frammenti di vetro e ciò destò il Re Malinconico dal suo sonno. La paura e lo stupore erano ben visibili sul suo volto:

‘’Che cosa sei e come hai fatto ad entrare qui, immonda bestia?’’- chiese il Re cercando la sua spada. Il Titano indietreggiò:

‘’La prego, non sono qui per farle del male, cerchi di star calmo.’’- provò a dire il povero Orphen, ma il Re trovò la sua spada e cercò di colpirlo in tutti i modi. Una lingua di fuoco nera si riversò sulla spada dell’uomo iracondo, distruggendola. Darrien aveva difeso il suo compagno da un poderoso fendente.

‘’Traditrice!’’- sbraitò il Re, gettando via la spada e osservando Helartha con i ragazzi e il Titano al loro fianco. ‘’Hai tradito il tuo Re. Come hai potuto?’’- continuò a chiedere il Re allontanandosi dal suo trono e mettendosi spalle alla colonna.

‘’Mio Signore, mi lasci spiegare. Sono solo dei giovani avventurieri in missione per conto del loro Regno.’’

‘’E quell’oscurità che ha distrutto la mia fedele spada? Se invece della spada ci fossi stato io?’’

‘’Non sia così egocentrico. Un vero Re non lo farebbe e se ci crede degli sciacalli non avremmo già depredato questo fatiscente luogo?’’

‘’Come posso fidarmi di voi viandanti? Non avete l’aspetto di avventurieri o prodi cavalieri.’’- rispose il vecchio malinconico cercando la spada ormai distrutta per non perderla. In quel momento, il silenzio fu la risposta a quella domanda, ma poi Darrien si ricordò della pergamena donatagli da Morghull e corse a prenderla, seguita da Arilyn.

‘’Cos’è quel contenitore?’’- chise la ragazza con il fiatone.

‘’Qui dentro c’è la nostra salvezza da quel Re scellerato. La sua malinconia potrà anche mutarsi in rabbia cieca, non potrà rifiutarsi di leggere un documento importante. Ricordi quello che mi dicesti due anni fa?’’

‘’Qualunque cosa accada, resteremo insieme. Questo è quel che conta. Lo ricordo.’’- rispose lei sorridendogli e stringendogli la mano. Il giovane ricambiò il sorriso e poi tornò dai suoi amici in difficoltà. Il Re sembrava più iracondo non appena lo rivide, ma gli porse quella pergamena sigillata.

‘’E’ uno scherzo spero? Vorresti evitare la morte effimera usando solo un semplice pezzo di carta? Sei stupido o cosa, ragazzo?’’- domandò stupefatto ancora, prendendo quella pergamena e togliendo il laccio che la legava. Quando lesse il contenuto della lettera la strinse tra le dita talmente forte da sgualcirla e stropicciarla:

‘’Aveva previsto tutto, vero?’’- domandò Darrien, quasi a volerlo schernire ed imbarazzarlo. Il Re strappo con rabbia la lettera; qualcosa che aveva letto provocò la sua ira:

‘’Odio rileggere il mio nome ovunque venga scritto. Sono anni ormai che il mio titolo è solo Re Malinconico.’’

‘’E questo suo nomignolo è in vigore da quando la sua consorte è defunta?’’- domandò il Titano, ma si rese conto tardi dell’errore per zittirsi e imprecò sottovoce. Lo sguardo del Re tornò ad essere torvo:

‘’Tu mi stavi già spiando. Come tutti voi!’’- urlò immediatamente, tanto far echeggiare la sua voce nelle gelide mura. Narwain lo guardò perplessa e Orphen distolse lo sguardo per evitare ramanzine dalla padrona.

‘’La colpa è mia.’’- esordì Helartha sbattendo l’asta sul pavimento. Nella sua voce c’era fierezza e non temeva la punizione del suo Signore. ‘’Li ho ospitati io e ho nascosto il tutto per evitare che venissero sbranati dai Bambini Cremisi o morissero per la febbre del deserto. Il Titano deve essere sgattaiolato dal mio rifugio dove curo i viandanti ed evito che muoiano anche per colpa vostra.’’

Quell’ultima parola provocò un sospiro di sorpresa nel Re. Lo sguardo vitreo e le mani tra i capelli avvizziti come paglia significavano solo pura confusione: ‘’Segreti, tradimenti e ora mi accusi anche di aver fatto morire delle persone.’’

‘’Il nostro popolo contava su di lei, ma dalla morte dell’amata Regina, si è rinchiuso nel suo animo oscuro, alimentando ogni giorno il suo dolore e dimenticandosi delle persone che l’hanno sostenuta e amata. Dunque non nasconda la verità e non usi la scusa della sua consorte defunta, perché lei avrebbe fatto lo stesso per gli ospiti e con il sorriso.’’

Quelle parole furono come una tempesta, così forti da farlo indietreggiare verso il trono:

‘’Io…è assurdo. Come tutto questo può accadere a me…E’ qualche punizione divina o degli astri?’’

