Fanfiction terza classificata al contest
di Addison89
xxx
~Sorelle~
by
Florence
xxx
Rosalie era bella.
Ora che i suoi occhi
avevano finalmente perso quel sinistro colore rosso rubino, ora che la
sua sete
di vendetta si era placata e lei aveva iniziato ad apprezzare la sua
nuova
natura, Rosalie era veramente bella. Troppo, per i miei canoni.
Continuava invano a
cercare di aggrapparsi alle attività proprie della natura umana e si
ostinava a
farsi del male, anche come vampira. Non accettava di non poter più
dormire,
piangere, mangiare.
Così rimaneva stesa nel
suo letto per ore, rigirandosi nell’illusione di trovare una posizione
che
conciliasse il suo sonno e, dopo un po’, si raggomitolava frustrata e
tremava
come una gattina bagnata. Avrebbe voluto piangere e sfogarsi, ma non le
era
concesso neanche quello. Era in quelle volte che Carlisle correva al
suo
capezzale e cercava di consolarla, facendole carezze sui capelli color
dell’oro
e sussurrandole parole dolci e tranquillizzanti.
Io
mi ripetevo che lo faceva solo perché si sentiva in colpa per la sua
trasformazione,
ma non era stato lui a toglierle la vita, a violentarla e picchiarla
finché non
aveva smesso di respirare. Lui le aveva dato solo speranza e amore.
Come aveva fatto con
me.
Quando Rosalie era
arrivata tra noi, avevo a lungo sperato che Edward si interessasse a
lei, che
trovasse in lei quello che io, ancora, dopo tutti quegli anni, mi
ostinavo a
cercare in Carlisle. Avevo sperato che se la prendesse lui e non le
permettesse
di mettere in discusione l’illusione che mi ero costruita, come un
castello di
sabbia, pronto a volare via al primo battito d’ali di quella splendida
farfalla.
Prima che arrivasse
lei, avevo sperato per anni di poter far breccia nel cuore di Carlisle,
di
unirmi a lui come sua compagna, di placare le ondate infuocate di
passione che
mi bruciavano l’anima ad ogni suo sguardo, con un bacio, almeno un
bacio dalle
sue labbra perfette.
Mi rendevo conto solo
allora, guardandolo seduto accanto a Rosalie, mentre le carezzava la
testa e le
bisbigliava all’orecchio, facendola sorridere, che la mia era stata solo
un’illusione. Quello era il modo di comportarsi del Dottor Cullen ed
io,
ingenua donnicciola dalla vita tormentata, mi ero illusa che fosse un
trattamento speciale per me.
Mi ero illusa che mi
avesse salvata per farmi sua.
Ma Rosalie era bella,
più bella di me, più giovane, più solare, più vitale, più aggraziata,
più alta,
più snella, più divertente, più ostinatamente adorabile. Lei era la
donna
perfetta ed io mi sforzavo di vederla solo come una sorella. Perché era
quello
che doveva rimanere, se non poteva diventare mia figlia, nostra
figlia.
-Quanti anni avevi
quando sei stata trasformata?-, mi aveva domandato una volta che
eravamo sole a
casa. In quella giornata avevo smesso di esistere come donna e mi ero
rassegnata ad essere solo una madre per Edward, visto che lei non ne
sarebbe
mai stata capace.
-Ventisei-, le avevo
risposto. Rosalie aveva il potere di farmi sentire a disagio e allo
stesso
tempo di farmi desiderare di essere sua confidente, amica, sorella.
-E’ stato Carlisle?-,
aveva continuato e in risposta avevo annuito, abbassando la testa.
-Come mai non sei
diventata la sua compagna?-, una stoccata dritta al cuore, capace di
farlo
tornare a battere solo per il tempo necessario ad infilzarlo e
straziarlo.
Avevo deglutito e mi
ero voltata.
-Si vede che non
doveva andare così-, le avevo risposto e, ne ero stata irrazionalmente
certa,
pur essendo di spalle al suo volto, lei aveva sorriso.
