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Autore: Florence    28/05/2009    12 recensioni
In principio fu Edward e per lui fu come un figlio. Poi arrivai io: mi aveva salvata, doveva per forza tenere a me. Poi arrivò lei e le mie certezze crollarono come un castello di sabbia nella tempesta. Io non ero come lei... non avrei mai potuto essere come lei... e anche Carlisle se n'era accorto... Anche da vampira, il dolore non mi voleva abbandonare. Pensare che sarebbe stato così bello, vivere insieme come sorelle...
Genere: Malinconico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Carlisle Cullen, Edward Cullen, Esme Cullen, Rosalie Hale
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sorelle

Fanfiction terza classificata al contest

"Scambio di coppia"

di Addison89

xxx

~Sorelle~

          by Florence

xxx

Terza classificata al contest 'Scambio di Coppia'

 

Rosalie era bella.

Ora che i suoi occhi avevano finalmente perso quel sinistro colore rosso rubino, ora che la sua sete di vendetta si era placata e lei aveva iniziato ad apprezzare la sua nuova natura, Rosalie era veramente bella. Troppo, per i miei canoni.

Continuava invano a cercare di aggrapparsi alle attività proprie della natura umana e si ostinava a farsi del male, anche come vampira. Non accettava di non poter più dormire, piangere, mangiare.

Così rimaneva stesa nel suo letto per ore, rigirandosi nell’illusione di trovare una posizione che conciliasse il suo sonno e, dopo un po’, si raggomitolava frustrata e tremava come una gattina bagnata. Avrebbe voluto piangere e sfogarsi, ma non le era concesso neanche quello. Era in quelle volte che Carlisle correva al suo capezzale e cercava di consolarla, facendole carezze sui capelli color dell’oro e sussurrandole parole dolci e tranquillizzanti.

Io mi ripetevo che lo faceva solo perché si sentiva in colpa per la sua trasformazione, ma non era stato lui a toglierle la vita, a violentarla e picchiarla finché non aveva smesso di respirare. Lui le aveva dato solo speranza e amore.

Come aveva fatto con me.

 

Quando Rosalie era arrivata tra noi, avevo a lungo sperato che Edward si interessasse a lei, che trovasse in lei quello che io, ancora, dopo tutti quegli anni, mi ostinavo a cercare in Carlisle. Avevo sperato che se la prendesse lui e non le permettesse di mettere in discusione l’illusione che mi ero costruita, come un castello di sabbia, pronto a volare via al primo battito d’ali di quella splendida farfalla.

Prima che arrivasse lei, avevo sperato per anni di poter far breccia nel cuore di Carlisle, di unirmi a lui come sua compagna, di placare le ondate infuocate di passione che mi bruciavano l’anima ad ogni suo sguardo, con un bacio, almeno un bacio dalle sue labbra perfette.

Mi rendevo conto solo allora, guardandolo seduto accanto a Rosalie, mentre le carezzava la testa e le bisbigliava all’orecchio, facendola sorridere, che la mia era stata solo un’illusione. Quello era il modo di comportarsi del Dottor Cullen ed io, ingenua donnicciola dalla vita tormentata, mi ero illusa che fosse un trattamento speciale per me.

Mi ero illusa che mi avesse salvata per farmi sua.

 

Ma Rosalie era bella, più bella di me, più giovane, più solare, più vitale, più aggraziata, più alta, più snella, più divertente, più ostinatamente adorabile. Lei era la donna perfetta ed io mi sforzavo di vederla solo come una sorella. Perché era quello che doveva rimanere, se non poteva diventare mia figlia, nostra figlia.

 

-Quanti anni avevi quando sei stata trasformata?-, mi aveva domandato una volta che eravamo sole a casa. In quella giornata avevo smesso di esistere come donna e mi ero rassegnata ad essere solo una madre per Edward, visto che lei non ne sarebbe mai stata capace.

-Ventisei-, le avevo risposto. Rosalie aveva il potere di farmi sentire a disagio e allo stesso tempo di farmi desiderare di essere sua confidente, amica, sorella.

-E’ stato Carlisle?-, aveva continuato e in risposta avevo annuito, abbassando la testa.

-Come mai non sei diventata la sua compagna?-, una stoccata dritta al cuore, capace di farlo tornare a battere solo per il tempo necessario ad infilzarlo e straziarlo.