‘’Nessuna divinità o stella. E’ solo la verità.’’- lo interruppe Helartha, impassibile. I giovani, la piccola bambina e il Titano rimasero in silenzio quando la consigliera parlò; nonostante l’età, la tenacia è ancora palpabile. Con un gesto scortese, il tristo Re invitò i presenti a lasciarlo solo a riflettere sul da farsi. Non appena quell’uomo iracondo e colmo di tristezza si alzò dal trono, al centro della sala si sprigionò una possente ondata di calore seguita da un bagliore accecante e tanfo di zolfo; da quella sfera luminescente comparve un elegante uomo dai lunghi capelli bianchi come la neve, viso seducente ma trionfante e una grande armatura rossa splendente:

‘’Non di nuovo tu. Ho già troppe cose da risolvere e non ho voglia di scontrarmi nuovamente con te.’’- esordì il Re afferrando la lama spezzata più per timore che per coraggio. Il cavaliere in armatura rossa rispose divertito:

‘’Una spada spezzata è utile quanto un coltello per affettare il pane durante una guerra. Non preoccuparti, non sono qui per ucciderti o distruggere questo bellissimo palazzo. Quel lurido cane del mio Duca mi ha riferito, tra il boccheggiare dei suoi disgustosi fluidi corporei, che una certa bambina è qui. Sai dove di preciso?’’
Il Re Malinconico esitò nel rispondere, ricordandosi che trai i giovani viandanti c’era anche lei:

‘’No Gallart, non so dove sia e non mi interessa. Perché? E’ così importante quella bambina per te?’’

‘’Mio caro Vraekhar non fare l’ingenuo. Sai benissimo che quella bambina è una Madre del Globo, una delle creature celesti più potenti che esista e sai anche che io voglio il suo potere. Senza di lei, l’Eclissi non potrà avverarsi. Dunque se non vuoi che quelle belle vesti che indossi vengano incenerite, dimmi dove si trova e ti lascerò in pace.’’- rispose Gallart con un sorriso diabolico, mentre le fiamme avvolgevano la sua mano.

‘’Non osare chiamarmi per nome!’’

‘’Non siamo così diversi dopo tutto. In noi c’è rabbia per qualcosa che abbiamo perso. Io ho perso mia sorella anche se la detestavo e tu hai perso la tua consorte. Era una bella donna e potevi sfruttarla a dovere, invece l’hai persa. Prole sprecat…’’- fu interrotto da un pugno sul naso sferrato da Vraekhar.

‘’Non parlare così di mia moglie! Non è un oggetto da sfruttare per le proprie pulsioni.’’
Gallart si pulì il sangue che usciva dal suo naso con due dita e sorrise con cinismo a quelle parole ma non fece attendere la sua risposta: un colpo di frusta incendiaria colpì l’uomo al torace, strappando e bruciando le sue vesti e facendolo urlare atrocemente. Il baccano fece allarmare gli eroi di Huvendal che corsero nella sala. Il cavaliere rubino, quando sentì i loro passi si voltò e fu sorpreso nel riconoscerli:

‘’Bene, bene. Gli eroi di Huvendal nella Città Desolata. Quindi siete stati voi a riportarla qui. Consegnatemela.’’

‘’Come fai a conoscerci e di chi stai parlando?’’- chiese Arilyn, fingendosi confusa, mentre le sue mani iniziarono a brillare con vigore. Anche Darrien permise al suo potere di sprigionarsi.

‘’Fingersi stupidi è una caratteristica di voi huvendaliani? Non importa. La Regina di Ghiaccio vi dice qualcosa? La madre di Searlas? Bene, io sono il fratello maggiore e zio del vostro re.’’- disse lui ridendo. Arilyn e Darrien si scambiarono una rapida occhiata e fecero fatica nel trattenere lo stupore; quel giorno dall’arrivo di Narwain e dalla rivelazione del Re del Fuoco, il Re huvendaliano era sempre irrequieto e nervoso.

‘’Sorpresi vero? Tu sei Arilyn, l’Araldo della Luce e tu Darrien, il Predone dell’Oscurità. Vi ho osservato combattere contro la creature di mia sorella e sono rimasto impressionato dalle vostre doti, ma non crogiolatevi con i miei complimenti. Datemi la bambina e nessuno si farà male.’’- riprese Gallart allargando le mani in segno di finta resa, attendendo che la bambina le venisse consegnata. Un fischio leggero e il rumore di carne lacerata fu la risposta. Vraekhar aveva conficcato la sua spada spezzata nel polpaccio del Re del Fuoco, tramutando l’espressione di felicità assassina in un ghigno di rabbia ardente:

‘’Maledetto ingrato.’’- disse imprecando Gallart e gli sferrò un calcio contro il mento facendolo rotolare verso il trono di pietra. Quel momento fu propizio per Arilyn che lo colpì con una falce dorata, distruggendo parte dell’armatura splendente del nemico, mentre Darrien sfruttò i suoi pugnali per farli diventare dardi oscuri ma la frusta incendiata dell’uomo li parò rapidamente:

‘’Lo ammetto, questo evento non lo avevo predetto. Per questa volta vincete voi, ma sappiate che la vera guerra giungerà a breve.’’- disse l’uomo ignorando il sangue che colava dalla sua gamba e scomparve, tramutandosi in cenere e lingue di fuoco. Il Re Vraekhar si alzò a fatica, mentre rivoli di sangue gli scivolavano dal petto e dal naso:

‘’E non mi ha ucciso nemmeno questa volta. Cosa devo fare per potermi ricongiungere alla mia amata consorte…?’’- domandò imprecando e dirigendosi al suo alloggio accompagnato dalla consigliera. Darrien andò a recuperare i suoi pugnali e nel suo sguardo c’era qualcosa di diverso: quell’azzurro che lo rendeva così attraente era spento. Si avviò verso l’alloggio segreto, ma Arilyn lo bloccò afferrandogli la mano:

‘’Cos’hai?’’

