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Autore: _JacseeSpears_    14/01/2017    0 recensioni
"La temperatura divenne quasi tropicale, eccessivamente troppo per la pelliccia indossata dai ragazzi, che prontamente la sbottonarono e la lasciarono cadere a terra, rivelando un fisico tonico che sporgeva dalla maglia bianca.
I due guardarono con più attenzione verso gli Iceberg alla ricerca di quella bellissima fonte di calore e in lontananza videro tre sagome umane: una immersa nell'acqua, due sedute su un iceberg."
Una misteriosa profezia riguardante il Popolo dei Mari spinge due Sirene e un Tritone a rivelarsi, seppur in lontananza, a due marinai.
Alec, uno dei marinai, si troverà a vivere in un mondo che non è il suo; e tra amori, magie, combattimenti e popolazioni misteriose e inquietanti, verrà a scoprire un'inquietante verità su un'antica civiltà perduta che abitava la terra anni e anni fa.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Luogo: Non Definito.
Anno: Non definito.

La Creatura si mise a sedere pigramente sulla sedia, con la sua lunga e grigia mano sinistra reggeva una tazza fatta in ceramica che conteneva un liquido caldo e fumante al suo interno.
Portò il contenitore alle labbra e bevve un sorso di quella bevanda offertagli gentilmente come tributo dai suoi Esperimenti. 
Tutto procedeva come doveva procedere: gli Esperimenti andavano qua e là per le strade, parlavano tra loro, scambiavano prodotti e lavoravano.
L'essere sorrise soddisfatto, ma il sorriso trionfante che aveva fatto poco prima si interruppe quando una luce rossa iniziò a lampeggiare sul monitor.
Rosso= pericolo. Pensò, ma non lo disse ad alta voce. 
Poggiò la tazza e fece pressione su un bottone rosso, spostandolo a destra e a sinistra con la sua enorme e lunga mano, stava piovendo.
Schiacciò un altro tasto e la visuale cambiò: stava osservando la scena dall'alto. 
Un'enorme cumulo di nuvole si ammassò supra l'esperimento, coprendolo del tutto.
Poi i tuoni, poi la pioggia, le urla e infine la distruzione di tutto il lavoro fatto fino a quel punto.

Anno: 2017
Luogo: Antartide.

La nave si muoveva pigra lungo la piatta distesa oceanica, distruggendo il ghiaccio che si stagliava imponente lungo il loro cammino.
Finalmente la SS Saint Mary levò le ancore e l'equipaggio poté finalmente dire "Siamo salvi, ce l'abbbiamo fatta!" 
La Saint Mary era una delle rompighiaccio che si occupava di trasportare gli scienziati e i biologi americani fino all'Antartide. 
La nave era infatti composta al 90% di scienziati, uomini e donne, tutti desiderosi di scoprire i misteri biologici e non che si celavano sotto la spessa coltre di ghiaccio e neve che dominava il Polo Sud. 
E poi c'erano i marinai. 
Due di loro, Thomas e Alec erano sul ponte ed entrambi erano stretti nelle loro pellicce marroni. 

Guardarono gli scienziati scendere goffamente con la loro attrezzatura, infagottati nelle loro pellicce soffici e calde; molto probabilmente anche più di quelle dei marinai. 
Alec poggiò i gomiti sulla ringhiera e con i suoi occhi azzurri come il cielo si guardò intorno estasiato: era sempre stato il suo sogno far parte di una spedizione importante e di vedere tanti luoghi, e nonostante le avversità, il Polo Sud e la Saint Mary erano un buon inizio. 
Si passò una mano tra i capelli biondi, poi si voltò in direzione di Thomas, il suo migliore amico e compagno di una vita. 
Thomas, nonostante gli occhi neri e capelli dello stesso colore, era la persona più stupida che Alec conoscesse: prendeva molto poco sul serio tutto quanto, passava le sue giornate a scherzare, ed era finito sull'equipaggio della Saint Mary solo perché aveva ottime conoscenze, le stesse che avevano permesso di entrare ad Alec. 