-E Carlisle quanti anni ha?-, aveva insistito, quasi con una sottile soddisfazione nella voce sensuale.
-Quasi trecento-
-No, intendo... come uomo,
quanti anni ha?-, si era seduta sul piano del mobile di cucina,
lasciando
penzolare le gambe lunghe e scoperte dal ginocchio in giù.
-Trentadue...
trentatre... più o meno-, ero ancora voltata verso la finestra.
-Come Royce...-, aveva affermato, caricando di doppi sensi quelle due semplici, innocue parole.
Come
Royce...
come l’uomo che lei avrebbe dovuto sposare...
Ero uscita dalla
cucina e mi avevo incrociato Carlisle che mi aveva rivolto uno dei suoi
splendidi
sorrisi. Forse l’ultimo che avrei potuto realmente apprezzare.
Ero rimasta nel
corridoio, senza allontanarmi, come bloccata da una forza misteriosa.
Volevo
spiarli, ascoltare fino a che punto mi stessi convincendo di qualcosa
che non
esisteva. Non avrei dovuto farlo.
-Rose... che ci fai
qui?-, la voce di quel vampiro ogni volta mi squagliava l’anima, anche
se si
rivolgeva a lei.
-Ti aspettavo...-, gli
aveva risposto provocandolo. Avevo stretto i pugni, per non lasciarmi
andare
all’ira e alla frustrazione. A me non riusciva provocare.
-Mi aspettavi... E…
come mai?-, l’avevo sentito camminare, avvicinarsi a lei. Non avevo mai
udito
la sua voce così sensuale e roca... non con me.
-Volevo vederti...-
-Anch’io...-
Avevo guardato: avevo
deciso di bruciarmi e avevo accettato le conseguenze e le cicatrici. Lo
avevo
visto posare le mani sui suoi fianchi torniti e morbidi, guardarla con
desiderio negli occhi e piegare la testa verso di lei, sorridendo
complice e
predatore. Avevo percepito l’elettricità nell’aria, quando le sue
labbra sacre
avevano sfiorato quelle rosse di lei.
Allora avevo sentito
finalmente il fuoco bruciare la mia carne e la mia anima ed ero stata
trafitta
da mille punte affilate, mentre le gambe avevano ceduto sotto al mio
peso. Mi
ero sentita afferrare sotto alle ascelle da due mani forti e delicate,
le mani
di Edward, poi ero stata sollevata e tenuta stretta al suo petto. Aveva
corso
veloce, tenendomi a sé, mi aveva portata via dalla casa, via da quello
che
stava per succedere, via dai cocci del mio cuore infranto rimasti
abbandonati
per terra, davanti alla cucina che avrebbe testimoniato qualcosa che
non volevo
conoscere.
Edward
era stato così caro con me... mi aveva portata al fiume, mi era stato
vicino,
mi aveva parlato per ore, cercando di distrarmi. Invano.
-Sai... io ti capisco
perfettamente-, aveva detto, d’un tratto, facendo rimbalzare un sasso
piatto
sull’acqua ferma.
Mi ero avvicinata ad
ascoltarlo, non pensando che avrei mai potuto sentire quelle parole
dalla sua
voce.
-Quando l’ha portata a
casa io pensavo che... che lo avesse fatto per me: per trovarmi una
compagna. E
mi ero illuso che lei potesse davvero interessarsi a me, perché non
avrei
potuto desiderare di meglio. Ho letto tante volte nella sua mente e
posso
giurare che c’è del bello dentro di lei, anche se non riesce a farlo
capire
alla gente. Mi ero ripromesso di aiutarla a tirarlo fuori, di starle
vicino, di
dimostrarle quanto fossi grato di avere una donna come lei al mio
fianco-, si
era voltato verso di me, i suoi occhi grandi e tristi avevano parlato
al mio
cuore. Non avevo capito nulla di Edward.
-Poi ho capito che
lei, invece… ma non ho fatto nulla per impedire che accadesse. Proprio
come
te...-, si era nuovamente avvicinato a me e aveva preso le mie mani tra
le sue.