‘’Io? Nulla, sto bene.’’

‘’Cos’hai ho detto.’’- la voce di Arilyn si fece seria, così come la stretta sulla mano.

‘’Con le parole di Vraekhar, ho immaginato la stessa situazione con te Arilyn. Lui amava la sua consorte e, da quando è defunta, si è rintanato nella sua oscurità, facendo poi germogliare un fiore di negatività. Quello che è adesso infatti.’’

La ragazza lo baciò forte, stringendogli il viso tra le mani e avvolgendolo con un leggero bagliore dorato, quasi a volerlo riscaldare nonostante il luogo. Fu un lungo bacio che li tenne senza fiato per un po’ finché la ragazza non si scostò e poggiò la fronte alla sua, respirando come se fossero una creatura sola:

‘’Non osare più dire quelle cose Darrien. Ho rischiato di perderti numerose volte e non voglio che accada più.’’- proferì la ragazza aumentando di poco lo splendente bagliore nelle mani, portandole ad incrociarle con quelle del suo amato compagno.

Un mezzo sorriso fu la risposta ed entrambi si diressero nell’alloggio, in attesa della consigliera e di buone notizie sulle condizioni del Re. Nel Palazzo Nero, Gallart comparve davanti ai suoi soldati che si resero conto della lama ancora nel polpaccio e si avvicinarono per aiutarlo ma vennero bloccati da un gesto pacato del Re, nonostante la rabbia facesse divampare di più le fiamme sulla sua armatura lucente. La spada spezzata iniziò a fondersi per via del calore e con un semplice movimento Gallart la estrasse dalla ferita che si richiuse con un leggero sfrigolare.

‘’Portatemi dal Duca. Adesso.’’- proferì il Re sibilando e venne condotto dal Duca dei Bambini Scarlatti. Le enormi rovine di marmo bianco che si trovavano al confine erano la sua dimora da molto tempo. Giunto lì, spintonò una delle sue Guardie e sfondò la porta della stanza:

‘’Tu, lurido cane, dove si trova di preciso la Madre?’’- domandò con voce fredda e sibilante. Il Duca era terrorizzato, con diverse fasciature sporche di sangue e pus e il sudore gli rigava la fronte e il collo; ai due lati del letto c’erano le creature che attaccarono gli eroi di Huvendal qualche giorno fa; i loro occhietti correvano rapidi dal Re del Fuoco alle sue Guardie di ossidiana per poi terminare sul loro protettore.

‘’Mio Sire, la bambina è qui. Nella Città Desolata.’’

‘’Dove, ho chiesto e non provare a suicidarti. Mi servi ancora per il rituale e poi vedrò cosa farmene di te.’’

‘’Mio Sire, la scongiuro di risparmiarmi! Le assicuro che la bambina è qui, in questo luogo ma è tenuta nascosta. Avverto la presenza, ma qualcosa disturba la sua energia celeste e…’’

‘’Basta sudicio essere, so di cosa è capace quella bambina e ho bisogno del suo potere. Mancano pochi giorni all’Eclissi e se voglio essere il Re della Prima Fiamma, devo trovarla a tutti i costi. Hai tempo fino all’alba del terzo sole a partire da ora e se non la trovi, ti farò scuoiare vivo dai miei soldati e userò le tue ossa per decorare la mia vasca.’’- lo interruppe con un ghigno malefico e si avviò nuovamente al castello. Il Re del Fuoco ordinò ai soldati di sorvegliare il Duca affinché si mettesse alla ricerca
della bambina e non indugiasse oltre e l’uso della forza bruta era consentita.

Nel mentre, il Re Malinconico era disteso agonizzante nella sua stanza, mentre la sua consigliera curava le ustioni sul torace e sul ventre e diminuiva la perdita di sangue dal naso con un panno umido. Nella penombra comparve Orphen, il Titano d’Onice:

‘’L’anulare mancante è tradizione di questo paese o le mie conoscenze sono errate?’’

‘’Oh, sei tu. No, non è tradizione del nostro popolo. E’ stato il Re che, dopo la morte della sua amata consorte, ha voluto amputarsi il dito e metterlo nell’urna sacra. Gesto di fedeltà all’unica donna che abbia mai amato.’’- rispose Helartha riprendendosi dal leggero spavento e ripulendo il sangue rappreso sulla pelle.

‘’Un gesto nobile da parte sua, lo ammetto. Quanto tempo ci vorrà prima che possa riprendersi?’’

‘’Caro Titano, non lo so. Sto usando parte dell’acqua curativa che ho usato sul Predone, ma avendo tale potere è guarito in meno di un paio di giorni. Il Re è un comune uomo e ha bisogno di riposo. Probabilmente una settimana o due. Dispiace lasciarmi da sola con lui? Vorrei solo concentrarmi nel richiudere le ferite.’’- rispose la donna pacatamente, immergendo il panno umido nell’acqua e strizzandola per far uscire quella superflua.