<< Fa troppo freddo qui. >> 
Thomas interruppe il silenzio rilassante che si era creato, proprio mentre Alec era intento a guardare i pinguini e a concentrarsi su una rilassante melodia che la sua mente stava producendo. 
<< Guarda che vista che c'è, in compenso. >>, si limitò a rispondere il ragazzo, tornando a guardare il mare. 
I pinguini saltavano fuori dall'acqua con dei pesci nel becco, le foche riposavano pigre sopra piattaforme ghiacciate e gli albatri volavano. 
Alec sperò vivamente che in quel momento non arrivasse l'antipaticissimo Perry, il direttore di macchina: il fratello maggiore di Thomas prendeva molto seriamente il suo lavoro e più e più volte durante il corso del viaggio aveva minacciato il fratello di farlo punire dal capitano, e nel 90% dei casi ci finiva di mezzo anche Alec che si limitava a guardare, 
Il cielo stava diventando rosa, il sole stava tramontando molto lentamente creando degli spicchi arancioni sulla superficie piatta del Mare di Weddell . 
Dovrei rinunciare a tutto questo solo per lavare il ponte? In teoria sì, in pratica no.
Pensò Alec continuando a fissare l'orizzonte e godendo della meravigliosa vista offertogli dalla natura. 
Prese il suo Smartphone e fece una foto: voleva portare con sé quel paesaggio, per tutta la vita. E tornato a casa, avrebbe stampato la foto per conservarla. 
<< Alec, guarda là! >>
Thomas aveva il bellissimo difetto di rovinare ogni qualsivoglia momento di relax con la sua voce non troppo profonda, ma desiderosa di essere ascoltata. 
Il biondo si voltò in direzione dell'amico, si avvicinò a lui e tornò a poggiare i gomiti sulla ringhiera, guardando svogliatamente degli Iceberg in lontananza. 
In quel momento provò una strana sensazione, quasi di completo relax. 
Anche Thomas provava la sua stessa situazione.
La temperatura divenne quasi tropicale, eccessivamente troppo per la pelliccia indossata dai ragazzi, che prontamente la sbottonarono e la lasciarono cadere a terra, rivelando un fisico tonico che sporgeva dalla maglia bianca. 
I due guardarono con più attenzione verso gli Iceberg alla ricerca di quella bellissima fonte di calore e in lontananza videro tre sagome umane: una immersa nell'acqua, due sedute su un iceberg. 
Qualcosa si rifletteva contro i raggi del sole producendo un luccichio verso quel punto e la melodia che poco prima Alec stava cantando nella sua testa ricoprì l'aria, interrompendo il silenzio del luogo. 
Le sagome sembravano intente a parlare tra loro, ma ciò era impossibile: quale creatura poteva sopravvivere nelle gelide acque del Polo Sud?
Nessuna.

Possibile che...? 
Pensò il ragazzo, rimuovendo subito l'idea delle Sirene dalla mente: fin da piccolo aveva sentito dire che erano cretinate, quelle che stavano vedendo in quell'istante erano allucinazioni dovute al lungo viaggio e alle temperature. 
Questi ragionamenti furono interrotti di nuovo da Thomas, che scattava foto alle creature, fendendo sia la melodia che si propagava nella loro direzione che l'aria, con il rumore della della sua fotocamera. 
Provò a fare anche lui qualche foto, ma i rumori misero in guardia le Creature, che si tuffarono in acqua e nuotarono via a gambe levate.