Avevo deglutito e mi ero voltata.

-Si vede che non doveva andare così-, le avevo risposto e, ne ero stata irrazionalmente certa, pur essendo di spalle al suo volto, lei aveva sorriso.

-E Carlisle quanti anni ha?-, aveva insistito, quasi con una sottile soddisfazione nella voce sensuale.

-Quasi trecento-

-No, intendo... come uomo, quanti anni ha?-, si era seduta sul piano del mobile di cucina, lasciando penzolare le gambe lunghe e scoperte dal ginocchio in giù.

-Trentadue... trentatre... più o meno-, ero ancora voltata verso la finestra.

-Come Royce...-, aveva affermato, caricando di doppi sensi quelle due semplici, innocue parole.

Come Royce... come l’uomo che lei avrebbe dovuto sposare...

Ero uscita dalla cucina e mi avevo incrociato Carlisle che mi aveva rivolto uno dei suoi splendidi sorrisi. Forse l’ultimo che avrei potuto realmente apprezzare.

Ero rimasta nel corridoio, senza allontanarmi, come bloccata da una forza misteriosa. Volevo spiarli, ascoltare fino a che punto mi stessi convincendo di qualcosa che non esisteva. Non avrei dovuto farlo.

-Rose... che ci fai qui?-, la voce di quel vampiro ogni volta mi squagliava l’anima, anche se si rivolgeva a lei.

-Ti aspettavo...-, gli aveva risposto provocandolo. Avevo stretto i pugni, per non lasciarmi andare all’ira e alla frustrazione. A me non riusciva provocare.

-Mi aspettavi... E… come mai?-, l’avevo sentito camminare, avvicinarsi a lei. Non avevo mai udito la sua voce così sensuale e roca... non con me.

-Volevo vederti...-

-Anch’io...-

 

Avevo guardato: avevo deciso di bruciarmi e avevo accettato le conseguenze e le cicatrici. Lo avevo visto posare le mani sui suoi fianchi torniti e morbidi, guardarla con desiderio negli occhi e piegare la testa verso di lei, sorridendo complice e predatore. Avevo percepito l’elettricità nell’aria, quando le sue labbra sacre avevano sfiorato quelle rosse di lei.

Allora avevo sentito finalmente il fuoco bruciare la mia carne e la mia anima ed ero stata trafitta da mille punte affilate, mentre le gambe avevano ceduto sotto al mio peso. Mi ero sentita afferrare sotto alle ascelle da due mani forti e delicate, le mani di Edward, poi ero stata sollevata e tenuta stretta al suo petto. Aveva corso veloce, tenendomi a sé, mi aveva portata via dalla casa, via da quello che stava per succedere, via dai cocci del mio cuore infranto rimasti abbandonati per terra, davanti alla cucina che avrebbe testimoniato qualcosa che non volevo conoscere.

Edward era stato così caro con me... mi aveva portata al fiume, mi era stato vicino, mi aveva parlato per ore, cercando di distrarmi. Invano.

-Sai... io ti capisco perfettamente-, aveva detto, d’un tratto, facendo rimbalzare un sasso piatto sull’acqua ferma.

Mi ero avvicinata ad ascoltarlo, non pensando che avrei mai potuto sentire quelle parole dalla sua voce.

-Quando l’ha portata a casa io pensavo che... che lo avesse fatto per me: per trovarmi una compagna. E mi ero illuso che lei potesse davvero interessarsi a me, perché non avrei potuto desiderare di meglio. Ho letto tante volte nella sua mente e posso giurare che c’è del bello dentro di lei, anche se non riesce a farlo capire alla gente. Mi ero ripromesso di aiutarla a tirarlo fuori, di starle vicino, di dimostrarle quanto fossi grato di avere una donna come lei al mio fianco-, si era voltato verso di me, i suoi occhi grandi e tristi avevano parlato al mio cuore. Non avevo capito nulla di Edward.

-Poi ho capito che lei, invece… ma non ho fatto nulla per impedire che accadesse. Proprio come te...-, si era nuovamente avvicinato a me e aveva preso le mie mani tra le sue.