‘’Certo. Che le stelle possano vegliare su di lui.’’- replicò il Titano uscendo con un lieve inchino. Davanti ai suoi amici, disse che il Re avrebbe impiegato tempo per riprendersi e che le ferite erano piuttosto gravi dal suo punto di vista. Inoltre racconto dell’assenza dell’anulare e del gesto di fedeltà alla consorte.

‘’Siamo in un luogo sconosciuto e in più abbiamo un nemico potente da affrontare e l’unica persona che conosce qualche tecnica in più di combattimento è lì. Se solo Arcal fosse qui.’’- disse con amarezza il comandante dei Merfolk, sospirando.

‘’Non è detto. Nel corso dei miei anni da Titano, prima di essere affidato alla padroncina Narwain, ho visto diversi popoli con diversi stili di combattimento. Alcuni semplici e rapidi da imparare, mentre altri un po’ più impegnativi. Potrei offrirmi io come vostro istruttore, sarebbe onorevole da parte mia.’’- replicò Orphen inchinandosi al ragazzo e il bagliore nel suo volto si intensificò, significando la sua ulteriore felicità. Arilyn, che era al fianco del suo amato rispose:

‘’Credo che più tecniche conosciamo, più diventeremo inarrestabili contro Gallart e porteremo di nuovo stabilità in questo regno. Io direi di cominciare adesso.’’- concordò con un sorriso e si diresse a prendere le armi nell’alloggio per tornare subito dopo con i due foderi. Quando il comandante dei Merfolk estrasse la sua spada constatò che la punta della spada era spezzata e la scanalatura scheggiata:

‘’Credo che in queste condizioni non posso battermi. La mia spada deve essersi danneggiata nello scontro contro uno di quegli esseri.’’ Il Titano prese tra le sue mani la spada danneggiata, con l’altra mano fece comparire tre piccoli frammenti triangolari neri:

‘’Mi sono concesso di prendere qualche frammento d’onice in più. La tua spada è dei Custodi, e loro hanno usato un materiale simile a quello di cui son fatto io. Ammira.’’- disse Orphen mentre avvolgeva la spada del ragazzo in una brillante luce bluastra. Quando il bagliore si dissolse, fluttuavano a mezz’aria due splendide spade nere, entrambe con il doppio filo e questa volta c’era una effige in più:

‘’Ora dovrò abituarmi a brandire due armi. Prima solo con il mio potere, poi con la spada e adesso doppia. Altre sorprese da quando siamo partiti?’’- domandò ironicamente e con una leggera risata.

‘’Sì. La spada con l’effige del lupo ti consente di essere più veloce e quella del leone, piccola mia creazione durante il bagliore, ti consente di essere distruttivo contro il nemico. Ma per poterlo essere, la spada del lupo va brandita con la sinistra e quella del leone nella destra. Fai una prova.’’- replicò Orphen consegnandogli le spade e sfoderò la sua. Nell’istante in cui Darrien brandì le due lame entrambe vennero avvolte dal suo potere:

‘’In guardia, Predone dell’Oscurità.’’

Il viso del comandante si fece spigoloso e si mise in posizione di difesa, ma non appena incrociò le sue spade, il Titano era già davanti al ragazzo e puntava la spada dritta al suo cuore. Darrien ebbe pochissimo tempo per deflettere il colpo con la spada del leone e colpire la gamba del titano con la spada del lupo:

‘’Ti sei abituato subito vedo. Ammirevole.’’- disse Orphen scivolandogli di lato e colpendolo con l’elsa del suo spadone. ‘’Ammirevole ma devi perfezionare ancora la tua difesa. Lasci troppo scoperti i fianchi e le gambe devono essere piegate quando attacchi e difendi, avrai maggior tempo di ripresa e i tuoi attacchi saranno più veloci. Devi impedire al nemico di avere tempo.’’- constatò il Titano d’Onice puntando il dito contro di lui. Darrien si mosse così rapido e scivolò sotto di lui per poi rialzarsi con una spinta ed eseguire un fenomenale affondo incrociato che fece perdere l’equilibrio alla creatura.

‘’E questa? Chi te l’ha insegnata?’’- domandò l’essere celeste sorpreso e un po’ dolorante. Il ragazzo sorrise e guardò Arilyn:

‘’Volevo provare anche io la tua mossa, ma non è così stupenda come la tua.’’- disse lui, facendo spallucce. Era la stessa mossa fatta dall’Araldo della Luce contro i Bambini Scarlatti incontrati la prima volta al confine del regno.

Fu il turno di Arilyn contro il Titano che le impedì di usare il suo potere, voleva uno scontro pulito: la ragazza dovette concentrarsi per tenere a bada la spada che richiamava a sé il potere della luce. Il rumore delle lame che si scontravano tra i due combattenti provocavano scintille, nonostante la magia di cui erano impregnate e più i colpi aumentavano, più il potere di Arilyn diventava instabile e così la spada della ragazza cominciò a brillare. Un poderoso colpo dato dalla ragazza sprigionò una falce luminosa che fece svanire la spada di Orphen e andò a schiantarsi contro la colonna, lasciando un grosso solco fumante:

‘’Per le Anziane. Questo sì che era un colpo formidabile.’’- disse Orphen osservando la fenditura nella colonna crepata. ‘’Per fortuna non era una colonna portante.’’- sentenziò infine il Titano, battendo le mani. Dopo aver preso in considerazione le loro abilità, ordinò ai ragazzi di sedersi sul pavimento, chiudere gli occhi e lasciare che i sensi prendessero il controllo del loro corpo:

‘’Fate tacere qualsiasi pensiero vi offuschi la mente e lasciate che siano i vostri sensi a guidarvi.’’