-Carlisle è confuso...
lui non... non è sicuro che sia la cosa giusta. Pensa che Rosalie sia
una donna
troppo giovane, pensa che non sia morale trasformare un essere umano
per
tenerlo per sé. Ha pensato lo stesso anche di te, Esme, e ha tenuto a
freno
tutto il suo affetto per lasciarti il tempo di fare le tue scelte. Ma
Rosalie... lei è droga, è nebbia che entra nella testa e blocca i
ragionamenti.
Rosalie è carne, è vita pusante. E’ sesso...-, nei suoi occhi
sconvolti, potevo
vedervi specchiati i miei.
-Ora loro...?-, avevo
domandato, spaccata tra la curiosità di sapere e la necessità di
restare
nell’incertezza.
Carlisle ha tenuto a
freno il suo affetto per te, Esme, per lasciarti il tempo di fare le
tue
scelte.
Le avevo fatte, quelle
scelte? Gli avevo dimostrato che gli ero grata per avermi impedito di
realizzare il mio progetto suicida? Gli avevo svelato quello che si
animava
dentro di me e mi scaldava il sangue freddo e alieno nelle vene
indurite? Gli
avevo mai fatto capire quanto lo amassi?
Forse
avrei potuto essere ancora in tempo…
-Non... Non chiedermi
di dirti cose che possano ferirti, Esme...-
-Parla-, il mio cuore,
per la prima volta, si era fermato davvero.
-Sono saliti in camera
di Rosalie, lei ha la mente piena di lui e Carlisle... ha la nebbia,
nella
sua...-, aveva abbassato lo sguardo e lasciate andare le mie mani,
senza dire
una parola in più. Ci avrebbe fatto del male, ad entrambi.
Gli avevo fatto una carezza e mi ero stretta a lui: avrei desiderato volergli bene come ad un figlio ma, le circostanze, mi portavano a doverlo trattare come un fratello. Eravamo rimasti a lungo nella radura nel bosco, fino a quando Edward aveva alzato lo sguardo ed annunziato che potevamo rientrare a casa, con una fitta dolorosa nella voce melodiosa. Come quando si annuncia che la tempesta è passata. Quello che resta, quello che ti aspetta dopo, sono le macerie che ha trascinato con sé.
-Preferisco andare a
caccia, torna tu-, gli avevo risposto.
-Lui non vuole che si
sappia. In questo momento si sta pentendo di quello che ha fatto e…-,
mi aveva
porto la mano, perché lo seguissi. Voleva che andassi avanti come se
nulla
fosse accaduto?
Non ci credevo. Oramai
tutto era passato, il mio tempo era passato.
-Ti ringrazio, Edward,
ma sento che Carlisle ci metterà poco ad assuefarsi a quell’oppio che
lui
stesso si è creato...-, lo avevo salutato con un sorriso ed ero corsa
via, nel
bosco.
Mi avevano detto che
c’erano molti orsi, da quelle parti, così tanti che anche gli umani si
erano
spinti a cacciarli, armati di fucili e forconi. Ci si poteva divertire,
nel
Tennessee… L’avevo sentito per caso, a Nashville, quella mattina,
mentre un
ragazzone alto e grosso si vantava che quel pomeriggio avrebbe ucciso
l’orso
più enorme di tutti, quello che viveva in alto, sul monte Clingmans Dome e che, avevo deciso,
sarebbe stato la mia prossima preda.
Avevo sentito un
fruscio, dietro a me e, voltandomi, avevo visto due occhi arancioni che
mi
stavano fissando soddisfatti.
-Vengo con te-
In
fondo, Rosalie ed io, potevamo ancora fingere di essere sorelle...
FINE
Disclaimer: i personaggi e gli argomenti trattati appartengono totalmente a S. Meyer. La storia è di mia fantasia e non intende paragonarsi a quella concepita e pubblicata da S. Meyer.
***
Twilight e i Cullen sono copyright di Stephenie Meyer. © Tutti i diritti riservati.
La
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narrata di 'Sorelle', le circostanze e quanto non appartiene a
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