La temperatura tornò di nuovo fredda e i due indossarono in fretta e furia le loro pellicce calde, poi senza dargli neanche il tempo di capire e razionalizzare, Thomas si fiondò come una furia verso gli uffici del capitano, gridando il suo nome e facendo affacciare alcuni marinai che erano rimasti nelle stive. 
Alec lo seguì con molta calma, si fermò solo davanti la porta del capitano che era stata chiusa da un Thomas emozionato. 
Sembrava un bambino piccolo quando riceve il suo tanto amato cavalluccio robotico. 
Il biondo non aprì la porta, poggiò l'orecchio sulla superficie metallica restando in ascolto.
<< Cosa c'è? >>, udì dire dal capitano. 
Egli era un uomo dall'aspetto burbero che aveva quasi ottant'anni, ma che in realtà era una specie di orso buono. 
Era quasi pelato, aveva gli occhi blu notte e indossava sempre un paio di occhiali. 
Thomas non gli rispose, probabilmente gli stava facendo vedere le foto e Alec sapeva che si era messo nei guai: nonostante la sua bontà eccessiva, il capitano, Elvis, non esitava a diventare cattivo con chi lo meritava.
<< Vede? Sembrano proprio delle Sirene! >>, esclamò Thomas convinto. 
Probabilmente stava facendo scorrere il dito indice sul display del telefono mostrando di nuovo tutte le foto.
<< Non ho tempo per queste sciocchezze, e nemmeno tu. >>, gli rispose il capitano leggermente infastidito. 
<< Ma sono reali! >>, esclamò Thomas.
Non sapeva proprio quando era il momento di tacere? Si sarebbe messo nei guai, Alec lo sapeva.
Lo conosceva troppo bene. 

<< Secondo lei com'è possibile una cosa simile? >>, lo incalzò il mio amico: sapeva essere davvero persuasivo ed insistente quel ragazzo. 
<< Non è possibile, appunto. Invece di smanettare con il cellulare, torna a pulire il ponte prima che mi decida ad abbandonarti qui. >>
Conoscendo Thomas, ora sarebbe uscito fuori dall'ufficio del capitano strillando come una furia e dicendo di essersi trattenuto dall'alzargli le mani.
E infatti accadde ciò, ma Alec si era già allontanato per evitare di essere visto dal capitano.
I due evitarono l'argomento per il resto dei giorni passati lì, intonando quella rilassante melodia che avevano udito il loro primo giorno al Polo Sud.

Dolce amata America, finalmente a casa! 
Pensò Alec non appena varcò la soglia di casa sua, gettando con poca grazia la valigia sopra il divano.
Non che non gli piacesse la navigazione, ma pulire il ponte dall'inizio alla fine del viaggio non era ciò che il ragazzo si aspettava di fare, ma forse doveva aspettarselo: che esperienza aveva in campo nautico?
Non basta l'esperienza dei libri, la conoscenza, bisogna anche vedere la capacità pratica di una persona.

Riguardo all'argomento Sirene, avevo detto a Thomas che non volevo essere coinvolto: lui mi aveva confessato di voler contattare una nota stazione radio che si occupava di creature misteriose e di volergli raccontare tutta la storia, le sue sensazioni e di fargli vedere le foto.
Entrambi sapevano, però, che Thomas non avrebbe tenuto la bocca chiusa riguardo ad Alec.
In quell'istante, Alec tornò a casa dal supermercato: aveva fatto scorta di cibo cinese e aveva intenzione di chiamare la ragazza per cui aveva una cotta, Anita Carla Kara Garcia. 
Mentre stava per comporre il numero della ragazza, il telefono squillò e sul display apparve il nome "Thomas", Alec rispose.
Il ragazzo era alquanto eccitato, gli aveva detto di venire subito alla stazione radio, che era una scoperta sensazionale e che si doveva sbrigare.
Purtroppo Alec dovette rinunciare al programma Cibo Cinese e Anita per accorrere dal suo chiassoso amico.
Se l'aveva messo in mezzo a qualche strana situazione, lo avrebbe ucciso con le sue stesse mani.