I respiri dei ragazzi erano profondi, la loro concentrazione invidiabile e il Titano osservava attento a qualsiasi evento bizzarro. Arilyn sapeva sfruttare egregiamente la tecnica di suo padre e si sentì orgogliosa d’un tratto. La luce che le scorreva nell’animo vibrava insieme al suo istinto ed era pronto ad essere scatenato dalla ragazza. Orphen scattò in avanti e con la spada nuovamente tra le mani eseguì un montante.

‘’Adesso.’’- esordirono l’istinto e la luce: un immensa barriera dorata contrastò il colpo della creatura d’onice che osservò come quell’onda brillante iniziò ad accecarlo; qualcosa simile ad una densa cortina di fumo nero iniziò a serpeggiare a mezz’aria per poi abbattersi sul Titano, scaraventandolo lontano, quasi vicino uno dei fossati d’acqua. Quell’immenso frastuono fece perdere la concentrazione dei due ragazzi:

‘’Mai perdere la concentrazione, miei giovani eroi. Noto che le vostre anime erano unite e usavate i vostri poteri insieme. Ottimo lavoro di squadra, ma ciò vi indebolirà rapidamente. Gah, la mia schiena, dovrei essere un titano e non provare dolore, ma mi sento come un essere umano.’’- sentenziò il Titano mentre si alzava faticosamente, togliendosi la polvere da dosso.

I ragazzi si scambiarono rapide occhiate, notando che i loro poteri li avvolgevano come se fossero mantelli fatti di pura energia e sembravano aver vita propria. Orphen si grattò la testa cercando di ricordare quali fossero le altre tecniche di combattimento finché, amareggiato, si rese conto che servivano dei fantocci da difesa:

‘’Non posso insegnarvi le tecniche avanzate perché non abbiamo dei fantocci con degli scudi. E quelli servivano nel caso il nemico avesse fanteria pesante.’’

‘’Non importa Orphen, non devi insegnarci tutto ma solo quello che reputi opportuno.’’- disse Darrien, facendo svanire il suo potere e massaggiandosi la spalla che ogni tanto gli causava fitte dolorose e il suo orgoglio era troppo forte per cedere a smorfie di debolezza.

Dalla stanza del Re uscì Helartha, incuriosita dal frastuono e si adirò nel vedere il caos provocato dai giovani ragazzi e dal Titano:

‘’Se dovete allenarvi, fatelo almeno fuori. La tempesta di sabbia si è diradata e non dovreste avere problemi con quei mostriciattoli. Adesso andate, devo ripulire questo disordine!’’

Una volta all’esterno dell’edificio, l’aria era secca, intrisa di zolfo e legna bruciata ma la tempesta di sabbia si era ormai placata. Se il cielo splendeva di uno strano azzurro opaco, la città invece era cupa, polverosa, grigia e semi distrutta: travi spezzate, muri di pietra abbattuti, detriti, cenere e il resto di alcuni cadaveri carbonizzati erano ancora presenti in quello scenario di abbandono. Determinati cadaveri avevano ancora le braccia alzate, come in cerca di aiuto e la bocca spalancata nel tentativo di urlare, ma il fuoco e la cenere li aveva divorati e tramutati in nere statue prive di vita. Un brivido di terrore scosse Arilyn, che strinse l’elsa della spada nel vano tentativo di calmarsi e dal fodero qualche raggio di luce trovava via di fuga. Il suo compagno, Darrien, le strinse la mano così forte che le nocche divennero bianche e un calore innaturale si propagò nei due giovani, un calore causato anche dal contatto con i due poteri. Qualcuno era nei paraggi, i suoi passi pesanti, lo sfrigolare di lava rovente sulla sabbia e degli urletti acuti presagivano l’arrivo di qualche creatura letale:

‘’Presto, dietro quel muro.’’- disse Darrien senza alzare troppo la voce. Da dietro uno spiraglio apertosi nella parete dove erano rifugiati, il comandante poté osservare diversi Bambini Scarlatti cercare come forsennati tra le macerie e il legno nero, mentre due grosse creature d’ossidiana che emanavano bagliori arancioni facevano da scorta ad un vecchio uomo, emaciato, pallido e livido.

‘’Cosa vedi Darrien?’’- domandò sussurrando il Titano, cercando anche lui di sporgersi e vedere.

‘’I Bambini Scarlatti, come li ha chiamati Helartha, i soldati del Re e un vecchio uomo dalla tunica logora, di un rosso sbiadito e con un glifo religioso, ma è molto consumato.’’- constatò il ragazzo mentre osservava i movimenti del gruppo.

