Anime & Manga > Karin piccola dea
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Autore: Sognatrice_2000    14/01/2017    0 recensioni
Fanfiction ispirata all'ultima puntata dell'anime...
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Karin Hanazono, Kazune Kujyou
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Per sempre insieme

 

 

Karin passeggiava tristemente per i corridoi della scuola, lanciando di tanto in tanto un’occhiata al cielo azzurro e limpido, turbato solo da qualche nuvoletta bianca. I suoi occhi, di solito allegri e tenaci, erano vuoti e spenti, come se non avesse un’anima. Qualcuno gliel’aveva portata via, e il suo cuore era colmo di amarezza.

I ricordi la investirono procurandole una fitta di dolore acuta come mille spilli appuntiti. Ogni momento passato con Kazune, da quando l’aveva incontrato la prima volta all’ultimo istante in cui aveva visto il suo volto. Forse solo in quel momento si rese conto di quanto fosse stata sciocca. Avrebbe voluto usare meglio quel prezioso tempo che avevano passato insieme. Non avrebbe mai dovuto dirgli che lo odiava, ma che gli voleva bene come a nessun altro. Avrebbe dovuto ricambiare i suoi abbracci invece di ritrarsi imbarazzata, avrebbe dovuto capire meglio lui e se stessa. La prima volta che Kazune l’aveva baciata gli aveva mollato un ceffone, e più tardi era rimasta ferita quando l’aveva sentito dire a Michiru che lei l’aveva respinto perché lo odiava. Non era così, solo che non aveva avuto il coraggio di dirgli che, lentamente, si stava davvero innamorando di lui. Perché nonostante tutto, Kazune era la persona più speciale che avesse mai incontrato.

Chiuse gli occhi, esponendo il viso ai raggi del sole del mattino che filtravano dalle enormi vetrate delle finestre. Avrebbe dato qualsiasi cosa per litigare di nuovo con Kazune. Aveva un’enorme nostalgia di quegli ingenui bisticci, le mancava ogni cosa di lui. Avrebbe voluto di nuovo sentire il calore delle sue braccia, il sapore delle sue labbra, voleva specchiarsi in quegli occhi azzurri profondi e determinati di cui si era già innamorata in un altro tempo, in un’altra vita. Ma sapeva che quei giorni spensierati e felici erano finiti per sempre.

Quando Karin sollevò le palpebre, scorse l’ombra di quel sorriso dolce e pieno di calore che avrebbe voluto vedere più di ogni altra cosa, quel sorriso che sapeva sempre rassicurarla. Aveva capito che l’amore di Kazune nei suoi confronti era molto profondo, ma in quelle due settimane senza di lui realizzò che lo amava con la stessa intensità.

Voleva rivederlo anche solo una volta per dirgli quello che provava. Voleva dirgli che si era innamorata di nuovo di lui, che in ogni vita lo avrebbe amato, anche senza essere consapevole di averlo già conosciuto e amato. Avrebbe ricominciato daccapo e si sarebbe innamorata sempre di lui.

D’improvviso una strana sensazione le riempì il petto. Sentì di dover tornare nel luogo del loro primo incontro, per tornare indietro nel tempo, per rivederlo di nuovo e dirgli le parole che non gli aveva mai detto, quelle che avevano messo radici nel suo cuore a sua insaputa molto, molto tempo prima.

Davanti alla tomba della sua gattina, con i fiori ancora posati sulla lapide che lei stessa aveva messo sotto l’albero, provò le stesse emozioni di quel giorno. Era sola, terribilmente sola, solo che adesso aveva conosciuto l’amore, quello vero, e sentiva di averlo perduto. Quante cose erano cambiate in così poco tempo. Grazie a Himeka e Kazune aveva ritrovato la felicità perduta. Ma adesso? Adesso era tutto come prima. O forse ancora peggio. Soffriva molto di più per l’assenza della persona che amava. Avrebbe dato tutti i suoi domani per riavere un unico ieri, in cui stringersi tra le sue braccia e dirgli i suoi sentimenti.

Strinse il pupazzetto che Kazune aveva vinto alla festa autunnale, il suo ultimo ricordo felice prima che cominciasse la grande, ultima battaglia. Rivide il suo volto entusiasta e il sorriso ampio di un bambino delineato sul suo volto, e una morsa di nostalgia e malinconia le attanagliò di nuovo il cuore. Ordinò alle lacrime di rimanere ferme, ma naturalmente quelle non le obbedirono. Si prese il viso tra le mani, sempre più angosciata. Non poteva mentire a se stessa: non sapeva cosa avrebbe fatto senza Kazune. Ormai non era più sicura che sarebbe tornato. E lei, cosa ne sarebbe stato senza di lui?

“Che stai facendo?”

E fu un attimo. Il suo cuore fece un balzo di gioia, gli occhi tornarono a brillare di speranza, e il sorriso illuminò di nuovo il suo volto. Si girò lentamente, sapendo che, come quel giorno, avrebbe visto Kazune alle sue spalle che la prendeva in giro.

Solo che questa volta la sua espressione era diversa: più dolce, più serena, come se l’aspettasse in silenzio da molto tempo e finalmente l’avesse trovata, la metà del suo cuore in grado di completarlo. E quel sorriso, sì, splendeva di nuovo quel sorriso sul suo volto. Aveva le ali di un angelo e l’armatura di un guerriero: era proprio lui, il dio del suo cuore, che possedeva l’incredibile potere di distruggerlo in pezzi e poi ricomporlo con un semplice gesto, una parola, o semplicemente con la sua presenza.

Vedendolo, Karin capì immediatamente che sarebbe stata bene in qualunque tempo, in qualunque luogo, in qualunque identità, purché lui fosse stato al suo fianco. Il loro amore poteva sopravvivere ad ogni confine, anche al trascorrere del tempo, adesso ne era certa. E con questi pensieri, finalmente felice e piena di coraggio, prese la sua mano e gli donò il suo cuore, la sua vita, per sempre, per vivere insieme nel bene e nel male, per aiutarsi a vicenda nei momenti di difficoltà, per vedere crescere la loro bellissima bambina, Himeka, il frutto del loro amore.

Finalmente aveva capito quale fosse il potere più potente, in grado di cambiare le persone, di migliorarle, di cambiarne il destino e sconvolgerne per sempre l’esistenza: l’amore. Quello che aveva sempre avuto dentro di sé, ma di cui non si era mai accorta, fin da molto tempo prima del suo incontro con Kazune sotto quell’albero.

  
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