Le poltrone in ecopelle erano davvero scomode, ma non erano stati convocati lì per giudicare la qualità del materiale usato per rivestire le poltrone. 
Dietro la scrivania era seduta una donna dai capelli neri, gli occhi a mandorla marroni e penetranti come una lancia, vestita con un kimono corto fucsia con diversi fiori; legato intorno alla vita c'era un fiocco nero. 
Dietro di lei, scorrevano a ripetizione, le foto fatte da Thomas quel fatidico giorno al Polo Sud.
<< Sirene, dite. >>, disse muovendo le sue labbra sottili ricoperte dal rossetto rosso. 
Si mise in piedi e si avvicinò ai due ragazzi; nella mente di Alec c'era un solo pensiero "Dove sono?!"
<< 
Il mio nome è Amaya. >>, continuò, tendendo ad Alec una mano avvolta da un guanto in velluto bianco. 
Il ragazzo la strinse con forza e vigore, poi si presentò. 
<< Cosa possiamo fare per lei? >>, domandò ancora Alec, cercando di assumere un tono sicuro di sé, continuando a guardare la donna. 
Dietro di lei, due uomini afroamericani interamente vestiti con un completo elegante nero stavano osservando i ragazzi, visibilmente agitati.
<< Ho visto le foto di Thomas. Voglio che ci aiutiate a ritrovare le Sirene. >>
Parlava come se stesse dicendo la cosa più naturale del mondo quando in realtà sembrava una matta. 
Alec desiderò che quei due uomini vestiti di nero le rimettessero la sua consunta camicia di forza e la trascinassero nella sua stanzina.
Ovviamente non fecero nulla.
<< Le Sirene non si palesano senza un motivo a noi umani, se queste Sirene e queste immagini sono vere, voi ci aiuterete a trovare questa popolazione marina e a scoprire come mai si sono rivelate proprio a voi. >>, continuò notando che Alec non le aveva risposto, tanto meno Thomas.
<< A che scopo dovrei aiutarvi? E chi sei? >>, domandò il biondo alzandosi in piedi e guardandola negli occhi. 
<< Pensa a quanto potrebbe essere conveniente stringere rapporti commerciali con la popolazione dei Maridi; scambiarci le tecnologie, le tradizioni e magari anche creare una razza mista. >>
Stava parlando di pura fantascienza. Alec lo sapeva, e lo sapeva anche Amaya ma si rifiutava di ammetterlo. 
<< Ma è impossibile. E poi razza mista? Sono già una razza mista. >>, controbatté Alec senza muoversi.
<< Fatevi trovare alle 4.00 am al porto. Altrimenti. >> e con il dito fece il gesto di sgozzare una persona.
Era una minaccia?
In caso, Alec e Thomas dovevano denunciare questa povera psicopatica prima di ritrovarsela in casa con un ventaglio pieno di lame desiderosa di sgozzarlo e magari di usare la sua testa per attirare qualche creatura criptozoologica.

Ecco raccontata in breve la storia di come questi due giovani americani si ritrovarono nel sottomarino ad alta tecnologia di una giapponese psicopatica e dei suoi gorilla in bianco e nero.

Nell'equipaggio c'erano, oltre ad Alec e Thomas, altri sub molto esperti, decisamente più esperti di loro.
Infatti i due avevano il compito di fare da esca cosicché le Sirene si sarebbero mostrate a loro senza paura e senza timore. 