‘’Glifo? E’ lui! E’ il Duca.’’- disse Orphen, mentre la luce nel suo volto iniziava a sfumare sull’arancione, la stessa tonalità avuta la prima volta con l’incontro degli eroi considerati criminali. Il Duca, chiamato così dal Titano, aveva le mani protese verso i detriti mentre pronunciava varie parole come se fossero una cantilena ma uno dei soldati lo colpì duramente nello sterno, producendo un fastidioso e aberrante rumore di costole rotte:

‘’Ne abbiamo abbastanza dei tuoi giochetti, Duca. O trovi quella bambina o useremo il tuo flaccido corpo come fantoccio per le spade. Il Re tiene molto a trovare la Madre, quindi datti da fare.’’- disse il soldato di pietra lavica, mentre le fiamme divampavano dal suo corpo. Per qualche strano motivo, il soldato scaricò la sua frustrazione su uno dei Bambini sventrandolo, decapitandolo e lanciando i suoi resti a pochi metri dal nascondiglio dei giovani eroi e infine bruciarli.

‘’Placa la tua ira. A breve quando questo verme avrà trovato la Madre del Globo, Gallart ci renderà invincibili. Tutti noi.’’- disse l’altro soldato con voce gutturale e stranamente pacata. Senza rendersene conto, il soldato d’ossidiana si ritrovò trafitto da parte a parte, mentre la lava sgorgava dal collo:

‘’Ve lo impedirò.’’- disse la figura alta e snella, mentre affondava di più la sua lama nella creatura, fino a farlo esplodere in vari frammenti incandescenti. Darrien imprecò quando constatò che Orphen era lì, a fronteggiarli da solo in preda alla rabbia e ignaro che l’altro Bambino Scarlatto stava per saltargli addosso. Fu per il volere del fato che il comandante dei Merfolk, con un movimento rapido riuscì a scagliare uno dei tanti pugnali dalla sua cintola e a colpire con precisione il collo della creatura.

‘’Dunque siete qui. Re Gallart ci aveva avvertiti del vostro soggiorno. Consegnateci la bambina e sarete ricompensati.’’- esordì la Guardia d’Ossidiana avvolta dalle fiamme e con una lunga spada tra le mani.

Orphen corse contro di lui, proprio mentre stava per eseguire un affondo rovente, ma lo afferrò per la visiera dell’elmo e lo scagliò contro un muro, per poi decapitarlo con forza disumana. Darrien, invece, usò le sue spade contro l’altro Bambino, sventrandolo e incenerendo i resti con il suo potere. Il Duca estrasse una piccola campana dalla sua tasca e iniziò a suonarla con violenza prima di ritrovarsi con il naso rotto da un pugno di Arilyn e la punta della spada sul pomo d’Adamo:

‘’Maledetta screanzata, toglimi questa sudicia spada dal collo se non vuoi che…’’

‘’Se non vuoi che cosa Duca?’’- domandò il Titano avvicinandosi al vecchio uomo e afferrandolo per il colletto della tunica.

‘’Se non vuole che venga punita come merita.’’- rispose il vecchio ringhiando e colpendo con diversi calci il petto di Orphen.

‘’La bambina non sarà mai vostra, Gallart non dovrà posare le sue luride mani sulla mia padrona e rubarle la purezza.’’- sentenziò con freddezza il Titano, prima di lanciarlo lontano nella sabbia rovente. Delle grida acute si udirono a pochi metri dalla loro posizione: decine di Bambini Scarlatti erano lì, con i loro occhi ambrati che brillavano di diabolica sete di sangue e gli artigli neri come la pece che contrastavano la loro pelle li rendevano terrificanti, nonostante la loro anima fosse quella di pargoli innocenti.

‘’Avanti, figli miei. Uccideteli e divertitevi con i loro cadaveri.’’- urlò il Duca alzando le braccia quasi ad esultare, ma il Titano d’Onice infuriato più di prima andò contro di lui e lo ferì brutalmente con la spada, trapassando la gamba come se fosse semplice burro, mentre il sangue zampillava copioso.

Quel gesto scatenò l’onda scarlatta: il comandante dei Merfolk scambiò un’occhiata rapida con Arilyn e entrambi corsero con le loro spade sguainate e il loro potere che veniva incanalato in esso. Quando la ragazza eseguì un tondo, dalla lama si sprigionò una lama di luce dorata e il suo compagnò sembrò quasi cavalcarla e fu solo in quell’istante che la luce e l’oscurità si unirono per falciare un gran numero di nemici senza l’aiuto di un vasto esercito: Darrien eseguiva con rapidità e forza devastante dei mulinelli dall’alto, falciando le creature con le sue spade, mutilandoli o bruciandoli con il suo potere. Non provava pietà per il Re Gallart per aver commesso tale abominio, ma sopravvivere era fondamentale. Arilyn, intanto, sentiva il suo potere aumentare senza sosta, sentiva di dover compiere qualcosa con la spada, un colpo devastante che avrebbe ridotto in cumuli di cenere quelle creature affamate; notava come la sua spada iniziasse ad emanare lingue di luce e a brillare sempre di più.

‘’Conficca la spada nella sabbia, giovane guerriera. Ora.’’- disse la voce dell’istinto. La stessa voce che l’aveva aiutata contro le peripezie e la Regina di Ghiaccio. Portò la punta della spada sulla sabbia e con tutta la rabbia la conficcò nel manto rossastro.