-Carlisle è confuso... lui non... non è sicuro che sia la cosa giusta. Pensa che Rosalie sia una donna troppo giovane, pensa che non sia morale trasformare un essere umano per tenerlo per sé. Ha pensato lo stesso anche di te, Esme, e ha tenuto a freno tutto il suo affetto per lasciarti il tempo di fare le tue scelte. Ma Rosalie... lei è droga, è nebbia che entra nella testa e blocca i ragionamenti. Rosalie è carne, è vita pusante. E’ sesso...-, nei suoi occhi sconvolti, potevo vedervi specchiati i miei.

-Ora loro...?-, avevo domandato, spaccata tra la curiosità di sapere e la necessità di restare nell’incertezza.

Carlisle ha tenuto a freno il suo affetto per te, Esme, per lasciarti il tempo di fare le tue scelte.

Le avevo fatte, quelle scelte? Gli avevo dimostrato che gli ero grata per avermi impedito di realizzare il mio progetto suicida? Gli avevo svelato quello che si animava dentro di me e mi scaldava il sangue freddo e alieno nelle vene indurite? Gli avevo mai fatto capire quanto lo amassi?

Forse avrei potuto essere ancora in tempo…

 

-Non... Non chiedermi di dirti cose che possano ferirti, Esme...-

-Parla-, il mio cuore, per la prima volta, si era fermato davvero.

-Sono saliti in camera di Rosalie, lei ha la mente piena di lui e Carlisle... ha la nebbia, nella sua...-, aveva abbassato lo sguardo e lasciate andare le mie mani, senza dire una parola in più. Ci avrebbe fatto del male, ad entrambi.

Gli avevo fatto una carezza e mi ero stretta a lui: avrei desiderato volergli bene come ad un figlio ma, le circostanze, mi portavano a doverlo trattare come un fratello. Eravamo rimasti a lungo nella radura nel bosco, fino a quando Edward aveva alzato lo sguardo ed annunziato che potevamo rientrare a casa, con una fitta dolorosa nella voce melodiosa. Come quando si annuncia che la tempesta è passata. Quello che resta, quello che ti aspetta dopo, sono le macerie che ha trascinato con sé.

 

-Preferisco andare a caccia, torna tu-, gli avevo risposto.

-Lui non vuole che si sappia. In questo momento si sta pentendo di quello che ha fatto e…-, mi aveva porto la mano, perché lo seguissi. Voleva che andassi avanti come se nulla fosse accaduto?

Non ci credevo. Oramai tutto era passato, il mio tempo era passato.

-Ti ringrazio, Edward, ma sento che Carlisle ci metterà poco ad assuefarsi a quell’oppio che lui stesso si è creato...-, lo avevo salutato con un sorriso ed ero corsa via, nel bosco.

 

 

Mi avevano detto che c’erano molti orsi, da quelle parti, così tanti che anche gli umani si erano spinti a cacciarli, armati di fucili e forconi. Ci si poteva divertire, nel Tennessee… L’avevo sentito per caso, a Nashville, quella mattina, mentre un ragazzone alto e grosso si vantava che quel pomeriggio avrebbe ucciso l’orso più enorme di tutti, quello che viveva in alto, sul monte Clingmans Dome e che, avevo deciso, sarebbe stato la mia prossima preda.

 

Avevo sentito un fruscio, dietro a me e, voltandomi, avevo visto due occhi arancioni che mi stavano fissando soddisfatti.

-Vengo con te-

 

 

In fondo, Rosalie ed io, potevamo ancora fingere di essere sorelle...

 

 

 

 

FINE

***

Disclaimer: i personaggi e gli argomenti trattati appartengono totalmente a S. Meyer. La storia è di mia fantasia e non intende paragonarsi a quella concepita e pubblicata da S. Meyer.

***

Twilight e i Cullen sono copyright di Stephenie Meyer. © Tutti i diritti riservati.

La storia narrata di 'Sorelle', le circostanze e quanto non appartiene a Stephenie Meyer è di invenzione dell'autrice della storia che è consapevole e concorde a che la fanfic venga pubblicata su questo sito. Prima di scaricare i files che la compongono, ricordate che non è consentito né il loro uso pubblico, né pubblicarli altrove, né la modifica integrale o di parti di essi, specialmente senza permesso! Ogni violazione sarà segnalata al sito che ospita il plagio e verrà fatta rimuovere.
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