Eravano di nuovo in Antartide, immersi nel mare di Weddell, stesi sulle loro cuccette a leggere e a smanettare col cellulare-per quanto fosse possibile-.
E dopo il terzo giorno di navigazione sottomarina, accadde qualcosa.
Era sera, entrambi erano stesi sui letti coperti dalla testa ai piedi. 
Proprio in quell'istante, cominciò a fare caldo, di nuovo, come qualche mese fa. 
Senza neanche guardarsi o pensare se fosse normale, i due iniziarono a togliersi le maglie, poi i pantaloni, rimanendo in mutande.
Guardarono l'oblò come se sapessero che qualcosa sarebbe spuntato da lì, e infatti diversi ciuffi di alghe del colore del ghiaccio si palesarono davanti ai loro occhi increduli. 
Qualche stella marina e qualche perla era incastrata tra loro, i ciuffi erano sottili e sembravano fili d'erba, o capelli.
<< Non sembrano alghe... >>, sussurrò Alec poggiando la sua mano sopra il vetro dell'oblò. 
In quell'istante una mano palmata si poggiò in quello stesso punto, e quelli che prima sembravano ciuffi di alghe si rivelarono dei capelli appartenenti ad una ragazza dal viso a punta. 
Si intravedevano, ai lati del viso, due estremità rigide e unite da una membrana, gli occhi viola della ragazza e la stella marina con tanto di perle erano accessori per capelli: una fascia di perle e un fermaglio. 
Sembrava un incubo.
O forse un sogno? 
I due sobbalzarono parecchio quando la creatura poggiò la sua mano contro il vetro, e sobbalzarono allo stesso modo quando fu spintonata via da un'altra Sirena.
Questa aveva i capelli blu e si mimetizzavano con il mare; erano raccolti in una lunga coda di cavallo tenuta forma da una stella marina. 
I suoi occhi erano verde scuro e anche lei aveva le stesse estremità. 
Batté le ciglia qualche volta, poggiò anche lei la sua mano palmata e si morse il labbro, poi provò a dire qualcosa: nullo. 
Non sentivano nulla e la voglia di aprire l'oblò e di sentire cosa era tanta, ma non lo fecero. 

Un altro viso, questo dai lineamenti quadrati, si intromise scacciando la mano della Sirena e poggiando la sua contro quella di Alec. 
I suoi capelli erano verdi e molto più corti di quelli delle altre due, gli occhi arancioni. 
Era un Tritone.
Avevano voglia di mettersi a strillare come due bambini emozionati, ma si limitarono ad abbracciarsi per l'emozione che avevano provato nel vedere due Sirene e un Tritone.
La temperatura scese di nuovo e l'unico calore era prodotto dai loro corpi che si toccavano nel corso dell'abbraccio, quindi decisero di staccarsi e rivestirsi.
<< Non ho alcun interesse nei riguardi della vostra vita privata, ma potreste farle a casa certe cose. >>
I due sobbalzarono udendo quella voce cupa. 
Un ragazzo dal viso spigoloso con la barba corta e curata e la pelle non eccessivamente scura entrò nella stanza. 
Indossava una muta da sub che metteva in risalto il suo fisico statuario. 

<< Ciao Sam. >>
Dissero i due in coro, visibilmente imbarazzati.
<< Kevin non vuole immergersi per cercare le Sirene, è convinto che sia una stronzata. Amaya ha detto di chiedere ad uno di voi. >>
Disse loro poggiandosi al muro a braccia conserte, tenendo una gamba piegata. 
Conoscendo Thomas era pronto a sparare l'ennesima cretinata su quanto fosse bravo ad immergersi, sul fatto di aver scoperto una città sepolta nel mare Giapponese-ovviamente ciò non è mai accaduto- e su quanto fosse pratico nel nuoto.
Alec invece iniziò a pensare alle sue esperienze in campo di immersioni: tuffarsi, recuperare qualche sasso, farlo vedere a suo padre e rimetterlo in acqua.
Questo dai cinque anni fino ai dieci. 
Alec vide Thomas alzare un dito e aprire la bocca, lui gli mise l'indice sulle labbra e disse.
<< Sono pronto. >> 