La terra sotto i suoi piedi iniziò a tremare, la sabbia a cristallizzarsi e a crepare. Delle gigantesche onde di luce si riversarono sui Bambini Scarlatti, riducendoli in cumoli di cenere: altri che cercavano di scappare vennero trafitti dalle lame di Darrien, scagliate come se fossero arpioni e successivamente per essere riprese dal suo potere. Il terremoto di luce di Arilyn permise di incendiare le prime file nemiche e al ragazzo di infliggere gravi perdite tra quelle bestiacce. La ragazza estrasse con fierezza la spada ed esegui un’altra incredibile mossa con essa: un Bambino scarlatto era sopravvissuto, seppur mutilato in parte dal collo e spalla, e stava per affondare i suoi artigli nel collo della ragazza se non fosse stato per la spada che trapasso l’esile corpo della creatura da parte a parte e lo ridusse in cenere dal busto al ventre, lasciando solo le gambe paralizzate come resti.

‘’E’ stato uno scontro formidabile. Darrien i tuoi mulinelli e affondi sono precisi ma non devi mai tenere scoperti i fianchi. Arilyn, quella mossa chi te l’ha insegnata?’’

‘’Possiamo rimandare le domande e gli elogi a dopo, Orphen?’’- chiese Arilyn con un leggero sorriso stanco: quell’immenso colpo l’aveva prosciugata delle sue energie e faticava a stare in piedi. Darrien domandò ad Orphen se il Duca andava catturato o lasciato nelle mani del fato:

‘’Che questo deserto rovente lo anneghi. ‘’- fu la risposta del Titano, osservandolo da lontano mentre scappava sanguinante verso il castello, incrociando lo sguardo dell’uomo adirato per tale affronto. Il sole sulle loro teste, dal caldo giallo iniziò ad assumere una bizzarra tonalità d’arancione e l’afa del deserto iniziava a diminuire. Anche nel regno di Huvendal si poteva osservare tale fenomeno, tanto da allarmare Shenyra che cercava di entrare in contatto con le Stelle Nere ma l’agitazione glielo impediva:

‘’Questa non è la normale Eclissi che i tomi antichi riportano. Dove è finito il libro?’’- si domandava la ragazza mettendo sottosopra il suo alloggio in cerca dell’oggetto.

Tirò un sospiro di sollievo dopo averlo trovato e sfogliò le varie pagine per giungere a due completamente nere, con due disegni in inchiostro bianco e rosso. Quest’ultimo rappresentava l’Eclissi del Sole Arcano e di come il Re del Fuoco diventasse il Signore della Prima Fiamma, ma l’iconografia dipinta in bianco fece impallidire la giovane Stella Nera:

‘’No. Non può essere. La Figlia della Luna. Devo avvertire mia madre.’’- disse, mentre scriveva una lettera con una calligrafia sconosciuta ai soldati, ma non alla Regina degli Ellsanoris. Raggiunto uno dei soldati del suo regno, gli ordinò di dirigersi immediatamente a Darnassea e di far recapitare il messaggio urgente. La
sorella maggiore Eileen, invece, era occupata ad affinare le sue tecniche di combattimento con diversi tipi di armi, come le spade bastarde, falcioni, flamberghe, alabarde e le sue preferite: la spada ad anello e gli artigli di falco. La prima era una spada lunga e sottile, con un grosso anello fuso al pomolo che tenuto con la mano sinistra consentiva maggior rapidità negli attacchi. Gli artigli di falco, invece, erano due manganelli in ferro con diverse piccole lame che partivano dal manico e giungevano sulla punta creando una spirale affilata. Dopo aver distrutto per l’ennesima volta i suoi fantocci da allenamento, riposo tutte le armi nei loro foderi e successivamente in una grande cassa. I muscoli erano tesi, il sudore le imperlava la fronte e, con i riflessi del sole in fase dell’imminente eclissi, sembrava avesse la testa coronata di piccole pietre preziose.

‘’Signorina Eileen, mi scuso per averle interrotto l’allenamento serale, ma una persona gradirebbe parlarle.’’

‘’Odio le formalità e puoi darmi del tu, grazie. Prego, lasciala passare.’’- rispose Eileen sorridente e congedò il soldato con un cenno della testa. Alle spalle del giovane uomo in tenuta nera e verde comparve Nima, con i capelli legati nel suo chignon impeccabile e la divisa da lavoro, leggermente sgualcita. Entrambe le ragazze arrossirono imbarazzate:

‘’Perdonami se ho interrotto il tuo allenamento, ma pensavo gradissi un piccolo dolce fatto da me.’’

‘’Nima, è gentile da parte tua ma non dovevi, non ho nulla con cui ricambiare.’’
‘’Non importa. Lo faccio per coloro che trovano spazio nel mio cuore.’’- disse Nima, rendendosi conto troppo tardi di aver detto qualcosa che avrebbe interrotto quel momento. Eileen la osservava dubbiosa, ma il sorriso sulle sue labbra non svanì e si avvicinò alla ragazza.