La muta da sub di Dean entrava per un pelo nel corpo di Alec, ma alla fine il ragazzo riuscì a mettersi in fila con gli altri sub: cinque ragazzi e cinque ragazze. 
Amaya indossava un tailleur nero aderente e ci guardava con smisurato entusiasmo, entusiasmo che quasi lasciava crollare la sua maschera da donna perfetta, inquietante e misteriosa. 
<< Dunque, ragazzi, Sam mi ha comunicato che Alec ha visto le Sirene in questa zona e questo capita a pennello con il fatto che noi inizieremo l'esplorazione proprio qui. >>
Guardò i presenti con i suoi occhi a mandorla e si mise a braccia conserte. 
<< Ognuno di voi ha a disposizione delle macchine fotografiche waterproof ad alta definizione. Non siete Dora L'esploratrice, limitatevi a fotografare le Sirene e a non spingervi troppo in profondità: l'ossigeno non vi basterà per tornare su. 
E ovviamente la leggenda narra che diverse creature marine ancora non scoperte siano presenti negli abissi, fate molta attenzioni. >>
Batté le mani, segnale di potersi immerge. Alec fu l'ultimo e si tuffò con molta esitazione.
Rivolse uno sguardo alla sua bomboletta d'ossigeno, poi inforcò la macchina fotografica e iniziò a nuotare.
Le sue preoccupazioni svanirono vedendo tutto il bellissimo ecosistema marino ancora intatto: coralli, pinguini, altri pesci mai visti prima-scoperti dalla scienza e non da lui.-
Il freddo gli penetrava nelle ossa, nonostante la muta, nuotando riusciva comunque a riscaldarsi e a non morire di ipotermia. 
Andò verso le profondità marine cercando di non farsi risucchiare dall'oscurità sotto di lui. 
Guardò in alto e vide una balena nuotare sopra di lui, tra lui e il sottomarino. 
I pinguini volteggiavano allegri, senza nessuna preoccupazione se non il pesce fresco che stavano per agguantare. 
La loro raccolta fu però interrotta da una foca leopardo che ne agguantò uno e sparì verso i ghiacci sovrastanti. 
In un punto mediamente illuminato dalla luce del sole, ma neanche più di tanto, si stagliava una caverna scavata dentro un iceberg che galleggiava pigro nell'acqua. 
Alec si avvicinò cercando di evitare l'oscurità, indietreggiò vedendo un paio di occhi rossi che lo guardavano e udendo uno strano rumore, come se qualcosa stesse masticando. 
Preso dalla curiosità e dalla paura, il ragazzo indietreggiò per concentrarsi su un'altra foca leopardo che nuotava lì vicino.
In base a quello che sapeva, erano animali pacifici che non attaccavano gli uomini senza motivo.
In bocca teneva un pinguino morto, Alec si avvicinò e rimase a guardarla estasiato. 
Voleva fargli una foto, inforcò la macchina fotografica e guardò nell'obbiettivo, giusto in tempo per vedere che l'animale si stava fiondando contro di lui: aveva interpretato il gesto come segno di sfida. 
Il biondo venne morso ad un braccio, quindi lasciò cadere la macchina; allontanò la foca con un calcio, poi iniziò a nuotare con l'animale alle calcagna. 
Sulla terra non erano così veloci quei dannati animali. 
Il panico sotto l'acqua non è una delle cose più belle che possano accadere ad una persona: spesso quest'ultima si trova disorientata, dispersa e non si rende conto di aver quasi finito l'ossigeno, tanto meno di essere finito nella parte che Amaya gli aveva detto di non addentrarsi. 
L'oscurità ricopriva i suoi occhi azzurri, non vedeva più nulla.
In compenso sentiva diversi rumori, da lontano vedeva provenire diverse fonti di luce molto piccole: dei pesci vipera.
Qualcosa gli sfiorò i piedi, qualcos'altro gli addentò il polpaccio e fu costretto a rimuovere l'animale con un calcio. 
Alzò lo sguardo verso il sottomarino, era invisibile in mezzo a quell'oscurità: era sceso parecchio.
La bombola era esaurita. 
Iniziò ad annaspare, non apriva la bocca per evitare che entrasse acqua nei polmoni, ma alla fine non gli restò altro che boccheggiare.
Iniziò ad agitarsi.
Prima di chiudere gli occhi un'ultima volta, però, video un paio di occhi viola che lo guardavano. 
Poi il buio. 

   
 
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