‘’Dunque…nonostante sia passato solo un mesetto da quando sono qui, ho trovato spazio nel tuo cuore?’’- domandò la guerriera dei Custodi. Come risposta, ricevette un cenno con la testa da parte della giovane domestica che rimase lì, immobile mentre Eileen le carezzava una guancia. C’era qualcosa in quel contatto che le univa, qualcosa che le spingeva a volerne di più. La giovane custode tenne il viso della domestica tra le sue mani e frenava in tutti i modi l’impulso di baciarla e stringerla a sé:

‘’Eileen io…’’

‘’Non una parola Nima, non è il luogo e il momento lo so, ma presto giungerà.’’- rispose lei, chiudendo gli occhi e poggiando la fronte alla sua, unendo i respiri e le mani. Si salutarono e fu difficile distogliere lo sguardo per entrambe, ma quando Nima scomparve nel corridoio, la ragazza sentì un grosso peso posarsi sulle sue spalle e colpì un fantoccio per scaricare la tensione fin quando una voce familiare non la distolse dalla sua ira:
‘’I miei sospetti erano fondati allora. Sono contento che Huvendal faccia unire due persone, che siano dello stesso sesso oppure il contrario. L’importante è che entrambe siano felici.’’

‘’Re Searlas, perdoni la mia condotta, non volevo lo scoprisse in questo modo.’’

‘’No, no, assolutamente. L’amore, anche in tempi avversi, è sempre forte. Cara Eileen, voglio solo dirti questo. Sei una prode guerriera di due regni ora ma dovrai anche esserlo per Nima. Proteggila con tutta te stessa perché l’amore che provi per lei ti renderà inarrestabile. Promettilo sul tuo onore.’’- disse Searlas con un sorriso a trentadue denti e inchinandosi, reggendo la corona che fuggiva sempre dal capo.

‘’Oh, che sbadato. Perdonami tu, ero entrato per avvertirti che tua sorella ti cercava ma mi sono reso conto che disturbare un momento intimo tra due persone risultava molto sgarbato e quindi ho atteso. Se dovessi aver bisogno di altro, io sarò nel mio studio. O nei corridoi del castello per parlare con gli ufficiali.’’- disse per poi svanire anche lui dietro le mura del corridoio. Eileen si sentiva sollevata per le parole del re, ma quel peso restava ancora lì, come un avvoltoio affamato.

Il peso dell’amore.

Nel Castello Nero, Gallart gioiva per l’imminente rituale ma la sua gioia durò poco quando entrò il Duca, sanguinante e strisciante, come fa un verme. Il Re del Fuoco sospirò innervosito dalla sua presenza:

‘’Che cosa vuoi, maledetto verme? Finché non trovi la bambina, non riceverai le mie grazie o quello che desideri. Ma se è la morte, posso accontentarti subito.’’- disse sfoderando una lunga spada, sottile e affilata in ambo i lati e con piccoli sprazzi di fiamme che lambivano il ferro della lama.

‘’Non è la morte che desidero, ma desidero che mi ascolti. La bambina è qui, nella Città. Due ragazzi e un Titano la conoscono e la stanno proteggendo e sono sicuro che si trovano nella dimora del Re Malinconico.’’

Il Re Gallart restò in silenzio a riflettere e si voltò verso la finestra, dove oltre il vetro la Città Desolata si poteva ammirare. Non appena il suo sguardò si posò sulla dimora del Re Malinconico, una rabbia cieca si manifestò come una grossa fiamma che lo avvolse dalla testa ai piedi e la spada si ricoprì di lava incandescente che colò sul pavimento. L’uomo dai lunghi capelli argentei si voltò lentamente e nei suoi occhi brillava la luce del desiderio di potere:

‘’L’altare è pronto?’’- domandò con uno strano tono di voce, simile ad un suono cavernoso. Il Duca tentennava nel rispondere, finché una Guardia d’Ossidiana non lo colpì sulla testa con l’asta della sua lancia come a punirlo per l’insolenza:

‘’Sì, Sire. L’altare è pronto, manca solo la bambina e l’Eclissi potrà conferirle tutto il potere che tanto agogna.’’

‘’Perfetto. Ho una domanda: non sarò l’unico nel futuro scontro contro gli eroi di Huvendal, vero?’’

‘’Siamo stati creati dalla vostra fiamma, la nostra lealtà è forte e combatteremo con lei.’’

‘’Intendo che questa Eclissi non è quella che avviene con regolarità, ma nasconde qualcosa di diverso. Portatemi il libro sul rituale.’’- ordinò il Re, posando la spada nel fodero con lentezza. Quando uno dei suoi soldati tornò con il libro, il Re sfogliò rapidamente le pagine e quando giunse a metà di esso, le due pagine nere con le iconografie dell’Eclissi lo fecero sorridere:

‘’La Figlia della Luna. Una creatura celestiale che si manifesta in un determinato anno dell’Eclissi Arcana. Magnifico. Avrò un degno alleato in guerra contro quei ragazzi e, inoltre, raderò al suolo una volta per tutte questo inutile regno.’’- disse richiudendo il libro e porgendolo al suo soldato.

Un sorriso di pura perfidia solcò il suo viso, il calore delle fiamme che ardevano sul suo corpo fecero crepare parte del vetro della finestra. Il suo corpo venne nuovamente avvolto dalle fiamme, più scure del solito e più luminose: ogni centimetro del fisico tonico si ricoprì di una spessa armatura, fatta eccezione per il volto. I bracciali, il pettorale e parte dei gambali terminavano in spuntoni acuminati e sottili che brillavano di una strana tonalità violacea. Con un ghigno sadico, Gallart si avvicinò al Duca e con un movimento rapido gli ruppe la gamba ferita:

‘’Queste urla accompagneranno la sinfonia di morte che porterò in ogni regno confinante.’’


 
   
 
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